Michelle Obama, la First lady e il Frogmore Stew!

La First Lady americana ora porta la frangia sulla fronte e il suo look è tutto nuovo. Ma sia lei che il marito Presidente hanno sempre pronta la battuta di spirito. ” La frangia di Michelle è stato l’evento più  significativo di tutto il  weekend” ha detto Obama, nonostante proprio quel weekend ci fosse stata la cerimonia del re -insediamento alla Casa Bianca, per il secondo mandato presidenziale… E lei a fargli eco “Sarà la crisi della mezza età… Non posso fare bungee jump, non mi posso comprare un’auto sportiva, mi sono tagliata i capelli” E con la sua nuova frangia, stretta in un bellissimo vestito d’argento, collegata dalla Casa Bianca con la sede dei premi Oscar 2013, ha voluto partecipare all’iniziativa, annunciando il vincitore per il miglior film… Lui il regista Ben Affleck, che ha diretto “Argo,” ha detto che gli sembrava di aver avuto un’allucinazione quando si è visto di fronte la First Lady… E’ fra le donne più eleganti del mondo, quando si incontrano abbraccia la Regina di Inghilterra, ma se gli chiedete cosa fa nella vita, vi risponderà che lei è la mamma  di Malia e Sasha… Eppure ne ha fatta di strada Michelle Robinson da quel piccolo appartamento di Chicago…  una famiglia modesta, ma i figli hanno una gran voglia di studiare. A 21 anni Michelle ha il suo Bachelor  a Princeton con un “majored” in Sociologia e un “minored” in “Studi Afro – Americani” e due anni dopo il Master in Diritto ad Harvard. Già si era occupata attivamente di problemi razziali e diritti delle minoranze nere quando stava all’Università, così quando conosce il suo futuro marito come prima cosa vanno a vedere “Fa la cosa giusta”… Un film sui conflitti razziali.  La seconda volta che  escono insieme vanno al ristorante… Quando il cameriere porta il dessert, nascosto lì vicino, Michelle trova il suo anello di fidanzamento… Ne faranno  di cose assieme, anche se lei finché può, seguita a fare il suo lavoro… Quando arrivano alla “Casa Bianca” il mondo impazzisce per loro… Sono belli, giovani, poco più di 40 anni e lui è il primo presidente nero della storia americana. Lei è più nera di lui ma ne sembra assolutamente inconsapevole perché ha una totale mancanza di pregiudizi. Per lei, sociologa, invece i problemi, oggi, sono altri… e quando arriva alla Casa Bianca capisce che ha un eccezionale trampolino di lancio per poterli affrontare. L’America, il paese più importante del mondo… o quasi,  si sta auto – distruggendo con una malattia che, in poco più di una generazione, ha colpito quasi il 30% della popolazione… l’obesità!  William Dietz, un luminare della nutrizione ha dichiarato “L’obesità è il maggior fattore di rischio per molte malattie croniche come quelle cardiache e come il diabete. Al crescere dell’obesità… registriamo una crescita delle malattie croniche…”

 Michelle si batte come un leone. Va in televisione, tiene corsi di  fitness, scrive libri, parla alle industrie alimentari, alle mense scolastiche, a tutti quelli che preparano i pasti… Ha sempre il sorriso sulle labbra e parole di incoraggiamento, ma la sua è una lotta senza quartiere al cibo spazzatura sovraccarico di grassi, di salse e di elementi chimici. Il latte inteso come  latte non c’è più… è solo un miscuglio di zuccheri, cacao, sgargianti succhi di frutta colorati artificialmente e un po’ di polveri di latte. I panini, alti 10 centimetri, sono accozzaglie di sapori dove strati di carne o pesci fritti  vengono sommersi da maionese, salse, formaggi,  prosciutto cotto e pomodori o.g.m. Poi se manca qualcosa si aggiunge! Michelle si fa vedere  con la zappa in mano nell’orto della Casa Bianca mentre coltiva  il biologico, per far conoscere le verdure fresche di cui  non c’è più memoria. Finisce che molti la odiano… “Ci toglie la libertà, si intromette nel nostro privato”. E’ il grido dei riottosi… mentre i  bambini rifiutano le verdure lesse perché le sentono insapori, dopo anni di patatine fritte e ketchup… Dietro naturalmente ci sono le grosse aziende del congelato, del precotto, del tutto pronto e i loro stratosferici guadagni che cominciano a sentire a rischio.

Adesso sta raccogliendo i primi risultati…Wal-Mart, Walgreens e Disney sono già industrie convertite e in alcuni stati, come il Mississipi, nelle scuole primarie l’obesità è diminuita anche del 13 %… Michelle quando torna la sera a casa è un po’ più serena e assieme  alle verdure può gustarsi qualche cibo del vecchio Sud.

Prima che suo nonno arrivasse a Chigaco in cerca di fortuna, le origini della sua famiglia si ritrovano nella Carolina del Sud.  Loro appartenevano ai Gullah, un popolo della Sierra Leone trascinato dal 1700 in Brasile, nei Caraibi e poi nel sud degli Stati Uniti perché sapevano coltivare il riso. Ridotti in schiavitù, estranei alla civiltà dei bianchi, erano riusciti a conservare ed elaborare una cultura propria di cui oggi c’è un vivacissimo revival. I membri della comunità lavorano per preservare le tecniche e l’agricoltura sostenibile e la cucina assieme al linguaggio tipico dei Gullah,- un inglese pieno di parole africane,- è diventato uno degli elementi di punta che si ritrovano un po’ dappertutto nella Carolina del sud. Se si riflette un momento sul fatto che Michelle è un esperta di culture afro americane  e che quando era a Princeton, all’Università, aveva una zia venuta dal Sud che cucinava per lei, non è difficile capire il suo amore per il cibo genuino di cui la cucina del sud con i suoi ricchi e puliti sapori ha una delle più forti e valide esperienze. A lei e alle sue origini dedichiamo questo “Frogmore Stew” che rappresenta forse il meglio della semplicità essenziale della cucina “Stile Lowcountry “del Sud della Carolina.

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INGREDIENTI: Acqua, Crab boil Seasoning, che è una miscela di spezie adatta a insaporire pesci alla griglia e al vapore nella misura di 2 cucchiai da tavola o più per ogni 4 litri di acqua, 4 o 5 limoni tagliati a metà, patate rosse, di media grandezza da calcolare 3 per persona, salsiccia piccante affumicata, tagliata a fette di circa 1 centimetro da calcolare 1 etto circa per persona, mais fresco  da calcolare 1 pannocchia a persona tagliata in 2 o 3 pezzi, gamberetti freschi, da calcolare  2 etti o più per persona, burro fuso, salsa cocktail, panna, ketchup, saleq.b.

PREPARAZIONE: riempite di acqua a metà una grande pentola a vapore e aggiungetevi il Crab Boil seasoning e i limoni tagliati a meta. Mettete sul fuoco e quando l’acqua arriva a bollore, nella parte sovrastante forata della pentola a vapore aggiungete le patate pelate e fate cuocere per 20 minuti, quindi aggiungete le fette di salsiccia, e fate bollire per altri 5 minuti. Aggiungere i gamberetti e far cuocere per 3 minuti e non di più perché altrimenti diventano duri. Spruzzate appena un po’ di sale sul tutto. Servite gli alimenti cotti su piatti o su fogli di carta assorbente perché è considerato anche street food. Accompagnate con le pannocchie che potete condire con un velo di burro appena scaldato e la  salsa cocktail per i gamberetti Potete aggiungere panna  o ketchup sulle patate, ma attenzione… Michelle Obama non lo farebbe mai! Le patate si sono già insaporite in cottura e al massimo potete aggiungervi un po’ di sale.

Judy Garland e “The Steak and Kidney Pie”

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Fred Astaire la definì “La più grande entertainer di tutti i tempi” Sapeva fare di tutto… Ballava, cantava, recitava e dominava la scena – set o palcoscenico che fosse – con una sicurezza e una versatilità che lasciavano ozsenza fiato. Ma Bing Crosby che la conosceva bene, diceva che almeno una cosa proprio non era capace di farla… Ed era badare a se stessa. Evidentemente quell’essere sbattuta a cantare su un palco a meno di tre anni non le aveva fatto bene, ma allora non si guardava tanto per il sottile e ai genitori  impegnati nel  il-mago-di-ozvaudeville sembrava normale lasciare a lei e alle sorelle  i brani musicali. Poteva restare a fare la ballerina e la cantante di provincia per tutta la vita, ma ad un certo punto, quando Judy aveva  4 anni la famiglia  praticamente scappò dal Michigan perchè il padre  era stato travolto da uno scandalo sessuale…per aver  molestato dei ragazzi.

In California gestivano un cinema a Lancaster ma la madre  faceva la pendolare… Lei cercava lavoro per le figlie… e Hollywood era lì a quattro passi di dintanza… Una tentazione inevitabile, tanto più che il trio delle Sister Gumm (Judy e le sorelle) andava a gonfie vele sul palcoscenico, trascinato dal magnetismo di quella straordinaria ragazzina. La notò un Talent Scout della MGM e a 13 anni Judy ebbe il suo contratto, ma in realtà non era facile utilizzarla perché aveva un fisico difficile, lontano dagli standard stratosferici di Ava Gardner e Lana Turner, entrambe sotto contratto MGM  e con le quali il confronto era penosamente ravvicinato. Si accorsero che aveva i denti storti e il naso poco fotogenico, era grossa di vita e il corpo tozzo anche per via delle gambe troppo lunghe. Louis B. Mayer, uno dei Boss della Metro, definito per la sua totale mancanza di scupoli “uno squalo che uccide anche quando non ha fame”, pensava di vezzeggiarla chiamandola “la gobbetta”. Alla fine fra capsule per i il-mago-di-oz-torna-sul-grande-schermo-72227denti e pinze per il naso, riuscirono a creargli il personaggio dell’ingenua, “la ragazza della porta accanto” e l’impegnarono per 4 anni in un ritmo incessante di lavoro soprattutto con Mickey Rooney nei filmetti latte e miele dedicati alla periferia americana. Ma dietro a quell’improbabile America, fatta di dolci mamme e figli ubbidienti c’era una ragazza già troppo affaticata1945 Minelli wedding  photo@Warner Brothers

La scelsero per girare il “Mago di Oz” dopo un’estenuante tentennamento fra altre attrici e soprattutto perchè Shirley Temple non accettò. Dicevano che il fisico di Judy era troppo maturo per simulare quello di una ragazzina e la strizzarono in quei vestitini a quadretti bianchi e blu che la resero ancora più goffa. A stento riuscì a salvarsi dalla parrucca bionda …  Anni di critiche spietate su quel corpo, di cui era comunque costretta a servirsi e il superlavoro, che le imponeva il cinema, avevano minato tutte le sue sicurezze. Lotterà poi tutta la vita per essere bella e accettata senza voler capire che bastava quel suo immenso talento per far  felice il pubblico. Tutti erano incantati dalla sua vitalità… appariva sempre allegra, sincera, affettuosa, ma le tensioni che accumulava la stavano rovinando. Mayer l’aveva sottoposta a una dieta strettissima e per essere sicuro che non accumulasse nemmeno un grammo in più le faceva somministrare farmaci a base di benzedrina che toglievano la fame e sonniferi  che toglievano l’eccitazione della benzedrina… E tutti i farmaci allora erano in fase di  sperimentazione!

image.phpIl “Mago di Oz” fu un successo strepitoso, che a pieno titolo è rimasto nella storia del cinema, grazie a una sceneggiatura validissima, effetti speciali divertenti, ma soprattutto per l’ interpretazione solare e vivacissima di Judy Garland. Era veramente nata una stella, già molti anni prima di quel film che fu una delle sue ultime e favolose affermazioni.

Ma Judy aveva cominciato a essere infelice e da allora si risollevò  solo a sprazzi per donarci ogni volta che ce la faceva a completare un film, la sua immagine di attrice bella affascinante e bravissima. Sembrava destinata al musical e “Zigfield Girl”, “For me and my Gal” e tanti altri film lo confermarono appieno, ma poi MGM-lion-006arrivò “Meet Me in St Louis”, nato come musical, ma dove la prova più sorprendente Judy la dava in una recitazione mai vista prima, con una drammaticità e una padronanza di tutti i mezzi espressivi che la consacrarono definitivamente una grande attrice. Vincente Minnelli, che l’aveva diretta, divenne suo marito per  diversi anni. Ebbero una figlia Liza che diventerà celebre come la madre e nonostante Minnelli fosse omosessuale Judy ricorderà quell’unione come uno dei periodi migliori della sua vità.

Ma la carriera nel cinema era bruciata… Non ce la faceva ad arrivare puntuale sui set o non ce la faceva 1954_judy-garland_a-star-is-born_s_2aproprio ad arrivarci. Era malata ma nessuno lo voleva capire o sapere… e la Metro le ruppe il contratto. Ciò nonostante quando tornò sul set nel 1954 era di nuovo molto bella,  magra e molto brava e il film “E’ nata una stella” sembrò segnare la sua rinascita. Purtroppo non fu così e non vinse nemmeno l’Oscar che avrebbe meritato a pieno titolo. Di lei ci resta un’altra impeccabile interpretazione in “Vincitori e Vinti” e tanti meravigliosi concerti in giro per il mondo dove l’impegno  occasionale le consentiva di raggruppare le forze e incantare nuovamente il pubblico che l’acclamava, l’adorava e le dava quel calore di cui aveva bisogno.

“Lo disse anche James Mason al suo funerale ” Lei dava tanto a tutti e doveva essere ripagata in qualche modo… ma nessuno di noi  aveva le risorse necessarie per darle quello di cui aveva bisogno”

A Judy piacevano le cose semplici che poco riuscì ad avere, strozzata dal meccanismo infernale di Hollywood… Le piacevano anche i cibi saporiti della buona cucina americana che raramente si poteva permettere, ma quando era ancora una spensierata cantante di Vaudeville non era difficile incontrarla con un dolcino o uno snack nelle vicinanze di qualche bar… Bob Hope, che  era suo amico, sapeva che il suo  piatto preferito, che ovviamente riusciva a permettersi solo nei rari momenti di riposo in cui non era costretta a una dieta strettissima, era lo “Steak and Kidney Pie”, un piatto di ascendenza scozzese come gli antenati di Judy, ma perfettamente inserito nella tradizione americana. E’ quindi in memoria di quegli istanti felici, forse troppo pochi e troppo brevi, che la vogliamo ricordare con questa ricetta, che era la sua preferita.

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INGREDIENTI PER LA PIE per 4 persone: 700 grammi di manzo, 200 grammi di rognone, 2 cipolle, olio extra vergine di oliva, 3 cucchiai di farina, 2 cucchiai di salsa Worcester, 2 rotoli di pasta sfoglia, 1 uovo, carote, piselli e/o fagiolini 300 grammi complessivi.

INGREDIENTI PER IL BRODO: 400 grammi di carni miste di manzo e pollo, 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano, sale q.b.

PREPARAZIONE: Preparare almeno con due ore di anticipo il brodo mettendo nell’acqua fredda la carne lavata, la cipolla, il sedano e la carota interi e aggiungendo sale a piacere. Si porta ad ebollizione e si schiuma con il mestolo forato, poi si fa bollire a fuoco tenue per circa un’ora e 1/2 o comunque finchè la carne  diventa molto tenera. Prima di utilizzarlo nella pie, filtratelo nell’apposito passino.

Iniziate a preparare la torta tagliando a dadini la carne e il rognone. Tritate la cipolla e rosolatela nel tegame assieme a carne e rognone, con un po’ di olio e di sale. Aggiungete la farina, coprite con il brodo di carne  e fate cuocere per un’ora e mezza. Una volta raffreddato il tutto aggiungete la salsa Woecester.

Foderate una pirofila con uno strato di pasta sfoglia, farcite con la carne, richiudete con il secondo strato di sfoglia e bucherellatela con i rebbi di una forchetta. Spennellate con l’uovo la superficie e infornate a 220°C per 40 minuti circa. Servite accompagnando con le verdure lesse condite con olio extra vergine di oliva e sale quanto basta.

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James Bond e … La Bouillabaisse alla Marsigliese

 “Un Martini Dry” disse “uno, ma in una coppa profonda da Champagne” “Oui Monsieur”  “Un momento. Tre parti di Gordon’s, uno di Vodka e mezza di Kina Lillet. Agiti bene il tutto nello shaker, finchè non è ben ghiacciato, poi aggiunga una fetta grossa, ma sottile, di scorza di limone. Mi sono spiegato?”  e “Agitato, non shakerato” seguiterà a ripetere ai numerosi barman che da un film all’altro avranno l’onore di prepararglielo. E il suo eretico e personalissimo  modo di bere Martini è diventato leggenda.

Solo dallo spleen di un aristocratico inglese, che doveva “sconfiggere le noie della vita coniugale” poteva nascere un personaggio così, uomo d’azione, facile  assassino e  sofisticato gentiluomo . Il fatto è che nella vita di Jan Fleming a un certo punto c’è un cortocircuito… qualcosa che non si riprende e, in quel momento, sulla sua strada incontra James Bond il suo alter ego, colui che terminerà quello che a lui non è concesso.  Almeno fino a un certo punto le loro sono vite parallele  e ben documentate, perchè  Fleming è stato  un personaggio pubblico e Bond ha avuto il suo biografo in un serissimo ammiraglio della Royal Navy, Miles Masservy  che scrisse il  il suo necrologio quando si pensava che fosse del tutto morto, prima cioè di ricominciare a vivere due volte.

Sia Fleming che Bond hanno avuto un’ infanzia difficile e dorata, famiglie di tutto rispetto e improvvise morti di genitori. Tutti e due sono stati studenti difficili di Eton e si sono fatti cacciare per analoghe storie di donne e nonostante la comune bravura negli sport. Ragazzi del gran mondo, con molte lingue conosciute e  frequenti viaggi all’estero… Lo scoppio della seconda guerra mondiale inevitabilmente coinvolge entrambi. Usciranno dal tempo di guerra col grado di Comandante, ma per Fleming l’attività nei servizi segreti finisce qui e per Bond è invece l’inizio delle sue più spericolate avventure. Ma prima che le loro vite si separino ancora un terribile dolore  li unisce.  Fleming perde la sua fidanzata  durante un bombardamento, Bond perde Vesper Lind ,la spia doppia che si suicida per non avere la sua pietà.

Fleming almeno apparentemente torna nei ranghi della sua vita aristocratica, un lavoro da giornalista, una moglie nobile e una villa in Giamaica, per le vacanze. In realtà  Goldeneye è  il posto dove, due  mesi l’anno,  riesce a  incontrarsi con il suo amico James Bond e si fa raccontare le sue spericolate avventure, al servizio di Sua Maestà. Qui, lontano dalla banalità della vita londinese, attorno al ragazzo Fleming e ai suoi occhi sognanti, si materializzano i peggiori nemici  dell’Occidente, le terribili organizzazioni come la Smersh e la Spectre,  il   Dr. No, Le Chiffre ed Ernst Stavro Blofeld col suo perfido gatto bianco..  Qui il suo amico James gli mostra i micidiali gadget  killers che utilizza durante le sue missioni…  penne, orologi e  stivaletti rinforzati al pugnale … Ma è la vita di James che affascina Fleming, quei mondi esotici cosparsi di male e di mistero, quel continuo gioco degli specchi in cui si confondono amici e nemici  e si combattono  le certezze di vivere e di morire. E poi ci sono le Bond Girls… Quelle ragazze da favola che ogni volta che arrivano a  Goldeneye sono sempre diverse e sempre  più belle.

 Quando loro vanno via Jan raccoglie i suoi scritti e ne fa dei romanzi. Gli altri ne fanno film. Planetari, inarrestabili, per anni non si parla di altro e segnano un’epoca chiamata proprio “Bond Mania.” Fleming è felice .. ha ritrovato l’amico e ha ritrovato se stesso. E’ tale l’ammirazione per James  che Jan ci si identifica sempre di più e cerca il suo stile di vita… Fa uso di alcolici,  – James, si sa, ha sempre una coppa fra le mani  – e fuma disperatamente, le stesse sigarette più aromatiche che preparano esclusivamente per Bond. Adesso quando James fra una missione e l’altra capita a Londra vanno a Coventry Street, mangiano insieme il granchio e Bevono “Black Velvet” oppure pernice arrosto e Champagne Rosè… A Londra James  è estremamente raffinato… Ma Jan sa perfettamente che il  suo  amico a Istanbul, ai tempi di Tatiana Romanova, mangiava Doner Kebab con cipolle e riso. “Una  specie di cibo di strada”  pensa con una punta di disprezzo Jan, mentre affiora  a tratti il suo spirito aristocratico .. Non parliamo poi dell’agnello e del manzo trasformati in cibi orientali con quell’enorme aggiunta  di curry, quando frequentava  Pussy Galore  per eliminare quel pazzo di Goldfinger… Jan ha una punta di diffidenza però gli piacerebbe assaggiarli pure lui…

Ma è d’accordo con James che andranno insieme a Marsiglia a mangiare la Bouillabaisse, quella strana zuppa di pesce che si mangia al porto… James ne ha un ricordo bellissimo, perchè era il periodo in cui aveva conosciuto Tracy… con tutto il dramma che poi ne seguì.
Purteoppo Jan Fleming non riuscì mai ad andarci. … Credeva veramente di essere  come James Bond … se non addirittura lui … beveva e fumava troppo, ma non aveva il fisico atletico, forte e indistruttibile di 007…

 James fu costretto ad andarci da solo, ma mentre mangiava in quella ridente  trattoria di Marsiglia e pensava a Tracy e a Jan  nello stesso tempo, qualche lacrima … e per fortuna nessuno se ne accorse, gli cadde sulla Bouillabaisse.

BOUILLABAISSE ALLA MARSIGLIESE

INGREDIENTI per 4 persone: 3 Kg di pesce misto fra cui scorfani, triglie, capponi,  naselli, gronchi  etc….1dl di olio extra vergine di oliva, l’interno bianco di 2 porri, due grosse cipolle, 250 grammi di pomodori pelati, 2 spicchi di aglio, poco zafferano, 1 pizzico di semi di finocchio, 2 foglie di alloro, pepe nero.

PREPARAZIONE: aprire il pesce e togliere le interiora. Per i pesci come lo scorfano che hanno scaglie evidenti eliminatele con un coltello o con l’apposito attrezzo. Fate attenzione a non pungervi con le spine dello scorfano perché  possono dare qualche lieve infezione. Pulite il pesce sotto acqua corrente e sgocciolatelo. Fate dorare in poco olio la cipolla tritata e l’aglio. Versatevi sopra il pomodoro schiacciato e dopo aver abbassato la fiamma fate cuocere mescolando di tanto in tanto per circa 20 minuti. Aggiungete il pesce ad eccezione del nasello e di qualche altro tipo di pesce delicato e sottile  che avete aggiunto a quelli consigliati, per i quali i tempi di cottura sono più ridotti. Aggiungete anche un po’ di acqua sale e pepe, alcune foglie di prezzemolo tritato, un pizzico di zafferano, il resto dell’olio, l’alloro e i semi di finocchio.

Aggiungete soltanto ora il nasello e altri pesci più delicati e lasciate cuocere per non più di 10 minuti senza mai rigirare gli ingredienti. Servite con particolare accorgimento, allo scopo di non rovinare il pesce mettendolo  con delicatezza sopra un piatto da portata. In una capace zuppiera mettete il brodo assieme a crostoni di pane rosolati nel burro. Saranno i commensali a versarsi nelle singole scodelle il brodo, mangiando a parte il pesce.

Julia Child e il “Gratin de Pommes de Terre Provencal”

parigi-ghost6La seconda guerra mondiale aveva cambiato i costumi e le donne ora non tolleravano più la solitudine della casalinga e le pentole da pulire come obiettivo di vita. La classe media  femminile, quella europea e  quella americana almeno, era  dunque in rivolta e aveva iniziato la lunga marcia per la conquista dei posti di lavoro nella società degli uomini…  Strana storia dunque quella di Julia Child che entra in cucina quando le altre donne ne  escono!  Lei che era nata in una famiglia altolocata con un padre manager, un nonno vice governatore del Massachussetts e un cuoco che veniva dal New England… Quasi un blasone per la famiglia  perché  il New England era uno dei luoghi più raffinati degli Stati Uniti. Eppure alla giovane Julia, senza nemmeno saperselo spiegare, quel modo di cucinare la lasciava del tutto insoddisfatta. Comunque uscì presto di casa per andare allo Smith College nel Massachussets. Era una ragazza molto alta, non bella e sicuramente sgraziata nei suoi 188 centimetri di altezza, ma li sfruttò tutti per giocare a tennis e a basket.  Nel 1934 si laureò  con un “Bachelor  of Arts”, in Lingua e letteratura inglese, e non tornò in famiglia a Pasadena. Aveva di sicuro una gran carica emotiva, la voglia di fare qualcosa di importante… magari di scrivere, ma aveva le idee confuse e annotava sul suo diario “Io sono una persona comune, con dei talenti che non so utilizzare…” Così in attesa che gli si schiarissero le idee  trovò lavoro a New York  in una ditta di mobili per scrivere locandine pubblicitarie. Solo nel 1937 tornò in California per lavorare nei giornali locali, ma solo nel settore pubblicitario.

julia-child-meryl-streepQuando scoppiò la seconda guerra mondiale sperò per un momento di poter andare incontro all’avventura che aveva sempre nel cuore e fece immediatamente domanda per arruolarsi nell’U.S. Navy o nel Women’s Army Corp, ma la scartarono… era troppo alta!  Tutto quello che le riuscì fu di ottenere un lavoro come volontaria, a Washington, sia pure in mezzo ad altre 4.500 donne,  all’Office of  Strategic Service, che erano poi i servizi segreti o come dire l’antenato della C.I.A. Le agiografie  a posteriori hanno cercato in tutti i modi di rendere importante il lavoro svolto da Jiulia in tempo di guerra, anche perchè il nome dell’Ufficio era altisonante, ma a leggere bene i suoi compiti, Julia passò quattro anni della sua vita a ricopiare nomi e dati da un julia-childregistro a un cartellino o viceversa.

Fu di nuovo con grande entusiasmo che accettò quindi l’invio in missione  a Ceylon dove fu promossa  Chief of the OSS Registry… Le passavano fra le mani notizie e dispacci di ogni genere segreti e segretissimi, ma per lei c’erano solo da registrare i dati. Cominciò ad annoiarsi anche a Ceylon anche se la vita era “doré” fra ricevimenti incontri e auto di servizio, ma all’improvviso tutto cambiò …

Paul Child era un intellettuale, un poeta, un uomo dai gusti raffinatissimi e un … buongustaio. Aveva più di quarant’anni ed era pieno di solitudine e di rimpianti perché non riusciva a trovare la donna della sua vita.  Quello con Julia fu un amore lento a manifestarsi perchè  Paul la vedeva “allegra e coraggiosa” ma solo un’amica. Ma alla fine  nel 1946 si sposarono e  nel 1948 furono destinati a Parigi lui come funzionario dell United States Foreign Service, lei come moglie al seguito e senza molto da fare.

 La folgorazione sulla via di Damasco avvenne mentre stavano andando a Parigi e si fermarono a mangiare nel più vecchio ristorante del Paese, “La Couronne.” Era la prima volta per Giulia e l’incontro con la cucina francese  fu “Un’esperienza che mi aprì l’anima e la mente … Ne  rimasi stregata per tutta la vita… senza più possibilità di tornare indietro” In quel ristorante aveva mangiato ostriche e anitra e fu per la voglia di  provare a cucinarle da sola  che divenne studentessa della scuola di cucina più famosa di Francia…il  “Cordon Bleu”. Per Julia fu l’inizio di una vita faticosissima ma finalmente affascinante. Tutto quello che non aveva ricavato dai numerosi lavori che l’avevano sempre relegata in ruoli secondari e in attività noiosissime, filnalmente lo trovò nella fantasia e nella creatività dei fornelli.  Il ritorno a casa, appunto, mentre le altre donne smettevano di cucinare per tentare la via della fabbrica o del terziario.julie-julia-6

Era stata accolta con diffidenza al Cordon Bleu, ma intanto studiava il francese, girava con i mercatini  a scegliere gli alimenti e nei bistrot per conoscere i sapori e  aveva quel marito appassionato che l’incoraggiava e l’aiutava in tutti i modi a trovare la sua strada.

PaulJuliaFu a Parigi che incontrò Simca Beck e Louisette Bertholle che stavano scrivendo ricette per gli americani. Julia capitò a proposito e cominciò a scrivere con loro. Anni per pubblicare il libro, ma nel 1961 “Mastering the Art of French Cooking” era finalmente una realtà … e Julia una celebrità.

E’ stata lei a far conoscere la cucina francese e tutte le relative tecniche, dalla nomenclatura dei cibi agli strumenti, negli Stati Uniti… E quando sembrava  che  la cucina  di casa dovesse diventare solo un ricordo in favore dei più facili pranzi pronti e confezionati, scoppiò in televisione  il mito di Julia Child  e della cucina francese. La prima negli Stati Uniti a  fare una trasmissione  del genere e nel “The French Chef”, che ebbe origine nel 1963  la gente impazziva a seguirla mentre presentava ricette stravaganti piene di ingredienti esotici o sconosciuti in uno show incredibilmente ironico e divertente in cui lei, Julia, la presentatrice invece di rivolgersi al pubblico parlava direttamente al cibo… L’attenzione andava alle stelle, tutti si divertivano e l’intera America diventava un pò più raffinata.Il successo, in tutta la sua lunghissima vita non la lasciò più e mentre lei seguitava a scrivere libri di cucina… gli altri cominciarono a scrivere di lei. Biografie, emulazioni, parodie, romanzi e il bellissimo film del 2009 con  Meryl Streep.

Leggere di Julia Child  è come leggere della felicità… una persona che ha trovato la sua strada lontano da tutto ciò a cui era stata destinata … L’imprevisto che diventà realtà… un vecchio mestiere che  rivive  nel rigore e nella passione di Julia… Che dire di più? Meglio dare la parola a una delle sue ricette :

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Julie-Julia-Trailer-Usa-011_midINGREDIENTI per 6 persone: 2 tazze di cipolle tagliate finemente, 4 cucchiai + 1 cucchiaino di olio extra vergine di oliva, 5 pomodori scottati nell’acqua bollente e pelati, 1 pizzico abbondante di sale, 6 filetti di acciughe sott’olio, 2 spicchi di aglio schiacciato,  qualche foglia di basilico tritata, 1 pizzico di timo e 1 pizzico di pepe, 1 Kg di patate bollite tagliate a fette di 1 centimetro, 50 grammi di parmigino grattugiato.

PREPARAZIONE: cuocete le cipolle i 2 cucchiai di olio,mescolatele senza farle bruciare.Tagliate i pomodori a pezzi, uniteli alle cipolle,fate insaporire e regolate di sale e pepe.

In una padellina mettere assieme i filetti di acciughe e l’aglio, 2 cucchiai di olio, il pepe e le erbe aromatiche. Sistemate nel fondo di una pirofila 1/4 di preparato di cipolla e pomodori, adagiarvi sopra delle patate e 1/2 del preparato di acciughe.Ripetete gli strati di patate e poi di acciughe, terminate con la salsa di pomodoro con il parmigiano e una spruzzata di olio. Porre nel forno scaldato a 200°C e cuocere per 40 minuti per assorbire il liquido. Se la superficie tende a bruciarsi copritela con carta argentata. Si serve sia calda che fredda.

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Ang Lee e… i Ravioli al Vapore con Ripieno di Granchio!

Un uomo diviso fra più patrie, l’abitante di una terra di mezzo di cui non si vedono i confini, l’esule in cerca di una nuova identità che seguita a guardarsi indietro. Di recente  sembra che abbia detto che non voleva gli occhi a mandorla… Ma come si fa a nascere a Taiwan con una famiglia in fuga dalla Cina e non averli?  Indubbiamente è stata proprio questa Cina della diaspora a creare le contraddizioni da cui Ang Lee, per fortuna del cinema, non ha saputo più liberarsi. Tutta popolata dai cinesi più tradizionalisti, che scappavano dal Comunismo di Mao, già negli anni della guerra fredda, l’America  aveva contribuito a farne una delle sue immagini speculari più riuscite e vivibili per far morire di rabbia i cinesi rimasti sul Continente… Lusso, slanciati grattacieli e tutto “l’American way of life”!  Si pensava che sarebbe stato facile per i giovani assimilare le nuove usanze… Loro che in fondo in Cina non c’erano mai stati. Ma c’erano i padri, i nonni, gli intellettuali che si sentivano più cinesi di quelli rimasti in patria e nella traversata  dello stretto di Formosa si erano portati appresso, oltre alle loro spesso cospicue ricchezze, anche le tradizioni, la religiosità, i costumi e la voglia di non cambiare. Negli ultimi venti anni ormai, il mondo si è rapidamente  globalizzato, molte differenze sono venute a cadere e i grattacieli di Shangai oggi sono più slanciati di quelli di Taipei, ma per uno come Hang Lee che era giovane negli anni ’80 le cose diverse erano ancora troppe…Nella famiglia si sentiva ostacolato e criticato  e le prove di cinema che aveva tentato non erano state accettate da nessuno. Così se ne andò in America, le biografie ufficiali dicono in cerca di fortuna, più sicuramente in cerca di se stesso e di una nuova libertà. Ma della famiglia raffinata e colta, in cui era vissuto e del National Taiwan College of Art, che aveva frequentato in patria, aveva assorbito tutto e, all’Università dell’Illinois come a quella di New York, gli insegnarono certamente le migliori tenciche teatrali e cinematografiche, ma poco influirono sul suo spirito.Voleva girare le spalle alla Cina Nazionalista o Popolare che fosse e invece quando si trattò di scelte serie si prese una moglie americana, quasi tutta cinese. Voleva fare il cinema all’O

ccidentale e le sue prime opere sono un’originalissima rivisitazione  americana della sua patria orientale… Anche  i film che verranno dopo, quelli di ambiente tutto occidentale come “Brokeback Mountain” o “Ragione e Sentimento” hanno  quei personaggi pieni di contrasti e quella raffinatezza formale che sono tipici del regista, sempre  impregnato delle sue scissioni personali e dei preziosismi  della sua educazione asiatica… L’ultima opera di Ang Lee,  Vita di Pi, è appena diventata Oscar, ben 4… Alla Regia, alla Colonna sonora, alla Fotografia, agli effetti speciali. Il film è doloroso, poetico, amaro e dolcissimo. Ambientato in buona parte su una scialuppa in mezzo all’Oceano, in realtà è stato girato a Taiwan dove in un vecchio Aeroporto hanno costruito un enorme serbatoio d’acqua capace di simulare le onde dell’Oceano… In qualche modo e ancora una volta, Ang Lee è tornato a Taiwan!

 Premi e riconoscimenti al mondo di Ang Lee, non sono storia recente. Arrivarono già con i suoi primi film,    quella famosa “Trilogia Meticcia” o “Father knows best”.  Questo ciclo, con cui si è imposto a Hollywood, è   in realtà tutto dedicato a personaggi  cinesi e a contrasti generazionali, trattati con quell’estrema leggerezza che è una delle cifre stilistiche più ricorrenti  del regista. Nel primo di essi,”Pushing Hands” c’è il disagio di un padre arrivato in America da Pechino, ancora racchiuso nell’etica confuciana e nelle arti marziali. Come in uno choc si trova immerso in una famiglia tipo americana, individualista, sicuramente banale, ma che per lui è proprio un altro mondo. Con ironia, un po’ di comicità e  molto garbo, la sorpresa del film, al contrario di quello che si poteva immaginare,  la porterà proprio l’anziano signore  con la rottura della tradizione  che lo porterà a lasciare la casa del figlio per cominciare da solo una nuova  vita all'”Americana”. Estremamente divertente il secondo film “Banchetto di Nozze” con due sprovveduti genitori  di Taiwan che in un irriverente e spassosissimo gioco degli equivoci, arrivano in America per le nozze del figlio  del tutto all’oscuro che  è gay e ha organizzato il matrimonio farsa per accontentare  i genitori e le tradizioni del suo paese. Il terzo film della trilogia “Mangiare, bere, uomo, donna” lo ambienta direttamente in patria con un padre e le sue tre figlie. Il padre, la tradizione l’interpreta  con la ricchissima e complicata cucina di cui è stato un grande chef. Le figlie ciascuna a suo modo sono distratte e lontane e i conflitti fra di loro emergono inesorabilmente al pranzo domenicale a casa del padre dove lui cerca di tenere la famiglia unita con la sua arte di cuoco ormai in pensione. Sarà anche  in questo caso l’uomo anziano a funzionare come “Deus ex Machina, sposando una donna giovane e lasciando le figlie libere al loro destino. Il contrasto con Taiwan ancora una volta il regista lo affronta con il salto generazionale, ma l’amore inguaribile per la sua terra, anche se matrigna, lo esprime anzi, è il caso di dirlo, lo celebra con il rito quasi miracoloso della cucina. La rapidità dei gesti, la precisione dei tagli,  il repentino sacrificio degli animali… come su un antico altare, quei bagliori di fuoco improvviso, persino le nere fumanti padelle…  Tutto è orgoglio, passione e rispetto  per quella tradizione che nonostante tutto gli riempie il cuore.

Hanno provato a contare le ricette del film… Sembra che siano 150. Abbiamo scelto, tipica della cucina cinese di Taiwan, i “Ravioli al vapore  con ripieno di granchio”.Una ricetta in apparenza delle più semplici, ma affidata all’estrema cura delle materie prime. Direttamente sconsigliato il granchio congelato o quella strana polpa detta di granchio sulle etichette, in realtà Surimi che è tutta un’ altra cosa. Occorre utilizzare invece un granchio  fresco e il risultato sarà perfetto.

RAVIOLI AL VAPORE CON RIPIENO DI GRANCHIO

INGREDIENTI per 4 persone: 150 grammi di farina, 300 grammi di polpa di granchio, la scorza di un limone, coriandolo, zenzero, polvere di 5 spezie (si acquista negli store orientali), olio extra vergine di oliva, sale, pepe, 1 cucchiaino di zucchero di canna, salsa di soia,aceto di riso, salsina piccante, zenzero e cipollotti freschi tritati,qualche foglia di verza o cavolo bianco, una manciata di piselli,acqua, un pugno di riso.

PREPARAZIONE: Scaldate l’olio nella wok,aggiungete la polpa cruda di granchio  estratta dal corpo, dalle chele e dalle zampe dell’animale, lo zucchero e fate rosolare a fuoco medio per qualche minuto. Aggiungete la scorza di limone, le spezie e il sale, il pepe e togliete dal fuoco. Gettate l’olio in eccesso e trasferite in una ciotola aggiungendo le foglie di due rametti di coriandolo tagliuzzate.

Mettete ora la farina in una ciotola capiente e versateci sopra 250 grammi di acqua bollente a poco a poco mescolanco fino a ottenere una pasta omogenea.Coprite con un panno inumidito e lasciate riposare per 40 minuti almeno. Dopo questo tempo prelevate un pezzo di pasta per volta, tagliatelo a pezzetti e formate piccole palline che poi appiattirete e  sopra le quali verserete un po’ di polpa del granchio. Avvolgete la pasta in modo da formare dei sacchettini leggermente aperti in cima che chiuderete con un pisellino.

Foderate il cestello della pentola a vapore con qualche foglia di verza o cavolo bianco ponetevi sopra i ravioli distanziati e  mettete il cestello sulla pentola sottostante in cui bolle l’acqua. Cuocete per tre o quattro finuti,estraete dalla pentola e presentateli in tavola affiancati dalla salsa di soia,un pugnetto di riso lesso, salsina piccante, zenzero e cipollotti tritati.

(Attenzione, l’unica licenza che ci siamo permessi è l’olio extra vergine di oliva in sostituzione di quello di semi, perché ad alte temperature non è dannoso.)

Per Anita Eckberg… Gli “Spaghetti alla Gricia”, un’antica ricetta del Lazio!

Fontana di Trevi-1

Un’atmosfera notturna e misteriosa … I vicoli di una città vuota dove l’unica presenza è quella di una magnifica donna bionda con una stola bianca a illuminare la notte, che incede  quasi a passo di danza nella città deserta. Cammina a caso fra un vicolo e l’altro e gioca con un gattino bianco che le si è arrampicato sulla testa, finché, superato l’ultimo vicolo, davanti le si apre, semicircolare, compatta e chiusa  la piazza. Adesso la può vedere bene… La fontana è grande, monumentale, scenografica e l’acqua, che da più parti, cade nella vasca, riempie  di trasparenze la facciata del palazzo a cui la fontana si appoggia. La ragazza ha un attimo di stupore poi immemore o ignara della sua storia secolare, con un atto di piena confidenza o come una Dea che prende possesso dei suoi domini, vi entra dentro.  Adesso è lì, completamente a suo agio sotto gli spruzzi che, dalla scogliera marmorea sovrastante, le continuano irruenti a cadere addosso. L’uomo che, dopo pochi istanti la seguirà nella fontana, quasi non ha coraggio di toccarla…  la guarda e si perde completamente nella sua innocenza e nella sua bellezza, mentre le rivolge parole confuse e smemorate…

Fu quella scena  del film “La Dolce Vita” a dare ad Anita Eckberg la fama internazionale. Ma la celebrità arrivò anche prima. Forse una campagna pubblicitaria ben orchestrata… ma già mentre girava il film e si delineava il suo personaggio carico di sensualità nordica, Roma impazzì per lei. Divenne un mito e fu un fenomeno di massa che lascia ancora oggi stupiti. I fotografi seguivano ogni suo spostamento, l’assediavano e divennero proprio allora”Paparazzi…” Il gossip ormai esisteva solo per lei e Via Veneto era la sua vetrina. Cercava di seguirla dappertutto quel marito inglese Anthony Steel, folle di gelosia… ma era quasi impossibile controllarla. Si disse che in quel periodo ebbe una storia sia con Marcello Mastroianni, l’interprete del film, che con Federico Fellini, il regista. Per quanto riguarda Mastroianni non è difficile crederci perché era a quei tempi l’amante latino per eccellenza e poche donne gli sfuggivano… Per Fellini invece il discorso è più complesso perché lui, in fondo, era  rimasto un provinciale, e quell’attrice rappresentava la materializzazione di quell’eterno femminino, su cui giovanetto, aveva sognato in terra emiliana, davanti alle donne, Veneri o Madonne che fossero, dipinte dai cugini Carracci. Adesso Anita era davanti a lui, come un’epifania, con lo stesso corpo opulento che sembrava non finire mai e lo sguardo dolcissimo e fanciullesco che ha la Venere nella Galleria di Modena.

Ad Anita Roma l’aveva come stregata e affascinata e si sentiva accettata come non le era mai accaduto prima. Non in Svezia, dove nonostante avesse vinto il titolo di Miss Svezia l’avevano sempre  tenuta a distanza  per il suo dialetto del Sud, snobbato dalla gente chic… E nemmeno a Hollywood aveva avuto una grande accoglienza, confusa nel sottobosco delle attrici di serie B.

Ora l’aristocrazia, il mondo del cinema e quello della letteratura erano ai suoi piedi e questo l’autorizzava a scatenarsi, a bere un po’ troppo e ad accendere le grandi e un po’ peccaminose notti romane. Fu lei a dare il via allo scandalo del Rugantino  dove si esibì in uno sfrenato Cha Cha Cha a piedi nudi, cui seguì lo spogliarello della danzatrice turca, le cui foto fecero il giro del mondo, mentre  circolava la voce che Anita beveva un po’ troppo, spinta anche da quel marito mezzo alcolizzato, che lasciò poco dopo.

Su di lei, intanto, aveva messo gli occhi il più grande industriale italiano e uno degli uomini più affascinanti di  quei tempi, Gianni Agnelli, l’erede Fiat e per tutti l’Avvocato. La storia durò a lungo, sembra tre anni, avvolta nonostante  la notorietà di tutti e due, nel massimo riserbo. Alla fine fu lei a lasciarlo, addolorata per un suo tradimento, ma poi lo rimpianse per tutta la vita  e ne pianse dolorosamente la morte.

Però dopo “La dolce vita” non ci fu più nessuno in grado di utilizzare bene Anita Eckberg. Solo con Fellini riuscì a fare di nuovo un’ottima interpretazione nel surreale episodio di “Boccaccio ’70” e qualche anno dopo ne “L’Intervista”. Per il resto  furono tanti film ma nessuno che valorizzasse quella esagerata bellezza e le capacità recitative che solo Fellini conosceva sino in fondo.

Ma all’Italia Anita non seppe più rinunciare. Provò a starne lontana ma la nostalgia era forte. Per lei così nordica il calore umano e la gioia di vivere che allora c’erano in Italia non andavano perduti e si comprò una villa vicino Roma dove andare ad abitare. Le piaceva la buona tavola e i suoi amici dicevano che per farla felice bastavano “Pasta, cioccolato e Vodka”. Alcuni ristoratori le intitolarono anche dei piatti… in onore alla sua bellezza e alle sue ottime qualità di cuoca. Come cittadina del Lazio  dove vive ormai da tanti anni e di cui nel tempo ha imparato ad apprezzare le gustose ricette del territorio, le dedichiamo  un’antica pasta detta “alla Gricia”  di origini incerte, di pochi ingredienti e di grande sapore che, secondo alcuni, è l’antenata della “Pasta all’Amatriciana” – perché si fa con gli stessi ingredienti a esclusione del pomodoro, – mentre secondo altri il termine risalirebbe alla Roma del ‘400 dove “Gricio” era chiamato il panettiere che veniva dal Canton dei Grigioni ed era addetto alla preparazione della pasta fresca.

SPAGHETTI ALLA GRICIA

INGREDIENTI per 4 persone: 400 grammi di spaghetti, 250 grammi di guanciale di maiale, 100 grammi di pecorino, 1 cucchiaio di aceto bianco, olio extra vergine di oliva, sale e pepe.

PREPARAZIONE: In una padella mettete a scaldare dell’olio extra vergine di oliva e aggiungete  il guanciale tagliato a dadini. Quando la pancetta è quasi rosolata, senza tuttavia che  secchi troppo, aggiungete il cucchiaio di aceto, fate evaporate e spegnete il fuoco.

Portate a ebollizione abbondante acqua, salatela, fatevi cuocere gli spaghettie scolateli al dente, conservando un mestolino dell’acqua di cottura. Metteteli in una padella, aggiungete il guanciale, il pecorino, il pepe, un poco dell’acqua di cottura e fate saltare su fiamma viva per qualche minuto, facendo attenzione a non scuocere la pasta.

Dal fuoco dei fornelli… alle mille luci del web!

light bulb concept

Grazie infinite ad Athina (Kicking Back the Pebbles) per questa nomination! / Thank you very much Athina (Kicking Back the Pebbles) for this award!

thank you

Le regole di questo premio prevedono di ringraziare chi ce l’ha assegnato, parlare un po’ del nostro blog e poi proporre la nostra lista di nomination… vediamo un po’! The rules of this award include: thank you who gave it to us, talk a bit ‘about our blog and then suggest our list of nominations … let’s go!

Cucinare è uno dei grandi atti d’amore travestiti da quotidianità: si cucina per le persone a cui si tiene e lo si fa per prendersi cura di sè, per coccolarsi, per viziarsi un po’, per concedersi un po’ di tempo per rilassarsi ed essere completamente presenti. E’ qualcosa che coinvolge tutti i sensi e puoi condividere. E se la cucina è condivisone… perchè non imbandire una tavola virtuale? /  Cooking is one of the great acts of love dressed as everyday life. We cook for the people we care, we want to cuddle them, spoil them, to give them a little ‘time to relax themselves. Cooking is something that involves all the senses and you can share. And if the kitchen is sharing … why not use a virtual table?

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NOMINATIONS!!!

bravo

ConUnPocoDiZucchero 

Petit4chocolatier

At the Polish table

Chef Janet Rorschach

Different Taste

BonneVivanteLife

La bellissima Lana Turner e… i Macaroni and Cheese!

 Era la bionda più platino di  Hollywood dopo Jean Harlow e prima di Marylin Monroe, ma senza la leggerezza e l’ironia con cui le altre due riuscivano a sdrammatizzare la loro immagine di dive e di divine. Pensare  a Lana Turner significa pensare alle vistose ville di Beverly Hills, a piscine sempre azzurre, roteanti visoni, tacchi a spillo… e atletici amanti coi denti e le camicie bianche sulla pelle abbronzata. Tutto in lei parlava di lusso e di opulenza in uno stile  di vita che. secondo  gli schemi di hollyvood, doveva costituire il clichè della donna fatale   adatta a interpretare personaggi melodrammatici ed eccessivi.

Del dramma e della violenza che avevano sconvolto la sua infanzia, nel mondo dorato di Hollywood, non se ne doveva parlare. O forse neppure si sapeva di quel minatore rapinato e ucciso mentre tornava a casa pieno di soldi vinti in una bisca. Quando il padre morì in quel modo barbaro la ragazzina aveva meno di dieci anni e lei e sua madre si trovarono sul lastrico.

Ma era così bella che  la notarono presto, mentre a 14 anni, così dice la leggenda, chissà quanto addomesticata, stava bevendo un frullato di frutta in un bar  di Hollywood, dopo aver marinato la scuola. Fu un golfino troppo stretto a mettere in risalto, durante la scena in cui veniva assassinata, il piccolo ruolo che le avevano affidato nel film “Vendetta”. Da allora e per molti anni fu “The Sweater Girl” e le parti che le venivano affidate facevano sempre leva sul suo portamento provocante e…  quel petto che sembrava scolpito. Il vero successo lo ebbe con due film molto belli ma anche estremamente violenti. Sembrano quasi una metafora di quell’orrore che in un modo o nell’altro la perseguiterà per tutta la vita… Ne “Il Dr Jekilll e Mister Hide” è solo una testimone della mostruosità che le gira intorno, ma  ne “Il postino suona sempre due volte”  la violenza la vive  in prima persona, nella parte della moglie adultera che spinge l’amante a uccidere il marito.

Nel film Lana Turner è un ‘interprete di grande  efficacia, ma dall’erotismo sotteso, quasi inespresso, per rispettare i rigidi canoni moralistici che il cinema degli anni ’50 si era imposto. La stessa ipocrisia faceva parte della vita della bella attrice che passava da un marito a un’amante con grande  disinvoltura privata, ma poca visibilità pubblica. Quell’irrequietezza, quella voglia di nuove  esperienze,  la portava a cercare sempre nuovi sex symbol al maschile, da parcheggiare nella sua camera da letto. Di certo nascondeva una grande insicurezza, una costante voglia di piacere che doveva calmare il senso di inadeguatezza che spesso la prendeva in quell’ambiente di lusso, lei che veniva dalla povertà più nera, con poche scuole e la macchia di quell’ equivoco assassinio del padre  nella sua infanzia.

Nel 1958 era all’apice della bellezza e della  carriera con quel film torbido “I Peccatori di Peyton” che le era valsa una nomination all’Oscar. Aveva avuto già quattro mariti e un cospicuo numero di amanti fra cui, quelli più celebri erano stati Tyrone Power, Frank Sinatra, Howard Hughes, e chissà chi altro. Ora aveva una figlia che stava crescendo a vista d’occhio, alta e slanciata già a 14 anni, ma sicuramente difficile. E questo Lana Turner non l’aveva percepito abbastanza, anche se la ragazzina già una volta era scappata dal collegio.

BeFunky_cheryl-crane-3.jpgDa alcuni mesi Lana frequentava  un tipo impresentabile, di bell’aspetto, il gangster Johnny Stompanato. Subito dopo la guerra aveva gestito locali equivoci in China ed era finito in bancarotta. Tornato in America  aveva venduto paccottiglia spacciandola per opere d’arte finché non diventò il guardiaspalle del gangster emergente Mickey Cohen. Sotto la  protezione di Cohen ora organizzava furti nelle gioiellerie e aveva un giro di ragazze ben avviate alla prostituzione… La passione iniziale di Lana  si era ben presto trasformata in paura per quella violenza che Stompanato aveva nei suoi confronti. Minacce e botte erano all’ordine del giorno e mentre lei cercava di non farsi vedere in giro con Stompanato, lui convocava apposta le conferenze stampa per mostrarsi al fianco dell’attrice.

La tragedia era sicuramente nell’aria, ma non nella forma in cui arrivò. C’era da espettarsi che Stompanato usasse quella pistola che già una volta aveva tirato addosso alla Turner o che la sfregiasse come aveva già minacciato. Invece fu Cheryl la figlia 14 enne di Lana, a casa per le vacanze, a entrare nella stanza dove i due stavano litigando furiosamente e a piantare nella pancia del gangster la lunga lama del coltello che si era portata su dalla cucina…

  La ragazza non fu condannata…14 anni, legittima difesa e avvocati d’eccezione. Dopo seguitò a essere  per un po’ una ragazza difficile… Da un istituto di rieducazione fuggì e per un momento si pensò a una vendetta di Cohen perchè Cheryl aveva ucciso il suo pupillo. Qualche anno dopo gli trovarono l ‘auto imbottita di Marijuana… Solo col tempo ritrovò il suo equilibio con un lavoro come agente immobiliare e un libro liberatorio sulla vita di sua madre.

Per Lana la carriera era praticamente finita e cercò di consolarsi con qualche marito in più e, dopo qualche anno, con un riavvicinamento con la figlia che, per lei, fu una cosa preziosa. Certo i dubbi su quell’assassinio ci sono stati! C’è una foto di qualche giorno prima della morte del gangster in cui compaiono la Turner, e poi Cheryl stessa e Stompanato che si guardano sorridenti, come in  amicizia o in confidenza… Perchè dopo  quell’ira terribile? E perchè Lana Turner corse a lavare il coltello dell’omicidio prima che arrivasse la polizia? Perchè uccidere Stompanato se poi trovarono le valigie quasi pronte, segno evidente che stava andando via dalla casa della Turner?  Qualcuno sospettò che la ragazza si fosse invaghita del gangster e l’uccise per gelosia, qualcuno che a uccidere sia stata Lana Turner perchè Stompanato molestava la figlia… Ma i dubbi non li risolse nessuno!

Lana Turner abbastanza lontana dal cinema, salvo qualche ritorno sporadico, fu più serena. Qualche volta fu ritratta con abiti meno sontuosi e i capelli meno impeccabili. Probabilmente ritornò almeno in parte, dopo aver superato l’impatto con la tragedia, la ragazza semplice della sua gioventù alla quale piaceva ballare a e andare al cinema… a vedere i film degli altri.

La cucina era sempre stata la sua passione. Ai compleanni della figlia aveva sempre fatto preparare torte originalissime a tanti piani o  con un buffo tettuccio  come una giostra. Il giorno del ringraziamento era solita preparare  il tacchino ripieno e apprezzava soprattutto la cucina mediterranea, anche se un po’ riadattata per il suo gusto da tipica americana, come questi :

MACARONI AND CHEESE

INGREDIENTI per 8 persone: 85 grammi di burro,65 grammi di farina 00, 1lt. di latte caldo, 120 grammi di panna fresca, 250 grammi di Cheddar o in alternativa Tete de Moine o Gruyère, 200 grammi di pecorino romano grattugiato, 250 grammi di maccheroni, 1 cucchiaino raso di sale kosher, 1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata fresca, 1 cucchiaino di pepe nero macinato fresco, 1/2 cucchiaino di pepe di cayenna, sale .

PREPARAZIONE: scaldate il forno a 180°C. Fondete il burro in una casseruola su fuoco medio e quando comincia a spumeggiare unite la farina, e cuocete mescolando per 2 minuti circa. Poi versare lentamente il latte caldo seguitando a mescolare e portate a ebollizione. Continuate a farlo sobbollire, anche abbassando un poco la fiamma, per 3 minuti.

Togliete dal fuoco,unite la panna, il sale a piacere, la noce moscata, il pepe nero, il pepe di cayenna e 3 /4 dei formaggi.

Cuocete i maccheroni molto al dente in una pentola con abbondante acqua salata. Scolate e tenete da parte 1 mestolo dell’acqua di cottura. In una pirofila imburrata trasferite i maccheroni, l’acqua di cottura e la salsa al formaggio mescolando accuratamente. Cospargete con i formaggi residui e mettete in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti, fino al formarsi di una crosta dorata, mentre il formaggio ribolle.

Rita Hayworth e… I Tagliolini al Tartufo Bianco di Alba

Aveva poco più di tre anni quando suo padre decise che doveva ballare. Ballavano tutti in famiglia, lui il Flamenco, il nonno il Bolero… Non le piaceva molto ballare e  soprattutto non ebbe più un’infanzia. A 12 anni attraversava la frontiera e andava a ballare con il padre nei locali messicani perché in California era proibito far lavorare i minori nei locali notturni… Margherita Cansino sembrava voler  bruciare tutte le tappe e a 18 anni era già sposata con un uomo molto più grande di lei che aveva avuto però il merito di sottrarla  alla dittatura paterna e l’aiutava a muovere i primi passi nel cinema. Fu Harry Cohen, un altro dittatore, colui che faceva il bello e il cattivo tempo alla Columbia Pictures  ad accorgersi di quella ragazza, ma per diverso tempo, con quei capelli neri bassi sulla fronte le fece interpretare solo piccoli ruoli esotici. Alla fine le cambiarono look allargandole la fronte con l’elettrolisi e tingendole i capelli di rosso. Anche il cognome così mediterraneo non andava bene, Lei allora prese quello di sua madre e diventò Rita Hayworth, la più bella e famosa pin up americana. I film ora piovevano a raffica e nei primi anni ’40 cominciò il suo mito con film come “Sangue e Arena” in personaggi di donna fatale ed egoista. Ma i film migliori di quel periodo, a distanza di tanti anni sembrano le commedie musicali in cui si scatenava con Fred Astaire o Gene Kelly in ruoli più leggeri e divertenti, mentre metteva a frutto la sua eccezionale bravura di ballerina.

Ma l’etichetta della bellezza esplosiva e “fatale” Harry Cohen e la Columbia gliel’avevano stampata addosso e così dopo essere stata durante la guerra la cover girl un pò equivoca  di tutti i soldati al fronte, si trovò  immediatamente dopo, involontariamente legata alla bomba che gli americani avevano lanciato sull’atollo di Bikini e fu chiamata l”Atomica.” Si sentiva umiliata e offesa e voleva andare a protestare a Washington ma Harry Cohen glielo impedì. Sarebbe sembrato poco patriottico!

Sono di quegli anni i  film più famosi di tutta la sua carriera. “Gilda”, in fondo un film abbastanza stupido, è passato alla storia per il suo leggendario strip dei guanti neri, che mentre se li sfila lentamente è più sensuale   di quello che sarebbe stata nuda… Tacque per quarant’anni ma alla fine Glenn Ford lo dovette ammettere che sul set di Gilda era impazzito d’amore per Rita Hayworth.

Lei a quel tempo era sposata con  Orson Welles e anche se dichiarava che era faticoso vivere tutti i giorni con un genio, fu la docile interprete sotto la sua direzione de “La Signora di Shangai”. In un film poco capito all’epoca per gli intellettualismi e la simbologia  di cui lo caricò Orson Welles, Rita Hayworth apparve nella nuova veste di una gelida e  misteriosa signora bionda che, se anche piacque al pubblico mandò su tutte le furie Cohen e la Columbia perché falsava lo stereotipo della donna dalla ricca capigliatura rosso fiamma. Ma la scena finale del labirinto di specchi dove la coppia terribile finirà per uccidersi  fu ricordata, commemorata e citata tanti anni dopo da Woody Allen che la inserì nel finale del suo film “Misterioso omicidio a Manhattan” e sempre molti anni dopo un famoso critico David Kehr scrisse che la “Signora di Shangai” era “Il più strano grande film mai realizzato.”

Quella con Orson Welles fu una bellissima storia d’amore, lui si spogliava della sua eccentricità, del suo essere superiore e diverso  e si confessava come un bambino” Senza di te la gioia diventa un insopportabile dolore ” le scriveva quando erano lontani. Ma anche Orson con tutto il suo genio era un uomo fragile, economicamente schiavizzato  da Hollywood  che  faceva e disfaceva i suoi contratti  incurante che fosse il memorabile radiocronista della discesa dei Marziani sulla Terra e il regista di  “The Citizen Kane”, quello che ancor oggi molti ritengono “Il più grande film di tutti i tempi.”

Hollywood è un quartiere dorato adatto ai giocatori di golf, ai giardinieri, ai vari tipi di uomini mediocri e alla soddisfatta gente di cinema. Io non sono nulla di tutto ciò”  Così disse Orson Welles e se ne andò in Europa tanto anche il suo matrimonio era arrivato al capolinea.

Per altre strade anche Rita Hayworth arrivò il Europa e conobbe il suo Principe che sembrava esattamente quello delle favole. Ali Khan all’epoca era pieno di fascino, di soldi e riempiva le cronache mondane di tutta Europa. Rimasero  incantati uno dell’altro, ma lei, anche se a livello probabilmente inconscio, aveva la speranza con quel matrimonio  di liberarsi dell’ingombrante contratto con la Columbia e soprattutto liberarsi di Cohen, per il quale era una specie di proprietà privata da sorvegliare sino a farle mettere i microfoni nascosti nel suo camerino. Invece non riuscì a risolvere i suoi problemi… Fu un matrimonio difficile sin dall’inizio. Per lui, perché sotto la patina mondana era comunque un capo religioso musulmano con una gran moltitudine di fedeli a cui rendere conto e per lei perché fu subito stigmatizzata per essersi unita con l’infedele. All’inizio fu felice di andare a vivere in Pakistan, ma loro due era impossibile che si capissero venuti da due realtà così lontane… Quando si separarono lei si batté con tutte le sue forze perché la figlia le fosse affidata e potesse crescere come una normale  ragazzina americana. Di quel mondo orientale aveva sentito l’imposizione  e la condizione subordinata della donna…  E così nonostante tutto preferì tornare da Cohen e da Hollywood… Ma non fu un gran ritorno.  Il primo film “Trinidad” ebbe poco successo e poi cominciarono a  utilizzarla in ruoli di prostitute e  e di donne fallite. Solo verso la fine degli anni ’50 riuscì a fare due buoni film  Pal Joey con Frank Sinatra e Tavole Separate con Burt Lancaster. Poi arrivò la malattia, non capìta e dissero che era un ‘alcoolizzata.  E poi l’oblio..

L’Europa le era piaciuta molto, si sentiva a suo agio, forse per le sue origini spagnole… E dall’Italia in particolare si portò via un bel ricordo. Un invito, questo si, favoloso, ad  Alba, in Piemonte. Nel 1949 era da pochi mesi sposata con Ali Khan e vollero offrirle, come ospite d’onore dell’annuale e internazionale “Fiera” un dono degno di lei,  proprio perché era appena diventata principessa… Quei tartufi bianchi, che si raccolgono unicamente  nelle zone delle Langhe, di Roero e del Monferrato e che fin dal  1700 sono considerati il cibo prelibato di tutte le Corti reali e principesche d’Europa. Ma da quando vennero offerti a Rita Hayworth, cominciarono a divenire  un Cult anche nel mondo dello spettacolo che ha voluto rendere omaggio al tartufo dandogli un posto d’onore e grande visibilità in tutte le manifestazioni artistiche dei Festival, dei Premi e delle Prime internazionali. E dal mondo principesco del Tartufo …

TAGLIOLINI AL TARTUFO BIANCO DI ALBA

INGREDIENTI per 3 persone: 300 grammi di tagliolini freschi, 50 grammi di burro, 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 1 tartufo bianco di Alba da 25 grammi, sale q. b.

PREPARAZIONE: Pulite accuratamente il tartufo con uno spazzolino dalle setole abbastanza dure. Mettete l’acqua per cuocere la pasta a fuoco vivo e quando bolle salatela e poi versateci i tagliolini. Mentre si cuociono fate scaldare in una padella  il burro sciogliendolo appena e quindi senza superare la temperatura di 40°C. Quando i tagliolini sono cotti, ma ancora al dente versateli nella padella dove è stato sciolto il burro e lasciateli qualche minuto sul fuoco basso rigirandoli e aggiungendo un poco della loro acqua di cottura affinché restino morbidi. Grattugiate sui tagliolini la meta del tartufo e aggiungete due cucchiai di parmigiano rimescolando il tutto. Impiattate e su ogni piatto grattugiate una parte del tartufo rimasto e terminate con una spruzzata di parmigiano.

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Elvis Presley… e il cheeseburger!

Non era un attivista, nè un politico, nè tanto meno un predicatore, ma se c’è stato qualcuno che fra gli anni ’50 e ’60 ha dato un fortissimo contributo a risolvere il problema dell’integrazione fra bianchi e neri, quel qualcuno è stato quel ragazzo cresciuto a Memphis, che il problema della diversità non se lo è mai posto.

A Tupelo, nel Mississipi, dove visse i suoi primi anni, i giorni di festa sentiva la musica nella Chiesa Evangelica, ma gli altri giorni della settimana era inevitabile che gli giungessero  le sonorità afro americane dal quartiere dei neri, a pochi passi dalla loro povera casa, che non aveva trovato posto fra quelle dei bianchi. Aveva già una chitarra quando si trasferirono a Menphis e sapeva fare i primi accordi.

In un’ America dominata dal ritorno all’ordine, dove il taglio dei capelli era simile a quello dei militari  e l’abbigliamento più appropriato per i giovani era un’anonima T- shirt, Elvis appena adolescente dovette sorprendere non poco i suoi compagni di scuola! Portava le basette e un grande ciuffo sulla fronte e lui, ragazzo bianco, i vestiti  se li andava a comprare a due soldi nei mercatini di Beele Street. Divisa dal quartiere bianco, Beele Street è la mitica strada di colore che già nell”800 era stata il  punto di incontro dei musicisti neri che tenevano gli spettacoli sui battelli  in viaggio sul Missisipi, poi era diventata la patria del  “Memphis Blues” prima con il trombettista WC Handy e  poi con le leggende del jazz come BB King, Louis Armstrong, Albert King e tanti altri.  Elvis andava a comprarvi i suoi sgargianti abiti che gli servivano a nascondere la timidezza e mentre era lì ascoltava tutta la musica nera che riusciva a percepire e interiorizzare. Quando tornava nel quartiere dei bianchi l’aspettava la musica melodica delle canzonette e il “country ” con la mitologia della frontiera. Allora persino le emittenti radio erano divise fra quelle che trasmettevano musica bianca e musica nera ed Elvis risolveva il problema ascoltandole tutte. In questo suo atteggiamento disinibito, che gli faceva attraversare le diversità nella totale assenza di pregiudizi e nella immediata e totale capacità di sintesi, sta la grandezza di Elvis Presley.  Canzoni e  presenza scenica erano nuove e personalissime ma dentro, in una mirabile e irripetibile fusione c’è il grande passato della musica classica, del jazz e del folk e il futuro del R&B e del Rock.

That’s All Right (Mama), Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight, Baby Let’s Play House furono i suoi trampolini di lancio e allora, la sua casa  discografica, lo cedette  nel 1955 alla RCA, perchè era diventata troppo piccola cosa per l’astro nascente. Lì fu affidato alle cure del Colonnello Tom Parker, che fu il suo manager sino alla fine e sicuramente la persona più importante nella vita di Elvis Presley.

Parker usciva vincente da un’intuizione all’altra, si trattasse di televisione o di gadgets, il mito di Elvis entrava nelle case degli americani. Certo l’impatto televisivo sull’America benpensante fu addirittura uno choc e per un pò di tempo proibirono di filmare il cantante dalla vita in giù, tanto li lasciavano  turbati le movenze  afro – sexy  di Elvis, soprannominato “The Pelvis”, ma  “Hearthbreak Hotel” e “Jailhouse Rock” e altre canzoni  di quell’epoca rimangono fra le più vendute in tutta la storia della musica.

Mentre il Colonnello Parker gli stava spalancando le porte del cinema, dopo 4 film, Elvis nel 1958 partì per il servizio militare. Un periodo davvero difficile, prima con la morte della madre, di cui Elvis non riuscì mai a elaborate il lutto, poi la partenza per la Germania e la carriera a rischio con quella lontananza forzata dalle scene di quasi due anni. Ma il capace manager riuscì a trasformare la partenza e il soggiorno in Germania in un evento mediatico con Elvis in divisa militare e con i capelli cortissimi, per la prima e unica volta in vita sua. I dischi editi e inediti li faceva uscire a ritmo scadenzato e i gadget …divennero l’affare del secolo.

I problemi, anche se all’inizio nessuno li poteva supporre, arrivarono con il ritorno di Elvis. Praticamente Parker lo annullò come cantante  svendendolo a ritmo serratissimo in poveri e stupidi film di cassetta dove tuttavia il guadagno, almeno  fino a metà degli anni ’60 fu elevatissimo, ma, di 33 film girati, quelli appena passabili non erano più di quattro. Tuttavia Elvis sapeva recitare e di questo se ne accorsero in parecchi. Già in passato aveva dovuto rinunciare a ruoli significativi per l’avidità di Parker, adesso fu la volta di “Un Uomo da Marciapiede” nella parte che poi fu di Jon Voight. Parker di nuovo chiese troppo ed Elvis perse  la possibilità di imporsi in un cinema di buon livello.

Dopo anni  di insuccessi sia di di pubblico che di guadagni, per Elvis l’unica vera possibilità era tornare alla musica. I tempi erano cambiati, si erano imposti 004_priscilia_elvis_presley_theredlistaltri miti come i Beatles e i Rolling Stones e il rischio per Elvis era alto anche perché il rientro era stabilito in televisione, con uno special natalizio diretto da Steve Binder.

Ma Elvis era sempre Elvis! Scomparsi i chili di troppo che si erano affacciati negli ultimi film, fasciato in un lucido completo nero, l’impeto  e la forza della sua performance ne fecero un successo vertiginoso che per ricordarlo, lo spettacolo fu poi semplicemente chiamato il “68 Comeback Special.”

Ma qualcosa si era rotto nell’equilibrio di Elvis. Il successo era tornato, ma tenerlo stretto doveva essere difficile anche per un genio. Fra il 1970 e il 1976 si sottopose a un ritmo frenetico di spettacoli, circa 1000 in sei anni al ritmo di uno ogni tre giorni circa…   E gli psicofarmaci divennero  di casa nella sua bellissima villa di Graceland, a Memphis dove un pò per volta fini per rinchiudersi, uscendone solo per i tour. Mangiava male e tendeva ad ingrassare. Poi doveva dimagrire in fretta se c’era qualche impegno a scadenza ravvicinata. C’è una foto del  1970, ricevuto dal Presidente Nixon, in cui il fisico di Elvis è, a dir poco, trasandato e stanco. La moglie Priscilla cominciò  a non sopportare più il suo disordine e le altre donne e, nel 1972  lo lasciò, portandosi via la bambina. Lui la rimpianse per sempre ma non ci fu più niente da fare.

E’ del 1973 l’ultimo successo planetario e forse l’ultima volta che Elvis apparve in gran forma. Via satellite si calcola che un miliardo di persone abbia visto “Elvis – Aloha from Hawaii”

BeFunky_elvis_presley_wallpaper_6-normal.jpgDopo ci sono troppi ricoveri negli ospedali  a cui seguivano ossessivamente altri spettacoli e altri viaggi, senza un attimo di respiro. E’ possibile che nessuno l’abbia fermato in tempo, che nessuno l’abbia costretto a riposare, a staccarsi da quella terribile dipendenza dagli psicofarmaci?  Ci voleva così poco a capirlo, ma nessuno ha voluto farlo. Elvis era una macchina che produceva tanti soldi e il meccanismo non si poteva rallentare… finché per suo conto, un giorno  si è spezzato. Elvis aveva solo 42 anni e forse poteva ancora essere felice…

Negli ultimi tempi della sua vita  ebbe  un pessimo rapporto anche con il cibo. E’ evidente che cercava una compensazione alla paura, allo stress, alla stanchezza.Ma anche questo sintomo nessuno l’ha voluto capire o tenerne conto, fra manager, medici e servi sciocchi che gli giravano attorno.

Ma dei tempi buoni, quando era un ragazzo molto giovane  e non aveva  le angosce e le ansie che l’avrebbero distrutto ci è rimasto il ricordo dei suoi indimenticabili “Cheeseburger” che   sono entrati a far parte del mito di Elvis, come simbolo di un ‘America in cui vivo è ancora il ricordo della frontiera e di quella musica country che  accompagnava i semplici pasti dei pionieri e le carni arrostite  sulla griglia…

CHEESEBURGER CLASSICO

INGREDIENTI per 4 persone: 4 Hamburger di 130 grammi ognuno, 4 buns per hamburger, 4 foglie di insalata, 12 fette di pomodoro, 4 cetriolini in salamoia, 4 fettine di formaggio Cheddar o Monterey Jack o Emmenthaler, 1 cipolla rossa, salsa Jack Daniels.

PREPARAZIONE: salate e pepate i 4 hamburger prima di cuocerli.Preriscaldate la piastra liscia o la griglia, cuocete a fuoco alto per tre minuti su ciascun lato sino alla formazione della crosta. Ponete una fetta di formaggio sulla superficie di ciascun hamburger ancora caldo e lasciate fondere per qualche secondo. Mentre la carne cuoce tagliare in due ogni bun e tostare sulla piastra la parte interna per circa 1 minuto. Mettete la foglia di insalata sulla metà di ciascun bun (naturalmente non sulla parte ricoperta dai semi di sesamo), poi la carne con il formaggio aderente ad essa, aggiungete la salsa e poi sopra fette di pomodoro, anelli di cipolla e cetriolini.Ricoprite con l’altra fetta di bun… e buon appetito. E’ un piatto tutto affidato alla qualità della carne e alla freschezza del pane e delle verdure: Se gli ingredienti sono validi si tratta di un cibo sano, saporito e veloce da preparare!

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