Prima della conversione, nelle terre di Russia il consumo di carne era più abbondante ed esclusivo. Poi, una volta che prese piede il Cristianesimo, più o meno attorno all’anno 1000, cominciarono a farsi sentire i rigori della Chiesa Ortodossa che fra l’ altro si esprimevano anche con l’obbligo del digiuno per circa la metà dei giorni dell’anno. A quel punto o si moriva di fame o si aguzzava l’ingegno! Così oltre al consumo del pesce, dei frutti di bosco e della frutta secca aumentò in misura sensibilissima il consumo di verdure e cereali, tutti alimenti che fortunatamente non rientravano fra i cibi proibiti. E’ per questo che se chiedete ancora oggi a un russo di definire in sintesi, l’essenza della cucina russa vi sentirete rispondere Tshi e Kasha, cioè zuppa e porridge o se vogliamo anche una sorta di budino o addirittura una specie di polenta, a far da base. Mentre la zuppa di cavolo è sempre stata una caratteristica della cucina popolare più tipica che, per tutto il XX secolo, ha seguitato a impregnare d’odore i tristi condomini dei Soviet, più differenziata è stata la sorte della Kasha che, nel suo infinito trasformismo fra dolce e salato è riuscita a raggiungere spesso anche le cucine dei nobili. Già nel XIII secolo, le cronache del tempo raccontano che a Toropetz, nel 1239, in occasione delle nozze del Principe Alexander Jaroslavic con Alexandra Bryatchilav di Poloc fu organizzata una grande festa dominata dalla Kasha al cui interno si mischiò di tutto, dai fomaggi, al miele dalle noci ai deliziosi frutti di bosco e, perché no, anche la carne, perché sicuramente, quello non era giorno di digiuno. La festa dei giovani principi doveva essere stata molto bella, ma dopo non ebbero più molto tempo a disposizione.
Alexander fu improvvisamente chiamato dalla Città di Novgorod per difendere le terre a Nord Ovest, minacciate dagli svedesi e dai tedeschi. Con un senso del tempismo, eccezionale per un ragazzo di appena 20 anni, li attaccò mentre goffi e impacciati stavano scendendo dalle navi, alla confluenza dei Fiumi Izora e Neva e fu una grande vittoria. Ai tedeschi e agli svedesi passarono le velleità di invadere la Russia, anche se poi, qualcuno di corta memoria, nei secoli a venire ci riprovò, ma senza molto successo. Per Akexander fu un trionfo e da quel momento e per tutti i secoli a venire fu Nevski, in ricordo del fiume deve si era svolta la battaglia.
Ma la gratitudine umana, non dura a lungo e, passato il pericolo, i Boiari, cioè i nobili di Novgorod si schierarono contro Alexander, che fu costretto ad andarsene. Ma chissà le risate che si fece quando dopo pochi mesi lo chiamarono di nuovo perchè stavano arrivando i Cavalieri Tteutonici, quelli che mettevano paura già da lontano solo a vederli con quei minacciosi mantelli bianchi e quegli luccicanti elmi che sembravano maschere crudeli di vampiri o della morte stessa.
Ma anche stavolta la tattica di Alessandro fu geniale. Al primo attacco, su una strettoia del Lago Peipus ancora ghiacciato, finse di ritirarsi e situò i suoi fanti,- tutto il popolo di Novgorod che poco sapeva di armi, ma parecchio di Patria – in una posizione di discreto vantaggio, in modo da cominciare a sfibrare i Cavalieri Teutonici terribilmente a disagio su quel ghiaccio scivoloso. Poi dopo 3 ore comandò l’attacco degli arceri mongoli sino a quel momento tenuti nascosti. Solo alla fine, tirò fuorilal sua cavalleria, come l’asso della manica. Al solo vederla i Cavalieri Teutonici, già con molte perdite, batterono in ritirata, ma l’unica via di fuga ormai era solo il lago ghiacciato. Era Aprile e anche per la fredda Russia cominciava il disgelo. Appesantita dalle pesanti armature e dai cavalli spaventati, la sottile coltre di ghiaccio cedette. Una surreale, tormentata, drammatica visione di tutto quel bianco che si confondeva, si mischiava, si agitava e scmpariva nel ghiaccio crepitante e nell’acqua gelida. Così tanti anni dopo ce l’ha restituita Sergej Eisenstein e ogni volta che si rivede la scena del film è sempre sgomento e commozione.
Niewski tornò a Novgorod e da quel momento ci rimase, come Principe. Ma doveva essere anche molto contento e fiero della popolazione, che aveva lasciato l’intera città sguarnita, per correre in battaglia e rischiare il tutto per tutto. Così tutti assieme fecero una festa memorabile di cui gli annali del tempo non hanno potuto fare a meno di segnalare il banchetto che fu tutto a base di tanti diversi Kasha.
Il tempo passa sulla Russia, ma la Kasha seguita ad avere un suo posto d’onore anche quando Pietro il Grande nel 1700, si avvicina all’Europa per rendere un pò più civile quel suo popolo rimasto testardamente al Medioevo. Poi addirittura, pochi decenni più tardi, la Kacha riceve una nuova patente di nobiltà da parte del Ministro delle Finanze dello Czar, il nobile Dimitri Gurev, che per avendo salvato la moneta russa dalla spregiudicata azione di Napoleone tutta tesa a indebolirla, durante la Campagna di Russia, finì alla fine per essere ricordato per una versione tutta sua e tutta particolare di questa strana ricetta, che nasce come piatto del popolo, sfruttando tutti i numeroso cereali che la Russia produce e poi finisce, quasi inevitabilmente, per appassionare i nobili di turno, che probabilmente vedono in essa lo spirito indomito dell’anima russa. E visto che, oramai la fama del cuoco, il ministro se l’è fatta scegliamo fra le tante versioni della Kasha, proprio la sua ,
GUREVSKAIA KASHA
Portate a bollore 0,7- 0,8 di litro di latte, aggiungete 50 grammi di zucchero in polvere, 5 grammi di sale e rimescolate. Lasciate cadere a pioggia 200 grammi di semolino mescolando rapidamente. Quando la kasha comincera’ ad addensarsi abbassate il fuoco e cuocere ancora per 10 minuti continuando a rimescolare. Fuori del fuoco aggiungete 40 grammi di burro, 4 bianchi d’uovo sbattuti insieme a 80 grammi di zucchero in polvere, 40-50 grammi di nocciole tritate finemente e un po’ di vaniglina. Mescolate attentamente e versate il composto in 3 teglie o pirofile poco profonde. Pareggiate le superfici, coprite di zucchero in polvere e carmellatelo con l’aiuto di una griglia cadissa. Mettete le teglie in forno caldissimo per 5-7 minuti.
Togliete la kasha cotta dalle teglie e passate alla preparazione della panna. Prendete una pentola larga e bassa, versatevi del latte e mettetela in forno caldo. Quando la panna venuta alla superfice sara’ colorita toglietela e mettetela da parte. Rimettete la teglia nel forno e togliete nuovamente la panna colorita.
Accomodate le tre porzioni di kasha in un piatto una sull’altra mettendo la panna cotta tra l’una e l’altra. Decorate l’ultimo strato con frutta cotta o sciroppata mele, pere, pesche, bacche e nocciole e mandorle trittate. Innaffiate con sciroppo di fragole o lamponi (si puo’ usare lo sciroppo pronto o prepararlo allungando con acqua un po’ di marmellata).
Alcuni preparano la kasha du Gurev senza panna. E’ piu’ rapido ed e’ buona lo stesso. In questo caso la kasha si serve direttamente nelle pirofile decorandone la superfice.
Si serve con latte freddo.