Il Mito non muore mai… James Dean e i filetti di Alibut

Qualunque  atteggiamento, anche il più innocente… Qualunque frase detta, magari solo per scherzo, poteva  diventare uno spaventoso equivoco  una volta in pasto ai giornali, così a Hollywood si imparava presto a tenere la bocca chiusa, a ridere solo  quando era  permesso e dire soltanto ciò che  autorizzavano le produzioni…  Non parliamo poi della vita privata, fatta, disfatta e inventata secondo le aspettative dei fans e la morale corrente.. . Ma loro, oltre che divi erano anche due ragazzi, di 23 e 24 anni, spesso abbastanza soli, con la voglia  di confessarsi, raccontare, discutere… Chissà cosa li indusse a fidarsi l’uno dell’altro, ma  sta di fatto che, sul set di The Giant,   Liz Talor e James Dean  avevano cominciato a parlare …  E lei, nonostante la difficile vita a venire, da alcolista, quando i freni spesso cadono,  fu capace di mantenere il segreto… Fu solo perché lui voleva che alla fine tutto si sapesse, che più di 40 anni dopo,   Liz la rivelò a un giornalista.”Adoravo Jimmy. Ti dirò una cosa ma in maniera ufficiosa finché non muoio, ok? La madre di Jimmy scomparve quando lui aveva 11 anni e Jimmy cominciò ad essere molestato dal suo sacerdote. Penso che sia una cosa che l’abbia perseguitato per il resto della sua vita. Ne abbiamo parlato. Durante ‘Il Gigante’ rimanevano le notti svegli a parlare e parlare, e quella è stata una delle cose che mi ha confessato

Perseguitato forse è la parola giusta, perché da quell’esperienza James Dean non riuscì più a mettere a fuoco  la propria identità sessuale… Gli Studios lo riempivano  di belle ragazze, per lo più inventate di sana pianta, ma l’amore per Pier Angeli pare che fosse una cosa  seria… Elia Kazan, ai tempi della Valle dell’Eden, racconta la   notte di amore di Pier e Jimmy nel camerino dell’attore e, quando lei  alla fine sposò un altro, lui  – o qualcuno  che gli somigliava, disse  Jimmy, che non lo voleva ammettere –  seguì il matrimonio a bordo della sua moto, dal ciglio della strada.

Ma anche l’amore per lo sceneggiatore William Bast fu  una cosa vera  e lunga… 5 anni. Bast, dopo la morte di Jimmy aveva l’ansia , la fretta di raccontare… Forse aveva paura di dimenticare qualcosa  di importante o che ad altri potesse succedere…  E  così un anno dopo  era diventato   il primo biografo…  Loro due erano stati compagni di stanza a UCLA, l’Università di Los Angeles, Blast era  lì quando James lasciò gli studi di giurisprudenza per quelli teatrali e  scoppiò l’ira del padre…  Gli stava vicino quando Jimmy  faceva il guardiano notturno, senza più università e  i contratti di Hollywood che non arrivavano…  Fu allora che decisero di andarsene via,  insieme a New York in cerca di miglior fortuna a Broadway… Ma fu solo 50 anni dopo,quando capì che non avrebbe fatto più del male a  Jimmy,  che  William Blast disse l’ntera verità… Che loro si erano amati …

Forse ora è  più facile capire le immagini  che James Dean ci ha lasciato…  Quel suo muoversi irrequieto, il carattere ombroso, gli improvvisi sorrisi  usciti dalla tristezza  dei personaggi dei suoi  3 film  cult… Quel ribellarsi di Jim-Dean alla quieta e appagata provincia americana, è lontana dalla rivolta intellettuale e ascetica di cui i Beatnik  cominciavano a  lasciare i segni , è  distante dalla rivolta  ‘politica’ delle grandi correnti del decennio avvenire  e non è neanche la voglia di libertà di quegli  adolescenti  che la trovavano  nelle sale da ballo del rock and roll …  L’ impulsivo mal de vivre di Jim ha un carattere tutto interiore… Lui si ribella a una vita familiare  ristretta al bigotto mondo della provincia, al padre debole, alla madre  rattrappita nel suo ruolo, all’orrore del quotidiano  senza battiti d’ali.  E ancor di più ai coetanei,  branco macho e ottuso, insensibile e pronto  a emarginare  chiunque sia diverso.. E Jim – Dean diverso lo era, lo sapeva e  provava a nasconderlo…

43 canzoni, una ventina di  film e tantissime biografie, ma la voglia  che abbiamo di James Dean sembra non finisca mai…  Adesso, che di lui si sa e si può dire di più,  sembra che vogliano fare un nuovo film con  Robert Pattinson e  Dane DeHaan…  James era anche un bravissimo attore, dietro  quel viso, quel corpo e quei jeans  indimenticabili… Se fosse vissuto sarebbe stato una celebrità… Invece quella morte improvvisa e assurda, ma in fondo  così  aderente  al suo essere James Dean, ha deciso che lui diventasse un mito…

Mito che non conosce frontiere e che ciascuno ha interiorizzato e vissuto a modo suo… Come questo Ristorante nel cuore della città di Praga, che hanno voluto appunto chiamare “James Dean Restaurant”… Subito dopo l’ingresso si è colpiti da una monumentale colonna rivestita da  60 pezzi di  lamine in ceramica, che ricompongono le immagini   di James Dean e Marilyn Monroe.  All’interno l’arredo è tutta una provocatoria rivisitazione dei miti americani degli anni ’50 con i colori violenti dominati dal  rosso e le poltrone ispirate a quelle della  Chevrolet Bel Air del 1952…  Dal menu del ristorante abbiamo scelto qualcosa di molto americano , un pesce  dei mari del nord che può raggiungere   dimensioni davvero considerevoli, anche qualche metro, ma con un  aspetto che lo fa somigliare  u n po’ a una sogliola, col corpo piatto e la carne decisamente magra…

FILETTO DI ALIBUT GRIGLIATO CON LIMONI E CAPPERI

 INGREDIENTI per 4 persone : 4 filetti di halibut  fresco di circa 150 – 180 grammi ognuno, 2 spicchi di aglio tritati, il succo di un limone, 1 cucchiaio di capperi, 2 cucchiai di basilico o timo fresco  tritato, 1 mazzetto di prezzemolo fresco tritato, 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva,1 scalogno tritato, 400 grammi di pomodori a cubetti, Sale, Pepe.

PREPARAZIONE:  Porre i filetti di pesce, preferibilmente fatti preparare e pulire dal venditore,  su un pezzo di pellicola  trasparente per alimenti, cospargerli  di sale, pepe, basilico o timo e metà dell’olio d’oliva. Avvolgere la pellicola  e lasciarli  marinare per 15 minuti. Mettere  l’olio rimanente in una padella, aggiungere lo scalogno e far cuocere fino a quando sia  ammorbidito. Aggiungere  i pomodori, un pizzico di sale, una spruzzata di pepe, l’aglio schiacciato e i capperi. Cuocere il sugo  per 5 minuti.  A questo punto liberare il pesce dalla pellicola e porlo  su una   griglia o   u una bistecchiera per circa 3 minuti per lato.Trasferirlo in un piatto,  spruzzarlo di  limone e coprirlo con il sugo  ai pomodori. Cospargierlo infine  con il prezzemolo  e portarlo in tavola.

Tortelli di zucca alla Mantovana.

zucca-anfora-tsurukubi-hyotanEra già conosciuta nel mondo antico in tutto il bacino  del Mediterraneo, dall’Egitto e dai Romani prima e dagli Arabi dopo, ma sicuramente non era nata li, veniva da lontano, quasi certamente dall’India. Ma si trattava di una qualità già addomesticata, perché, se poi  ci vogliamo allontanare un pò’ di più nel tempo, la ritroviamo, allo stato selvatico, in Zimbabwe, già 13.000 anni avanti Cristo. In generale la chiamiamo “zucca”, ma ce ne sono di moltissime qualità e, fra quelle arrivate per prime sul Mediterraneo, la più nota è sicuramente la “Legenaria” nelle sue numerose varianti. C’é,per esempio,  quella dal collo lungo e il ventre  globulare e capiente. Ancora fresca  è destinata a  zuppe e piatti contadini, ma quando si porta a completa maturazione e la buccia si indurisce, sviluppa una capacità tutta diversa. Si svuota, con un foro dall’alto,  si fa essicare…  et voilà,  6716977-maracas-cuban-folk-instrument-on-white-backgrounddopo un p0′ è una leggerissima fiaschetta per acqua o per vino. Lo sapeva di sicuro San Rocco, il patrono dei viandanti e dei pellegrini che spesso è ritratto con una  borraccia di zucca appesa al bastone o alla cinta. Ma non è tutto! La Legenaria ha anche incredibili qualità artistiche che  ha  sviluppato, oltre che nel settore ornamentale, anche in diversi strumenti musicali. Il Sitar indiano  per esempio ha la cassa acustica  che è  una Legenaria tagliata a metà e ricoperta di legno, mentre dall’Africa viene il Berimbau, uno strumento a percussione che è diventato il  simbolo della Capoeira. In Sud America ci sono anche  le Maracas il cui suono, quasi di pioggerellina  battente,  è provocato dai semi ancora racchiusi all’interno.

Quanto all’uso culinario, i Romani la zucca la conoscevano bene, ma i giudizi sono spesso contrastanti. Virgilio la cita spesso nelle sue opere, ma non l’apprezza molto. Insipida, diceva, di poco pregio e San_Rocco_Anticodestinata al popolo plebeo. Chissà se avrebbe cambiato idea, se avesse conosciuto le zucche Americane, che Mantova, la sua città, tanti secoli dopo avrebbe accolto in modo trionfale,  facendole diventare quasi un emblema del territorio.  Apicio, il più grande scrittore di cucina dell’antichità romana, invece l’ apprezzava  e la consigliava fritta o lessa, in ogni caso aromatizzata con molte erbe. Forse, in fondo, in fondo, anche lui non la trovava proprio saporita.

Poi con Colombo la storia cambia profondamente, anche se di sicuro si arricchisce, perché, oltre a scoprire  il nuovo continente, lui scopre anche le zucche, quelle americane, grandi, enormi  tanto diverse, da far morire d’invidia quelle  più piccole e un po’ storte del vecchio continente. La  Legenaria  in presenza della “Cucurbita”, in tutte le sue varianti, subì infatti un notevole declino e preferì ritirarsi dignitosamente in territorio africano, anche se tuttora viene coltivata in alcune zone dell’Italia meridionale.

In America, quella zucca  che Colombo portò in dono all’Europa era un  alimento sicuramente antico, tanto che le sue  tracce, al centro del Continente risalgono a 6 – 7ooo anni  prima di Cristo! Da lì si irradiò  anche al Nord dove era così largamente  utilizzata dai nativi, assieme alle patate e  al pomodoro, che l’uso ben presto si diffuse anche  ai primi coloni Europei e  finì per diventare  un piatto tipico del nord America.

Cucurbita pepo convarIn Italia la Cucurbita americana fu accolta con molto favore soprattutto al Nord e Mantova, una delle sue Patrie italiane  più famose, l’ha caratterizzata con una polpa pastosa e dura dal sapore dolciastro.

I tipi più coltivati sono la “Cucurbita Maxima,” globosa, schiacciata ai poli e grigio verde, la “Marina di Chioggia” verde ed enorme che arriva sino agli 8 Kg e “l’Americana,”  giallo – verde e costoluta, con un bellissimo turbante in cui  la parte superiore  è arancio vivo e la parte inferiore biancastra.

Purtroppo la zucca mantovana ha conosciuto un periodo di declino perché non riusciva più a imporsi sul mercato, soppiantata, come del resto altri prodotti contadini, dai tipi  di zucca più standardizzati, meno soggetti a variazioni stagionali nel peso e nel colore. Ma i Mantovani non si sono arresi e ne hanno  fatto un  prodotto di eccellenza,  ottenendo un riconoscimento ufficiale che consente loro di seguitare a lavorarla in purezza senza contaminarla con specie più ibride.

Ed e’ con queste raffinate e nobili zucche che fanno i loro fantastici “Tortelli di zucca”, una particolarissima  delizia agro – dolce con cui sono soliti, e non solo loro, festeggiare la Vigilia di Natale.DSC01007

Per 8 persone occorrono 2,5 Kg di zucca gialla che, tagliata in pezzi e senza semi, si mette a cuocere in forno finchè  non si sia liberata dell’acqua.  Poi si passa la polpa, tolta la buccia, al setaccio e, in una terrina, si mischia con 200 grammi di Amaretti tritati e 300 grammi di Mostarda di frutta di Cremona (la migliore e la più adatta) anch’essa tritata e  unita al suo sugo. Al tutto vanno aggiunti 9 cucchiai di parmigiano, un pizzico abbondante di noce moscata, sale, pepe e il succo di mezzo limone. Poi si mescola a a lungo, con un cucchiaio di legno e, se il composto dovesse apparire troppo morbido, si aggiunge qualche altro amaretto per renderlo più asciutto. Attenzione, questa prima fase dovrebbe avvenire il giorno prima della festa, per dar tempo, agli ingredienti riposti in frigo, di amalgamarsi fra di loro.

Qualche ora prima del pranzo si prepara la pasta con 700 grammi di farina bianca, 6 uova e 1 pizzico di sale, formando una sfoglia sottile. Quando è ben stesa, si distribuiscono a non meno di 4 cm dal bordo superiore e a distanza di circa 6 cm, l’uno dall’altro, i mucchietti di ripieno della grandezza di una piccola noce. Si gira poi l’orlo della pasta rimasto libero e si ripiega sul’impasto, fissandolo, con le dita ed eventualmente con rosso d’uovo, al bordo inferiore, quindi con l’apposito attrezzo si ritagliano i tortelli. Allo stesso modo si procede per preparare ulteriori strisce ripiene, da ridurre in tortelli, sino a esaurimento della pasta. A mano a mano che  i tortelli sono pronti si poggiano su un tovagliolo per ridurne l’umidità. Cuoceteli in acqua bollente, lasciandoli abbastanza al dente, anche per evitare fuoriuscite dell’impasto. Conditeli con circa 300 grammi di parmigiano,  200 grammi di burro e qualche foglia di salvia. Sicuramente avrete una buona Vigilia.

43-jack-o-lantern-wallpaper-halloween-art-illustration_422_-_12E parlando di zucche è rimasto un argomento su cui è bello, per un momento ancora, intrattenerci. Halloween! Siamo sicuri,infatti, di conoscere tutti l’origine di questa festa?

Ecco, fu solo agli inizi del xx secolo che  la zucca americana, quella grande, grossa e rotonda, assurse a nuovi e internazionali splendori, proprio  attraverso  la tradizione di Halloween. Tutto nacque  dagli irlandesi che, immigrati in America, si erano portati appresso la ricorrenza del 31 di ottobre  per ricordare  la vecchia leggenda  del fantasma di Jack il fabbro, che, rifiutato dal cielo  e dall’inferno, – dal primo perché era stato troppo cattivo e dal secondo perchè aveva fatto un patto col diavolo, –  si andava  facendo  luce nelle sue infinite tenebre, con un tizzone  tiratogli addosso  dal diavolo. Poichè aveva paura che si consumasse tutto, Jack, che nel frattempo era diventato Jack O’ Lantern, se lo   riparava all’interno di una rapa. Ora, poiché in America di rape ne trovarono poche, gli irlandesi si adattarono con una zucca incisa, dai cui occhi trapelava la luce per illuminare il sentiero di Jack. Da  allora ne nacque un successo eccezionale, un revival della zucca, un’ eco infinita che …   ha finito per conquistare tutti i paesi dell’Occidente. Infatti appena si dice Halloween, non c’è equivoco, si  pensa zucca!

Mantova