A cena da Özpetek… Pollo croccante e vista sul Gazometro!

Placido e con ampi spazi vuoti , appena si riesce a svicolare dalle grandi vie di collegamento, il quartiere Ostiense con le sue inesauribili contraddizioni è una delle zone più strane in cui può capitare di imbattersi a Roma …

Non fece in tempo a diventare un’area industriale  che era già  archeologia…  Il Gazometro  lo progettò un ingegnere scozzese alla fine del 1800…  Oggi  é abbandonato , tra le sterpaglie, la polvere, i capannoni isolati, insieme ad altri due fratelli minori, ma resta  il fascino triste di quell’enorme  cilindro di ferro,  vuoto e traforato contro il cielo… C’era all’inizio del ‘900,  enorme e fastoso,  il primo impianto pubblico per la produzione  di energia elettrica. …

La Centrale Montemartini aveva la Sala Macchine  tutta liberty  e ospitava  turbine, motori Diesel e la colossale caldaia a vapore. …  Dopo l’abbandono le vernici dei macchinari cominciarono a scrostarsi…  Oggi in un’atmosfera di surreale  eleganza ospita una ricca collezione di statue e teste marmoree di epoca romana  in mezzo agli squillanti colori blu e verdi  dei macchinari  e della struttura rimessi a nuovo.

Il Porto Fluviale sul Tevere..  I Romani antichi  ci trasportavano  le merci a Ostia che poi andavano via per il Mediterraneo… Lo vollero  riattivare  al tempo del fascismo, ma fu poca cosa, poco più di un’idea…  E dire che proprio lì vicino avevano creato la Garbatella, il quartiere  per  gli operai della nuova industria, che  finì per essere un quartiere di immigrati e di povera gente… Perché l’industria a Ostiense non fiorì mai davvero…

il “Ponte dell’Industria”  che ormai  si chiama “Ponte di Ferro” ha  un aspetto insolito per Roma, comune  solo nelle grandi città del Nord.. . Tutto ferro e ghisa fu costruito  in Inghilterra e portato  in città  a  pezzi  nel 1863.  Per un po’ servì la linea ferroviaria di Civitavecchia – Roma, ma già nel 1910 venne abbandonato per un ponte più grande…centrale_montemartini_agrippina_diesel-1

Vicino al Monte dei Cocci, a Testaccio, ma praticamente al confine con Ostiense,  nel 1890 aprirono  il Mattatoio,”l’ammazzatora” come  si diceva a Roma…  Sui tre fornici del grande ingresso dominava la  scultura  del genio alato che atterra il toro… All’epoca era uno dei più moderni d’Europa, ma fu chiuso nel 1975, cadde in degrado e faticò a lungo per  ritrovare  qualche vocazione culturale… Invece un silenzio quasi irreale, avvolge Piazzale delle Erbe  negli ex Mercati Generali,  infranto solo  dalle disperate grida dei gabbiani che volteggiano a bassa quota.

Il cantore di Ostiense è stato uno straniero che ne ha saputo cogliere  forse meglio di molti romani le angoscie e la solitudine ma anche l’inesauribile  voglia  di  vivere  e di volersi ancora bene…

Ferzan Özpetek nasce a Istanbul nel 1959, parente di due  pascià.  Gente bene, il padre lo voleva mandare in America a fare l’Università, ma lui  invece arriva a  Roma…  Chissà, forse è la passione per l’arte.. Studia infatti  Storia del Cinema e Regia ma anche Storia dell’arte  e comincia una dura gavetta… Il primo incarico  serio  è come assistente sul film ” Scusate il ritardo”, dove però il suo compito  più importante è quello di portare tè e biscotti a Massimo Troisi… Quando finalmente esordisce lo fa con due film che sono un richiamo nostalgico e diretto alla sua terra  “Il bagno turco” e “Harem Suaré” …  Il primo  racconta di un architetto italiano che  ritrova la sua perduta umanità nell ‘amore per un giovane  di Istanbul e il secondo é la passione della favorita del Sultano per un  eunuco,  guardiano  dell’ultimo harem… Sono già storie d’amore insolite  ma c’è quella straordinaria poesia di  Özpetek che ce le rende subito familiari.

Ostiense entra di prepotenza nel cinema di   Özpetek  con “Le fate ignoranti,”  un successo internazionale … Una signora della buona  società, vedova  al colmo del dolore, scopre il tradimento del marito dopo che lui è morto… All’inizio pensa a una donna e poi invece scopre  Massimo, un ragazzo che lavora  ai Mercati Generali di Ostiense…  E’ sarà il quartiere, corale e di antica solidarietà,  filmato senza retorica, sul filo di un’intima  dolcezza, che finirà per rendere naturali  e accettabili le storie, solo all’apparenza assurde, di un gruppo di omosessuali che vivono nello stesso condominio e che vorranno bene all’estranea signora senza preconcetti… Fin quando anche lei  riuscirà ad accettare Massimo, il tradimento del marito e l’amore…comunque esso sia…

Ferzan-Ozpetek-voi-siete-qui_650x435Özpetek a Ostiense  ci vive da anni e anni… Non ne può fare a meno,  come fosse l’unico posto  al mondo adatto a lui… Fra quei caseggiati spesso brutti e  quegli scheletri di vecchie fabbriche, rimasti lì come  occasioni perdute. E quando gira “Saturno Contro” pensa che il set più adatto sia la sua casa   dove si ritroveranno, come ne “Le fate ignoranti,” i suoi eclettici protagonisti.   Torna a parlare di amore omosessuale, senza innalzare difese e bandiere, come  di un sentimento naturale, che vive delle stesse domande e degli stessi problemi degli altri amori. C’è un gruppo di amici nell’appartamento di Davide e Lorenzo e attorno al tavolo della cucina si mostrano e si susseguono problemi,  paure, sogni, bisogni. fin quando la serenità  e la vita “normale” del gruppo viene spezzata da un  evento traumatico, l’improvviso malore di Lorenzo.  E lì inizia il dolore, l’amore, la solidarietà di tutti, nei lunghi corridoi dell’ospedale  dove Lorenzo morirà…

Sarà stato perché c’era  lì vicino il Mattatoio e c’erano i Mercati Generali, ma Ostiense è stato sempre un quartiere di trattorie e “cucine tipiche”, prima degli operai e degli artigiani, poi di tutti… E la tavola è anche e inevitabilmente una delle costanti di tutti i film di Ferzan Özpetek  a cui, anche nella vita privata, piace cucinare quei  piatti della tradizione,  che divennero le specialità del quartiere quando dal mattatoio i pezzi più pregiati delle carni andavano via e  per la cucina  di  Testaccio  e Ostiense  rimanevano  le parti  allora considerate   povere, che poi sono diventare un cult della cucina romana…  Le animelle,  la pajata, il pollo coi peperoni…  e naturalmente i pesci che all’epoca arrivavano direttamente da  Ostia e Fiumicino.   Qualche volta Özpetek però non sa che scegliere perché Ostiense è anche quartiere di grande pasticceria,  come  quelle meravigliose torte che gli prepara il pasticciere sotto casa  e che abbiamo visto   ne “La finestra di fronte”,-  un altro dei suoi più bei film che ha per protagonista un antico pasticcere…-  e naturalmente, come quella che trionfa alla cena di “Saturno contro”pollo

Ma poiché scegliere è sempre meglio che non scegliere, stavolta, in omaggio al romanissimo regista abbiamo puntato   direttamente su una sua ricetta, un piatto estivo saporito e fresco e nello stesso tempo di gran classe. E’ un piatto a base di pollo… una carne che una volta era così pregiata che si mangiava solo nei giorni di festa… Poi,  per molto tempo ha dato dispiaceri per l’impoverimento del sapore e della qualità, dovuti agli allevamenti in batteria , all’immobilismo  delle bestie  e ai mangimi incerti… Oggi con un po’ di pazienza  e buona volontà   si trova il pollo “ruspante”, quelle di razze ben selezionate, allevato a terra nell’aia, che cammina e si muove, non  diventa  mai troppo grasso, si nutre solo con i mangimi biologici e  naturalmente è a lento accrescimento…Ovviamente deve essere certificato per la garanzia di chi l’acquista. Costa natutralmente di più però ne vale la pena, sia per la salute che per il buon gusto, quello tanto caro a Özpetek.

POLLO CROCCANTE

INGREDIENTI per 4 persone,: 1 pollo di 1 Kg , aglio 2 spicchi, rosmarino 1 rametto, sale grosso 10 grammi, 2 limoni,due arance.

PREPARAZIONE:  spellare completamente il pollo e tagliatelo a pezzi, poi  fate arroventare una  padella antiaderente e metteteci i pezzi di pollo, unitamente ai due spicchi di aglio interi, il sale e il rosmarino. Mescolate continuamente per mezz’ora in modo che nessun ingrediente si attacchi alla padella e, se l’aglio dovesse imbrunirsi, toglietelo e sostituitelo con altri due spicchi.  Al termine della cottura, aggiungere il succo di due arance e due limoni e farlo evaporare. Servitelo accompagnato da un’insalata mista.

 

 

Carlo Petrini,Slow Food e il Coniglio con i Peperoni!

Madre-TerraSu quella trafficata striscia di asfalto dove erano più le soste che il percorso non c’era nemmeno la possibilità di distrarre l’occhio sulle colline piene di vigneti perché, proprio in prima fila, ai lati di quella lunga Alba-Bra-Langhe-Roero-9-700x350strada si erano venuti ad allineare capannoni industriali, centri commerciali e grandi supermercati, ovviamente uno più brutto e disordinato dell’altro, che avevano tuttavia la pretesa, con la loro ingombrante presenza, di eleggersi a simbolo di un raggiunto benessere. L’uomo alla guida della macchina stava andando a casa e ormai era vicino a Bra, ma era tanto il tedio e l’amarezza di quel percorso che preferì girare alla prima traversa e raggiungere la campagna. La zona la conosceva bene e sapeva che era terra di trattorie e piccoli ristoranti dove non c’era che l’imbarazzo della scelta. Così si ricordò del ristorante del suo amico… era anche  parecchio tempo che non lo vedeva.  Chiese la peperonata, che  lì era sempre stata  eccezionale e fu una delusione… “Come mai?” chiese, perché non aveva dubbi sulle capacità culinarie del suo amico. “Non si trovano più in zona  i peperoni quadrati di Asti, quella varietà profumata e carnosa.. troppo costosi da produrre… ora arrivano dall’Olanda!”

Poi uscì dal ristorante e riprese il cammino verso casa. Ma si ricordava i posti esatti delle serre dove si coltivavano i peperoni e si fermò davanti a una di esse… Langhe-alba-e-filari1Perché la serra ancora esisteva, anche se di peperoni però non vide nemmeno l’ombra. “Come mai?” chiese al contadino  “Abbiamo smesso perché nessuno ce li comprava più… troppo cari. Quelli che arrivano dall’Olanda costano meno. Ora qui noi facciamo crescere i bulbi di tulipano e poi li mandiamo in Olanda… ”

L’uomo sobbalzò… erano già diversi anni che si occupava di  alimenti e cibo, ma una cosa così assurda non gli era ancora capitata! Quello stravolgimento di due produzioni agricole, così importanti, che avevano caratterizzato per tanto tempo i rispettivi territori, spazzate via in così poco tempo, l’aveva sconvolto.

carlo-petrini“Per me” – dice Carlo Petrini, che racconta l’episodio nei suoi Diari, – “l’eco-gastronomia cominciò quel giorno! Le tradizioni alimentari e produttive locali, mi convinsi, andavano salvaguardate a ogni costo”.

Ma chi è quest’uomo che si è inventata la professione di gastronomo e si è messo contro – e a livello mondiale – la grande industria agro alimentare?

Quando fondò “Slow Food” ed era il 1986, fu guardato per lo più come un eccentrico. Uno che stava su una lunghezza d’onda che  apparteneva ancora agli utopici anni legati al ’68 e al rifiuto del consumismo.  Figuriamoci… andava in giro a  predicare l’educazione al gusto alimentare attraverso le lente preparazioni casalinghe e qualche ristorante  convertito alla mission… In un’epoca in cui le donne di casa stavano scomparendo e i pasti, fra un impegno e l’altro, non si facevano nemmeno più al ristorante ma al fast food!

All’inizio infatti l’obiettivo puntava in modo più circoscritto sul diritto a vivere il cibo come un piacere, che rispettasse i tempi naturali e la diversità degli alimenti contro la frenesia della vita moderna e contro l’omologazione dei sapori. Poi le finalità  rapidamente divennero più drammatiche e impellenti, in difesa di una  bio diversità troppo calpestata che rischia di impoverire e distruggere l’intero pianeta. Slow Food  abbracciava così l’eco-gastronomia  e si proponeva la difesa del suolo fertile, delle tradizioni legate al territorio, della rotazione delle produzioni  e la lotta a tutti gli agenti inquinanti sia agricoli che industriali.michelle-obama-orto

2310_img_4301Col passar del tempo Slow Food  non è più stata sola, perché si è potuta appoggiare  a un'”Università degli Studi di Scienze Gastronomiche” di Pollenzo, ai periodici meeting mondiali di “Terra Madre,” a giornali, riviste in più lingue, libri di ricette e una Fondazione che finanzia progetti per la difesa della bio diversità.

Oggi la lotta contro le multinazionali è sempre più aspra e dura, ma Slow Food ha 100.000 iscritti in 130 paesi del mondo e la First Lady Americana si fa fotografare mentre lavora nel suo orto alla Casa Bianca.  Pochi mesi fa Petrini, primo esponente delle popolazioni non indigene, è stato ospite al Forum Permanente dell’Onu sulle questioni indigene. “Saper guardare indietro alle nostre tradizioni e ai nostri sistemi alimentari non è stupida nostalgia. La reintroduzione di produzioni alimentari locali è la risposta per nutrire il pianeta, è l’attivazione della vera democrazia, la partecipazione di tutti per il bene comune…” Così ha voluto ribadire la sua lotta e i suoi obiettivi, che poi sono quelli dell’intera umanità.

In omaggio a questo battagliero signore, dallo stile pacato e sorridente e dalla forza di volontà veramente fuori dal comune, proponiamo questo piatto tratto dalle ricette di Slow Food, ambientato nelle  sue terre, le Langhe, da preparare ovviamente solo con prodotti a Km 0, salvo qualche spezia esotica e da gustarsi in un’allegra compagnia di amici consapevoli e illuminati:

CONIGLIO CON I PEPERONIcoccio-con-coniglio

INGREDIENTI per 6 persone: 1 coniglio di circa 1 Kg e 800 grammi, 4 peperoni,2 pomodori maturi,2 cipolle, 2 carote, 2 coste di sedano, 2 rametti di rosmarino, 2 spicchi d’aglio, 4 fette di salame crudo, 4 fette di pancetta, 4 chiodi di garofano, 1 pezzetto di cannella, 1 litro di Barbera, 2 cucchiai di aceto di vino, 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva, sale, pepe, noce moscata.

PREPARAZIONE: tagliate a pezzi il coniglio, già pulito ed eviscerato, lasciatelo riposare mentre preparate e cuocete il trito di verdure, aromi e condimenti. Cominciate tritando finemente cipolle, carote, sedano, rosmarino, aglio, salame crudo e pancetta e fate rosolare il tutto a fuoco basso nell’0lio di oliva e in un tegame capace di accogliere il coniglio. Unite dunque il coniglio a pezzi, i chiodi di garofano, la cannella, salate e pepate.

Quando il coniglio sarà rosolato uniformemente da ogni lato unite pomodori e peperoni tagliati a pezzi grossolanamente. Continuate la cottura a fuoco moderato bagnando di tanto in tanto con il vino e proseguite per circa un’ora.

A cottura ultimata,versate l’aceto e aromatizzate con noce moscata. Servite caldo.

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