A Savona con Sandro Pertini e il Ciupin

Stabilimenti Penali di Pianosa, 26 febbraio 1933  “Mamma… Con quale animo hai potuto far questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me….Mi si lasci in pace con la mia condanna, che è il mio orgoglio e con la mia fede che è tutta la mia vita… Non ho mai chiesto pietà a nessuno e non ne voglio. Mai mi sono lagnato di essere in carcere e perché dunque propormi un così vergognoso mercato?…”

Stabilimenti Penali di Pianosa 23 febbraio 1933 – “A Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale – La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo  dunque a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più di ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme. Il recluso politico Sandro Pertini”

“Io lasciai l’Italia nel 1926.La mia vita si è svolta prima all’Università di Genova, poi a quella di Firenze,quindi come professionista a Savona. Il mio studio fu devastato due o tre volte. Vidi un paese di violenti, gli anni ’20  furono il periodo della sopraffazione fascista. Molti erano intimiditi  da quelle violenze e sostenevano che non si dovevano provocare i fascisti… Questo non è stato il mio atteggiamento. Sono stato bastonato perché il 1 maggio andavo in giro con  una cravatta rossa. Sono stato mandato all’ospedale… Perché ho appeso alle mura di Savona una corona di alloro in memoria di Giacomo Matteotti. Sono stato arrestato per aver diffuso un giornale significativo: Sotto il barbaro dominio fascista. Ho vissuto i miei 20 anni così e non me ne pento.”

Il 4 dicembre 1926 la Regia Prefettura di Genova ordina che “l’avvocato Sandro Pertini sia assegnato al confino di polizia per la durata di anni cinque”. Pertini sfugge alla cattura scappando a Milano. Da lì  organizza la fuga di Filippo Turati, il grande leader del socialismo in pericolo. Tornano assieme a Savona dove li aspettano Ferruccio Parri,  Adriano Olivetti e Carlo Rosselli… Anche Pertini deve andarsene… Li porteranno con un motoscafo in Corsica…”Olivetti ed io scendemmo in un’insenatura vicino al faro di Vado Ligure per perlustrare la zona. Dabove e Oxilia, i due capitani di mare, accostarono agli scogli con il motoscafo per prenderci a bordo, ma videro una guardia di finanza al molo e decisero di allontanarsi. Decidemmo di tornare a Savona e partire dal Lanternino Verde in piena città. La decisione era rischiosa perché quella sera Savona era piena di fascisti che festeggiavano la promozione a capoluogo di provincia. Sul molo del Lanternino Verde c’era il ristorante “I pesci vivi”… Passando con Turati e gli altri compagni, dicemmo ai carabinieri di guardia che andavamo a mangiare il pesce fresco. Quelli ci augurarono “buon appetito”…

Mentre gli amici che li hanno aiutati, a eccezione di Olivetti, finiscono tutti in carcere, Pertini in Francia resiste  poco più di due anni. Duro e orgoglioso rifiuta l’aiuto  di Turati e  trova lavoro come muratore,  lavavetri di taxi e   comparsa cinematografica. Non ha la minima difficoltà a svolgere lavori umili, ma si sente troppo frustrato e inutile, anche se a Nizza mette su una radio clandestina  per mantenersi in corrispondenza con i compagni…A marzo del 1929 torna in Italia con un passaporto falso, intestato allo svizzero Luigi Roncaglia. Ha grandi idee, prima fra tutte quella di ammazzare Mussolini, proprio mentre parla  dal balcone di Piazza Venezia… Ma i sotterranei sono sorvegliati e bisogna cercare un’ alternativa…

A Pisa mentre sta ancora lavorando all’attentato viene arrestato… La sua libertà è durata meno di un mese…  Al processo non si difende perché non riconosce l’autorità del Tribunale. A  novembre  del 1929 arriva  la condanna a quasi 11 anni di carcere… Mentre il giudice legge la sentenza lui grida “Viva il Socialismo, abbasso il Fascismo”

Nel carcere di Santo Stefano, le condizioni sono durissime … Ci rimane quasi due anni e si ammala di tubercolosi.” … Improvviso un soffio di vento mi investe, denso di profumo dei fiori sbocciati durante la notte. È l’inizio della primavera. Quei suoni, e il profumo del vento, e il cielo terso, mi danno un senso di vertigine. Ricado sul mio giaciglio. Acuto, doloroso, mi batte nelle vene il rimpianto della mia giovinezza che giorno per giorno, tra queste mura, si spegne…”

Lo trasferiscono al carcere di Turi dove praticamente mandavano tutti quelli a cui avevano rovinato la salute… C’é anche Gramsci e  nasce una grande amicizia. Pertini che per sè non chiede niente riuscirà, minacciando ricorsi, a non farlo più svegliare di notte dalle guardie che, sadicamente battono sulle sbarre appena vedono che chiude gli occhi… Poi otterrà che gli diano delle matite e dei block notes, una sedia, un tavolino… Ed è  in questo modo che ci sono arrivati  “I quaderni dal Carcere”. Quando tanti anni dopo uno dei ragazzi che lui tutti i giorni riceveva al Quirinale, gli chiederà il ricordo della persona a lui più cara in quegli anni di prigionia, risponderà senza esitazioni Antonio Gramsci.

Dopo circa un anno cambia di nuovo carcere… A Pianosa le sue condizioni di salute si aggravano ed è allora che sua madre firma la domanda di grazia che lui rifiuta sdegnosamente.. “E’ giusto dire che non fui il solo,” e  ricordava diversi episodi di contadini ed operai che neppure in punto di morte lo avevano permesso  alle proprie famiglie. E poi aggiungeva: “L’uomo che ha una cultura deve più degli altri essere fedele ai principi di libertà, perché se la cultura non crea una coscienza civica, non serve a nulla, è nozionismo, allora tanto vale andare ad un quiz televisivo…”pianosa3

Nel 1934 esce dal carcere per essere inviato al confino… dove inviavano i dissidenti con reati minori o anche senza reati… Sono liberi ma non possono uscire dalla località in cui appunto sono stati… “confinati.” Quando nel 1936  scopppia la Guerra di Spagna però le condizioni dei confinati peggiorano… Pertini protesta e viene denunciato… Avrà un altro processo, viene assolto ma resterà al confino a Ventotene fino al 1940, quando la sua pena scade e dovrebbe tornare a casa…

Ma  interviene Mussolini… Ordinanza della prefettura di Littoria del 20 settembre 1940: “Ritenuto che detto Pertini, per i suoi precedenti politici e per la sua attività sovversiva, è pericoloso per la sicurezza pubblica e per l’ordine nazionale dello Stato, si delibera: Pertini Alessandro è riassegnato al confino di polizia per la durata di anni cinque confermandone l’arresto”.

Nel 1941 riesce a incontrare finalmente la madre  a Savona… “Essa apparve all’improvviso: piccola vestita di nero, bianchi i capelli e il volto. L’abbracciai. Piangeva e fra le lacrime andava ripetendo il mio nome. Dovetti fare forza per non dare alle guardie che ci sorvegliavano un segno di debolezza. Ma il cuore mi faceva male, pareva spezzarsi. Parlammo di tutto e di niente…  Il capoguardia interruppe bruscamente il colloquio, vidi mia madre allontanarsi curva.  Al mattino vennero a prendermi  per ricondurmi a Ventotene.  Alla stazione un gruppo di facchini mi attendeva, si levarono il berretto… Il più anziano dei facchini mi prese la valigia “Ci penso io Sandro” disse in dialetto. Il maresciallo lasciava fare. Arriva il treno, due facchini mi aiutano a salire perché ammanettato, mi volto: gli altri sono sempre col berretto in mano, fermi, muti. Il più anziano sistema la valigia, mi mette la mano sulla spalla: “Buona fortuna Sandro, tutti ti salutano”. “Si volta bruscamente e si allontana singhiozzando”.
A  Ventotene  c’è un famigerato poliziotto  come direttore, Marcello Guida… Pertini scrive un esposto al ministero dell’Interno che ha come esito quello di rendere le condizioni dei confinati  ancora più dure… Pertini è ritenuto un provocatore …

Nel  1969 dopo la strage di Piazza Fontana, il Presidente della Camera dei Deputati Sandro Pertini  si recò  a Milano per rendere omaggio alle vittime dell’attentato e si incontrò faccia a faccia   con Marcello Guida. Aveva fatto carriera ed era diventato  Questore di Milano… Sandro Pertini si rifiutò di stringergli la mano e si girò dall’altra parte… Forse in cuor suo pensò ancora una volta  che Togliatti aveva sbagliato  a non  consentire, dopo la guerra, l’epurazione dei funzionari fascisti dalla Pubblica Amministrazioni…

Quando il 26 lugglio 1943 cade il fascismo gli 8oo confinati di Ventotene  non hanno nemmeno più la forza di esultare….Pertini va da Guida che siede terrorizzato dietro la scrivania… La foto del Duce  è già stata rimossa… Pertini sarà liberato per primo e da Roma comincia la battaglia burocratica per liberare anche gli altri… Rivedrà anche sua madre… e sarà l’ultima volta mentre il sogno di libertà si infrange subito dopo… A settembre   è a Roma, a Porta San Paolo a sparare contro i tedeschi che stanno occupando militarmente la città…   Poi gli daranno la Medaglia d’oro, ma intanto i nazisti riescono  a entrare in città. Due mesi di clandestinità  e viene nuovamente arrestato assieme a Giuseppe Saragat… Sono due Presidenti della repubblica”in pectore”, ma per il momento finiscono in carcere a Regina Coeli…  e ci vuol poco a condannarli a morte… Bisogna organizzare la loro fuga… Massimo Severo Giannini e Giuliano Vassalli hanno ancora la carta intestata  del Tribunale Militare di cui erano stati giudici fino all’8 settembre… Scriveranno un perfetto ordine di scarcerazione con tutti i timbri a posto…  Ma Pertini riesce a complicare le cose… Non basta che facciano uscire lui e Saragat… Debbono liberare anche i loro compagni di cella…  4 ufficiali del breve governo di Badoglio…  Alla richiesta si gettano  tutti nel panico mentre Pietro Nenni, il Segretario del Partito Socialista si infuria… “Se è così allora fate uscire solo Peppino (Saragat)… Tanto Pertini a stare in carcere ci è abituato… ”  Naturalmente l’ebbe vinta lui, ci rideva ancora, quando nel 1973, lo raccontò durante un’intervista a Oriana Fallaci..

Raggiunge Milano nel maggio del 1944 sull’auto di un amico. L’atmosfera  è pesante e la pace lontana.. Milano è teatro degli attentati dei Gap e  delle rappresaglie tedesche. Lui da clandestino viaggia in tutto il settentrione  per organizzazione  la stampa clandestina socialista …Ma appena Roma è liberata Pietro Nenni lo richiama… Lui non riuscirà a tornare tanto facilmente. Da Prato a Firenze le la farà a piedi  appena in tempo per  prendere parte all’ insurrezione della città, l’8 agosto… Da una tipografia fa uscire un numero dell’ “AVANTI !”.

Arrivato a Roma ci resta poco…  Chiede di tornare a Milano  come Segretario del Partito Socialista per tutta l’Italia occupata  e come membro del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia

Alle 8 del mattino del 25 aprile, del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia si riunì presso il collegio dei Salesiani in via Copernico a Milano. L’esecutivo, presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani  proclamò ufficialmente l’insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI  ” I membri del governo fascista ed i gerarchi del fascismo colpevoli di aver soppresso le garanzie costituzionali e di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e nei casi meno gravi con l’ergastolo. “(Decreto del CLNAI, 25 aprile 1945)

Lo stesso giorno Mussolini tenta una mediazione  per una resa onorevole  tramite l’Arcivescovo di Milano, presso cui si recherà lo stesso Mussolini e i Membri del CNLAI. Sarà l’unica volta che Sandro Pertini vedrà il Duce… Ma non lo riconosce … Lui avvisato in ritardo sta salendo le scale dell’Arcivescovado quando vede un gruppo di persone che scende. In mezzo a loro c’è uno con la faccia emaciata, livida e distrutta. Quando entra e capisce chi era l’uomo   Pertini chiese alla delegazione perché non avessero arrestato subito Mussolini…” Il Duce si  è preso qualche ora per riflettere gli risposero…  Pertini dalla rabbia sembrava uscito pazzo..  e chiede subito che Mussolini, una volta arresosi al CLNAI,  venga  consegnato ad un tribunale del popolo e non agli alleati come prevedeva l’armistizio  firmato dal Re… Mussolini invece stava in quel momento già  fuggendo e quando i partigiani lo ritrovarono l’ammazzarono senza consegnarlo, né agli alleati né al Tribunale del popolo, in uno di quei misteri italiani di cui poco si è capito… Pertini amaramente commentò “L’insurrezione è disonorata”.

Sandro Pertini, Presidente della Repubblica 1978 - 1985Da allora Pertini diventò uno dei Padri della Patria… Mentre trovò il tempo di sposarsi con  Carla Voltolina,la fiera staffetta partigiana che aveva conosciuto al Nord, divenne Segretario del Partito Socialista e poi Membro dell’Assemblea Costituente, Senatore Deputato e poi Presidente della Camera per due Legislature … Andava sempre un po’ controcorrente e  in parecchi lo criticarono come quando da presidente della Camera vietò ai parlamentari democristiani di mostrare il loro voto, che doveva essere segreto,    ai notabili  del loro partito… ” Non mi meraviglia niente… ( L’avevano accusato di essere un po’ squilibrato)- disse in un intervista –  So che il mio modo di fare può essere irritante. Per esempio, poco tempo fa mi sono rifiutato di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… Voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa, ho detto. Ma ho subito aggiunto che, entro un’ora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. Siete seicentoquaranta. Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo… “

l’8 luglio 1978, la convergenza dei tre maggiori partiti politici si trovò sul nome di Pertini, che fu eletto presidente della Repubblica Italiana con 832 voti su 995, a tutt’oggi la più ampia maggioranza nella votazione presidenziale nella storia italiana. Furono anni durissimi  e tuttavia riuscì a fare della figura del Presidente della Repubblica l’emblema dell’unità del popolo italiano.  I  cittadini si riavvicinarono alle istituzioni,    mentre imperversava il terrorismo  degli  anni di piombo…

Per un certo periodo Pertini diventò “Il presidente dei funerali di stato”:   fu  al funerale del sindacalista  Guido Rossa, davanti a 250.000 persone,   che  sferrò il più duro attacco alle  Brigate Rosse…  Era stato avvisato che  nell’ambiente del porto di Genova  c’era chi simpatizzava con le BR …  Lui  entrò in un   garage pieno di gente  e  disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso.

  Sensa parlare del terremoto dell’Irpina, in cui dopo due giorni lanciò il suo grido desolato agli inconcludenti poteri dello Stato “Fate presto.” Erano morte quasi tremila persone  e le autorità erano allo sbando. Lui li  denunciò pubblicamente  in televisione e a reti unificate …. Sottolineò la scarsità  e l’inadeguatezza delle  norme  in materia di protezione  civile nella  prevenzione  e in emergenza,  denunciò  la mancanza di un organo di coordinamento nelle calamità  e ancor prima che accadessero,  i tentativi di quelli che avrebbero speculato sulle disgrazie come  nel terremoto del Belice. Dopo quell’appello disperato l’Italia ebbe una Protezione Civile che per parecchi anni fu  riconosciuta come una delle migliori di tutto il Mondo…

I ragazzi li adorava… Lui si era sposato tardi … di figli suoi non ne aveva… ma in qualche modo fu il padre di tutti i ragazzi… Bisogna ogni tanto rivedere come si rivolgeva a loro… completamente alla pari senza far pesare né carica, né anzianità…

Lottò con tutte le sue forze contro la mafia difendendo  l’estraneità delle popolazioni che la subivano, quando tutti in modo più o meno sottile volevano parlare di collusione dei cittadini…

Il suo modo di intervenire direttamente nella vita del Paese  fu  una grossa  novità, quasi al limite dei poteri costituzionali…  E per capirlo bisognava entrare nella sua ottica : “Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale,come non vi può essere giustizia sociale senza libertà” Se chi, di dovere, se ne dimenticava, interveniva il Presidente della Repubblica… Sicuramente ha dato fastidio a tanti, ma è stato il Presidente più amato dagli italiani..

 Quando da Presidente riusciva ad andare a Savona, se ne andava sempre a mangiare il pesce, pretendendo, come al solito, di pagarlo di tasca sua anche agli uomini del seguito…  Doveva compensare  quella cena mancata, quando raccontò  ai carabinieri che stava andando   al ristorante “I pesci vivi” e invece stava scappando dall’Italia inseguito da un mandato di cattura…

Il Ciupin  è una zuppa di pesce tipica della Riviera. Una volta era proprio il piatto dei poveri che si preparava con i pesci di scarto o avanzati… Ma ora invecealici e sardine sono  considerati pesci  di grande appeal, per tutte le proprietà  di benessere che assicurano a chi ne mangia regolarmente…

CIUPIN

INGREDIENTI per 6 persone:  3 etti di alici,3 etti di sarde, 5 etti complessivamente  di triglie di scoglio, 2 etti di pannocchie e/ o gamberi  di media grandezza, 1 manciata di vongole e 1 di cozze 2 etti di seppie tagliate a striscioline, 6 pesci da scoglio,di proporzione  riferita a una singola persona, tipo scorfano, gallinella, rana pescatrice, grongo a pezzi, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, 1 cipolla tritata finemente, 2 spicchi di aglio, 4 pomodori maturi spellati e tagliati a pezzi,1 bicchiere di vino bianco secco, 1 bicchiere di olio extra vergine di oliva, sale e pepe e a chi piace anche un po’ di peperoncino, 12 fette di pane abbrustolito, 3 acciughe salate.

PREPARAZIONE: occorre 1 pentola e 1 ampio tegame,un passaverdure,un colino a maglie strette e uno schiacciapatate.

Mettete nella pentola un trito composto di metà dell’aglio e della cipolla  e dell’olio, le due aggiughe salate tritate e fate imbiondire su fiamma media. Aggiungete le alici,le sarde e le triglie di scoglio a cui avrete tolto le  lische e girate delicatamente per poi aggiungere 1 litro d’acqua e far bollire lentamente.

Nel tegame mettete  un trito composto del restante aglio e cipolla, e fate colorire nell’olio di oliva, poi aggiungete i pomodori, le seppie e fate assorbire i liquidi. Aggiungete 1/2 bicchiere di vino, fate evaporare e  infine aggiungete  i crostacei. Infine versate  il resto del vino e fate evaporare. Infine aggiungete 1 litro di acqua e fate bollire   per 15 minuti. pane,Aggiustate di sale e pepe ed eventualmente di peperoncino. Le cozze e le vongole preventivamente pulite e fatte aprire  sul fuoco, in un’altra  padella  con poca acqua, le terrete a parte.

Riprendete  la pentola e con una frusta elettrica amalgamate l’intero contenuto riducendo il tutto a poltiglia, passatela nel passaverdure e poi filtratela nel colino, recuperate il contenuto residuo del passaverdura,inumiditelo con un po’ di brodo della pentola e ricavatene tutto ciò che è possibile con lo schiacciapatate. Aggiungete nel tegame il brodo ricavato dagli ingredienti della pentola e fate evaporare su fiamma media sino ad ottenere un brodetto consistente. Aggiungete i 6  da singola porzione, far bollire per 5 minuti e spolverate con il prezzemolo. Se fra i vari pesci c’è il grongo inseritelo nel tegame 5 minuti prima degli altri.

Per preparare i singoli piatti appoggiate sul fondo le fette di pane, aggiungete 1 pesce da singola porzione su ciascun piatto, decorate con qualche cozza o vongola ancora nel loro guscio tenute da parte, coprite con il brodetto e un filo di olio.

 

John Le Carrè, la spia e il cornish pastry!

David Cornwell   si divertiva con il suo doppio lavoro.. Anche  se qualche volta doveva fare  qualche acrobazia… Appena entrato in diplomazia l’avevano subito spedito a Bonn, Secondo segretario dell’Ambasciata Inglese…  Si sa,  attorno alle ambasciate spesso  fiorisce un’aria misteriosa di spionaggio, di avventure, di servizi segreti  a cui il giovane funzionario non era rimasto  insensibile… E a quel mondo si era ispirato per cominciare a scrivere  i suoi romanzi… una specie di scrittore della domenica  e senza molta fiducia nelle sue fortune letterarie… Quel giorno si trovava a Londra per caso… aveva accompagnato dei funzionari tedeschi in visita a esponenti del Governo Britannico…  Nel frattempo il suo agente    gli aveva procurato, quasi a sorpresa, un incontro con Martin Ritt… diceva che al famoso regista  interessava il suo romanzo… David Cornwell era incredulo… non era nemmeno stampato quel romanzo… Comunque ora stava correndo verso la sala da pranzo del Connaught Hotel… era riuscito a svignarsela da quel terribile impegno ufficiale… Ma il tempo per cambiarsi non  c’era stato e adesso stava varcando la soglia  con la sua giacca nera stretta, il panciotto nero, una cravatta argentata e i pantaloni a righe nere e grigie.. “Ma perché si è vestito come un Maitre d’hotel?”  fu la domanda sbalordita del  regista…  Lui nonostante le rigide regole di quel sofisticato  locale indossava  una camicia nera da rivoluzionario abbottonata fino al collo,  un paio di pantaloni larghi con l’elastico in vita, stretti alle caviglie e un basco in testa con la punta in sù… John Le Carrè ancora arrossisce quando ripensa a quel primo incontro… Ma nonostante tutto il film si fece  ed era “La spia che venne dal freddo” con un interprete eccezionale come Richard Burton…

Non era passato molto tempo da quella sera  quando  Le Carrè  si trovò a  fare  lo scrittore a tempo pieno… In effetti quello che ogni tanto si dice delle ambasciate qualche volta è vero… il suo nome era finito in una lista di agenti del controspionaggio inglese  che i  sovietici stavano ora esaminando con molta attenzione… David Cornwell come diplomatico e come agente era bruciato…

Certo che neanche nelle più pazzesche fantasie dei suoi romanzi avrebbe potuto immaginare una cosa simile… Era finito nel più grave di tutti gli scandali che mai si era abbattuto sul servizio segreto britannico… Avevano appena scoperto l’anello più importante di  una rete di agenti doppi  alle dipendenze del KGB sovietico… Quelli  che passeranno alla storia come i “Cambridge Five.”… Perché proprio all’Università di Cambridge si erano conosciuti!  John Caincross,  Anthony Blunt, Donald McLean, Kim Philby e Guy Burgess appartenevano alle classi   alte……  E non presero mai soldi dall’Unione Sovietica… Eccezion  fatta per Caincross che sembra una volta abbia avuto bisogno di soldi per pagare il dentista… Per  tutti fu ideologia o l’opposizione  al fascismo, che serpeggiava  anche nella democratica Inghilterra degli anni ’30…L’unico che avrebbe potuto spiegarlo, perché  non fuggì all’estero, Blunt,  fu abbastanza vago quando ne parlò “L’atmosfera era così eccitante e intensa, il nostro impegno, l’entusiasmo per ogni attività antifascista era così totale che io trovai naturale avvicinarmi al partito comunista”  Cominciò tutto dunque  a  metà degli anni ’30, ma  i peggiori guai  arrivarono con la “guerra fredda” che spaccò il mondo in due blocchi… Segreti militari, informazioni di ogni genere…  i Cambridge Five erano tutti in posti strategici…Mc Lean, all’ambasciata britannica di Washington, aveva accesso all’Atomic Energy Commission e altro che coniugi Rosenberg! Buona parte dei segreti della bomba atomica li passò lui… Guy Burgess  vanificò l’Information Research Center  che doveva  contrastare la propaganda sovietica, Caincross lavorava al Foreign Office, Blunt  per la verità dopo la guerra si occupava di arte  ed  era il più insospettabile… e anche il più intoccabile, perché si occupava dei beni artistici della Regina… Philby  lavorava nel M16  e si era specializzato a distruggere le reti spionistiche inglesi all’estero. A metà degli anni 50 il gruppo si era più che dimezzato… Scoperti, Burgess, McLeon e Caincross fuggirono… Ma  Blunt e Philby   se la cavarono .

Fu nel 1963 che anche per Philby arrivò la resa dei conti, ma prima che lo potessero arrestare era già nell’Unione sovietica, dove  per molto tempo lo trattarono piuttosto male, togliendogli persino il grado di Colonnello che si era guadagnato in tutti quegli anni di spionaggio..

L’uscita di Le Carrè  dai servizi era stata dunque inevitabile, una volta scoperto il suo nome e la sua attività… Ma c’è da dire che se non fosse stato per Kim Philby, non avremmo mai avuto  “La Talpa” e gli altri romanzi che compongono la “Trilogia di Smiley”,” l’Onorevole scolaro” e  “Tutti gli uomini di Smiley”…  George Smiley è  l’antieroe per eccellenza, l’ uomo solo, un po’ disordinato, lento nel passo e con un inizio di pinguedine…  Ma  un cacciatore di spie come non ce ne sono altri, che costringe  l’ M16 a richiamarlo in servizio perché solo lui è capace di cogliere ogni più piccolo indizio e rielaborarlo fino a scoprire il suo Philby… Che nel romanzo si chiama Gerald, e come la vera spia occupa una posizione chiave  e sembra l’ultimo dei sospettabili…Ma  Smiley riuscirà a smascherarlo nel momento stesso che scoprirà dolorosamente il tradimento di sua moglie. Ce  ne è voluto di coraggio a costruire  una figura simile di uomo qualunque  quando imperava  oo7 con il corpo scolpito, i successi, le donne e la vita facile… Eppure Smiley fu un personaggio eccezionale perché non c’era solo l’autore a identificarsi in George Smiley, ma tutti coloro che si sentivano un pò sconfitti e facevano fatica a vivere. Il cinema  si era già appropriato di “Chiamata per il morto” e “Lo specchio delle Spie”. Alec Guiness in televisione  si identificò talmente con Smiley  da sorprendere perfino Le Carrè…  Aveva capito anche le sfumature del personaggio che erano sfuggite al suo autore… Poi diventò difficile tenere a mente tutte le opere di le Carrè che diventarono film… La Tamburina, Il Sarto di Panama, The Constant Gardner… Perfino Sean Connery, che una volta era stato OO7,  il contrappunto di Smiley, si sentì onorato di partecipare a “La Casa Russia”, un altro dei film  tratti da un romanzo di Le Carrè! Di recente anche “La Talpa” è diventato un film… Tre nomination agli Oscar … E un gran successo di botteghino e di pubblico.

E il vero Philby? Finì i suoi giorni in Russia, ma era alcolizzato e condusse una vita grama. Solo verso il finire della sua vita lo rivalutarono… Quando morì poi gli fecero anche un funerale di Stato e un francobollo… Forse Philby lo sapeva che l’Unione Sovietica non sarebbe stato il Paradiso, perché scappò il più tardi possibile proprio quando  non poteva più restare in Occidente.

Blunt tutto sommato se l’era cavata meglio di tutti. Quando nel 1964 scoprirono la sua attività lui aveva una fama così grande come critico d’arte a livello internazionale che preferirono non fare scandali… Anche perché era stato così vicino alla Regina mentre le curava religiosamente il suo patrimonio artistico… Si disse pure che aveva in mano documenti compromettenti sulle simpatie un po’ naziste dell’ex re Edoardo… Forse era meglio mettere tutto a tacere…  Ma la Thatcher, signora di ferro, dritta come un fuso, 15 anni dopo, di tutti quei silenzi non ne volle sapere e lo  denunciò all’opinione pubblica… Fu forse la peggiore amarezza per  Blunt … Morì qualche anno dopo ma non si fece mai un giorno di carcere.

John Le Carrè è uomo di storie inesauribili, però dopo  la fine della Gerra Fredda sembra che non voglia più ricordare quegli anni…  Ma chissà che un giorno non si decida a parlarci di Anthony Blunt, forse la figura più ambigua e più interessante di tutti e 5 le spie di Cambridge!

  Le Carrè nella saga di Smiley non parla dei suoi pranzi, ma  è fin troppo ovvio che George, così solo e poco pratico delle cose di tutti i giorni, andasse  a mangiare in qualche tavola calda o in qualche birreria di Londra dove  fra i cibi pronti non manca mai un piatto della più consolidata tradizione inglese:

 CORNISH PASTRY

INGREDIENTI per 4 persone

PER LA PASTA: 225 grammi di farina, 100 grammi di burro, acqua q.b.,un pizzico di sale.

PER IL RIPIENO: 1 patata tagliata a cubetti, 1 cipolla tritata, 250 grammi di controfiletto di manzo, tagliato a cubetti di un centimetro.

PREPARAZIONE: preparate la pasta mettendo la farina in una ciotola,aggiungendo il burro tagliato a pezzetti e il sale. Mescolate bene con le mani amalgamando burro e farina come a formare delle briciole di pane. Aggiungete l’acqua,circa due cucchiai e impastate il tutto con una spatola di metallo,sin quando la pasta non sia abbastanza soda. Fatene una palla e fatela riposare in frigo per circa mezz’ora. Passato questo tempo mettetela su una spianatora, dividetela in quattro pezzi che stenderete sino a raggiungere per ciascuno l’altezza di circa 1/2 cm. Ogni cerchio dovrà avere un diametro di circa 16 cm. al centro dei quali metterete qualche cucchiaiata di carne, la cipolla tritata e la patata a cubetti. Bagnate con un pò d’acqua i bordi della pasta e uniteli in modo da formare delle mezze lune a cui schiaccerete bene il bordo aiutandovi con una forchetta. Appoggiate le pastries su una teglia e fatele cuocere in forno caldo a 190°C per circa 40 minuti. Si mangiano sia calde che fredde.