Una vita davvero avventurosa quella di Dioniso… fin dalla nascita e, anzi, per essere precisi, anche un po’ prima! Suo padre Zeus, infatti, aveva combinato un bel pasticcio quando, tutto parato a festa, nel suo pieno fulgore di fulmini e saette, era apparso a sua madre Semele e senza volerlo, in un baleno, è proprio il caso di dirlo, l’aveva incenerita. La poverina era incinta di 6 mesi e il maldestro padre, pieno di rimorsi e pentimenti, cercò almeno di salvare il bambino. Così se lo fece cucire dal vecchio Efesto all’interno di una coscia e lì lo tenne per tre mesi a fargli da incubatrice. Ma poi, appena nato, fu subito costretto a mandarlo lontano, per sottrarlo alle ire della sua gelosissima moglie Era. Fu così che il piccolo Dioniso finì sul Monte Nisa, allevato amorevolmente dalle numerose Ninfe che lì avevano preso la loro residenza. Iniziò da quel momento il suo destino, che
lo volle poi, per il resto della sua vita umana e divina, sempre circondato da bellissime fanciulle. Lo ritroviamo, appena cresciuto, che era un po’ fuori di senno e ogni tanto si abbandonava a terribili sfuriate o perfide vendette. I più dicono che si trattasse di una maledizione della sempre gelosa Era, ma si può anche ritenere che avesse già cominciato a bere vino e ogni tanto alzasse un po’ il gomito.
Comunque, in quel periodo, viaggiava molto col suo tutore Sileno e un gruppo di giovani donne, il suo corteo di Menadi che di giorno lo seguivano danzando attorno al suo carro e la sera bevevano e cantavano in coro. Ma nulla di più sbagliato pensare che il suo andare per il mondo rientrasse nei viaggi turistici, organizzati per i gruppi, perché già nella sua prima tappa, sembra in Egitto, dovette combattere contro i Titani, per fare un favore al Dio Ammon a cui, quei perfidi, avevano rubato lo scettro. Poi si diresse verso l’India sconfiggendo tutti i re che incontrava sul cammino, compreso la sventurato re di Damasco che fu scorticato da Dioniso in persona. Solo dopo aver sottomesso tutta l’India, come benemerenza, lo resero immortale. Ma sconfiggere i nemici non doveva essere stato nemmeno l’obiettivo principale degli dei che lo avevano mandato, per così tanto tempo, in missione all’estero, perché, in realtà, in tutto il suo pellegrinare, il compito principale di Dioniso era stato quello di insegnare agli uomini a coltivare la vite e a farne vino, perché, se pure in qualche paese, la vite già esisteva, fino a quel momento non era stata altro che una bella pianta ornamentale.
Più in là dell’India in quei lontani tempi, non era tanto facile andare e così Dioniso iniziò il suo viaggio di ritorno. Si hanno precise notizie che sia stato in Tracia, in Beozia e nelle isole dell’Egeo perché tutti questi posti rivendicano per sé la prima coltivazione della vite, anche se si può ragionevolmente supporre che la prima tappa Dioniso l’abbia fatta anziché in Egitto, nel Caucaso, fra il Mar Caspio e il Mar Nero, dove sono state ritrovate tracce di vino in grossi contenitori che risalgono a 9.000 anni a.C.
Comunque Dioniso, dopo essere stato a Creta, prese in affitto una nave per recarsi all’isola di Nasso, ma fu davvero sfortunato perché l’equipaggio era composto tutto di pirati. Fortuna che se ne accorse in tempo, così riuscì a catturarli, gettarli fuori bordo e a trasformali in delfini, che, da allora, sono rimasti sempre lì, pronti a salvare i naufraghi, quando sull’Egeo soffiano i venti e si agitano le tempeste. Dioniso invece in qualche modo arrivò a Nasso, ma lì non ebbe assolutamente tempo di occuparsi della vite perché all’improvviso si imbatté in una disperata fanciulla che piangeva tutta sola su uno scoglio. Chiedi e richiedi alla fine viene fuori che era Arianna, la figlia del re di Creta, che aveva aiutato Teseo a uccidere il Minotauro nel labirinto, dandogli un grosso rotolo di filo, il cosiddetto filo di Arianna, con cui Teseo aveva ritrovato l’uscita dal labirinto dato che, all’andata, a mano a mano che avanzava, aveva seguitato a sciogliere il gomitolo. Chiunque altro sarebbe stato assai grato alla bella Arianna, ma non Teseo che, dopo essere scappato con lei da Creta, poi era fuggito da Nasso nottetempo, lasciando Arianna sedotta e abbandonata. Dioniso di donne ne aveva conosciute tante, anzi ci viveva proprio in mezzo, ma Arianna fu l’unica di cui si innamorò follemente e per sempre. Forse aveva ragione Marilyn Monroe quando diceva
“Non correre mai dietro un autobus o dietro a un uomo, tanto dopo un po’ ne passa sempre un altro”. Così fu anche per Arianna che si sposò con Dioniso ed ebbe tre figli, che per mantenere alte le tradizioni di famiglia si chiamarono, Enopio, “il Vinaio”, Euante,” il Fiorito” e Stafilo, “il Grappolo d’Uva”.
E dovendo preparare, sempre nel rispetto della tradizione, una pietanza d’eccezione per il Capodanno è a Stafilo che ci siamo rivolti e con lui abbiamo ideato:”I Rotolini di Cinghiale Selvatico Brasati all’Uva Bianca con Puré, Verza stufata e castagne”
INGREDIENTI per 4 persone:
Per i Rotolini di cinghiale: 600 grammi di polpa di cinghiale, 200 grammi di lardo di Colonnata, 8 coste di sedano utilizzando solo la parte bianca più tenera, 4 cipolle, 4 carote, 4 foglie di alloro, 2 cucchiaini di Timo, 8 bacche di ginepro, 2 rametti di rosmarino, 8 foglie di salvia, 40 chicchi di uva bianca, vino rosso 3/4 di litro, brodo di carne 1 litro, , olio extra vergine di oliva, sale fino.
Per la verza stufata: 1 verza, 2 spicchi d’aglio, brodo vegetale, maggiorana, olio extra vergine di oliva.
Per il puré di patate: 100 grammi di patate, 2 decilitri di latte, 1 noce di burro.
Per le castagne: 300 grammi di castagne.
PREPARAZIONE
Si fa marinare la polpa del cinghiale per 12 ore, immersa nel vino rosso, unitamente a : 4 coste di sedano, due carote, due cipolle il tutto tagliato a minuscoli dadini non superiori e 3 mm di lato, aggiungendo 2 foglie di alloro sminuzzate, 1 cucchiaino di timo, 4 bacche di ginepro, tutti gli aghi staccati da 1 rametto di rosmarino, 4 foglie di salvia sminuzzate.
Tagliare a fette la polpa di cinghiale marinata, poggiare su ciascuna di esse una fetta di lardo di Colonnata e arrotolarle su se stesse. Fissare gli involtini con uno stuzzicadenti.
In una padella versare abbondante olio extra vergine d’oliva, le restanti 2 cipolle, le 2 carote e le 4 coste di sedano tagliate grossolanamente unitamente alle restanti 2 foglie di alloro intere, l’ultimo cucchiaino di timo, il rametto di rosmarino al quale non vanno staccati gli aghi, le 4 bacche di ginepro e le 2 foglie di salvia. Non usare assolutamente le verdure e le erbe utilizzate per la marinata, perché il loro sapore e la loro consistenza sono stati alterati nella lunga macerazione.
Fate appena scaldare le verdure e le erbe e poi mettete in padella i Rotolini di cinghiale che verranno prima fatti rosolare uniformemente su tutta la superficie, poi sfumati con vino rosso e infine fatti cuocere coperti di brodo. Prima di togliere dal fuoco fate insaporire assieme ai rotolini per circa 2 minuti i 40 chicchi di uva bianca.
Per cuocere la verza fate scaldare in una padella un pò di olio extra vergine di oliva in cui fare appena imbiondire 2 spicchi d’agli. Subito dopo aggiungete la verza tagliata a julienne, salate, pepate, aggiungete un pizzico di maggiorana e coprite con il brodo vegetele sino a cottura ultimata che richiederà circa 40 minuti.
A parte cuocete in acqua bollente le castagne e a cottura ultimata togliete loro la buccia esterna e la pellicola interna. Al termine mescolare con la verza stufata.
Per il puré si lessano le patate in acqua bollente e a fine cottura si estraggono dalla pentola,togliendo la buccia, tagliandole a dadini e successivamente mettendole nel passaverdura dove saranno ridotte in polpa. Si rimetteranno sul fuoco unendo la noce di burro, il sale e il latte a piccole dosi sino a completo assorbimento.
Servire in tavola i Rotolini di Cinghiale, dopo aver estratto gli stuzzicadenti, sopra il puré e contornati dalla verza mescolata alle castagne.