A Savona con Sandro Pertini e il Ciupin

Stabilimenti Penali di Pianosa, 26 febbraio 1933  “Mamma… Con quale animo hai potuto far questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me….Mi si lasci in pace con la mia condanna, che è il mio orgoglio e con la mia fede che è tutta la mia vita… Non ho mai chiesto pietà a nessuno e non ne voglio. Mai mi sono lagnato di essere in carcere e perché dunque propormi un così vergognoso mercato?…”

Stabilimenti Penali di Pianosa 23 febbraio 1933 – “A Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale – La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo  dunque a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più di ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme. Il recluso politico Sandro Pertini”

“Io lasciai l’Italia nel 1926.La mia vita si è svolta prima all’Università di Genova, poi a quella di Firenze,quindi come professionista a Savona. Il mio studio fu devastato due o tre volte. Vidi un paese di violenti, gli anni ’20  furono il periodo della sopraffazione fascista. Molti erano intimiditi  da quelle violenze e sostenevano che non si dovevano provocare i fascisti… Questo non è stato il mio atteggiamento. Sono stato bastonato perché il 1 maggio andavo in giro con  una cravatta rossa. Sono stato mandato all’ospedale… Perché ho appeso alle mura di Savona una corona di alloro in memoria di Giacomo Matteotti. Sono stato arrestato per aver diffuso un giornale significativo: Sotto il barbaro dominio fascista. Ho vissuto i miei 20 anni così e non me ne pento.”

Il 4 dicembre 1926 la Regia Prefettura di Genova ordina che “l’avvocato Sandro Pertini sia assegnato al confino di polizia per la durata di anni cinque”. Pertini sfugge alla cattura scappando a Milano. Da lì  organizza la fuga di Filippo Turati, il grande leader del socialismo in pericolo. Tornano assieme a Savona dove li aspettano Ferruccio Parri,  Adriano Olivetti e Carlo Rosselli… Anche Pertini deve andarsene… Li porteranno con un motoscafo in Corsica…”Olivetti ed io scendemmo in un’insenatura vicino al faro di Vado Ligure per perlustrare la zona. Dabove e Oxilia, i due capitani di mare, accostarono agli scogli con il motoscafo per prenderci a bordo, ma videro una guardia di finanza al molo e decisero di allontanarsi. Decidemmo di tornare a Savona e partire dal Lanternino Verde in piena città. La decisione era rischiosa perché quella sera Savona era piena di fascisti che festeggiavano la promozione a capoluogo di provincia. Sul molo del Lanternino Verde c’era il ristorante “I pesci vivi”… Passando con Turati e gli altri compagni, dicemmo ai carabinieri di guardia che andavamo a mangiare il pesce fresco. Quelli ci augurarono “buon appetito”…

Mentre gli amici che li hanno aiutati, a eccezione di Olivetti, finiscono tutti in carcere, Pertini in Francia resiste  poco più di due anni. Duro e orgoglioso rifiuta l’aiuto  di Turati e  trova lavoro come muratore,  lavavetri di taxi e   comparsa cinematografica. Non ha la minima difficoltà a svolgere lavori umili, ma si sente troppo frustrato e inutile, anche se a Nizza mette su una radio clandestina  per mantenersi in corrispondenza con i compagni…A marzo del 1929 torna in Italia con un passaporto falso, intestato allo svizzero Luigi Roncaglia. Ha grandi idee, prima fra tutte quella di ammazzare Mussolini, proprio mentre parla  dal balcone di Piazza Venezia… Ma i sotterranei sono sorvegliati e bisogna cercare un’ alternativa…

A Pisa mentre sta ancora lavorando all’attentato viene arrestato… La sua libertà è durata meno di un mese…  Al processo non si difende perché non riconosce l’autorità del Tribunale. A  novembre  del 1929 arriva  la condanna a quasi 11 anni di carcere… Mentre il giudice legge la sentenza lui grida “Viva il Socialismo, abbasso il Fascismo”

Nel carcere di Santo Stefano, le condizioni sono durissime … Ci rimane quasi due anni e si ammala di tubercolosi.” … Improvviso un soffio di vento mi investe, denso di profumo dei fiori sbocciati durante la notte. È l’inizio della primavera. Quei suoni, e il profumo del vento, e il cielo terso, mi danno un senso di vertigine. Ricado sul mio giaciglio. Acuto, doloroso, mi batte nelle vene il rimpianto della mia giovinezza che giorno per giorno, tra queste mura, si spegne…”

Lo trasferiscono al carcere di Turi dove praticamente mandavano tutti quelli a cui avevano rovinato la salute… C’é anche Gramsci e  nasce una grande amicizia. Pertini che per sè non chiede niente riuscirà, minacciando ricorsi, a non farlo più svegliare di notte dalle guardie che, sadicamente battono sulle sbarre appena vedono che chiude gli occhi… Poi otterrà che gli diano delle matite e dei block notes, una sedia, un tavolino… Ed è  in questo modo che ci sono arrivati  “I quaderni dal Carcere”. Quando tanti anni dopo uno dei ragazzi che lui tutti i giorni riceveva al Quirinale, gli chiederà il ricordo della persona a lui più cara in quegli anni di prigionia, risponderà senza esitazioni Antonio Gramsci.

Dopo circa un anno cambia di nuovo carcere… A Pianosa le sue condizioni di salute si aggravano ed è allora che sua madre firma la domanda di grazia che lui rifiuta sdegnosamente.. “E’ giusto dire che non fui il solo,” e  ricordava diversi episodi di contadini ed operai che neppure in punto di morte lo avevano permesso  alle proprie famiglie. E poi aggiungeva: “L’uomo che ha una cultura deve più degli altri essere fedele ai principi di libertà, perché se la cultura non crea una coscienza civica, non serve a nulla, è nozionismo, allora tanto vale andare ad un quiz televisivo…”pianosa3

Nel 1934 esce dal carcere per essere inviato al confino… dove inviavano i dissidenti con reati minori o anche senza reati… Sono liberi ma non possono uscire dalla località in cui appunto sono stati… “confinati.” Quando nel 1936  scopppia la Guerra di Spagna però le condizioni dei confinati peggiorano… Pertini protesta e viene denunciato… Avrà un altro processo, viene assolto ma resterà al confino a Ventotene fino al 1940, quando la sua pena scade e dovrebbe tornare a casa…

Ma  interviene Mussolini… Ordinanza della prefettura di Littoria del 20 settembre 1940: “Ritenuto che detto Pertini, per i suoi precedenti politici e per la sua attività sovversiva, è pericoloso per la sicurezza pubblica e per l’ordine nazionale dello Stato, si delibera: Pertini Alessandro è riassegnato al confino di polizia per la durata di anni cinque confermandone l’arresto”.

Nel 1941 riesce a incontrare finalmente la madre  a Savona… “Essa apparve all’improvviso: piccola vestita di nero, bianchi i capelli e il volto. L’abbracciai. Piangeva e fra le lacrime andava ripetendo il mio nome. Dovetti fare forza per non dare alle guardie che ci sorvegliavano un segno di debolezza. Ma il cuore mi faceva male, pareva spezzarsi. Parlammo di tutto e di niente…  Il capoguardia interruppe bruscamente il colloquio, vidi mia madre allontanarsi curva.  Al mattino vennero a prendermi  per ricondurmi a Ventotene.  Alla stazione un gruppo di facchini mi attendeva, si levarono il berretto… Il più anziano dei facchini mi prese la valigia “Ci penso io Sandro” disse in dialetto. Il maresciallo lasciava fare. Arriva il treno, due facchini mi aiutano a salire perché ammanettato, mi volto: gli altri sono sempre col berretto in mano, fermi, muti. Il più anziano sistema la valigia, mi mette la mano sulla spalla: “Buona fortuna Sandro, tutti ti salutano”. “Si volta bruscamente e si allontana singhiozzando”.
A  Ventotene  c’è un famigerato poliziotto  come direttore, Marcello Guida… Pertini scrive un esposto al ministero dell’Interno che ha come esito quello di rendere le condizioni dei confinati  ancora più dure… Pertini è ritenuto un provocatore …

Nel  1969 dopo la strage di Piazza Fontana, il Presidente della Camera dei Deputati Sandro Pertini  si recò  a Milano per rendere omaggio alle vittime dell’attentato e si incontrò faccia a faccia   con Marcello Guida. Aveva fatto carriera ed era diventato  Questore di Milano… Sandro Pertini si rifiutò di stringergli la mano e si girò dall’altra parte… Forse in cuor suo pensò ancora una volta  che Togliatti aveva sbagliato  a non  consentire, dopo la guerra, l’epurazione dei funzionari fascisti dalla Pubblica Amministrazioni…

Quando il 26 lugglio 1943 cade il fascismo gli 8oo confinati di Ventotene  non hanno nemmeno più la forza di esultare….Pertini va da Guida che siede terrorizzato dietro la scrivania… La foto del Duce  è già stata rimossa… Pertini sarà liberato per primo e da Roma comincia la battaglia burocratica per liberare anche gli altri… Rivedrà anche sua madre… e sarà l’ultima volta mentre il sogno di libertà si infrange subito dopo… A settembre   è a Roma, a Porta San Paolo a sparare contro i tedeschi che stanno occupando militarmente la città…   Poi gli daranno la Medaglia d’oro, ma intanto i nazisti riescono  a entrare in città. Due mesi di clandestinità  e viene nuovamente arrestato assieme a Giuseppe Saragat… Sono due Presidenti della repubblica”in pectore”, ma per il momento finiscono in carcere a Regina Coeli…  e ci vuol poco a condannarli a morte… Bisogna organizzare la loro fuga… Massimo Severo Giannini e Giuliano Vassalli hanno ancora la carta intestata  del Tribunale Militare di cui erano stati giudici fino all’8 settembre… Scriveranno un perfetto ordine di scarcerazione con tutti i timbri a posto…  Ma Pertini riesce a complicare le cose… Non basta che facciano uscire lui e Saragat… Debbono liberare anche i loro compagni di cella…  4 ufficiali del breve governo di Badoglio…  Alla richiesta si gettano  tutti nel panico mentre Pietro Nenni, il Segretario del Partito Socialista si infuria… “Se è così allora fate uscire solo Peppino (Saragat)… Tanto Pertini a stare in carcere ci è abituato… ”  Naturalmente l’ebbe vinta lui, ci rideva ancora, quando nel 1973, lo raccontò durante un’intervista a Oriana Fallaci..

Raggiunge Milano nel maggio del 1944 sull’auto di un amico. L’atmosfera  è pesante e la pace lontana.. Milano è teatro degli attentati dei Gap e  delle rappresaglie tedesche. Lui da clandestino viaggia in tutto il settentrione  per organizzazione  la stampa clandestina socialista …Ma appena Roma è liberata Pietro Nenni lo richiama… Lui non riuscirà a tornare tanto facilmente. Da Prato a Firenze le la farà a piedi  appena in tempo per  prendere parte all’ insurrezione della città, l’8 agosto… Da una tipografia fa uscire un numero dell’ “AVANTI !”.

Arrivato a Roma ci resta poco…  Chiede di tornare a Milano  come Segretario del Partito Socialista per tutta l’Italia occupata  e come membro del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia

Alle 8 del mattino del 25 aprile, del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia si riunì presso il collegio dei Salesiani in via Copernico a Milano. L’esecutivo, presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani  proclamò ufficialmente l’insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI  ” I membri del governo fascista ed i gerarchi del fascismo colpevoli di aver soppresso le garanzie costituzionali e di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e nei casi meno gravi con l’ergastolo. “(Decreto del CLNAI, 25 aprile 1945)

Lo stesso giorno Mussolini tenta una mediazione  per una resa onorevole  tramite l’Arcivescovo di Milano, presso cui si recherà lo stesso Mussolini e i Membri del CNLAI. Sarà l’unica volta che Sandro Pertini vedrà il Duce… Ma non lo riconosce … Lui avvisato in ritardo sta salendo le scale dell’Arcivescovado quando vede un gruppo di persone che scende. In mezzo a loro c’è uno con la faccia emaciata, livida e distrutta. Quando entra e capisce chi era l’uomo   Pertini chiese alla delegazione perché non avessero arrestato subito Mussolini…” Il Duce si  è preso qualche ora per riflettere gli risposero…  Pertini dalla rabbia sembrava uscito pazzo..  e chiede subito che Mussolini, una volta arresosi al CLNAI,  venga  consegnato ad un tribunale del popolo e non agli alleati come prevedeva l’armistizio  firmato dal Re… Mussolini invece stava in quel momento già  fuggendo e quando i partigiani lo ritrovarono l’ammazzarono senza consegnarlo, né agli alleati né al Tribunale del popolo, in uno di quei misteri italiani di cui poco si è capito… Pertini amaramente commentò “L’insurrezione è disonorata”.

Sandro Pertini, Presidente della Repubblica 1978 - 1985Da allora Pertini diventò uno dei Padri della Patria… Mentre trovò il tempo di sposarsi con  Carla Voltolina,la fiera staffetta partigiana che aveva conosciuto al Nord, divenne Segretario del Partito Socialista e poi Membro dell’Assemblea Costituente, Senatore Deputato e poi Presidente della Camera per due Legislature … Andava sempre un po’ controcorrente e  in parecchi lo criticarono come quando da presidente della Camera vietò ai parlamentari democristiani di mostrare il loro voto, che doveva essere segreto,    ai notabili  del loro partito… ” Non mi meraviglia niente… ( L’avevano accusato di essere un po’ squilibrato)- disse in un intervista –  So che il mio modo di fare può essere irritante. Per esempio, poco tempo fa mi sono rifiutato di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… Voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa, ho detto. Ma ho subito aggiunto che, entro un’ora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. Siete seicentoquaranta. Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo… “

l’8 luglio 1978, la convergenza dei tre maggiori partiti politici si trovò sul nome di Pertini, che fu eletto presidente della Repubblica Italiana con 832 voti su 995, a tutt’oggi la più ampia maggioranza nella votazione presidenziale nella storia italiana. Furono anni durissimi  e tuttavia riuscì a fare della figura del Presidente della Repubblica l’emblema dell’unità del popolo italiano.  I  cittadini si riavvicinarono alle istituzioni,    mentre imperversava il terrorismo  degli  anni di piombo…

Per un certo periodo Pertini diventò “Il presidente dei funerali di stato”:   fu  al funerale del sindacalista  Guido Rossa, davanti a 250.000 persone,   che  sferrò il più duro attacco alle  Brigate Rosse…  Era stato avvisato che  nell’ambiente del porto di Genova  c’era chi simpatizzava con le BR …  Lui  entrò in un   garage pieno di gente  e  disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso.

  Sensa parlare del terremoto dell’Irpina, in cui dopo due giorni lanciò il suo grido desolato agli inconcludenti poteri dello Stato “Fate presto.” Erano morte quasi tremila persone  e le autorità erano allo sbando. Lui li  denunciò pubblicamente  in televisione e a reti unificate …. Sottolineò la scarsità  e l’inadeguatezza delle  norme  in materia di protezione  civile nella  prevenzione  e in emergenza,  denunciò  la mancanza di un organo di coordinamento nelle calamità  e ancor prima che accadessero,  i tentativi di quelli che avrebbero speculato sulle disgrazie come  nel terremoto del Belice. Dopo quell’appello disperato l’Italia ebbe una Protezione Civile che per parecchi anni fu  riconosciuta come una delle migliori di tutto il Mondo…

I ragazzi li adorava… Lui si era sposato tardi … di figli suoi non ne aveva… ma in qualche modo fu il padre di tutti i ragazzi… Bisogna ogni tanto rivedere come si rivolgeva a loro… completamente alla pari senza far pesare né carica, né anzianità…

Lottò con tutte le sue forze contro la mafia difendendo  l’estraneità delle popolazioni che la subivano, quando tutti in modo più o meno sottile volevano parlare di collusione dei cittadini…

Il suo modo di intervenire direttamente nella vita del Paese  fu  una grossa  novità, quasi al limite dei poteri costituzionali…  E per capirlo bisognava entrare nella sua ottica : “Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale,come non vi può essere giustizia sociale senza libertà” Se chi, di dovere, se ne dimenticava, interveniva il Presidente della Repubblica… Sicuramente ha dato fastidio a tanti, ma è stato il Presidente più amato dagli italiani..

 Quando da Presidente riusciva ad andare a Savona, se ne andava sempre a mangiare il pesce, pretendendo, come al solito, di pagarlo di tasca sua anche agli uomini del seguito…  Doveva compensare  quella cena mancata, quando raccontò  ai carabinieri che stava andando   al ristorante “I pesci vivi” e invece stava scappando dall’Italia inseguito da un mandato di cattura…

Il Ciupin  è una zuppa di pesce tipica della Riviera. Una volta era proprio il piatto dei poveri che si preparava con i pesci di scarto o avanzati… Ma ora invecealici e sardine sono  considerati pesci  di grande appeal, per tutte le proprietà  di benessere che assicurano a chi ne mangia regolarmente…

CIUPIN

INGREDIENTI per 6 persone:  3 etti di alici,3 etti di sarde, 5 etti complessivamente  di triglie di scoglio, 2 etti di pannocchie e/ o gamberi  di media grandezza, 1 manciata di vongole e 1 di cozze 2 etti di seppie tagliate a striscioline, 6 pesci da scoglio,di proporzione  riferita a una singola persona, tipo scorfano, gallinella, rana pescatrice, grongo a pezzi, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, 1 cipolla tritata finemente, 2 spicchi di aglio, 4 pomodori maturi spellati e tagliati a pezzi,1 bicchiere di vino bianco secco, 1 bicchiere di olio extra vergine di oliva, sale e pepe e a chi piace anche un po’ di peperoncino, 12 fette di pane abbrustolito, 3 acciughe salate.

PREPARAZIONE: occorre 1 pentola e 1 ampio tegame,un passaverdure,un colino a maglie strette e uno schiacciapatate.

Mettete nella pentola un trito composto di metà dell’aglio e della cipolla  e dell’olio, le due aggiughe salate tritate e fate imbiondire su fiamma media. Aggiungete le alici,le sarde e le triglie di scoglio a cui avrete tolto le  lische e girate delicatamente per poi aggiungere 1 litro d’acqua e far bollire lentamente.

Nel tegame mettete  un trito composto del restante aglio e cipolla, e fate colorire nell’olio di oliva, poi aggiungete i pomodori, le seppie e fate assorbire i liquidi. Aggiungete 1/2 bicchiere di vino, fate evaporare e  infine aggiungete  i crostacei. Infine versate  il resto del vino e fate evaporare. Infine aggiungete 1 litro di acqua e fate bollire   per 15 minuti. pane,Aggiustate di sale e pepe ed eventualmente di peperoncino. Le cozze e le vongole preventivamente pulite e fatte aprire  sul fuoco, in un’altra  padella  con poca acqua, le terrete a parte.

Riprendete  la pentola e con una frusta elettrica amalgamate l’intero contenuto riducendo il tutto a poltiglia, passatela nel passaverdure e poi filtratela nel colino, recuperate il contenuto residuo del passaverdura,inumiditelo con un po’ di brodo della pentola e ricavatene tutto ciò che è possibile con lo schiacciapatate. Aggiungete nel tegame il brodo ricavato dagli ingredienti della pentola e fate evaporare su fiamma media sino ad ottenere un brodetto consistente. Aggiungete i 6  da singola porzione, far bollire per 5 minuti e spolverate con il prezzemolo. Se fra i vari pesci c’è il grongo inseritelo nel tegame 5 minuti prima degli altri.

Per preparare i singoli piatti appoggiate sul fondo le fette di pane, aggiungete 1 pesce da singola porzione su ciascun piatto, decorate con qualche cozza o vongola ancora nel loro guscio tenute da parte, coprite con il brodetto e un filo di olio.

 

Enzo Tortora e la Cima ripiena della sua terra

tortora_portobelloTre gradi di giudizio culminati nel 1987 con la piena assoluzione … E  nonostante ciò, qualche anno dopo, quando Enzo Tortora era già morto,  più di crepacuore che del suo male,  un Magistrato   affermo’  tranquillamente «L’assoluzione di Enzo Tortora rappresenta in realtà soltanto la verità processuale e non anche la verità reale del fatto storicamente accaduto”  Ma che strano… Non insegnano forse a Scuola che é compito della Giustizia  accertare la verità… E  come mai questo sfugge a un magistrato laureato in diritto con lode? Se un semplice cittadino avesse fatto un’osservazione simile  a quella del  Magistrato, probabilmente  avrebbe potuto passare i guai suoi…  Come ognun sa, le sentenze vanno rispettate…  Invece non successe nulla… Nemmeno a  chi in primo grado  aveva condannato Tortora a più di 10 anni e  non ha mai avuto alcuna ripercussione sulla carriera… Anzi sono sempre  stati così sicuri di se’ che quando Giuliano Ferrara, a sentenza emanata, prova a riepilogare gli indizi  infondati con cui Tortora era stato arrestato e processato… Si prende una querela  per diffamazione dai Pubblici Ministeri Lucio Di Pietro e Felice Di Persia  e dal giudice istruttore Giorgio Fontana…Per fortuna che poi se la cava…

Ma più di tutto nella memoria collettiva risuonano le parole accorate del difensore  di Tortora che in aula, rivolgendosi al pubblico Ministero quasi urlò “Signor giudice lei le ha lette le carte del processo?” Perché quello che lascia sconcertati è la superficialità, l’incuria della vicenda e il sospetto di vendette incrociate verso un personaggio televisivo scomodo e e ribelle… Due volte l’avevano cacciato dalla Televisione di Stato, la prima volta perché nella sua  trasmissione Alighiero Noschese aveva fatto l’imitazione di Amintore Fanfani… fatto evidente di lesa maestà…  E una seconda volta nel 1969 quando aveva definito la Rai “Un jet supersonico pilotato da un gruppo di boy scout che litigano ai comandi, rischiando di mandarlo a schiantarsi sulle montagne” … Il fatto poi che una volta  rientrato in Rai,  la sua trasmissione incollasse  davanti al televisore la metà degli Italiani non aveva fatto piacere a molti…

Ma pochi potevano prevedere quell’arresto spettacolo, mediatico alle 4,30 di mattina…  “Il Mattino ” di Napoli, va in stampa  a mezzanotte o giù di lì, già con la notizia dell’arresto di Tortora… I fotografi e la stampa son già pronti  all’ingresso dell’Hotel Plaza di Roma… Mentre appare il mostro in manette, accusato  di associazione a delinquere di stampo camorristico… Chi l’accusa sono i pentiti di camorra il cui numero lievita di giorno in giorno,  più  uno squallido pittore in cerca di un po’ di notorietà… La prova del fuoco? L’agendina di un camorrista dove c’è  il nome del presentatore e un numero di telefono… I contatti avuti? Dei misteriosi centrini perduti  che  dal carcere erano stati inviati , per la vendita in diretta nel mercatino virtuale  del  “Portobello” televisivo di Tortora…

Ci volle la sentenza di appello per scagionare Enzo Tortora e bastò un giudice più attento… Il nome sull’agendina  non era Tortora, ma Tortona e al numero telefonico, bastava chiamarlo… rispondeva appunto il Sig. Tortona…Quanto ai centrini inviati dal camorrista in carcere, erano arrivati in mezzo a quintali di oggetti diversi in trasmissione  e qualcuno li aveva persi… Alle proteste del proprietario Tortora aveva inviato un risarcimento in denaro pensando di chiudere la questione…Ma chi poteva immaginare che  Giovanni Pandico, oltre che camorrista era anche  schizofrenico e quella perdita di centrini l’aveva considerata uno ” sgarro” personale? Così  appena arriva la proposta, lui diventa uno dei  “gran pentiti” assieme ad altri tristi nomi come quello di Pasquale Barra detto “o’ nimale”…   Pandico  trova la possibilità di vendicarsi e al quinto interrogatorio butta là il nome di Tortora fra quei circa ottocentocinquanta  camorristii su cui si abbatterà con l’arresto, il “venerdì nero della camorra”…Peccato che in realtà, molti di quegli accusati erano innocenti come Tortora…

E’ proprio in quel venerdì nero della camorra che bisogna  ritornare per cercare  il cuore della vicenda …. Uno scenario incredibile,  sembra  un romanzo della complicata fantasia di Dan Brown… Invece non è la ricostruzione di  uno scrittore di trame nere ma della  Direzione  Antimafia di Salerno…  E’ il 27 aprile 1981 quando le Brigate Rosse sequestrano, in uno dei loro ultimi show terroristici,  Ciro Cirillo, notabile democristiano e assessore all’urbanistica della Regione Campania…Cirillo in quel momento è  il più importante…  L’anno prima c’è stato il violentissimo terremoto dell’Irpinia con tremila morti e migliaia di case abbattute… Il sud è ferito  ma deve cominciare l’opera di ricostruzione.. E presto! Perchè  la Democrazia Cristiana non vuole perdere consenso … E’ ovvio che il rapimento del suo uomo chiave  in Campania può essere un grosso colpo …La ricostruzione deve essere targata DC…  E del resto non si può nemmeno abbandonare Cirillo a se stesso, dopo  lo scandalo del mancato aiuto  a Moro di tre anni prima… Le BR stavolta vogliono soldi… e tanti, ma il grosso pasticcio viene fuori quando le istituzioni, anziché con un  gruppo di violenti ideologi di sinistra, si trova a trattare con la delinquenza comune … Il top della camorra del boss  Raffaele Cutolo che in qualche modo affianca le Brigate Rosse… Cominciò dunque prima di quello che dice la recente  cronaca, la trattativa Stato –  Mafia… e che si chiamasse camorra è solo una variante sul tema…  5 Miliardi vengono generosamente e rapidamente raccolti… Dai costruttori della zona…  E il perché è facile da capire… Una volta libero Ciro Cirillo potrà compensarli con grossi appalti  post sisma…    Ma solo formalmente  ai costruttori edili,  il liberato  Assessore dispenserà, i fondi della ricostruzione … Perché  sarà in realtà la camorra a beneficiarne, ora  che la sua presa di potere  è totalmente  avvenuta…Chi doveva sapere, sapeva, le cose  sarebbero potute anche andare avanti così, ma  quando cominciano le faide fra  un gruppo camorristico e l’altro, lo Stato si spaventa…Violenza, ferimenti e due, tre omicidi al giorno sono veramente troppi…C’è il contagio della paura … Mentre i media cominciano a fare troppe indagini. Chissà a quale cervellone dei servizi segreti venne allora in mente  di  fare un po’ di arresti, anzi, perché no, una bella retata a titolo dimostrativo per far capire la presenza dello Stato a chi pensava di essere abbandonato a se stesso… Fu così che cominciò l’altra trattativa con chi già era in carcere e a portata di mano, ai quali  vengono proposti sconti di pena e forse soldi in cambio di nomi di accertati camorristi… Fra le 850 persone  che verranno arrestate, di cui, più di 100 saranno dichiarate innocenti sin dalla prima fase di giudizio, finisce, per uno scherzo del destino e per la vendetta di un pentito schizofrenico  anche il nome di Tortora… Poi si troveranno altri 15  pentiti a cascata, che  confermeranno il nome del presentatore…Li chiameranno ” pentiti a orologeria” che balzeranno fuori ogni volta che ci sarà bisogno di distogliere l’opinione pubblica dagli strani appalti  e da una ricostruzione insostenibile, che aggrega  le antiche famiglie sparse nei campi o in piccole città, in enormi stranianti falansteri dove domina la solitudine e l’angoscia…

Intanto al di là della speculazione mediatica e gossip,  attorno a Enzo Tortora si comincia a radunare  un vasto movimento di opinione che lo ritiene innocente e  un anno dopo, Enzo Tortora viene eletto deputato al Parlamento europeo … Ma lui è uomo di coraggio e di sfide e appena Il 17 settembre 1985 , in 1° grado, viene condannato a dieci anni di carcere,  si dimette immediatamente dalla carica, perde l’immunità parlamentare che gli avrebbe garantito la libertà e si mette a casa  agli arresti domiciliari…

Le cose prendono un altro verso quando il giudice  di 2° grado Michele Morello, si mette in testa di vederci chiaro…. e ricomincia tutto da capo… “Per capire bene come era andata la faccenda, ricostruimmo il processo in ordine cronologico: partimmo dalla prima dichiarazione fino all’ultima e ci rendemmo conto che queste dichiarazioni arrivavano in maniera un po’ sospetta. In base a ciò che aveva detto quello di prima, si accodava poi la dichiarazione dell’altro, che stava assieme alla caserma di Napoli. Andammo a caccia di altri riscontri in Appello, facemmo circa un centinaio di accertamenti: di alcuni non trovammo riscontri, di altri trovammo addirittura riscontri a favore dell’imputato…”

Tortora ormai lo stava gridando da tempo e senza timore  nel processo:  “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.”

Quando fu prosciolto tornò a Portobello… Lo stile era sempre quello, sobrio educato, gentile con tutti… Ma durò soltanto pochi mesi… Non ebbe abbastanza tempo per godersi la libertà e l’affetto della gente che in lui aveva creduto… Sono in tanti ad essere convinti che quel cancro al polmone fosse di natura psicosomatica… La disperazione e il pregiudizio possono uccidere…

E’ una storia triste, ma un ritorno in Liguria, sua terra di origine, lontano dai suoi travagliati processi, avrebbe di sicuro consolato anche Enzo Tortora… Perché  un buon piatto tradizionale, frutto d’amore e di cultura può far bene all’animo amareggiato…

CIMA RIPIENA ALLA GENOVESE

INGREDIENTIper 8 persone: pancia  di vitello kg 1,200, polpa di vitello grammi 100, poppa  (tettina)  grammi 80, un’animella, mezzo cervelllo di vitella o 1 cervello di abbacchio,qualche pezzetto di schienale, 2 testicoli (granelli o gioielli di toro come  eufemisticamente si suol dire), 50 grammi di burro, pochi pinoli, un cucchiaio di maggiorana (persa),  qualche foglia mista di erbe aromatiche( prezzemolo,timo, salvia, alloro), parmigiano grattugiato 80 grammi, 8 uova, aglio 1 spicchio, sale a piacere, una manciata di piselli e una di funghi secchi,  2 litri circa di brodo di verdura.

PREPARAZIONE:Fate preparare dal macellaio una pancia di vitella con la sacca già pronta o in alternativa incidete voi la pancia tagliandola sino in fondo, con un coltello ben affilato, tenendovi lontano dai bordi circa due centimetri. Lavatela, sgocciolatela bene e poi asciugatela. Preparate il ripieno cominciando a rosolare nel burro tutte le carni,poi scolatele e poggiatele un un tagliere. Tritate finemente la polpa, la poppa e le animelle, e a pezzi più grossi il resto. Versate tutto in un grosso recipiente e aggiungete i piselli,  i pinoli,  lo spicchio d’aglio schiacciato, la maggiorana e i funghi ammollati per circa 20 minuti nell’acqua tiepida e poi strizzati. Sbattete bene le uova, poi unitele a freddo al composto. Insaporite con un pizzico di sale e le spezie tritate, poi aggiungete  il parmigiano grattugiato.Mescolate il tutto con delicatezza e riempite per non più di due terzi la sacca della pancia perché  in cottura la carne si ritira e la farcia si gonfia e potrebbe scoppiare se il ripieno fosse eccessivo. Cucite il bordo della sacca con filo bianco da cucina,poi avvolgete la cima in una pezza di  tela bianca ben legata. Porla sul fuoco nel brodo di verdure già caldo e farla cuocere un’ora a recipiente scoperto. Poi incoperchiate e fate cuocere ancora per due ore a recipiente coperto.  Dopo averla tolta dal fuoco appoggiatela sul tagliere,ricopritela con un piatto e mettete sopra il piatto un peso. Tenetela pressata per circa un’ora affinché perda l’acqua residua e  prenda la tipica forma ovale. Servire fredda a  fette.