A Colonia… Krapfen e Carnevale!

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carnevale-di-coloniaLo sapevate che le stagioni dell’anno sono 5, invece di 4 come insegnano a scuola?  Non sembra vero, ma se andate a Colonia vi diranno pure quando inizia la 5°, l’11 di  novembre! E se le spiegazioni non  fossero sufficienti vi inviteranno  alla grande festa con cui  si apre la stagione. L’appuntamento è ad Alter Markt e, con precisione, è fissato alle alle ore 11 e 11 minuti… E allora non ci saranno più dubbi. Lì avrete il piacere di conoscere i tre principali personaggi di questa insolita e unica stagione: il Principe, il Contadino e la Vergine. Il Princicpe, essendo tale, ha ovviamente una corona in testa, ma la sua è completata da lunghe piume di pavone. Il Contadino, che è anche soldato, oltre il correggiato per battere i legumi, ha anche la spada perché  deve proteggere la città mentre la Vergine impersona proprio la città e indossa una lunga tunica che  ricorda un po’ l’Imperatrice Agrippina, la dama più illustre della città. In realtà poi proprio di una vergine non si tratta perchè  la tradizione vuole che, a interpretarla, sia sempre un baldo giovane. Adesso, allo scoccare del giorno e dell’ora fatidica, con tutti quegli scaramantici numeri 11, viene pronunciato il tradizionale “Kolle Alaaf” e il Sindaco consegna alla grande triade la chiave della città perché, da questo momento, i padroni sono loro.4711_300ml

Due secoli fa hanno cercato di ridimensionare un pò il tutto, evitando qualche eccesso di troppo, tipico di queste situazioni, ma più di tanto non ci sono riusciti. Il Carnevale a Colonia deve durare  almeno tre mesi, disperdersi solo alle soglie della Quaresima  ed essere il più pazzo di tutti. Il culmine arriverà a febbraio con i “Tolle Tage,”  i fantastici giorni  mascherati per interpretare, ricordare e distruggere gente famosa a piedi o sui carri, per saltare e rotolarsi giù dai palchi, per cantare, bere e mangiare senza più  alcun freno.

Ma intanto, aspettando il clou, che quest’anno sta già per arrivare, liberatevi un pò di tempo per godervi Colonia… e le sue mille sorprese  Guidati dal suono delle campane delle 12 Chiese Romaniche prima o poi scoprirete i segreti della città. Un lieve profumo  vi  guiderà verso  l’Acqua di Colonia, che un immigrato italiano, Giovanni Maria Farina, portò in città circa tre secoli fa. Ritroverete tutto in un museo dedicato, dai flaconi delle epoche più disparate alle essenze da odorare in una stanza, quella appunto delle fragranze.  Quando ne uscirete  cercate di dimenticare in fretta  il profumo dell’Eau museo-cioccolata3de Cologne, perchè c’è un altro profumo che vi potrebbe interessare parecchio… quello della Cioccolata! Con il trenino del Dom o una passeggiata lungo il Reno si può raggiungere il Museo. L’hanno inaugurato meno di 20 anni fa, ma è così famoso … e benvoluto che ha 5  milioni di visitatori l’anno. Dopo i manifesti pubblicitari, dal ‘900 a oggi, dopo la pianta del cacao e la fontana di cioccolata, gettatevi nello shopping delle delizie. C’è persino il Duomo, in souvenir di cioccolata. A proposito lo sapete che vicino all’immenso Duomo – così alto che bisogna proprio vederlo a testa in sù – hanno scoperto il più grande Mosaico Romano di tutta l’Europa del Nord ? Un milione di tessere, contate scrupolosamente dai tedeschi, tenute  insieme  per un omaggio a Dioniso, in una villa del 3° secolo… Doveva già  essere buono a quel tempo il Vino del Reno!

Un giro per i Veedel, i quartieri bohemien è d’obbligo. Da una strada all’altra, fra una miriade di antiche fontane si arriva ad Agnesviertel e lì troverete piccoli atelier, gallerie d’arte, librerie, tanta  storia e un ‘antica porta di città, l’Engelsteintorburg. Se siete stanchi una sosta in una delle tante caffetterie è una visita che non dimenticherete. Vi sommergeranno di ogni ben di Dio solo ordinando una bevanda…01-colonia-carnevale-principe

Ma ormai ci siamo! E’ Giovedì Grasso! Il giorno  del “Carnevale delle Donne” che oggi prendono possesso della città! Vanno al lavoro già vestite in maschera, poi si ritrovano nella Piazza del Mercato Vecchio  e iniziano  la caccia al maschio… Baci rubati o taglio della cravatta fino a tarda notte! Da giovedì tutte le osterie, le taverne, i pub non chiuderanno più, né di giorno né di notte, sino a sabato, quando fra balli e maschere si farà il primo brindisi delle 10,30, e cominceranno a sfilare le “Giubbe Rosse”

Ma  il momento più spettacolare arriva lunedì, detto appunto “Lunedì delle Rose”… Una parata di carri e maschere, lunga 6  chilometri,  passa per la città fra musiche e balli, mentre centinaia di migliaia di  persone, anch’esse rigorosamente in maschera, accorrono in strada. C’è il lancio dei fiori e dei dolci e nessuno ne vuole fare a carnevalemeno. Più o meno arrivano sulla folla a braccia aperte, 144 tonnellate di caramelle, 700.000 barrette di cioccolato, più di 200.000 scatole di cioccolatini e  300.000 mazzi  di rose…. E raccolga chi può.

Nel giorno che chiude la scatenata festa, martedì, restano due cose importantissime da fare. La prima è assistere al Rogo del Nubbel, lo Spaventapasseri di paglia già pronto nelle birrerie per essere immolato ed espiare tutti i peccati del Carnevale. La seconda, dolcissima,  fare l’ultima mangiata di quei soavi, dorati Krapfen, che sono il simbolo non solo di Colonia, ma di tutti i Carnevali tedeschi…E’ l’ultima occasione. Già da mercoledì si serve in tavola il pesce della penitenza.

KRAPFEN (per 6 persone)

INGREDIENTI  per la pasta: Scorza grattugiata di 1 limone, 1 bustina di vanillina, 250 ml di latte, 5 gr. di sale, 150 gr. di burro, 150 gr. di farina 00,350 gr. di farina manitoba, 25 gr. di lievito di birra, 50 gr. di zucchero semolato, 1 cucchiaino di malto, 1 uovo intero e 4 tuorli, strutto per friggere.

INGREDIENTI per il ripieno: marmellata di albicocche 200 gr.krapfen

INGREDIENTI per la copertura: zucchero a velo q.b.

PREPARAZIONE: sciogliete il lievito di birra in una ciotola con 1/2 bicchiere di latte tiepido e 1 cucchiaino di malto. Mescolate il resto del latte con lo zucchero semolato,la vanillina e le uova, sbattute con una forchetta. Setacciate le farine e versatele nella ciotola di un mixer munito di gancio a foglia, poi unitevi la buccia grattugiata del limone, mettete in azione il mixer, unendovi, poco alla volta il composto di latte, malto e lievito  e subito dopo il composto di latte, vanillina, zucchero semolato e uova.

Lavorate gli ingredienti sino a ottenere un impasto omogeneo, quindi unite in due volte il burro ammorbidito e tagliato a pezzetti. Lavorate nuovamente l’mpasto fino a dargli una consistenza liscia ed elastica.

Ponete l’impasto in una ciotola, sigillatela con la pellicola trasparente e  lasciatelo lievitare in ambiente privo di  correnti d’aria per almeno due ore. Quando avrà triplicato il suo volume  stendetelo con un mattarello sino a formare una sfoglia alta circa 3 mm, dalla quale, con uno stampino, ricaverete dei dischi del diametro di circa 6 cm.

Ponete al centro di ciascun disco 1 cucchiaino di marmellata, spennellate il bordo con dell’albume, sottratto alle uova prima di sbatterle e incorporarle, poi ricoprite con un altro disco premendo bene i bordi.

Lasciate riposare i Krapfen per almeno 1 ora, poi scaldate  lo strutto, che deve essere abbondante per evitare che i krapfen si brucino e, a fuoco non superiore ai 170°c (Avrete bisogno di un termometro adatto), friggeteli pochi alla volta, rigirandoli su entrambi i lati. Toglieteli dal tegame con un mestolo forato, sgocciolateli e asciugateli con carta assorbente, poi cospargeteli con zucchero a velo.

Rose Monday Is Highpoint Of Carnival Season

Il Papero al Melarancio

CatherineMediciMargot1560Di sicuro alla nascita non fu fortunata, perché i suoi genitori morirono quando aveva pochi mesi. Allora  fu giocoforza affidarla alle cure degli zii, i quali, buona parte della sua infanzia gliela fecero trascorrere a Roma, da dove loro poco si potevano spostare perché,  sia Leone X che Clemente VII,  a Roma  ci stavano per fare il Papa. La giovanissima Caterina si trovò a vivere in una delle Corti più raffinate di tutto il Rinascimento e sicuramente  ne assorbì la cultura, l’arte e il clima festoso di cui, più tardi, si farà ambasciatrice in terra di Francia. Già perché quello, inevitabilmente, doveva essere il  suo destino, considerata l’alleanza sempre più stretta fra Clemente VII e Francesco I. Si proprio lui, quello che dopo la battaglia di Pavia, aveva scritto alla madre, raccogliendo i frammenti della sua dignità, “Signora tutto è perduto, fuorché l’onore”. E doveva essere vero, quello che aveva detto, perché il motivo fondamentale delle nozze, fra il suo secondogenito Enrico e la nipote del Papa, era la necessità di  colmare l’immane debito delle esangui finanze francesi. Lei, l’ultima dei Medici, si trovava a Firenze, quando le comunicarono  di recarsi a Marsiglia, dove già l’aspettavano il  Pontefice e lo sposo. Lì fu accolta con entusiasmo e le fecero grandi feste, probabilmente  perchè ci misero parecchi giorni a scaricare tutte le ricchezze e i soldi che Caterina portava in terra francese. 2275f083aabf99025446c3bf5b2629755c2f78116122546Ma, ciononostante, a corte fu relegata in un  angolo, fino al giorno in cui  morì l’erede al trono e per lei, che adesso era la moglie del futuro re, ci fu più considerazione. A 28 anni Caterina divenne regina di Francia, ma sicuramente non fu una donna felice, con il timore di essere ripudiata, che si trascinò appresso per 10 anni, perché i figli non venivano, mentre suo marito, nel frattempo, esibiva e onorava in pubblico la sua bellissima amante, Diana di Poitiers, come una costante  sfida a Caterina che  bella non era. Lei, invece, a quel marito doveva voler bene  perché, oltre a dargli, appena le fu possibile, un figlio l’anno, seguitava ad avere per lui piccoli pensieri, come quello di fargli arrivare spesso il profumo da Colonia, dato che sua Maestà, il re Enrico II, pare che puzzasse un po’. Quando poi Enrico mori lei indossò neri abiti da lutto che non si tolse più, ma il giorno dopo era già al fianco del figlio a condividere le sorti della Francia. E questo, pur senza avere incarichi ufficiali, lo fece per i trenta anni successivi. Erano tempi difficili, in una Francia sempre impegnata nelle guerre esterne e nelle lotte di religione interne, dove si dilaniavano Ugonotti e Cattolici. Caterina per lungo tempo fece mediazione e  dimostrò grande tolleranza, ma ciò non le servì a niente perché, dopo la “Strage degli Ugonotti”, le fu attribuita completamente la colpa e il marchio d’infamia se lo portò appresso per secoli. E, come se non bastassero gli storici, ci si misero pure i famosi scrittori di Francia, come Alessandro Dumas  e Honoré de Balzac a rinforzare la leggenda della “Regina nera,” con i romanzi gossip sugli ultimi dei Valois.

Peccato, perchè Caterina, nonostante i suoi guai, era la persona più gaia e ottimista di questo mondo e voleva veramente bene alla Francia. Donna di grande cultura creò una biblioteca fra le più ricche del Paese, ampliò il Louvre, fece costruire il Castello di Monceau e iniziò Les Tuileries. Le piacevano anche le feste, memore di quelle fastosissime a cui aveva partecipato nella Roma  della sua prima giovinezza e la buona tavola, che aveva imparato ad apprezzare durante  gli anni della sua ricercata formazione.  Quando le fu ordinato di trasferirsi, non fidandosi di ciò che avrebbe trovato in  quella terra di Francia, ancora un p0′ selvatica e non uscita, con entrambi i piedi dal Medioevo,  – figuriamoci, le avevano detto, non usano neanche le forchette – si era portata appresso un’equipe di tutto rispetto. cuochi, scalchi, pasticceri e perfino un gelataio che veniva da Urbino, tutti professionisti che mise immediatamente a disposizione della corte e con i quali aprì una scuola di gastronomia. Dai palazzi dei Medici, la cucina toscana si stava trasferendo, tout court, ai castelli francesi!  E così la “Salsa Colla” fu rielaborata e si chiamò “Bechamel, la Zuppa di Cipolle,” “Soupe d’Oignons, le  familiari “Pezzole della Nonna” divennero le più raffinate “Crepes” e, le modeste “Frittate,” acquistarono il più altisonante nome di “Omelettes,” mentre Popelini, uno degli Chef toscani celebrò il 1540 con l’invenzione del “Paté a Choux”.

anatra_all_aranciaE neanche il “Papero al Melarancio,”  il piatto preferito di Caterina, rimase indenne dalla cucina francese, quando un aiuto cuoco di Corte, non trovando in giro paperi, riuscì ad agguantare un’anatra nello stagno di Palazzo e  corse in cucina, dove, il capocuoco, la servì in tavola trasformata in “Caneton a l’Orange”.

Ma, per un attimo, lasciamo che a prevalere sia  l’orgoglio nazionale e prepariamoci questo superbo piatto nella versione toscana, sia pure con qualche piccola variante, mettendolo a centro tavola, proprio come merita, il giorno di Natale.

Per 4 persone occorre un papero (oca giovane) di circa 1,5 kg, tagliato a pezzi.

In un largo tegame si fanno fondere 100 grammi di burro e appena è tutto sciolto vi si fa rosolare il papero tagliato a pezzi. Quando è ben dorato si sala e ci si versa sopra il succo di tre arance. Si fa sfumare e  si riprende la cottura che dovrà durare circa un’ora e mezza o fino a quando il papero diventi tenero. Si aggiunge durante la cottura qualche mestolino di brodo per non farlo bruciare. Al termine si  versa mezzo bicchiere  di cognac mischiato a due cucchiai di zucchero e si  lascia sul fuoco per qualche altro minuto fino ad assorbimento. Per dargli  un tocco di maggior di attualità, si può aggiungere, mentre cuoce, una spruzzata di pepe e una foglia di alloro.

Si serve guarnito  con spicchi d’arancia a cui è stata tolta la pelle e spinaci appena scottati.

E per finire  il punto  sulle ricerche degli ultimi 30 – 40 anni! Gli storici hanno completamente rivalutato la figura di Caterina, mettendone in risalto soprattutto la grande opera di mediazione fra le opposte fazioni, fatta nella consapevolezza che al di là di ogni credenza religiosa, la cosa più importante fosse evitare alla Francia, conflitti e guerre interne.

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