Spaghetti alle vongole per Massimo Troisi !

Lontano da tutti  i luoghi comuni… dai facili qualunquismi e dagli stereotipi… Niente sole, niente pizza, niente mandolini… Ma una sofferenza antica, stoica, fatta di mille pudori, senza rassegnazione però e  con  l’0rgoglio di essere … “Io penso in napoletano, Io  sogno in napoletano… Cioè … mi riesce proprio facilissimo …” Ma non ti sforzi di  parlare italiano? – Chiedeva la giornalista di  buona famiglia  –  “Sono ormai tre anni che stai qua”… E c’era  quasi una vena di impazienza e di  divertita commiserazione nella voce di lei…  “No, non mi sforzo. Oltretutto all’inizio c’era un po’ di rabbia… Ci steva questa prevenzione …   Dicevano che non capivano… Perché, io posso capire il romano e anche il milanese… Insomma… e voi non potete capire il napoletano?…  Non è che non potete …E’ una mancanza di disponibilità …”  Diceva cose dure, ma parlava  pacato, con quella voce dolcissima, fatta  di constatazioni  senza polemiche, quasi senza rimprovero…  ” Senti, non ti faccio una domanda seria…” –   diceva,  cambiando  argomento,  la ragazza  un po’ confusa –  Ti chiedo così…   Ma tu hai  per caso idea di come possano risolversi i problemi giù di Napoli?  Politicamente, non so, hai vagamente  un’ aria di sinistra, non so se ti occupi di politica eccetera”   E lui rispondeva senza badare  alla superficialità dell’approccio, impegnato solo a sfruttare quello spazio televisivo al meglio possibile, per poter aiutare la sua città ” I problemi vanno risolti nella Struttura giusta… Qualche volta  si chiede di risolverli  con la canzone, con il calcio o con il teatro…  Invece noi possiamo partecipare ma non risolverli … La difficoltà oggi però è che non si sa nemmeno dove sta il potere… Ai tempi di Masaniello si andava ad assaltare il palazzo del Viceré ,  al tempo dei tedeschi si riconoscevano quelli con gli elmetti, ma adesso invece c’è questo potere subdolo… “

Forse per capire  la rabbia e il dolore di Massimo Troisi bisogna andare a San Giorgio a Cremano…  Un aggregato ormai  saldato alla città di Napoli, dove, in un un tessuto sub – urbano disordinato e degradato  dalle infiltrazioni della camorra, esistono o per lo più  resistono,  una trentina di  meravigliose  ville barocche, una più bella dell’altra… sparse sul territorio… Erano “Le ville di delizie,” dove i signori del ‘700  trascorrevano le villeggiature…

A San Giorgio Massimo  nasce  nel 1953 in una grande famiglia … 17 persone fra fratelli, nonni e zie… “Quando sto con meno di 15 persone mi sento solo…” seguiterà a dire una volta lontano da S. Giorgio a Cremano… Un’ infanzia  serena col padre   Capo Stazione e una assurda collezione di trenini elettrici che era l’immancabile befana delle Ferrovie dello Stato, ai figli dei dipendenti…   Ma a  12 anni Massimo si ammala… Le febbri reumatiche  gli cominciano a scassare  il cuore…   e da allora quel viso allegro da scugnizzo comincerà ad assottigliarsi…

Questo non gli impedisce di  fare teatro…  Nel suo gruppo ci sono  Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezzagiovani … Hanno un testo  tutto scritto da loro …”Crocefissioni d’oggi,”  e una sala per le rappresentazioni..Il  Teatrino dell’Oratorio…  Al parroco,  fanno leggere una versione depurata  del testo,  ma al momento  della rappresentazione, il parroco li caccia dal Teatro… Gente che non si arrende,  prendono allora  in affitto un vecchio garage  che tutti fieri chiameranno “Centro Teatro Spazio”,  Rappresentano Eduardo e le Marionette, ma quando le cose si avviano bene, Massimo non ce la più…

In America c’è un grande chirurgo… il Professor De Bakey, è uno dei pochi al mondo che può sostituire una valvola al cuore, ma le spesa è enorme… Quando tutto sembra perduto é un giornale a salvare Massimo… “Il Mattino” lancia una sottoscrizione e il cuore di Napoli  salverà quello di Troisi a cui in America sostituiscono la valvola usurata.

Quando  lui torna  nel 1976  arriva il successo… Il trio Troisi, Decaro, Arena si chiama  “La Smorfia…”   Altro che Freud…. A Napoli e dintorni ci sono  i veri esperti che interpretano i sogni, li trasformano in  numeri… che poi si giocano a Lotto… Un modo tutto Napoletano per risolvere i guai…  Questo nome dell’antica  tradizione  l’ha voluto Troisi… Sono spettacoli di sketch comici con temi di attualità… Forse il più  esilarante e il più famoso è  La Natività che diventa l’occasione  per parlare della mancanza di lavoro a Napoli… Ha preso ormai forma il personaggio di Troisi timido, impacciato, in sordina, irresistibilmente comico, Lello Arena è il cattivo e De Caro suona le più  antiche  musiche napoletane … .  A Napoli lavorano al San Carluccio, a Roma al Brancaccio ed è lì che li scopre  Gigi Proietti che li fa arrivare in televisione… Il successo a Massimo fa bene… Prende il sospirato – da suo padre –  diploma di geometra e trova l’amore… una giovane e bella attrice che si chiama Anna Pavigliano…  E’ la prima delle sue belle amanti che gli rimarranno tutte vicino anche quando non ci sarà più l’amore…

Era inevitabile l’arrivo al cinema… e “Ricomincio da tre ” sarà il trionfo  di  Gaetano, napoletano schivo,educato, ma che, nella sua logica fuori dai clichè, si ribella alll’etichetta dell’emigrante, con cui lo vogliono bollare, solo perché viene   da Napoli… Arriva a Firenze con un candidato al suicidio,  si innamora di Marta , scappa, ritorna. Forse il figlio che aspetta Marta non è il suo, ma la questione più importante diventa il nome da mettere al bambino in un  dialogo da nuovissima commedia all’italiana, tutto  fatto di  surreali ragionamenti…  Gaetano: “Ma mettiamo che questo figlio… cioè… mettiamo che io ‘sto figlio… Cioè, come lo chiameremmo? ” Marta: “Mah… io non ci ho ancora pensato. Massimiliano? ” Gaetano: “No no no no, per carità, quale Massimiliano!? No, guarda, lo chiamiamo. cioè… si se decide che ‘sto figlio è… cioè che può., cioè… io avevo pensato: Ugo…  E’ propria perché accussì ‘o guaglione vene cchiù educato. ” Marta: “Ma perché? Massimiliano…? ” Gaetano: “Massimiliano vene scostumato. Cioè… niente, lo so… È proprio il nome che è scostumato. Perché Massimiliano… Per esempio, questo ragazzo sta vicino alla mamma… questo ragazzo si muove per andare a qualche parte? La mamma prima di chiamare Mas-si-mi-lia-no, il ragazzo già chissà dove è andato, chissà cosa sta facendo! Non ubbidisce, perche è troppo lungo!  Invece Ugo, quello come sta vicino alla mamma e sta per muoversi: Ugo! Il ragazzo non ha nemmeno il tempo di fare un passo. Ugo!, e deve tornare per forza, perche lo sente, il nome. Al massimo, proprio… ecco… volendo lo potremmo chiamare Ciro. È più lungo, ma proprio per non farlo venire troppo represso… Però Ciro tiene il tempo di prendere un poco d’ aria… “.

“Pensavo fosse amore e invece era un calesse” e’ la fine di un amore con le  grottesche verità di Troisi sulla vita e sull’amore … Cecilia ha appena lasciato Tommaso… Lui si reca sotto casa di lei  e la chiama al citofono… Lei non lo vuole far salire…

“Apri un momento… Senti sono in pantofole, con la vestaglia..E allora, mi fa impressione che stai in pantofole con la vestaglia? Ci spieghiamo un attimo, apri per favore…Dai, sono messa male, stavo dormendo, non voglio che mi vedi così, sono brutta…Sei brutta? Tanto mi devi lasciare mica ti devi fidanzare, meglio no, se sei brutta?”

Gli amici vogliono avvisare Tommaso che  Cecilia ha un altro uomo… Abbiamo visto Cecilia, lei non stava sola.. stava insieme a uno.Uscivano dal cinema, parlavano, ridevano e scherzavano….Vabbè sarà stato un amico!… Stavano assieme, Tomma’, stavano proprio assieme .Noi ti diciamo la verità per il bene tuo…Chi vi ha chiesto niente, queste non sono cose che si dicono in faccia sono cose che vanno dette alle spalle dell’interessato. Sono sempre state dette alle spalle.

Le caratteristiche  che dominano  il personaggio di tutti i  film di Troisi sono  sicuramente la sua personale  timidezza   e il suo essere schivo, delicato e sempre un po’ fuori posto..Sono elementi che lui di film in film   raffina e sublima   nella sua   ironia  tutta speciale  e nel suo modo di stare al mondo …

Di successo il successo  finisce il breve tempo di Massimo Troisi col  suo ultimo e struggente film  “Il postino,” dove il personaggio riesce a vincere  e a superare la sua timidezza grazie al dono della  poesia.

Succede nel  1994… Quando fa un controllo al cuore  negli Stati Uniti…  Si deve sottoporre   a un nuovo intervento chirurgico,   ma le riprese del suo nuovo film stanno per iniziare e  lui rimanda…

Il postino , girato a Procida e Salina , diretto da Michael Radford, è la storia di una insolita amicizia tra  Mario, un umile portalettere e Pablo Neruda  durante l’esilio del poeta cileno in Italia… Sarà l’amicizia col grande poeta che spingerà Mario a scrivere le poesie che non aveva il coraggio di tirar fuori… Troppo singolare  l’analogia fra Mario il Postino e Massimo il suo interprete…

Mario morirà durante una manifestazione prima ancora che suo figlio nasca, Massimo riuscì a  stento a terminare le riprese del film con enorme fatica, facendosi sostituire in alcune scene da una controfigura, poi morì nel sonno, nella casa della sorella   per un attacco cardiaco, il 4 giugno 1994, 12 ore dopo aver terminato le riprese de Il postino.

Due anni dopo   Il postino venne candidato a cinque Premi Oscar (tra cui uno per Troisi come miglior attore,  una nomination per l’Oscar postumo), ma delle cinque nomination si concretizzò solo quella per la migliore colonna sonora scritta da Luis Bacalov.

Certo per Troisi non poteva mancare una delle più  gustose  pastasciutte napoletane … Semplice e raffinata assieme, nello stile di una grande ed elegante tradizione, che a lui sarebbe piaciuta…

SPAGHETTI CON LE VONGOLE VERACI AL VINO BIANCO

INGREDIENTI per 4 persone:  1, 200 kg di vongole veraci freschissime e non di allevamento, altrimenti è preferibile utilizzare i “lupini” varietà di vongole più piccole,ma altrettanto saporite. 400 grammi di spaghetti,1 mazzetto di prezzemolo, 3 spicchi di aglio, 100 ml di olio extra vergine di oliva, 150 ml di vino bianco secca , 1 cucchiaio di farina, pepe e peperoncino

PREPARAZIONE:

 Fate spurgare  almeno per 12 ore  le vongole, coprendole a filo con  l’acqua leggermente salata.

Dopodiché sul fuoco, ponete una padella larga e versateci l’olio, l’aglio sbucciato, un peperoncino, il vino bianco e per finire il cucchiaio di farina, che seve per addensare la salsa che si sta preparando e quindi rimescolando amalgamate il tutto.

Quando poi, il composto inizia a soffriggere, aggiungete le vongole, fate insaporire bene e spegnete il fuoco solo quando saranno tutte aperte. Dopo di chè estraetele dalle valve e rimettetele nel loro sugo, salvo 200 grammi circa che terrete come decorazione da porre in cima ai piatti con le loro valve.

Nel frattempo, mettete una pentola piena di acqua sul fuoco, salate a vostro piacimento e quando l’acqua è giunta a bollore gettate gli spaghetti.

Ed infine, una volta cotti, scolateli e versateli nella padella nella quale avete preparato la salsa e riportatela a fuoco vivo. Aiutandovi con le posate, lasciate che gli spaghetti si impregnino del condimento. Se occorre potete aggiungere un po’ di liquido della pasta e una volta spenta la fiamma, spruzzate di prezzemolo tritato. e guarnite con le vongole rimaste con le valve.

Enzo Tortora e la Cima ripiena della sua terra

tortora_portobelloTre gradi di giudizio culminati nel 1987 con la piena assoluzione … E  nonostante ciò, qualche anno dopo, quando Enzo Tortora era già morto,  più di crepacuore che del suo male,  un Magistrato   affermo’  tranquillamente «L’assoluzione di Enzo Tortora rappresenta in realtà soltanto la verità processuale e non anche la verità reale del fatto storicamente accaduto”  Ma che strano… Non insegnano forse a Scuola che é compito della Giustizia  accertare la verità… E  come mai questo sfugge a un magistrato laureato in diritto con lode? Se un semplice cittadino avesse fatto un’osservazione simile  a quella del  Magistrato, probabilmente  avrebbe potuto passare i guai suoi…  Come ognun sa, le sentenze vanno rispettate…  Invece non successe nulla… Nemmeno a  chi in primo grado  aveva condannato Tortora a più di 10 anni e  non ha mai avuto alcuna ripercussione sulla carriera… Anzi sono sempre  stati così sicuri di se’ che quando Giuliano Ferrara, a sentenza emanata, prova a riepilogare gli indizi  infondati con cui Tortora era stato arrestato e processato… Si prende una querela  per diffamazione dai Pubblici Ministeri Lucio Di Pietro e Felice Di Persia  e dal giudice istruttore Giorgio Fontana…Per fortuna che poi se la cava…

Ma più di tutto nella memoria collettiva risuonano le parole accorate del difensore  di Tortora che in aula, rivolgendosi al pubblico Ministero quasi urlò “Signor giudice lei le ha lette le carte del processo?” Perché quello che lascia sconcertati è la superficialità, l’incuria della vicenda e il sospetto di vendette incrociate verso un personaggio televisivo scomodo e e ribelle… Due volte l’avevano cacciato dalla Televisione di Stato, la prima volta perché nella sua  trasmissione Alighiero Noschese aveva fatto l’imitazione di Amintore Fanfani… fatto evidente di lesa maestà…  E una seconda volta nel 1969 quando aveva definito la Rai “Un jet supersonico pilotato da un gruppo di boy scout che litigano ai comandi, rischiando di mandarlo a schiantarsi sulle montagne” … Il fatto poi che una volta  rientrato in Rai,  la sua trasmissione incollasse  davanti al televisore la metà degli Italiani non aveva fatto piacere a molti…

Ma pochi potevano prevedere quell’arresto spettacolo, mediatico alle 4,30 di mattina…  “Il Mattino ” di Napoli, va in stampa  a mezzanotte o giù di lì, già con la notizia dell’arresto di Tortora… I fotografi e la stampa son già pronti  all’ingresso dell’Hotel Plaza di Roma… Mentre appare il mostro in manette, accusato  di associazione a delinquere di stampo camorristico… Chi l’accusa sono i pentiti di camorra il cui numero lievita di giorno in giorno,  più  uno squallido pittore in cerca di un po’ di notorietà… La prova del fuoco? L’agendina di un camorrista dove c’è  il nome del presentatore e un numero di telefono… I contatti avuti? Dei misteriosi centrini perduti  che  dal carcere erano stati inviati , per la vendita in diretta nel mercatino virtuale  del  “Portobello” televisivo di Tortora…

Ci volle la sentenza di appello per scagionare Enzo Tortora e bastò un giudice più attento… Il nome sull’agendina  non era Tortora, ma Tortona e al numero telefonico, bastava chiamarlo… rispondeva appunto il Sig. Tortona…Quanto ai centrini inviati dal camorrista in carcere, erano arrivati in mezzo a quintali di oggetti diversi in trasmissione  e qualcuno li aveva persi… Alle proteste del proprietario Tortora aveva inviato un risarcimento in denaro pensando di chiudere la questione…Ma chi poteva immaginare che  Giovanni Pandico, oltre che camorrista era anche  schizofrenico e quella perdita di centrini l’aveva considerata uno ” sgarro” personale? Così  appena arriva la proposta, lui diventa uno dei  “gran pentiti” assieme ad altri tristi nomi come quello di Pasquale Barra detto “o’ nimale”…   Pandico  trova la possibilità di vendicarsi e al quinto interrogatorio butta là il nome di Tortora fra quei circa ottocentocinquanta  camorristii su cui si abbatterà con l’arresto, il “venerdì nero della camorra”…Peccato che in realtà, molti di quegli accusati erano innocenti come Tortora…

E’ proprio in quel venerdì nero della camorra che bisogna  ritornare per cercare  il cuore della vicenda …. Uno scenario incredibile,  sembra  un romanzo della complicata fantasia di Dan Brown… Invece non è la ricostruzione di  uno scrittore di trame nere ma della  Direzione  Antimafia di Salerno…  E’ il 27 aprile 1981 quando le Brigate Rosse sequestrano, in uno dei loro ultimi show terroristici,  Ciro Cirillo, notabile democristiano e assessore all’urbanistica della Regione Campania…Cirillo in quel momento è  il più importante…  L’anno prima c’è stato il violentissimo terremoto dell’Irpinia con tremila morti e migliaia di case abbattute… Il sud è ferito  ma deve cominciare l’opera di ricostruzione.. E presto! Perchè  la Democrazia Cristiana non vuole perdere consenso … E’ ovvio che il rapimento del suo uomo chiave  in Campania può essere un grosso colpo …La ricostruzione deve essere targata DC…  E del resto non si può nemmeno abbandonare Cirillo a se stesso, dopo  lo scandalo del mancato aiuto  a Moro di tre anni prima… Le BR stavolta vogliono soldi… e tanti, ma il grosso pasticcio viene fuori quando le istituzioni, anziché con un  gruppo di violenti ideologi di sinistra, si trova a trattare con la delinquenza comune … Il top della camorra del boss  Raffaele Cutolo che in qualche modo affianca le Brigate Rosse… Cominciò dunque prima di quello che dice la recente  cronaca, la trattativa Stato –  Mafia… e che si chiamasse camorra è solo una variante sul tema…  5 Miliardi vengono generosamente e rapidamente raccolti… Dai costruttori della zona…  E il perché è facile da capire… Una volta libero Ciro Cirillo potrà compensarli con grossi appalti  post sisma…    Ma solo formalmente  ai costruttori edili,  il liberato  Assessore dispenserà, i fondi della ricostruzione … Perché  sarà in realtà la camorra a beneficiarne, ora  che la sua presa di potere  è totalmente  avvenuta…Chi doveva sapere, sapeva, le cose  sarebbero potute anche andare avanti così, ma  quando cominciano le faide fra  un gruppo camorristico e l’altro, lo Stato si spaventa…Violenza, ferimenti e due, tre omicidi al giorno sono veramente troppi…C’è il contagio della paura … Mentre i media cominciano a fare troppe indagini. Chissà a quale cervellone dei servizi segreti venne allora in mente  di  fare un po’ di arresti, anzi, perché no, una bella retata a titolo dimostrativo per far capire la presenza dello Stato a chi pensava di essere abbandonato a se stesso… Fu così che cominciò l’altra trattativa con chi già era in carcere e a portata di mano, ai quali  vengono proposti sconti di pena e forse soldi in cambio di nomi di accertati camorristi… Fra le 850 persone  che verranno arrestate, di cui, più di 100 saranno dichiarate innocenti sin dalla prima fase di giudizio, finisce, per uno scherzo del destino e per la vendetta di un pentito schizofrenico  anche il nome di Tortora… Poi si troveranno altri 15  pentiti a cascata, che  confermeranno il nome del presentatore…Li chiameranno ” pentiti a orologeria” che balzeranno fuori ogni volta che ci sarà bisogno di distogliere l’opinione pubblica dagli strani appalti  e da una ricostruzione insostenibile, che aggrega  le antiche famiglie sparse nei campi o in piccole città, in enormi stranianti falansteri dove domina la solitudine e l’angoscia…

Intanto al di là della speculazione mediatica e gossip,  attorno a Enzo Tortora si comincia a radunare  un vasto movimento di opinione che lo ritiene innocente e  un anno dopo, Enzo Tortora viene eletto deputato al Parlamento europeo … Ma lui è uomo di coraggio e di sfide e appena Il 17 settembre 1985 , in 1° grado, viene condannato a dieci anni di carcere,  si dimette immediatamente dalla carica, perde l’immunità parlamentare che gli avrebbe garantito la libertà e si mette a casa  agli arresti domiciliari…

Le cose prendono un altro verso quando il giudice  di 2° grado Michele Morello, si mette in testa di vederci chiaro…. e ricomincia tutto da capo… “Per capire bene come era andata la faccenda, ricostruimmo il processo in ordine cronologico: partimmo dalla prima dichiarazione fino all’ultima e ci rendemmo conto che queste dichiarazioni arrivavano in maniera un po’ sospetta. In base a ciò che aveva detto quello di prima, si accodava poi la dichiarazione dell’altro, che stava assieme alla caserma di Napoli. Andammo a caccia di altri riscontri in Appello, facemmo circa un centinaio di accertamenti: di alcuni non trovammo riscontri, di altri trovammo addirittura riscontri a favore dell’imputato…”

Tortora ormai lo stava gridando da tempo e senza timore  nel processo:  “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.”

Quando fu prosciolto tornò a Portobello… Lo stile era sempre quello, sobrio educato, gentile con tutti… Ma durò soltanto pochi mesi… Non ebbe abbastanza tempo per godersi la libertà e l’affetto della gente che in lui aveva creduto… Sono in tanti ad essere convinti che quel cancro al polmone fosse di natura psicosomatica… La disperazione e il pregiudizio possono uccidere…

E’ una storia triste, ma un ritorno in Liguria, sua terra di origine, lontano dai suoi travagliati processi, avrebbe di sicuro consolato anche Enzo Tortora… Perché  un buon piatto tradizionale, frutto d’amore e di cultura può far bene all’animo amareggiato…

CIMA RIPIENA ALLA GENOVESE

INGREDIENTIper 8 persone: pancia  di vitello kg 1,200, polpa di vitello grammi 100, poppa  (tettina)  grammi 80, un’animella, mezzo cervelllo di vitella o 1 cervello di abbacchio,qualche pezzetto di schienale, 2 testicoli (granelli o gioielli di toro come  eufemisticamente si suol dire), 50 grammi di burro, pochi pinoli, un cucchiaio di maggiorana (persa),  qualche foglia mista di erbe aromatiche( prezzemolo,timo, salvia, alloro), parmigiano grattugiato 80 grammi, 8 uova, aglio 1 spicchio, sale a piacere, una manciata di piselli e una di funghi secchi,  2 litri circa di brodo di verdura.

PREPARAZIONE:Fate preparare dal macellaio una pancia di vitella con la sacca già pronta o in alternativa incidete voi la pancia tagliandola sino in fondo, con un coltello ben affilato, tenendovi lontano dai bordi circa due centimetri. Lavatela, sgocciolatela bene e poi asciugatela. Preparate il ripieno cominciando a rosolare nel burro tutte le carni,poi scolatele e poggiatele un un tagliere. Tritate finemente la polpa, la poppa e le animelle, e a pezzi più grossi il resto. Versate tutto in un grosso recipiente e aggiungete i piselli,  i pinoli,  lo spicchio d’aglio schiacciato, la maggiorana e i funghi ammollati per circa 20 minuti nell’acqua tiepida e poi strizzati. Sbattete bene le uova, poi unitele a freddo al composto. Insaporite con un pizzico di sale e le spezie tritate, poi aggiungete  il parmigiano grattugiato.Mescolate il tutto con delicatezza e riempite per non più di due terzi la sacca della pancia perché  in cottura la carne si ritira e la farcia si gonfia e potrebbe scoppiare se il ripieno fosse eccessivo. Cucite il bordo della sacca con filo bianco da cucina,poi avvolgete la cima in una pezza di  tela bianca ben legata. Porla sul fuoco nel brodo di verdure già caldo e farla cuocere un’ora a recipiente scoperto. Poi incoperchiate e fate cuocere ancora per due ore a recipiente coperto.  Dopo averla tolta dal fuoco appoggiatela sul tagliere,ricopritela con un piatto e mettete sopra il piatto un peso. Tenetela pressata per circa un’ora affinché perda l’acqua residua e  prenda la tipica forma ovale. Servire fredda a  fette.

Una storia italiana: Roberto Saviano e la mozzarella di bufala

Un giro nelle città di mare, Genova, Napoli, Bari…E’ tornato per qualche giorno in Italia per presentare il  nuovo libro… ” Zero Zero Zero”,… Si chiama  quasi come la farina, perché gli somiglia, ma ha uno zero in più… perché si tratta della cocaina… Di sera Saviano va nelle Librerie Feltrinelli, ma il giorno lo passa a inebriarsi d’acqua e di luce… Forse sono le cose che gli mancano di più, assieme ai selci di Napoli e alle scampagnate di Pasquetta  nei giardini della Reggia  di Caserta… 34 anni non sono molti … E’ poco più di un ragazzo, ma sono sette anni che vive molto peggio di un recluso. L’ha descritto   nel libro apparso nel 2009 “La bellezza e l’inferno”….. “Non potevo  girare per cercarle e nemmeno decidere da solo dove abitare…. E se diventava noto che io stavo in quella via ero subito costretto a traslocare. Ho scritto in una decina di case diverse. Tutte piccolissime e buie. Le avrei volute più spaziose, luminose, ma nessuno me le fittava… Più spesso ancora ho scritto in caserma… Mentre fuori intuisci movimento, c’è il sole, è già estate. Sai che se potessi uscire, in due minuti passeresti davanti alla tua vecchia casa… e in altri cinque saresti al mare…

Chissà in quale parte del mondo si trovano quei luoghi oscuri dove oggi  vive Roberto Saviano… Nel suo rimpianto  per il mare e per la luce sembrano tutti avvolti nelle brume e nelle nebbie nordiche dove è più facile perdersi, non farsi riconoscere  e soprattutto stare il più possibile lontano da Napoli la città denunciata e messa a nudo  da “Gomorra” il romanzo  dove lo storie sono vere, le vittime amare e da cui hanno tratto un film di immenso successo. Era cominciato tutto come un reportage… La camorra che in quelle zone del napoletano era sempre stata la sua vicina di casa, adesso che è giornalista se la va a studiare  negli archivi della polizia, dove ci sono i rapporti degli agenti operativi… Ore e ore a guardare le trascrizioni delle intercettazioni… ma alla fine non gli basta e si fa assumere da un importatore cinese che controlla il traffico di merci…. E’ un big che ha comprato alcuni palazzi del centro e li ha sventrati per trasformarli in enormi  magazzini, dove con fulminea rapidità vengono accolte le merci  cinesi che escono dal porto senza che ci sia nemmeno il tempo di verificarne l’arrivo… Il viaggio al contrario  lo fanno i vestiti dei grandi sarti copiati negli scantinati  napoletani  da povera gente quasi non pagata e che poi si ritrovano indosso alle grandi dive di Hollywood…A un certo punto il reportage si trasformò in qualcosa di diverso e tutti quei personaggi e quelle situazioni che Saviano aveva incontrato, cominciarono a vivere di vita propria… a voler diventare personaggi letterari  portandosi dietro tutta la loro  drammatica verità. Alla fine  venne fuori un’opera del tutto nuova che nessuno è riuscito a definire esattamente… Forse  si tratta di un “romanzo non fiction”… Ma la storia di Don Giuseppe Diana ucciso a Casal di Principe, i rapporti della  Camorra in Gran Bretagna, come si articola  la struttura interna della Camorra che i suoi affiliati chiamano “Sistema”…  Una volta diventati  libro, sfuggirono letteralmente dalle mani del suo autore per diventare in pochissimo tempo un successo internazionale… “Gomorra” è stato tradotto in 52 paesi. Se fosse rimasto un successo a livello locale, i camorristi, spesso riconoscibili, si sarebbero  divertiti o se ne sarebbero addirittura vantati nel loro ben noto narcisismo.   Così invece i boss  cominciavano a mal tollerare  il successo del libro che aveva troppo attirato l’attenzione sui loro traffici e  finirono per non resistere all’onda d’urto  che seguitava a crescere  e  riversava su di loro le critiche e l’orrore di mezzo mondo.  Così decisero di passare al contrattacco e di vendicarsi.  Gomorra era stato pubblicato nell’aprile del 2006, qualche mese dopo arrivano le prime lettere minatorie, le telefonate mute.  Saviano non si intimorisce e li sfida apertamente da un palco a  Casal di Principe il 23 settembre.  Arriva a chiamarli per nome  e conclude: «Non valete niente, ve ne dovete andare da qui».  Pochi giorni dopo il Ministero dell’Interno gli dà una scorta… Sono arrivate troppe minacce… Più tardi un pentito svelerà un piano spettacolare in cui la camorra  sperava di uccidere Saviano su una autostrada con una strage simile a quella di Capaci. Nel 2008  Saviano lascia Napoli…   “Penso di aver diritto a una pausa – disse allora – Ho pensato che cedere  alla tentazione di indietreggiare non fosse una buona idea, non fosse soprattutto intelligente… Ma in questo momento non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo… Voglio una vita, voglio una casa, voglio innamorarmi… passeggiare, prendere il sole..ho soltanto 28 anni… E voglio ancora scrivere, scrivere perché è questa la mia passione e la mia resistenza… Rivoglio indietro la mia vita… “

Ma di tutte le cose che Roberto Saviano sperava di avere  quando  se ne andò da Napoli ne ebbe soltanto una… La possibilità di scrivere. Nelle sue lunghissime giornate in qualche luogo della Terra sconosciuto ai più,  Saviano  scrive, denuncia, pubblica…  “La bellezza e l’Inferno”,”La parola contro la Camorra”, “Super Santos”, ha collaborato  persino con  Fabio Fazio alla trasmissione televisiva “Vieni con me” … Ma  di tornare a vivere in Italia non se ne parla…Se si avvicina a Casal di Principe,  sia pure circondato dalla sua scorta, debbono mettere i poliziotti  persino sui tetti delle case tanto è alto il rischio di un attentato.

Ma in questo mese d’aprile è tornato in Italia per il suo libro…”Zero, Zero, Zero”  è ancora una volta un  libro di denuncia, lo stile, metà reportage, metà racconto è quello di Gomorra, ma stavolta Saviano nel suo pellegrinare attorno al mondo  ha inseguito le vie della  cocaina  e ce la  racconta partendo dalle radici della sua storia. Così  conosciamo i luoghi, i sistemi, i clan di questa la rete organizzata che frutta più di qualunque investimento in borsa…  A Napoli, da cui mancava da più di cinque anni era emozionatissimo, a Bari la folla non è riuscita tutta a entrare nella libreria… Hanno dovuto sistemare un maxischermo all’esterno. Non era emozionato solo Saviano… Lo era anche la gente…  Giovani e anziani venuti per il suo libro che mostravano in mano come un trofeo, ma venuti soprattutto per lui, a fargli sentire un attimo di umano calore… Prima che riprendesse da solo le sue strade del mondo.

Cosa mangi Saviano  è  abbastanza avvolto nel mistero, come tutto quello che lo riguarda personalmente… Ma in molti si ricordano che era un ragazzo dai gusti  semplici con qualche passione per il cibo della sua terra… Il Casatiello che mangiava quando andava con la famiglia a fare le scampagnate nella Reggia di Caserta e la mozzarella… il formaggio più fresco e più delicato di tutta la Campania, che nessuno al mondo può riuscire a imitare… La “Mozzarella in Carrozza” di cui diamo la ricetta è un tipico piatto della cucina tradizionale  campana  che si può mangiare sia come antipasto che come stuzzichino…

MOZZARELLA IN CARROZZA

INGREDIENTI per 4 persone: 8 fette di pane casereccio, preferibile al pane in cassetta che si utilizza nelle versioni più attuali, 3 uova, 100 ml di latte, farina q. b., un pizzico di sale, olio extra vergine di oliva quanto basta per friggere, pepe macinato  in modesta quantità, 400 grammi di mozzarella di bufala, con esclusione del fior di latte che  si utilizza in un’altra ricetta, tipica esclusivamente del Lazio-

PREPARAZIONE: Tagliate la crosta esterna  alle fette di pane casereccio a cui darete una forma quadrata. Tagliate 4 fette di mozzarella dello spessore di circa 2 cm, posatele su 4 fette di pane e ricopritele con le rimanenti. Dividete in diagonale i quadrati ricavandone 8 triangoli, poi in una ciotola mettete   le uova e sbattetele con il latte, il sale e il pepe. Mettete della farina in un piatto e rotolateci i triangoli di pane prima di immergerli nelle uova sbattute. Fate scaldare abbondante olio di oliva in una padella e friggete i triangolini rigirandoli su entrambi i lati e poi scolateli su carta assorbente prima di servire, aggiungendo un po’ di sale in superficie.