Lisbona, il fado e le code di scampi all’aceto, con verdure in agrodolce.

L’avevano scoperta i Fenici! Nella grande baia naturale e nella brezza che arrivava dall’ Oceano, facevano riposare le navi stanche. Alle loro spalle c’era già tutto il Mediterraneo, ma ora arrivava la parte più  difficile del viaggio, verso Nord… in Cornovaglia, a prendere i metalli…E prima che il tempo si corrompesse! Conoscevano le coste, le distanze e le stelle in cielo e guidavano le loro agili barche in modo perfetto, ma soprattutto  era gente nata con l’anima del commercio. Così non tardarono molto a capire che si poteva risalire il fiume affacciato sulla baia, arrivare a fondo nell’entroterra e scambiare tutto quello che si poteva, con le popolazioni locali. Perché ripartire a mani vuote? Gli iberici erano ancora immersi nella preistoria, ma a questo i civilissimi Fenici dell’anno 1000 prima di Cristo badavano poco… Purchè ci fosse qualcosa da scambiare… E lì avevano trovato cose preziose come i cavalli e il sale. Per diversi secoli  la baia fu solo un “emporio,” come lo chiamavano loro, poi i commerci diventarono più fiorenti  e nacque la città… “Allis Ubbo” in lingua fenicia voleva dire Porto Sicuro, in omaggio a quel luogo meraviglioso che consentiva riposo e sicurezza quando le tempeste tormentavano il grande Ocean0. I romani le cambiarono nome… Felicitas Iulia, e tale vollero che fosse, ricca e felice, piena  di teatri e di terme… Di  periodi buoni  Lisbona ne ha avuti tanti… Al tempo degli arabi  era una città cosmopolita liberale e florida…E le restituirono persino il suo nome Al Isbuna.  Ma fu  sempre il mare a portarle fortuna quel mare esaltante  che gli si spalancava davanti come un’avventura e una favola … All’epoca delle conquiste… Cabral scoprì il Brasile e Vasco da Gama portò le spezie dall’India… Se metà del mondo era spagnola l’altra metà era tutta portoghese e Lisbona sempre più ricca e più bella. Nel punto dove partivano le navi eressero simbolicamente la Torre di Belem  in quello strano stile stile decorato di corde attorcigliate, di armille  e simboli marinari a testimonianza del suo destino sui mari.

Poi qualcosa è cambiato e l’animo, lo spirito e la voglia di vivere non sono state più le stesse. Successe in una livida giornata di novembre del 1755, con una magnitudo di quasi 9 gradi sulla scala Richter e l’epicentro era proprio lì, poco a sud della città di Lisbona ma lo sentirono fino in Svezia Norvegia, Gran Bretagna e Italia… A Kinsale, in Irlanda un’ondata si abbatte sul porto, travolse le  imbarcazioni, inondò la piazza del mercato.  Algeri fu quasi distrutta. Durò sei minuti  e quando sembrava che dovesse finire arrivò lo tsunami con un’onda di 15 metri che si abbattè sul porto, sulle navi ormeggiate e sulla gente che all’aperto aveva cercato riparo dalle scosse. Quando finì, Lisbona, la bella Lisbona la conquistatrice  dei mari non c’era più!

Ci pensò un audace  Capo del Governo, il Marchese di Pombal a ricostruirla. Quasi in una sfida al destino, una voglia immediata di dimenticare e con i soldi che ancora affluivano dalle colonie, in un anno la città era di nuovo in piedi con uno stile modernissimo, grandi piazze e lunghi aperti viali, soprattutto con criteri antisismici. Fece fare talmente tanti studi, ricerche, interviste che si  può dire che la scienza sismica l’abbia inventata lui.

Ma nonostante gli sforzi di Pombal e il suo ardito desiderio di ricominciare, si era rotta una molla nell’animo della gente… Cessò la voglia delle conquiste, le ambizioni coloniali si sfaldarono e lo sguardo al mare, da cui era venuta tutta quella catastrofe, non fu più d’amore. I secoli successivi sono stati di ripiegamento e di impoverimento mentre l’impero coloniale un po’ per volta si ribellava e  si divideva in tante nazioni.

amaliaikj[1]

E’ come se il Portogallo sia risorto e abbia ritrovato se stesso solo nel 1974, quando, con quella che fu definita “La rivoluzione dei Garofani,” si scrollò dalle spalle l’ultima dittatura che lo stava opprimendo da più di 40 anni. Oggi Lisbona, sia pure tormentata dalla crisi economica che imperversa in mezza Europa è una città che affascina col suolisbona calore  umano e con la  sua bellezza… Fortunatamente il Marchese di Pombal all’ultimo momento, nonostante volesse una città tutta antisismica, si scordò o forse non ebbe cuore di  spianare Alfama, l’unica parte della città su cui il terremoto non si era abbattuto. Così, contraddizione fra le più belle al mondo, è rimasto questo quartiere tutto arabo, nella città modello di razionalità, dove ancora affiorano i resti degli edifici greci e romani, con i suoi stretti vicoli un tempo musulmani, dietro cui si aprono gli ampi spazi dei cortili interni. Ma soprattutto Alfama è suoni, musica e odori, è l’animo della città. Quell’animo ferito dal dolore e dalla tristezza che porta nel cuore la “Saudade,”  la nostalgia di quello che non c’è più, la malinconia di un bene assente  che trova il modo di esprimersi nel “Fado,”  il canto del destino, quello che  si canta nelle osterie, nelle “Tascas,” nelle “Casas do fado” dove  la musica ti strugge il cuore e ti fa sentire allo stesso tempo vivo e quasi un po’ felice, di fronte a tanta dolcezza e tanta armonia. Alfama è piena di questi locali, dove non c’è bisogno di chiamarsi Amalia Rodriguez, per  incantare  chi passa e chi si siede con quel canto unico  e incomparabile che se è malinconia è anche vita e anima… e delle più vere.

Direttamente dalle “Casas do Fado” di Alfama, dove ci si siede a mangiare e ascoltare questa unica e totale musica dal vivo, viene questo piatto, anch’esso appena velato di  amaro, che si chiama:

“CODE DI SCAMPI ALL’ACETO CON VERDURE IN AGRODOLCE”

INGREDIENTI per  4 persone: 12 scampi,60 grammi di melanzane,60 grammi di zucchine, 30 grammi di peperone rosso,30 grammi di cipollotto, 30 grammi di peperone giallo, 4 cucchiai di aceto di vino,  olio di oliva extra vergine, 1 cucchiaio di zucchero, pepe e sale q.b.

PREPARAZIONE: Sgusciate gli scampi ancora crudie usate le sole code.Togliete loro la vena interna e dopo mettetele in un piatto condite con olio, sale e pepe. Fat Tagliate a piccoli pezzi le melanzane le zucchine,i peperoni e il cipollotto,previo lavaggio e pulitura di tutte le verdure. Fate rosolare le verdure in padella utilizzando almeno 3 cucchiai di olio, spolverizzatela con un cucchiaio di zucchero e quando comincia a caramellarsi unite 2 cucchiai di aceto e lasciatelo cuocere a fuoco  medio finchè l’insieme diventerà denso e sciropposo. Aggiungetevi sale e pepe. Cuocete per pochi minuti gli scampi facendoli dorare a fuoco vivo in una padella antiadrente che vi permette di non adoperare olio. Mettete 3 code di scampi in ogni piatto accompagnate dalle verdure in agrodolce e servite caldo.

Il King Cake al Carnevale di New Orleans

135FrenchQuarterNewOrleansLABohémien e  aristocratica, decadente e smagliante, raffinata e degradata, il suo fascino non l’ha mai perso! E dire che di drammi  e offese ne ha subite nei suoi tre secoli di vita! Sorta in una posizione strategica per i commerci, alla foce del Mississipi, in una terra dedicata a un Re, con il nome altisonante di Nouvelle Orleans  in onore della famiglia più nobile di Francia, sembrava che avesse davanti a sé un luminoso e rispettabile avvenire. Passarono  invece poco più di 40 anni e cominciarono a passarsela di mano, peggio di uno di quegli schiavi neri che i francesi avevano presto portato in città dal Senegal. Gli Spagnoli arrivarono nel 1763, dopo la guerra dei sette anni, in quel convulso gioco degli scacchi che ridisegnò  la proprietà Europea delle colonie Book Storyville New Orleansamericane. E fu la terza etnia che andò a comporre lo straordinario mosaico demografico  di New Orleans. Gli altri arrivarono verso la fine del secolo e furono Anglo – Americani, fuggiti dalla Rivoluzione  Americana, Francesi, fuggiti dalla … Rivoluzione Francese e Haitiani, bianchi e neri, fuggiti dalle rivolte di Haiti. La strana unione in Europa avrebbe dato sicuramente luogo a chissà quali tensioni e conflitti razziali, qui invece dette vita a una nuova e originale cultura quella Creola, ricca di tradizioni e stili di vita propria con una lingua e una cucina  ricca di influssi africani, europei e coloniali. Tutto questo mentre la Spagna la cedeva  nuovamente alla vittoriosa Francia di Napoleone  che soli tre anni dopo la vendette ai nuovi Stati Uniti d’America. Ma la città, che aveva accolto  le più disparate etnie nel  French Quartier (che fra l’altro è più spagnolo che francese), tutti gli avventurieri nel grande porto e le prostitute  a Storyville, gli americani del Nord, protestanti, operosi e integerrimi, li ha sempre sopportati poco, tanto è vero che li ha relegati in un bellissimo quartiere, Garden District, che ha solo un piccolo difetto, quello di essere praticamente fuori città. Gli States da parte loro hanno sempre guardato con notevole diffidenza questo  spicchio di Sud  così irriverente eterogeneo border line, sfruttandolo per  quello che poteva dare, commerci e petrolio e abbandonandolo quando era più disperato… Dopo Katrina la Big Easy dove tutto è stato sempre difficile ha fatto fatica a tirarsi in piedi, ma forse ce l’ha quasi fatta grazie a quella gioia di vivere che nonostante tutto riesce a diffondere nelle sue più grandi istituzioni, la cucina e il Carnevale. Neppure una volta dopo Katrina ha  voluto rinunciare ai carri, alle feste dell’arrivo di primavera e ai suoi  dolcissimi gamberetti che protetti dagli argini hanno respinto le torbide acque dell’alluvione più terribile del secolo. Anzi, dopo, tutto è  stato più importante, diventando non solo un’occasione  di aggregazione, ma anche un momento  liberatorio, un’ancora di salvezza per una popolazione ridotta allo stremo non solo dalla forza della natura  ma ancor più dalla pruricentenaria indifferenza dello Stato centrale.

Il Carnevale… tutto era cominciato con i francesi che  avevano portato a New Orleans i canti e i balli con cui celebravano la “grande  bouffe” prima di cominciare a battersi il petto nella penitenza della quaresima.  Il nicholas_portraitCarnevale francese ben presto però si fuse con  le tradizioni degli schiavi africani e delle popolazioni caraibiche che continuavano a celebrare le loro feste con musiche, maschere ed elaborati costumi sviluppati già nei posti di origine. Poi dopo la guerra di secessione  ci fu un altra e significativa svolta nei contenuti e nel significato delle sfilate perché i cittadini di New Orleans cominciarono ad adoperare il concetto di “Crewe” –  che all’inizio indicava soltanto i gruppi  che organizzavano segretamente il Carnevale, –  per  fare la fronda  agli invasori Nordisti che avevano vinto la guerra. E così cominciarono a costruire carri allegorici in cui evidentissimo era  l’intento polemico di deridere e  mettere alla berlina  i personaggi politici e i prepotenti imprenditori del  Nord che stavano mandando a rotoli l’economia degli Stati del Sud.

Un’ulteriore, determinante svolta ci fu nel 1872. A quel tempo un giovane, titolatissimo principe, Alexei Romanoff Alexandrovich, figlio addirittura dello Zar di tutte le Russie, tutto impegnato  nel suo “Gran tour” Rex_Parade_1872americano,  fra una battuta e l’altra di caccia al bisonte, si impegnò ad arrivare a New Orleans per il Carnevale. In occasione di questo inconsueto arrivo ( era da parecchio tempo ormai che a New Orleans si erano perse le tracce delle teste coronate), i notabili della città organizzarono una specialissima Crewe, con il compito di allestire, in onore dell’illustre ospite, quella che è passata alla storia come “Parata Reale”. Fu in questa occasione che venne anche eletto il primo re, il Re di Carnevale  che in seguito sarebbe diventata una delle figure più ricorrenti di tutti i carnevali a venire.

Il principe  arrivò davvero a New Orleans attratto, dissero i maligni, oltre che dal Carnevale da una bella attrice ,Lydia Thompson, che in quegli stessi giorni ballava e cantava in un’opera di burlesque che si teneva all’Academy of Music. Un altro gruppo di maligni  mise in giro la chiacchiera secondo cui le attenzioni del principe  erano invece rivolte a un’ altra graziosa attrice Lotta Crabtree, alla quale prima di ripartire regalò, si disse,un bellissimo braccialetto di diamanti.

Le storie  delle avventure femminili del principe, nonostante il gran parlare di quei giorni, sono rimaste avvolte nel mistero. Quello che è certo invece è che Sua Altezza poté gustare quello che, con il suo nome altisonante  era il dolce più adatto per essere servito  alla sua  tavola principesca, il King Cake, che  proprio allora, da torta della famiglia, si stava trasformando in pubblica attrazione di Carnevale.

Si tratta di un dolce nato in Spagna come Roscon de Reyes e poi trasferito in Francia e nelle Colonie, per festeggiare i Re Magi che portavano doni al bambino Gesù. Infatti, chi ha avuto occasione di mangiare  questo dolce ha potuto notare che al centro si trova sempre, come infilato nella culla, un bambinello, oggi più modestamente di plastica dorata, ma una volta anche di avorio o oro. Poichè si tratta di un dolce dedicato al giorno dell’Epfania, ci si si può lecitamente chiedere che c’ entra  con la festa di Carnevale che si svolge fra i mesi di febbraio e marzo. Ma se uno si pone questa domanda significa che non conosce fino in fondo lo spirito  allegro e festoso dei  cittadini di New Orleans che hanno retrodatato l’inizio del Carnevale al 6 di gennaio senza alcuna soluzione di continuità fra una festa e l’altra.

Il dolce, rivisitato “in fieri” e “in loco” è bellissimo, di varie forme rotondeggianti e avvolto nei favolosi colori  viola verde e oro che simboleggiano la giustizia, la fede e il potere e diventano i colori cult della città nei giorni di Carnevale

f441a222-ba25-4abe-9164-2d9574012f7eKING  CAKE

INGREDIENTI  per  la ciambella (per 6 persone): 1Kg di farina, 1 e 1/2 cubetti di lievito di birra, 1/2 bicchiere di acqua tiepida, 125 gr. di latte tiepido, 5 tuorli di uovo, 160 gr, di burro ammorbidito, 150 gr. di zucchero, 1 cucchiaino di sale, un uovo sbattuto, la buccia grattugiata di 1/2 limone, 1 cucchiaino di cannella, 1 pizzico di noce moscata

INGREDIENTI per la glassa: 400 grammi di zucchero a velo, 2 albumi, due cucchiaini di succo di limone. tre bustine di colori alimentari verde viola e giallo e 3 cucchiai di zucchero semolato.

PREPARAZIONE: mettete la farina nell’impastatrice unitamente al lievito sciolto nell’acqua tiepida, le uova, lo zucchero, il burro, il sale, la noce moscata e la buccia di limone grattugiata. Attivate l’impastatrice e aggiungete poco alla volta il latte tiepido, lasciandone due cucchiaiate da parte.

Quando l’impasto è diventato omogeneo, morbido e si stacca senza difficoltà dalle pareti dell’impastatrice, dategli una forma sferica,mettetela in una ciotola unta di burro, sigillatelo con pellicola trasparente,mettetelo in un ambiente asciutto e privo di corrente d’aria e fatelo lievitare fin quando non ha raddoppiato il suo volume.

Mettete la pasta su una superficie levigata,spolverizzatela con la cannella e lavoratela per qualche minuto. Dividete l’impasto in due parti dando ad ognuna di esse una forma cilindrica.Intrecciatele fra di loro, unite le due estremità e deponete  questa corona su una placca unta di olio e ricoperta con placca da forno.

Fatela nuovamente lievitare e quando avrà raddoppiato il suo volume spennellate la superficie con l’uovo sbattuto  e le due cucchiaiate di latte messe da parte.

Fate cuocere nel forno preriscaldato a 180° C per 30 – 40 minuti fin quando non abbia assunto un bel colore dorato. Fate raffreddare su una grata.

Preparate la glassa sbattendo con una frusta lo zucchero,gli albumi e il succo di limone.Dividete i tre cucchiai di zucchero semolato cospargendoli ognuno con una bustina di colorante diverso Rivestite la torta con la glassa e cospargetela ancora umida col lo zucchero semolato colorato,senza mischiare fra di loro  vari colori.

2013071-French_Quarters_New_Orleans_New_Orleans