Totò e Napoli…Linguine con lupini e gamberoni.

Era stato  malinconico in vita  e forse fu per questo che quando morì  i funerali diventarono  tre.  E dire che lui, col suo solito pessimismo, aveva  detto  pochi giorni prima “Chiudo in fallimento. Nessuno mi ricorderà”. A Roma, in effetti non era cominciata bene perchè il prete, venuto a benedirlo, subito dopo la morte, pretese che Franca Faldini, per lui solo una concubina, uscisse sul pianerottolo…Subito dopo però cominciò l’ondata di folla che si riversò in casa per 48 ore… Amici e conoscenti dello spettacolo, ma anche l’italia degli sconosciuti che arrivavano ininterrottamente, coi pullman organizzati all’ultimo momento. Due giorni dopo, a Sant’Eugenio, nella Chiesa chic del quartiere Parioli, si presentò con le sue migliori insegne… La bombetta e il garofano rosso sulla bara… Quelli degli anni dell’avanspettacolo… Ma non valse a nulla. Fu una cerimonia frettolosa, più che altro una benedizione, perché c’era la presenza imbarazzante di Franca Faldini … Al massimo, pensavano le autorità religiose, una moglie in senso biblico…

Fu il gran cuore di Napoli che non fece storie. Quasi 3000 persone  all’interno della Basilica del Carmine… Più di 250.000 in strada, a piangere quella perdita senza ritorno, mentre la bara scortata dai motociclisti della polizia a sirene spiegate, raggiungeva il cimitero…Fu mentre stava per ritornare a Roma che la figlia Liliana fu fermata da una specie di apparizione…Un uomo tutto vestito a lutto, col cappello nero e qualcosa sotto il braccio. E mentre si presentava “Io sono Campoluongo, ” lei capì che era il famoso “guappo”, Nas’e cane,” quello che “proteggeva” il quartiere Sanità…  Totò, tanti anni prima gli aveva regalato una sua foto con dedica, quella che aveva sotto il braccio…”Questa cosa non può andare – disse – Deve avere il funerale a casa sua.” E tre mesi dopo  a Liliana arrivò l’invito scritto, la macchina con l’autista e l’albergo già prenotato a Napoli… Nella Chiesa della Sanità, proprio lì dove Totò era nato e aveva vissuto la sua irrequieta e povera giovinezza, ci fu il terzo funerale, con la bara, sia pur vuota, al centro della navata…

 Sarà stato  anche figlio di un marchese, sia pure squattrinato, ma soprattutto era figlio di una ragazza sedicenne e senza marito o, come si diceva allora figlio di N.N…. Povero, affidato alla nonna, perché sua madre si profumava, s’incipriava e usciva col marchese,  spesso lo vestivano con i pantaloni ricavati dalle gonne smesse delle donne di famiglia, che qualche volta erano anche a fiori… Non ci vuole molto a emarginarlo e chiamarlo “Recchione”. Lui si ribella, si toglie i calzoncini a fiori e  in mutande, improvvisa una serie di smorfie. I ragazzini ammutoliscono poi si divertono e poi l’accettano..  A lui piace anche fare il prete…  Prepara così degli altarini con immagini di santi e lumini e si mette a officiare inventando filastrocche strampalate… Ma non è ancora la maschera di Totò…Questa arriverà più tardi quandpo la mamma per toglierlo dalla strada lo manderà a scuola dai preti… Qui non volendo, gli daranno un pugno… lì per lì sembra niente, ma poi il naso si torce e una parte del viso scande più dell’altra…

A 14 anni con la scuola chiude. Con quei pochi soldi che guadagna facendo l’imbianchino  se ne va a teatro e nelle feste di famiglia fa l’imitazione del fantasista preferito…  Si è accorto che la sua faccia  deformata  dal pugno  può assumere qualunque espressione estrema e  anche il suo corpo, le braccia, le gambe, il collo sembra che se ne vadano per conto suo. Quando comincia a presentarsi in pubblico lo fa, e non poteva essere  diversamente, in posti infimi, pieni di fischi e di urli…E lui già così fragile comincia la serie delle crisi depressive, che periodicamente torneranno…  Ma è noto! I più tristi sono sempre i comici. Poi la prima affermazione  quando, cambiato il repertorio, imbocca la strada della parodia…  Il primo  successo arriverà a Roma all’Ambra Jovinelli,  la consacrazione  nei principali caffè-concerto italiani, dal Trianon al San Martino di Milano  al Maffei di Torino… Il repertorio è quello ormai collaudato  in cui si afferma il tipo della marionetta disarticolata,  ormai nota come «l’uomo gomma»

Nel dopoguerra arriverà il successo travolgente del cinema … Lui  offre tutta la sua mimica, lo  sguardo obliquo , gli  inesauribili  movimenti del corpo e del collo che si allunga e si accorcia a suo piacimento…  Una recitazione forte dell’esperienza teatrale con  il ritmo dei tempi scenici e  le entrate e  le uscite a effetto… E poi l’invenzione di un nuovo linguaggio, le espressioni che sbeffeggiano il potere e la burocrazia, nel loro linguaggio paludato…  E in più tante parodie a fare  il verso a film famosi, il gusto di contraddire, la voglia di contaminare, tra un «eziandio» e un «tampoco», tra un «a prescindere» e un “è d’uopo.”  I critici d’allora storcevano il naso  su quei film frettolosi, a basso costo, di cassetta… Quasi 100 in venti anni…”Toto’ Le Mokò,” “Totò cerca moglie” ,”47 morto che parla”  e perché no, anche “Totò terzo uomo” “È veramente doloroso, scrivevano, constatare come la comicità di certi film italiani sia ancora legata a sorpassati schemi appartenuti al più infimo teatro di avanspettacolo e Totò sfoggia come al solito i tipici atteggiamenti di quella comicità così banale.”  E salutarono infine, come  la liberazione del genio, la sua  chiamata, già sul  finale di vita, a  partecipare a film come “La Mandragola”  e “Uccellacci e Uccellini” di Pasolini.  Ma al pubblico, per anni la qualità dei film sembrò non interessare… Correva  a vedere lui, e dopo  più di 40 anni dalla morte di Totò  occorre avere un po’ di umiltà e riflettere…  Perché il cinema di questo straordinario attore dell’eccesso  spesso è ancora vivo, fresco, immediato, nonostante  i limiti della farsa e le approssimazioni delle sceneggiature…

Nella vita seguitò a essere triste… Cercava strani equilibri nei titoli nobiliari che riscattassero la sua misera infanzia dei bassi napoletani…  E non gli bastò il titolo di Marchese che gli lasciò  il padre con un tardivo riconoscimento… Si fece adottare anche  dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas. Forse era vero… forse no, ma al termine di una lunga battaglia legale  decisero che il suo nome era “Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio”  e che lui era  Principe, Conte Palatino, Nobile, con  trattamento di Altezza Imperiale… Qualcuno,come Oriana Fallaci durante un’intervista arrivò a dirgli che  aveva un viso “bizantino”… Ma Oriana era una perfida toscanaccia…

Le donne … Anche quelle devono essere state lo strumento del suo riscatto… Le voleva bellissime e poi le abbandonava… La bella Liliana Castagnola si suicidò per lui… E a lui nel ricordo pieno di rimorsi, non restò altro che dare  il suo nome all’unica figlia… Si sentiva anche un po’ vittima e da quei suoi stati d’animo amari e malinconici nacquero canzoni come “Malafemmina”o “Sulo”… “Sulo! Songo rimasto sulo, nun tengo cchiù a nisciuno, tenevo sulo a te”  … o poesie come” A livella”, con l’amara consolazione della morte che rende tutti uguali… 

Solo alla fine trovò un po’ di  pace con la giovanissima Franca… Che seppe amarlo per 15 anni e fino alla morte nonostante lui  fosse anziano e malandato… Ma lei aveva doti straordinarie di maturità e di equilibrio che in fondo erano sempre mancate a quel genio tormentato, grande e malinconico che era stato Totò o, come  era più felice di essere chiamato… Il Principe De Curtis…

D’obbligo pensando a Totò pensare anche a tutta la cucina napoletna, a quella che nonostante tutto sopravvive, che arriva dai profumi dei vicoli ed è  fatta di spaghetti fumanti, di pizze colorate, di collane di mtili e di molluschi… C’è un ristorante a Napoli che è soprannominato “Nas’e Cane, proprio come il guappo che ammirava Totò.. E’ dai menù di questo ristorante che  ci siamo ispirati per la ricetta. In quella tradizionale si adoperano le vongole “veraci”, ma poiché negli ultimi anni sono quasi tutte di allevamento, hanno perso un po’ di sapore. E’ questo il motivo per cui abbiamo preferito i “lupini”, varietà di vongole più piccole e meno scenografiche, ma di maggior sapore.
LINGUINE  AI “LUPINI” E AI GAMBERONI
INGREDIENTI per 4 persone:  330 grammi  di linguine,  700 grammi  di vongole  “lupini”, 500 grammi di gamberoni, 1 mazzetto di prezzemolo, 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 2 spicchi di aglio, sale grosso e fino

PREPARAZIONE: Mettete  uno scolapasta posizionato all’interno di  pentola, versate  le vongole nello scolapasta, copritele con acqua fredda “a filo” e una manciata di sale grosso.  Lasciatele così per 7 – 8 ore ore affinché perdano la sabbia, cambiando l’acqua  3 – 4 volte.  Poi  sollevatele con lo scolapasta  in modo che l’eventuale sabbia rimanga sul fondo della pentola. Lavate il prezzemolo, tritate le foglie e  buttate via i gambi che possono  causare intolleranza o intossicazione.  Scaldate in una larga padella l’olio extravergine, unite gli spicchi di aglio spellati e schiacciati e fate aprire le vongole a fuoco alto con il coperchio. Non appena aperte (ci vorranno 1-2 minuti), togliete la padella
dal fuoco e sgusciatene la metà. Sgusciate i gamberi, levando la testa e lasciando le codine, incideteli sul dorso ed eliminate il filamento scuro, poi scottateli per 3-4 minuti in una pentola con abbondante acqua salata e scolateli. Lessate nella stessa acqua le linguine e scolatele al dente. Saltate la pasta in padella pochi minuti  con le vongole  sgusciate  e il loro liquido filtrato, aggiungete i gamberi e  unite una parte del prezzemolo tritato. Impiattate  e  decorate ciascun piatto con le vongole col guscio, poste alla sommità assieme  alla restante parte del prezzemolo tritato.

Montalbano e le polpettine di pesce!

 

Andrea Camilleri, di sicuro  qualche risata se l’è fatta …Lui, il più famoso e il più venduto, fra gli  scrittori italiani degli  ultimi 20 anni, ha un curriculum scolastico che  sembra fatto  per escludere  da qualunque destino letterario. Ma Andrea Camilleri è siciliano e come  Pirandello sa che l’assurdo è il più frequente vicino di casa della vita. E’ appena adolescente  quando lo cacciano da scuola … per aver gettato  qualche uovo contro un crocefisso.  Lo iscrivono a un liceo statale, ma non riesce a sostenere la  maturità! E il Camilleri con occiali gialli (chi ha ucciso la democrazia in Italia1943 c’è  ben altro da fare.. Soprattutto scappare.  Arrivano gli alleati… E, per facilitarsi lo sbarco prima  distruggono metà  Sicilia con i bombardamenti… poi si aprono la strada con le mitragliatrici. Figuriamoci se c’era tempo per gli esami… Tutti a casa, ordina il preside… Quanto al diploma basta la frequenza!   Appena torna un po’ di pace il giovane Andrea si iscrive all’Università, ma alla laurea in lettere non ci arriverà mai! A Roma, nel  1948, studia regia all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico… Ci tornerà  molti anni dopo a insegnare, ma anche lì, a prendere il diploma non c’era arrivato! Qualcuno, molto sensatamente ha scritto che la scuola è fatta per i mediocri, o, se ci vogliamo addolcire la pillola per le persone normali. Perché dunque uno che sicuramente è stato almeno toccato dal Genio doveva andare a perdere tempo?  Del resto anche senza troppi titoli di studio all’epoca ha già cominciato a scrivere, lo fa benissimo e … pubblica! Su “L’Italia Socialista”, e ‘L”Ora” di Palermo ci sono racconti e poesie  a firma Camilleri e in quegli anni vince  il premio giornalistico “Saint Vincent”. A 29 anni  si presenta a un concorso per funzionari alla Rai e lo vince,  ma non viene assunto  perché è iscritto al  Partito Comunista.montalbano_1300

Ci vorrà tempo prima che rimuovano gli ostracismi.  Poi televisione e teatro saranno per trent’anni il suo lavoro. E’ lui che porta in teatro Adamov,  poi Beckett, con i suoi drammi dell’assurdo e Jonesco, in un accorato  appello all’Italia perchè si svegli  ed esca dalle accademie…

In televisione è diverso… Si punta  alla famiglia che non va turbata…  così come  la morale corrente…  Non ci si può muovere con disinvoltura, ma Camilleri trova  la via d’uscita… Nel giallo! Certo non poteva portare  Chandler, il  detective Marlowe, la sua vita disperata e i gialli di violenza…Però trova il Tenente Sheridan che è altrettanto bravo, ha un po’ di esotismo americano e una vita presentabile,  poi Laura Storm, la prima detective donna, acuta e fidanzata… rivestendo anche lei dell’impeccabile  impermeabile chiaro e… dulcis in fundo, arriva  il Commissario Maigret, con la moglie che lo aspetta a casa a preparare manicaretti…. La morale è salva, i prodotti  buoni e sono una novità per l’Italia. L’audience va alle stelle!

url-3Per i suoi romanzi c’è tempo, saranno il divertimento per quando andrà  in pensione… Pensa Camilleri. Invece all’improvviso  quando  ha quasi 70 anni scoppia il caso letterario, il successo, la fama. Certo lui nemmeno se lo aspettava, due romanzi precedenti erano andati maluccio, ma “La Stagione della Caccia”  con l’assurdo poliziesco del farmacista che uccide sette persone per  coronare il suo sogno d’amore , trascina nel  successo anche le opere precedenti. Stampe e ristampe e ogni volta si vendono 60.000 copie… E’ inutile chiedere a Camilleri il segreto del suo successo, lui non lo sa e nemmeno Montalbano,, con tutte le sue investigazioni l’ha mai capito!

Il Commissario Montalbano nasce a 44 anni nel 1994. E’ già da tempo fidanzato fedele di Livia, ma non è del tutto insensibile a Ingrid la bella svedese che l’aiuterà a risolvere il caso di un ingegnere abbandonato, morto in auto in una zona malfamata della periferia.

Il suo identikit  è già abbastanza completo,  sin dal primo romanzo “La forma dell’acqua”… Investigazioni molto di testa e poco di tecnica – che in caso affida all’agente meno sveglio del Commissariato che  è un mago del computer- pochi amici, una fidanzata in un’altra città con cui non si sposerà mai, una vena di malinconia  che gli trasmette il male in cui lavora… Ma è anche svelto quando c’è da correre o tirar fuori la pistola, cosa che fa di rado. Qualche volta usa metodi ai confini della legge o già fuori di essa, con tutti quei sigilli che toglie nottetempo alle scene  del delitto e senza autorizzazioni… Ma si sa… La burocrazia è lenta e i superiori spesso impaludati e stupidi… E per fortuna finora gli è andata  sempre bene.”Nei film americani, si scusa Montalbano, il poliziotto bastava dicesse il numero di targa e, dopo manco due minuti, riceveva il nome del proprietario…In Italia invece le cose sono diverse. Una volta avevano fatto aspettare ventotto giorni durante i quali il proprietario del veicolo era stato incaprettato e abbrusciato…”

Il suo nome è un omaggio a Manuel Vasquez Montalban,  lo scrittore spagnolo che ha inventato  Pepe Carvalho il detective che ha in comune con Salvo la buona cucina, le buone letture, e complicate storie d’amore… Un po’ per volta di libro in libro il personaggio  Montalbano acquista nuove sfumature e un passato… La madre morta precocemente, un padre lontano,  La sua  casa…in realtà niente di speciale, ma tanti libri e  quella eccezionale verandina sul mare, da cui può scendere, andare sulla spiaggia e farsi  lunghe faticose nuotate, soprattutto quando è addolorato o non riesce a trovare il bandolo della matassa.

I libri fioriscono uno dopo l’altro … “il ladro di merendine” con l’unica occasione di sposare Livia, “La gita a Tindari” con il graffiante tour del “tutto compreso” e l’incredibile morte della vecchia coppia mano nella mano… E poi i libri cominciano a non contarsi più perché Camilleri  li sforna a ritmo infernale.

Era inevitabile che la Televisione se ne impossessasse. Ha cominciato quasi subito a sfruttare “il fenomeno Montalbano”, dal 1998. Partito inizialmente su Rai 2 con 12 puntate, trasferito di corsa, visto lo share a livelli stellari, sulla rete più importante, in poco più di 10 anni la televisione  ha sfornato 91 episodi. Sembrava una sovraesposizione, un rischio, ma  Luca Zingaretti l’attore con la testa calva, il torace possente e le gambe leggermente arcuate ha dato vita a un personaggio pieno di fascino, che sembra indistruttibile “Tutte le repliche avrebbero potuto usurare il prodotto, dice, ci troviamo invece a fare i conti con risultati inspiegabili…”

Proprio in questi giorni sta uscendo una nuova serie con 4 episodi, mentre Camilleri lavora ai prequel affidati a un bellissimo attor giovane, Michele Riondino… Non sa più chi deve  accontentare.

Il personaggio di Zingaretti in quindici anni dice di essere invecchiato…Nelle ultime storie ha 58 anni  e sente qualcosa che gli sfugge. Teme di non farcela, anche se alla fine  risolve tutto …Si lamenta di non avere più la memoria di un tempo, è pieno di dubbi … E tradisce Livia… C’è più di una bellissima ragazza che almeno per un attimo gli fa perdere la testa… Forse lui è alla ricerca della gioventù perduta e diventa un personaggio ancora più umano che  non perde  mai smalto.

Chi non invecchia è Camilleri che furbissimo scarica tutto addosso al suo personaggio mentre lui ne esce indenne, immerso in una sua nuova e totale giovinezza. Sembra quasi di vederlo con una specie di affettuoso ghigno mentre prende in giro Montalbano che si lamenta dei suoi incubi notturni e assiste nel sonno al suo funerale…

Camilleri imperturbabile  affina il linguaggio delle sue  storie, con questo particolarissimo dialetto aggrovigliato e dolcissimo che lascia sempre meno spazio alla lingua italiana in un recupero di identità e di storia tutta siciliana che si va a unire ai luoghi fatati   di Vigata e di Montelusa e alla passione del cibo …  Il cibo che sembra prendere sempre più importanza  e più spazio di libro in libro e di cui, il profumo e il sapore, superando tutte le barriere  di spazio e di tempo, arrivano diretti alle narici e alla gola…. Lo spettatore partecipa,  con Montalbano al suo pasto, in un religioso silenzio rivolto a catturare anche l’ultima spezia nascosta  fra gli ingredienti.

“Con la lingua e il palato principiò un’analisi scientifica… Dunque, pesce e non c’era dubbio, cipolla, peperoncino, uovo sbattuto, sale, pepe, pan grattato, ma all’appello mancavano ancora due sapori, da cercare sotto al burro che era servito per friggere. Al secondo boccone individuò quello che non aveva scoperto prima…” Ed è con questa ricetta ispirata da “Il ladro di merendine”  che vi lasciamo in compagnia  di Salvo Montalbano…

POLPETTINE DI PESCE

INGREDIENTI  per circa 60 polpettine: filetti di merluzzo 800 grammi, 1 cipolla  di Tropea di medie dimensioni, tre peperoncini piccanti piccoli, 2 uova, sale e pepe a piacere, un pizzico di cumino, un pizzico di coriandolo, pan grattato q,b, burro quanto serve per friggere,olio extra vergine di oliva q.b., se lo preferite al burro oppure potete friggere  in un mix di olio e burro.

PREPARAZIONE: Sfilettate il merluzzo con l’apposito coltello, togliete le spine, tagliate a tocchetti i filetti e metteteli nel mixer assieme alla cipolla già tagliata a lamelle, i peperoncini triturati, le uova, sale, pepe, cumino e coriandolo e frullate il tutto   per qualche minuto finché l’impasto non diventa omogeneo e di buona consistenza. Se fosse troppo morbido aggiungete al composto un po’ di mollica di pane bagnata e strizzata e frullate nuovamente. Ricavate dal composto delle polpette piccoline, rigiratele nel pan grattato  poi friggetele. Per ottenere un buon fritto portate olio e burro ad alte temperature facendo attenzione che il burro non annerisca e al momento in cui immergete le polpette abbassate la fiamma. Fate cuocere per circa 10 minuti, rigirando spesso in modo che si ottenga un colore dorato, senza nessuna parte più scura. Dato il numero abbondante delle polpette, andranno fritte a più riprese ed è buona norma cambiare spesso l’olio e il burro che altrimenti possono dare un cattivo sapore ed essere tossici. Durante la cottura le polpette devono essere quasi sommerse dal condimento. Una volta cotte, estraetele dalla padella con il mestolo forato, fate assorbire il grasso di superficie sopra una  carta assorbente e servitele calde.

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