Monica Vitti, la musa e i crauti!

Lei bella non si sentiva, e  molto tempo dopo disse che  era stato proprio il suo volto  ad aprire  la strada a tutte le “bruttine” del cinema… Qualcuno per non offenderla del tutto aveva detto che era poco fotogenica e poi con quella voce così strana e rauca era impossibile fare teatro e, quanto al  cinema… ormai  le doppiavano poco  le attrici…Ma Michelangelo Antonioni l’amava e  la vedeva bellissima  con quel volto leggermente asimmetrico…   Stava nascendo un cinema nuovo e lui  che ne era  l’aristocratico profeta non servivano  le bellezze national – popolari che dal neorealimo in poi avevano fatto grande il  cinema italiano. Monica era diversa, alta con i capelli così biondi e le efelidi da sembrare nordica …Ma il viso   non era facilmente definibile … a volte sembrava duro o amaro …A volte aveva  morbidezze  infinite… Lui  se ne servì per dare mistero, enigma, estraneità… “L’Avventura” è il film della nuova “affluent society” che ha perso i vecchi valori e non sa darsene altri… C’è un vuoto dei sentimenti che solo il sesso sembra riempire, quasi unica occasione per sfuggire la noia e la mancanza di interessi…

Una strana barca di ricchi in crociera  fra le isole Eolie, che non riescono nemmeno ad accorgersi che sono in uno dei posti più belli del mondo… Solo le donne sembrano ancora chiedersi qualcosa… La fuga di Anna sembra una  protesta… Che va a cadere però fra lo scarso interesse dei suoi  amici che smettono presto di cercarla… Restano il suo compagno e la migliore amica in giro fra quelle rocce aspre e i paesi ostili… poi anche loro perderanno lo slancio e mentre nasce la reciproca attrazione  si dimenticheranno di Anna… Film amarissimo che strappava  di colpo alibi e  protezioni… “La Dolce Vita” più o meno contemporaneo è al confronto un film tradizionale, così corposo, sanguigno, ancora pieno di passioni…  Per “L’Avventura”  Antonioni e la troupe avevano affrontato di tutto… Mare in tempesta, produzione fallita, tecnici non pagati che abbandonano il set… Ma la sera della presentazione a Cannes avvenne l’incredibile… neé critiche né indifferenza… Il pubblico rideva… Di quelle scene lunghe dove non succedeva nulla, del viso estraniato della Vitti, dei paesaggi vuoti e desolati  privati di ogni facile  messaggio turistico… Antonioni li adoperava per  mostrare il vuoto dell’anima… Ma chi lo poteva capire? … Il film lo salvò una lettera aperta che il giorno dopo firmò un gruppo di intellettuali Rossellini in testa… “L’Avventura è il più bel film mai presentato a un festival… ”  e stranamente il film vinse il Festival e piacque anche al pubblico… Alla prima riflessione seria cominciarono a   identificarsi in quei personaggi…

La strada era aperta e adesso Antonioni poteva proseguire il suo discorso… Raccontò la lunga giornata di una coppia in crisi… Sino alla mattina del giorno dopo… “La Notte”,una spietata fotografia del disagio  di vivere, dell’alienazione… Monica  Vitti la giovane figlia del padrone di  casa, dove si svolge la festa notturna, uscirà distrutta dall’incontro con Giovanni e sua moglie…

Poi vi sarà il personaggio ancora più drammatico di Vittoria… Una desolata Monica Vitti incapace di stabilire rapporti con gli altri, sempre più superficiali e cinici. “L’Eclissi” e il senso del disagio e dell’alienazione è quel volto quasi  impassibile  dell’attrice che cammina e cammina… Sola in quel desolato quartiere dalle forme  raggelate  che sembra immenso…

L’ultimo film del sodalizio fra Monica e il suo mentore fu “Deserto Rosso”… Un canto del cigno dove il colore, usato per la prima volta, esplode  in una violenta realtà industriale e in paesaggi di periferia  che  sono causa e testimoni assieme delle nevrosi di Giuliana, una Monica Vitti umanissima nella sua follia, nei suoi gesti impulsivi, nel vuoto che si sente addosso, l’unica sembra, nella generale  accettazione del benessere e della realtà, a patire di quel mondo stravolto che si è  sovrapposto all’antica città bizantina.

Dispiacque a tutti quando si separarono… Ma lei  pare che non ne potesse più di essere la Musa  dolente… sia pure di un genio…. Aveva da esprimere ancora tanto… e nonostante tutto  voleva godere della vita, uscire dal dolore e dalla claustrofobia in cui l’avevano relegata  le splendide ossessioni di Michelangelo Antonioni.  A ben vedere,  ci sono dei momenti anche  nella drammatica  “quadrilogia” di Antonioni,  in cui qua e là traspare la “vis comica” di  Monica, come quell’accenno di danza in vestaglia de “L’Avventura” o certe immagini in cui il sorriso fra divertito e ironico,  fa fatica a fermarsi… Se ne era già accorto Sergio Tofano suo insegnante all’Accademia d’arte Drammatica  e ora se ne accorgeva nuovamente anche Mario Monicelli, uno degli incontrastati re della commedia all’italiana. Monica per “La ragazza con la pistola” si tolse in fretta i panni della donna  raffinata  per diventare Assunta Patanè giovane siciliana  che in tempo di Beatles, minigonne e capelloni va a Londra con una pistola per uccidere l’uomo  che l’ha disonorata… con cui cioè ha fatto l’amore! Irresistibile e incontenibile  nel suo nuovo ruolo si aprì allora per Monica  il mondo dell’allegria, dell’ironia  della satira di costume… Sembrava un mondo tutto al maschile dominato da  Sordi, Tognazzi, Manfredi e Gassman… Li chiamavano i “Quattro colonnelli”… ma non ci fu niente da fare… Monica ruppe il monopolio maschile e divenne il 5° Colonnello. “

In “Dramma della Gelosia… tutti i particolari in cronaca”   è la dolcissima Adelaide contesa fra due uomini, in “Amore mio aiutami”, diretta da Alberto Sordi,  è una donna moderna con qualche scrupolo… che non sa decidere fra l’amore del marito e quello dell’amante… in “Modesty Blaise”  di David Losey è la brillante spia dell’Intelligence Service, nata nel mondo dei fumetti, Bunuel  la vuole per per  “Il Fantasma della Libertà”…. Una lunghissima e felice carriera fino al suo ritiro alle soglie del 2000… Monica, un’attrice poliedrica, versatile, scatenata che tutto il mondo ha ammirato…. Una volta in televisione  ha recitato una surreale monologo  in cui parlava di “Crauti”  Era il 1972 e lei faceva la parodia dei pomposi letterati di  professione…

In ricordo di quella serata magica le  dedichiamo, dunque,questa ricetta di …

CRAUTI

INGREDIENTI per 6 persone: 500 grammi di cavolo cappuccio verde, 100 grammi si cipolle tagliate fini, 100 grammi di pancetta tagliata a cubetti,  70 ml  di aceto bianco, 3 bacche di ginepro, 2 foglie di alloro, 10 grani di pepe nero, sale q.b., 50 grammi di burro, 1 cucchiaio di farina bianca,3 cucchiai di olio extra vergine di oliva

PREPARAZIONE: togliete le foglie più esterne al cavolo cappuccio, tagliatelo a striscioline e immergetele in acqua per circa 30 minuti. Scolatele bene e mettetele  in una pentola  con l’olio, le bacche di ginepro, le foglie di alloro e i grani di pepe. Aggiungete un po’ d’acqua e il sale e fate cuocere per non più di 40 minuti, aggiungendo acqua, durante la cottura, se si fosse interamente consumata quella posta all’inizio. A parte, in una padella, fare stufare le cipolle con 50 grammi di burro,quindi aggiungete la pancetta, facendo attenzione,mentre si rosola, che non si brucino le cipolle. Se avete timori in tal senso è preferibile rosolare la pancetta in una padellina a parte e poi aggiungerla alla padella dove c’è la cipolla. Mescolate la farina con l’aceto fino ad avere un composto omogeneo, poi versatelo nella pentola dove ci sono i crauti facendo attenzione ad amalgamare bene il tutto, aggiungete il composto di cipolle e pancetta e fate cuocere per altri dieci minuti e servite.

La bellissima Lana Turner e… i Macaroni and Cheese!

 Era la bionda più platino di  Hollywood dopo Jean Harlow e prima di Marylin Monroe, ma senza la leggerezza e l’ironia con cui le altre due riuscivano a sdrammatizzare la loro immagine di dive e di divine. Pensare  a Lana Turner significa pensare alle vistose ville di Beverly Hills, a piscine sempre azzurre, roteanti visoni, tacchi a spillo… e atletici amanti coi denti e le camicie bianche sulla pelle abbronzata. Tutto in lei parlava di lusso e di opulenza in uno stile  di vita che. secondo  gli schemi di hollyvood, doveva costituire il clichè della donna fatale   adatta a interpretare personaggi melodrammatici ed eccessivi.

Del dramma e della violenza che avevano sconvolto la sua infanzia, nel mondo dorato di Hollywood, non se ne doveva parlare. O forse neppure si sapeva di quel minatore rapinato e ucciso mentre tornava a casa pieno di soldi vinti in una bisca. Quando il padre morì in quel modo barbaro la ragazzina aveva meno di dieci anni e lei e sua madre si trovarono sul lastrico.

Ma era così bella che  la notarono presto, mentre a 14 anni, così dice la leggenda, chissà quanto addomesticata, stava bevendo un frullato di frutta in un bar  di Hollywood, dopo aver marinato la scuola. Fu un golfino troppo stretto a mettere in risalto, durante la scena in cui veniva assassinata, il piccolo ruolo che le avevano affidato nel film “Vendetta”. Da allora e per molti anni fu “The Sweater Girl” e le parti che le venivano affidate facevano sempre leva sul suo portamento provocante e…  quel petto che sembrava scolpito. Il vero successo lo ebbe con due film molto belli ma anche estremamente violenti. Sembrano quasi una metafora di quell’orrore che in un modo o nell’altro la perseguiterà per tutta la vita… Ne “Il Dr Jekilll e Mister Hide” è solo una testimone della mostruosità che le gira intorno, ma  ne “Il postino suona sempre due volte”  la violenza la vive  in prima persona, nella parte della moglie adultera che spinge l’amante a uccidere il marito.

Nel film Lana Turner è un ‘interprete di grande  efficacia, ma dall’erotismo sotteso, quasi inespresso, per rispettare i rigidi canoni moralistici che il cinema degli anni ’50 si era imposto. La stessa ipocrisia faceva parte della vita della bella attrice che passava da un marito a un’amante con grande  disinvoltura privata, ma poca visibilità pubblica. Quell’irrequietezza, quella voglia di nuove  esperienze,  la portava a cercare sempre nuovi sex symbol al maschile, da parcheggiare nella sua camera da letto. Di certo nascondeva una grande insicurezza, una costante voglia di piacere che doveva calmare il senso di inadeguatezza che spesso la prendeva in quell’ambiente di lusso, lei che veniva dalla povertà più nera, con poche scuole e la macchia di quell’ equivoco assassinio del padre  nella sua infanzia.

Nel 1958 era all’apice della bellezza e della  carriera con quel film torbido “I Peccatori di Peyton” che le era valsa una nomination all’Oscar. Aveva avuto già quattro mariti e un cospicuo numero di amanti fra cui, quelli più celebri erano stati Tyrone Power, Frank Sinatra, Howard Hughes, e chissà chi altro. Ora aveva una figlia che stava crescendo a vista d’occhio, alta e slanciata già a 14 anni, ma sicuramente difficile. E questo Lana Turner non l’aveva percepito abbastanza, anche se la ragazzina già una volta era scappata dal collegio.

BeFunky_cheryl-crane-3.jpgDa alcuni mesi Lana frequentava  un tipo impresentabile, di bell’aspetto, il gangster Johnny Stompanato. Subito dopo la guerra aveva gestito locali equivoci in China ed era finito in bancarotta. Tornato in America  aveva venduto paccottiglia spacciandola per opere d’arte finché non diventò il guardiaspalle del gangster emergente Mickey Cohen. Sotto la  protezione di Cohen ora organizzava furti nelle gioiellerie e aveva un giro di ragazze ben avviate alla prostituzione… La passione iniziale di Lana  si era ben presto trasformata in paura per quella violenza che Stompanato aveva nei suoi confronti. Minacce e botte erano all’ordine del giorno e mentre lei cercava di non farsi vedere in giro con Stompanato, lui convocava apposta le conferenze stampa per mostrarsi al fianco dell’attrice.

La tragedia era sicuramente nell’aria, ma non nella forma in cui arrivò. C’era da espettarsi che Stompanato usasse quella pistola che già una volta aveva tirato addosso alla Turner o che la sfregiasse come aveva già minacciato. Invece fu Cheryl la figlia 14 enne di Lana, a casa per le vacanze, a entrare nella stanza dove i due stavano litigando furiosamente e a piantare nella pancia del gangster la lunga lama del coltello che si era portata su dalla cucina…

  La ragazza non fu condannata…14 anni, legittima difesa e avvocati d’eccezione. Dopo seguitò a essere  per un po’ una ragazza difficile… Da un istituto di rieducazione fuggì e per un momento si pensò a una vendetta di Cohen perchè Cheryl aveva ucciso il suo pupillo. Qualche anno dopo gli trovarono l ‘auto imbottita di Marijuana… Solo col tempo ritrovò il suo equilibio con un lavoro come agente immobiliare e un libro liberatorio sulla vita di sua madre.

Per Lana la carriera era praticamente finita e cercò di consolarsi con qualche marito in più e, dopo qualche anno, con un riavvicinamento con la figlia che, per lei, fu una cosa preziosa. Certo i dubbi su quell’assassinio ci sono stati! C’è una foto di qualche giorno prima della morte del gangster in cui compaiono la Turner, e poi Cheryl stessa e Stompanato che si guardano sorridenti, come in  amicizia o in confidenza… Perchè dopo  quell’ira terribile? E perchè Lana Turner corse a lavare il coltello dell’omicidio prima che arrivasse la polizia? Perchè uccidere Stompanato se poi trovarono le valigie quasi pronte, segno evidente che stava andando via dalla casa della Turner?  Qualcuno sospettò che la ragazza si fosse invaghita del gangster e l’uccise per gelosia, qualcuno che a uccidere sia stata Lana Turner perchè Stompanato molestava la figlia… Ma i dubbi non li risolse nessuno!

Lana Turner abbastanza lontana dal cinema, salvo qualche ritorno sporadico, fu più serena. Qualche volta fu ritratta con abiti meno sontuosi e i capelli meno impeccabili. Probabilmente ritornò almeno in parte, dopo aver superato l’impatto con la tragedia, la ragazza semplice della sua gioventù alla quale piaceva ballare a e andare al cinema… a vedere i film degli altri.

La cucina era sempre stata la sua passione. Ai compleanni della figlia aveva sempre fatto preparare torte originalissime a tanti piani o  con un buffo tettuccio  come una giostra. Il giorno del ringraziamento era solita preparare  il tacchino ripieno e apprezzava soprattutto la cucina mediterranea, anche se un po’ riadattata per il suo gusto da tipica americana, come questi :

MACARONI AND CHEESE

INGREDIENTI per 8 persone: 85 grammi di burro,65 grammi di farina 00, 1lt. di latte caldo, 120 grammi di panna fresca, 250 grammi di Cheddar o in alternativa Tete de Moine o Gruyère, 200 grammi di pecorino romano grattugiato, 250 grammi di maccheroni, 1 cucchiaino raso di sale kosher, 1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata fresca, 1 cucchiaino di pepe nero macinato fresco, 1/2 cucchiaino di pepe di cayenna, sale .

PREPARAZIONE: scaldate il forno a 180°C. Fondete il burro in una casseruola su fuoco medio e quando comincia a spumeggiare unite la farina, e cuocete mescolando per 2 minuti circa. Poi versare lentamente il latte caldo seguitando a mescolare e portate a ebollizione. Continuate a farlo sobbollire, anche abbassando un poco la fiamma, per 3 minuti.

Togliete dal fuoco,unite la panna, il sale a piacere, la noce moscata, il pepe nero, il pepe di cayenna e 3 /4 dei formaggi.

Cuocete i maccheroni molto al dente in una pentola con abbondante acqua salata. Scolate e tenete da parte 1 mestolo dell’acqua di cottura. In una pirofila imburrata trasferite i maccheroni, l’acqua di cottura e la salsa al formaggio mescolando accuratamente. Cospargete con i formaggi residui e mettete in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti, fino al formarsi di una crosta dorata, mentre il formaggio ribolle.

Rita Hayworth e… I Tagliolini al Tartufo Bianco di Alba

Aveva poco più di tre anni quando suo padre decise che doveva ballare. Ballavano tutti in famiglia, lui il Flamenco, il nonno il Bolero… Non le piaceva molto ballare e  soprattutto non ebbe più un’infanzia. A 12 anni attraversava la frontiera e andava a ballare con il padre nei locali messicani perché in California era proibito far lavorare i minori nei locali notturni… Margherita Cansino sembrava voler  bruciare tutte le tappe e a 18 anni era già sposata con un uomo molto più grande di lei che aveva avuto però il merito di sottrarla  alla dittatura paterna e l’aiutava a muovere i primi passi nel cinema. Fu Harry Cohen, un altro dittatore, colui che faceva il bello e il cattivo tempo alla Columbia Pictures  ad accorgersi di quella ragazza, ma per diverso tempo, con quei capelli neri bassi sulla fronte le fece interpretare solo piccoli ruoli esotici. Alla fine le cambiarono look allargandole la fronte con l’elettrolisi e tingendole i capelli di rosso. Anche il cognome così mediterraneo non andava bene, Lei allora prese quello di sua madre e diventò Rita Hayworth, la più bella e famosa pin up americana. I film ora piovevano a raffica e nei primi anni ’40 cominciò il suo mito con film come “Sangue e Arena” in personaggi di donna fatale ed egoista. Ma i film migliori di quel periodo, a distanza di tanti anni sembrano le commedie musicali in cui si scatenava con Fred Astaire o Gene Kelly in ruoli più leggeri e divertenti, mentre metteva a frutto la sua eccezionale bravura di ballerina.

Ma l’etichetta della bellezza esplosiva e “fatale” Harry Cohen e la Columbia gliel’avevano stampata addosso e così dopo essere stata durante la guerra la cover girl un pò equivoca  di tutti i soldati al fronte, si trovò  immediatamente dopo, involontariamente legata alla bomba che gli americani avevano lanciato sull’atollo di Bikini e fu chiamata l”Atomica.” Si sentiva umiliata e offesa e voleva andare a protestare a Washington ma Harry Cohen glielo impedì. Sarebbe sembrato poco patriottico!

Sono di quegli anni i  film più famosi di tutta la sua carriera. “Gilda”, in fondo un film abbastanza stupido, è passato alla storia per il suo leggendario strip dei guanti neri, che mentre se li sfila lentamente è più sensuale   di quello che sarebbe stata nuda… Tacque per quarant’anni ma alla fine Glenn Ford lo dovette ammettere che sul set di Gilda era impazzito d’amore per Rita Hayworth.

Lei a quel tempo era sposata con  Orson Welles e anche se dichiarava che era faticoso vivere tutti i giorni con un genio, fu la docile interprete sotto la sua direzione de “La Signora di Shangai”. In un film poco capito all’epoca per gli intellettualismi e la simbologia  di cui lo caricò Orson Welles, Rita Hayworth apparve nella nuova veste di una gelida e  misteriosa signora bionda che, se anche piacque al pubblico mandò su tutte le furie Cohen e la Columbia perché falsava lo stereotipo della donna dalla ricca capigliatura rosso fiamma. Ma la scena finale del labirinto di specchi dove la coppia terribile finirà per uccidersi  fu ricordata, commemorata e citata tanti anni dopo da Woody Allen che la inserì nel finale del suo film “Misterioso omicidio a Manhattan” e sempre molti anni dopo un famoso critico David Kehr scrisse che la “Signora di Shangai” era “Il più strano grande film mai realizzato.”

Quella con Orson Welles fu una bellissima storia d’amore, lui si spogliava della sua eccentricità, del suo essere superiore e diverso  e si confessava come un bambino” Senza di te la gioia diventa un insopportabile dolore ” le scriveva quando erano lontani. Ma anche Orson con tutto il suo genio era un uomo fragile, economicamente schiavizzato  da Hollywood  che  faceva e disfaceva i suoi contratti  incurante che fosse il memorabile radiocronista della discesa dei Marziani sulla Terra e il regista di  “The Citizen Kane”, quello che ancor oggi molti ritengono “Il più grande film di tutti i tempi.”

Hollywood è un quartiere dorato adatto ai giocatori di golf, ai giardinieri, ai vari tipi di uomini mediocri e alla soddisfatta gente di cinema. Io non sono nulla di tutto ciò”  Così disse Orson Welles e se ne andò in Europa tanto anche il suo matrimonio era arrivato al capolinea.

Per altre strade anche Rita Hayworth arrivò il Europa e conobbe il suo Principe che sembrava esattamente quello delle favole. Ali Khan all’epoca era pieno di fascino, di soldi e riempiva le cronache mondane di tutta Europa. Rimasero  incantati uno dell’altro, ma lei, anche se a livello probabilmente inconscio, aveva la speranza con quel matrimonio  di liberarsi dell’ingombrante contratto con la Columbia e soprattutto liberarsi di Cohen, per il quale era una specie di proprietà privata da sorvegliare sino a farle mettere i microfoni nascosti nel suo camerino. Invece non riuscì a risolvere i suoi problemi… Fu un matrimonio difficile sin dall’inizio. Per lui, perché sotto la patina mondana era comunque un capo religioso musulmano con una gran moltitudine di fedeli a cui rendere conto e per lei perché fu subito stigmatizzata per essersi unita con l’infedele. All’inizio fu felice di andare a vivere in Pakistan, ma loro due era impossibile che si capissero venuti da due realtà così lontane… Quando si separarono lei si batté con tutte le sue forze perché la figlia le fosse affidata e potesse crescere come una normale  ragazzina americana. Di quel mondo orientale aveva sentito l’imposizione  e la condizione subordinata della donna…  E così nonostante tutto preferì tornare da Cohen e da Hollywood… Ma non fu un gran ritorno.  Il primo film “Trinidad” ebbe poco successo e poi cominciarono a  utilizzarla in ruoli di prostitute e  e di donne fallite. Solo verso la fine degli anni ’50 riuscì a fare due buoni film  Pal Joey con Frank Sinatra e Tavole Separate con Burt Lancaster. Poi arrivò la malattia, non capìta e dissero che era un ‘alcoolizzata.  E poi l’oblio..

L’Europa le era piaciuta molto, si sentiva a suo agio, forse per le sue origini spagnole… E dall’Italia in particolare si portò via un bel ricordo. Un invito, questo si, favoloso, ad  Alba, in Piemonte. Nel 1949 era da pochi mesi sposata con Ali Khan e vollero offrirle, come ospite d’onore dell’annuale e internazionale “Fiera” un dono degno di lei,  proprio perché era appena diventata principessa… Quei tartufi bianchi, che si raccolgono unicamente  nelle zone delle Langhe, di Roero e del Monferrato e che fin dal  1700 sono considerati il cibo prelibato di tutte le Corti reali e principesche d’Europa. Ma da quando vennero offerti a Rita Hayworth, cominciarono a divenire  un Cult anche nel mondo dello spettacolo che ha voluto rendere omaggio al tartufo dandogli un posto d’onore e grande visibilità in tutte le manifestazioni artistiche dei Festival, dei Premi e delle Prime internazionali. E dal mondo principesco del Tartufo …

TAGLIOLINI AL TARTUFO BIANCO DI ALBA

INGREDIENTI per 3 persone: 300 grammi di tagliolini freschi, 50 grammi di burro, 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 1 tartufo bianco di Alba da 25 grammi, sale q. b.

PREPARAZIONE: Pulite accuratamente il tartufo con uno spazzolino dalle setole abbastanza dure. Mettete l’acqua per cuocere la pasta a fuoco vivo e quando bolle salatela e poi versateci i tagliolini. Mentre si cuociono fate scaldare in una padella  il burro sciogliendolo appena e quindi senza superare la temperatura di 40°C. Quando i tagliolini sono cotti, ma ancora al dente versateli nella padella dove è stato sciolto il burro e lasciateli qualche minuto sul fuoco basso rigirandoli e aggiungendo un poco della loro acqua di cottura affinché restino morbidi. Grattugiate sui tagliolini la meta del tartufo e aggiungete due cucchiai di parmigiano rimescolando il tutto. Impiattate e su ogni piatto grattugiate una parte del tartufo rimasto e terminate con una spruzzata di parmigiano.

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