A San Valentino… Torta con Panna e Fragole!

Fra un sorriso e un sussurro, lo scambio delle coppie appare un disinvolto gioco d’attualità e invece, non tutti lo sanno, ma si tratta di una storia antica!   I Romani l’avevano capito già  quattro secoli prima di Cristo, che, ogni tanto, l’amore ha bisogno di di un pizzico di novità, se no, come dire… S’illanguidisce! Ad evitare il  rischio,, allora ci pensavano i Lupercalia, una bella festa, di carattere religioso, dove si ricordavano i gemelli fondatori della città, si celebrava la Primavera e, a sorte, si estraevano i nomi dei giovani e delle giovani che si facevano accoppiare per la durata di un anno…   Se qualcosa non andava, senza tanti problemi, l’anno dopo si ricominciava. Dopo quasi cinque secoli di cristianesimo, verso la fine del 400, un Papa si rese conto stupefatto che i Lupercalia  si celebravano ancora  e non solo, ma, ad essi, partecipavano molti cristiani. Corse allora dalle autorità e, tanto alte furono le sue proteste contro quella festa immorale e pagana, che la fece abolire.

Però si pose subito il problema! Che cosa avrebbero dato al popolo  in cambio dei Lupercalia?  Una festa è una festa,  e non si abolisce  così… soprattutto una festa d’amore. Fu allora che Papa Gelasio rovistando fra le reliquie e le leggende  trovò un patrizio romano,Vescovo e martire di due secoli prima che poteva fare al caso suo, per via di un casto e romantico amore che lui, il Vescovo Valentino, aveva protetto. Sembra infatti che vivesse allora a Terni, Serapia, la figlia di una famiglia molto patrizia e molto cristiana Di lei si innamorò perdutamente Sabino un centurione bello, aitante e molto pagano. E’ ovvio che la cosa non piacque ai genitori della  fanciulla che, in un’epoca in cui, la tolleranza religiosa, doveva essere vicino a zero, si opposero strenuamente al nascente amore. Nell’angoscia che ne seguì  Serapia, come “ultima ratio” inviò il bel centurione a parlare con il Vescovo della città. Valentino con molto senso pratico suggerì allora al giovane di farsi cristiano e cominciò a insegnargli i primi rudimenti religiosi. Ma mentre lui era lì che si preparava al  battesimo,  Serapia s’ammalò e Vescovo e innamorato corsero insieme al suo capezzale. Che fare? Serapia era morente, Sabino, rude soldato piangeva, … A Valentino non restò altro che battezzare il centurione, unirli di gran fretta in matrimonio, e poi assistere impotente alla loro rapida e comune morte… Serapia per consunzione e Sabino per disperazione. Forse tutto il resto era perduto, ma  la festa era salva e si poteva ben celebrare all’ombra di quell’amore casto e sfortunato, senza offesa alcuna alla pubblica morale. L’amor sacro si era sostituito al profano e da allora  San Valentino ha sempre protetto i giovani innamorati.

Dall’Italia  la festa si spostò a Nord e, pur rimanendo incerta la sua evoluzione storica,  è sicuro che dopo il 1000  San Valentino era ormai presente in tutta Europa. La tradizione della festa a metà febbraio coincide col ritorno della Primavera e il periodo in cui  si credeva, almeno in Francia e in Inghilterra, che gli uccelli cominciavano ad accoppiarsi. Da loro al resto degli innamorati, il passo, almeno secondo gli studiosi, sembra sia stato breve e logico. Era, il Medioevo, anche il periodo dell'”Amor cortese”, che comincia a farsi strada proprio attorno al XII secolo. C’è il culto della donna vista dall’amante solo come essere irraggiungibile e come tale degno di totale  venerazione… E a  volte si può venerarla anche senza averla mai vista! Chi non ricorda Jauffrè  Rudel che dopo aver traversato, in nave, tutto il Mediterraneo incontrò la sua amata Melisenda solo in punto di morte? E’ certo che quel giorno a Tripoli di Siria doveva essere arrivato anche San Valentino…

E in America come ci  va San Valentino?  Di sicuro a  bordo delle navi dei pescatori di merluzzo e dei cacciatori di balene. Oramai era un esperto di vita marinara! A quel tempo e siamo fra il 18° e il 19° secolo, pescatori e cacciatori, per non farsi una concorrenza sleale, si erano  messi d’accordo di tornare, sulle coste del Massachussets, tutti nello stesso giorno, in modo da offrire, in contemporanea, il loro pescato,  ai compratori  in attesa al porto. La data d’arrivo era fissata  al 14 febbraio … Ma al porto  c’erano anche le mogli. le fidanzate e le ragazze. Se la pesca era andata bene ci sarebbero stati anche i soldi per i fidanzamenti  e i matrimoni. Così nei lunghi giorni di navigazione i marinai intanto preparavano i doni per le donne amate, quei piccoli ingenui “Sailor’s Valentines” costituiti da conchiglie incise, ricamini, intagli in legno che si evolveranno poi nelle cartoline  d’auguri che nella seconda metà dell’800, invasero il mondo.

Cartoline famose sono state quelle di Esther Hwland che, ispirandosi a una più antica  tradizione inglese, artigianale e casalinga, le cominciò a produrre su scala industriale , penetrando nell’immaginario collettivo e nella cultura popolare, finché non furono soppiantate, verso la fine del secolo, dallo scambio di regali. E allora furon mazzi di fiori, gioielli, cioccolatini e un’infinità di altri dolci spesso col color rosso in bellavista e il cuore nella forma, come simbolo d’amore.

Per  il Vostro, per il Nostro e per il San Valentino di tutti ecco la:

TORTA DI SAN VALENTINO CON PANNA E FRAGOLE

INGREDIENTI per il Pan di Spagna : 4 uova, 65 grammi di farina 00, 55 grammi di fecola di patate ,125 grammi di zucchero, 1/2 bustina di lievito, 1 bustina di vanillina.

INGREDIENTI PER IL RIPIENO: 500 grammi di panna zuccherata, 500 grammi di fragole, 7 cucchiai di zucchero.

PREPARAZIONE del Pan di Spagna: separate  gli albumi dai tuorli e montarli a neve. Aggiungetevi poi i tuorli e lo zucchero amalgamando con  una frusta elettrica. Aggiungere la farina,la fecola di patate, la vanillina e il lievito e seguitate ad amalgamare per alcuni minuti sino a quando il composto non risulti perfettamente omogeneo. Travasare in una teglia di circa 25 cm di diametro già  imburrata e cuocete per circa 25 minuti a forno pre – riscaldato a 180°C.

PREPARAZIONE DEL RIPIENO: Montate la panna con lo zucchero a neve ferma,tenendo presente che la quantità di zucchero può leggermente variare  a seconda dei gusti personali. Lavate e tagliate a pezzi le fragole, operazione che è preferibile fare ancor prima di iniziare la lavorazione del Pan di Spagna in modo che le fragole emettano più succo. Lasciatene alcune intere per la decorazione finale a seconda del disegno  che intendete fare sul top della torta. Tagliare in orizzontale il Pan di Spagna e mettete uno dei due rischi ricavati  già sul piatto di presentazione, bagnatelo con il succo delle fragole e se non dovesse bastare allungatelo con un poco di acqua. Sopra versate metà della panna montata su cui adagerete  le fragole a pezzi, meno quelle da serbare per la decorazione. Chiudete con il secondo disco di Pan di Spagna anch’esso imbevuto di succo di fragole. Infine ricoprite la torta con la restante panna e decorate apiacere preferibilmente formando uno o più cuoricini sul top.

Zeppole di San Giuseppe

PRIMAVERCarnevale e Primavera, qualcosa che nasce e il vecchio che muore, un legame  che sorge tanto tempo fa e attraversa i secoli, si rinnova, si modifica ed è  sempre vitale e pieno di passione. Ma che brutta fine quella di Carnevale!  E’ un giorno  in cui si balla, si canta e si beve e, all’improvviso, proprio lui, il Re della festa, cade in disgrazia. Per tutti  è il grande colpevole. E’ lui  il responsabile dei mali dell’anno passato. E lui  che deve pagare! Così, di botto, la scena diventa concitata, il Re viene con violenza strappato alla festa, processato e subito condannato. Al Bosa-le-anime-bianche-del-carnevale-intorno-al-rogo-del-fantoccio-di-Gioldzi-e1329060450930rogo!  E poi, se rimane tempo gli faranno il funerale! Per fortuna il suo sacrificio non sarà stato invano.In tutti i riti di carnevale c’è sempre  l’elemento del fuoco che  tutto purifica e in questo modo si riesce a ottenere la benevolenza degli  dei. Così la natura può rinnovarsi, fecondarsi e il raccolto sarà di sicuro abbondante.

E finalmente arriva Primavera! A Roma, la prima festa di Primavera erano i “Liberalia”. Liber Pater e la sua sposa Libera proteggevano la vite,  il grano, le sementi e tutta la natura che proprio allora comincia a crescere. Allo stesso modo proteggevano e assistevano i giovani che si affacciavano all’età adulta, affinché il loro cammino, attraverso la vita, fosse felice. Così il 17  di marzo i ragazzi che compivano 16 anni deponevano la collanina e la “toga praetexta” per indossare la toga virile, con la benedizione  di Liber Pater e Libera, che diventavano i loro genitori nel rito di passaggio.

Poi tutti scendevano in strada a festeggiare e, le Sacerdotesse, vestite a festa e con l’edera fra i capelli, vendevano  frittelle di frumento al miele, simbolo dei prodotti genuini della terra.

Dopo si formava una processione, preceduta da un fallo, ben visibile, posto in cima a una pertica per inneggiare alla natura che si riproduceva e prometteva un buon raccolto. Dato che Liber Pater era anche il Dio del vino, era fatale che si bevesse un po’ troppo e, come a volte succede anche oggi, qualche canto diventava un po’ licenzioso e i benpensanti dicevano addirittura osceno. Ma appena la processione giungeva al termine, la più rispettabile delle matrone presenti alla festa, aveva il compito di ricoprire subito il fallo con una corona di fiori… e tutto tornava alla normalità.

Poi quando il Cristianesimo divenne religione di Stato le feste pagane furono soppresse… .

liber_paterMa intanto Primavera seguitava a venire tutti gli anni e sarebbe stato un vero peccato non festeggiarla più! Carnevale poi, cacciato dalla porta un pò per volta, era rientrato dalla finestra! Le tessere del puzzle cominciavano a ricombaciare anche perché, un Padre spirituale e di grande levatura, i Cristiani ce l’avevano anche loro ed era S. Giuseppe, la cui festa cade il 19 marzo. Guarda che 450px-Dartmouth_bonfirencombinazione, quasi lo stesso giorno in cui i Romani festeggiavano il loro Liber Pater!

Il quadro ormai si è ricomposto e  Carnevale  oggi non è più il simbolo del peccato e dei cattivi costumi, ma anzi è tenuto in grande considerazione  perchè ha valore storico e bellezza estetica tanto che, l’Unesco, ne ha presi diversi sotto la sua protezione.

E fra Carnevale e Primavera c’è sempre il fuoco, gioioso, purificatore, divertente. Quasi sempre a bruciare è il povero Carnevale, a cui spesso si aggiunge lo scoppiettio dei fuochi artificiali. Ma anche nelle notti in cui si avvicina Primavera, si dà fuoco alle sterpaglie, alle fascine, ad altri pupazzi sacrificali e in mezza Europa corrono i Vigili del Fuoco a sorvegliare le Fallas di Valencia in Spagna o le “Vampe ” di Misilmeri in Sicilia. I falò della Val di Trebbia,in  Liguria, anch’essi legati all’Equinozio di Primavera e che già esistevano in epoca pre -romana, pare che siano stati reintrodotti  dai Monaci irlandesi di San Colombano. Arrivati nel VII secolo, nel loro misticismo così legato alla natura, i Monaci vedevano nel fuoco la luce che sconfigge le tenebre del peccato.

E San Giuseppe? Lui come Padre  di Gesù è anche il Padre di tutti, ma soprattutto dei più poveri, in memoria di quando Lui e Maria, in attesa del Bimbo, si videro rifiutare da tutti l’ospitalità di una notte. Oggi in riparazione del male di allora in molte località si offre un banchetto ai più poveri e sono i ricchi del paese a servire in tavola.

A  Roma poi sanno con assoluta  certezza che San Giuseppe, quando riparò in Egitto con Maria, non  trovando lavoro come ebanista si mise a vendere frittelle, cosicché  oltre a chiamarlo S. Giuseppe Falegname, spesso lo chiamano anche San Giuseppe Frittellaro. E’ per questo motivo che in suo onore, in molte località d’Italia si preparano tanti deliziosi dolci fritti. Fra esse ci sono anche anche  quelle famose, colorate  frittelle sicuramente eredi delle feste Romane e della Fuga in Egitto, che sono le “Zeppole di San Giuseppe” e di cui Napoli, in particolare, vanta la prima ricetta scritta nei primi decenni del XIX Secolo.

ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPEvarie_0113n

INGREDIENTI (per 6 – 8 persone):  Per laPasta: 6 uova, 300 grammi di farina, 50 grammi di burro, 1/2 litro di acqua, zucchero a velo. Per la Crema Pasticcera: 50 cl di latte, 2 uova,100 grammi di zucchero,80 grammi di farina, 1 limone. Inoltre occorrono  amarene sciroppate per decorare al top le zeppole e olio per friggere extra vergine di oliva, sale q.b.

PREPARAZIONE della Pasta:  versare in una pentola l’acqua unitamente al burro e a un pizzico di sale e porre sul fuoco a fiamma media. Quando l’acqua comincerà a fare le prime bollicine, senza bollire completamente, versare la farina passata al setaccio tutta assieme e mescolare con la frusta per circa 10 minuti o fino a quando il composto non si storiastaccherà dalle pareti della pentola.

Spegnere il fuoco e aggiungere 6 uova, uno alla volta, seguitando a girare l’impasto con una frusta elettrica, finchè non sia perfettamente amalgamato. Lasciar riposare per 30 minuti circa.

PREPARAZIONE della Crema Pasticcera: lavorare in un recipiente con la frusta elettrica lo zucchero con i tuorli di 2 uova fino ad ottenere  un composto  quasi bianco e spumoso. Aggiungere la farina, setacciandola con un colino, per non formare grumi, aggiungere poi il latte e  e due pezzi di buccia di limone.

Porre il recipiente sul fuoco a fiamma media e addensare la crema senza far bollire, mescolando con un cucchiaio di legno. Togliere le bucce di limone e far raffreddare.

FRITTURA DELLE ZEPPOLE: riempire di olio una casseruola dai bordi alti, tenendo presente che le zeppole devono friggere completamente ricoperte di olio, altrimenti non si gonfiano. Mettere la  casseruola sul fuoco a fiamma media.

Riempire di pasta una siringa da pasticciere con la bocca larga e premere il composto in un piattino da caffè unto di olio, dandogli la forma arrotondata di una ciambella. Far scivolare una zeppola per volta  nella casseruola, nell’olio ben caldo, ma non fumante e cuocerla sino a quando si gonfi. Alzare leggermente la fiamma per farla colorire, toglierla dalla padella con il mestolo forato e metterla a scolare su carta assorbente. Proseguire la cottura,una per volta delle restanti zeppole, facendo attenzione che l’olio non sia troppo caldo.

COMPLETAMENTO delle Zeppole: quando le zeppole si saranno raffreddate, cospargerle di zucchero a velo, porre nel mezzo un ciuffo di crema, utilizzando la siringa da pasticciere e  al centro della crema porre un’amarena sciroppata.

037 b Giuseppe Carelli - Scorci di paesaggio

KASHA, DALLA RUSSIA CON AMORE!

DownloadedFilePrima della conversione, nelle terre di Russia il consumo di carne era più abbondante ed esclusivo. Poi, una volta che prese piede il Cristianesimo, più o meno attorno all’anno 1000, cominciarono a farsi sentire i rigori della Chiesa Ortodossa che fra l’ altro  si esprimevano  anche con l’obbligo del digiuno per circa la metà dei giorni dell’anno. A quel punto o si moriva di fame o si aguzzava l’ingegno! Così  oltre al consumo del pesce, dei frutti di bosco e della frutta secca aumentò in misura sensibilissima il consumo di verdure e cereali, tutti alimenti che fortunatamente non rientravano  fra i cibi  proibiti. E’ per questo che se chiedete ancora oggi a un russo di definire in sintesi, l’essenza della cucina russa vi sentirete rispondere Tshi e Kasha, cioè zuppa e porridge o se vogliamo anche una sorta di budino o addirittura una specie di polenta, a far da base. Mentre la zuppa di cavolo è sempre stata una caratteristica della cucina popolare più tipica che, per tutto il XX secolo, ha seguitato a impregnare d’odore  i tristi condomini dei Soviet, più differenziata  è stata la sorte della Kasha che, nel suo infinito trasformismo  fra dolce e salato è riuscita a raggiungere  spesso anche le cucine dei nobili. Già nel XIII secolo, le cronache del tempo raccontano che a Toropetz, nel 1239, in occasione  delle nozze del Principe Alexander Jaroslavic con Alexandra Bryatchilav di Poloc fu organizzata una grande festa dominata  dalla Kasha al cui interno  si mischiò di tutto, dai fomaggi, al miele  dalle noci ai deliziosi frutti di bosco e, perché no, anche la carne, perché sicuramente, quello non era giorno di digiuno. La festa dei giovani principi doveva essere stata molto bella, ma dopo non ebbero più  molto tempo a disposizione.

Alexander fu improvvisamente chiamato dalla Città di Novgorod per difendere le terre a Nord Ovest, minacciate dagli svedesi e dai tedeschi. Con un senso del tempismo, eccezionale per un ragazzo di appena 20 anni, li attaccò mentre goffi e impacciati stavano scendendo dalle navi, alla confluenza dei Fiumi Izora e Neva e fu una grande vittoria. Ai tedeschi e agli svedesi passarono  le velleità di invadere la Russia, anche se poi, qualcuno  di corta memoria, nei secoli a venire ci riprovò, ma senza molto successo. Per Akexander fu un trionfo e da quel momento e per tutti i secoli a venire fu Nevski, in ricordo del fiume deve si era svolta la battaglia.Nevsky

Ma la gratitudine umana, non dura a lungo e, passato il pericolo, i Boiari, cioè  i nobili  di Novgorod si schierarono contro Alexander, che fu costretto ad andarsene. Ma  chissà le risate che si  fece quando dopo pochi mesi lo chiamarono di nuovo perchè stavano arrivando i Cavalieri Tteutonici, quelli che  mettevano paura già  da lontano solo a vederli con quei minacciosi mantelli bianchi e quegli luccicanti elmi che sembravano maschere crudeli di vampiri o della morte stessa.

Ma anche stavolta la tattica di Alessandro fu geniale. Al primo attacco, su una strettoia del Lago Peipus ancora ghiacciato, finse di ritirarsi e situò i suoi fanti,- tutto il popolo di Novgorod che poco sapeva di armi, ma parecchio  di Patria – in una posizione di discreto vantaggio, in modo da cominciare a sfibrare i Cavalieri Teutonici  terribilmente a disagio su quel ghiaccio scivoloso. Poi dopo 3 ore comandò l’attacco degli arceri mongoli sino a quel momento tenuti nascosti. Solo alla fine, tirò fuorilal sua cavalleria, come l’asso della manica. Al solo vederla i Cavalieri Teutonici, già con molte perdite, batterono in ritirata, ma l’unica via di fuga ormai era solo il lago ghiacciato. Era Aprile e  anche per la  fredda  Russia cominciava il disgelo. Appesantita dalle pesanti armature e  dai cavalli spaventati, la sottile coltre di ghiaccio cedette.  Una surreale, tormentata, drammatica visione di tutto quel bianco che si confondeva, si mischiava, si agitava e scmpariva  nel ghiaccio crepitante e nell’acqua gelida. Così tanti anni dopo ce l’ha restituita Sergej Eisenstein e ogni volta che si rivede la scena del film  è sempre sgomento e commozione.

Niewski  tornò a Novgorod e da quel momento ci rimase, come Principe. Ma  doveva essere  anche molto contento  e fiero della popolazione,  che aveva lasciato l’intera città sguarnita, per correre in battaglia e rischiare il tutto per tutto. Così tutti assieme fecero una festa memorabile di cui gli annali del tempo non hanno potuto fare a meno di segnalare il banchetto  che fu tutto a base di tanti diversi Kasha.

hess-battaglia-di-malo-iaroslawetzIl tempo passa sulla Russia, ma la Kasha seguita ad avere un suo posto d’onore anche quando Pietro il Grande nel 1700, si avvicina all’Europa per rendere un pò più civile quel suo popolo rimasto testardamente al Medioevo. Poi addirittura, pochi decenni più tardi, la Kacha riceve una nuova patente di nobiltà da parte del Ministro delle Finanze dello Czar, il nobile Dimitri  Gurev, che per avendo salvato la moneta russa dalla spregiudicata azione di Napoleone tutta tesa a indebolirla, durante la Campagna di Russia, finì alla fine per essere ricordato per una versione tutta sua e tutta particolare di questa strana ricetta, che nasce come piatto del popolo, sfruttando tutti i numeroso cereali che la Russia produce e poi finisce, quasi inevitabilmente, per appassionare i nobili di turno, che probabilmente vedono in essa lo spirito indomito dell’anima russa.  E visto che, oramai la fama del cuoco, il ministro se l’è fatta scegliamo fra le tante versioni della Kasha, proprio la sua ,

GUREVSKAIA  KASHA

Portate a bollore 0,7- 0,8 di litro di latte, aggiungete 50 grammi di zucchero in polvere, 5 grammi di sale e rimescolate. Lasciate cadere a pioggia 200 grammi di semolino gurevskaia-kashamescolando rapidamente. Quando la kasha comincera’ ad addensarsi abbassate il fuoco e cuocere ancora per 10 minuti continuando a rimescolare. Fuori del fuoco aggiungete 40 grammi di burro, 4 bianchi d’uovo sbattuti insieme a 80 grammi di zucchero in polvere, 40-50 grammi di nocciole tritate finemente e un po’ di vaniglina. Mescolate attentamente e versate il composto in 3 teglie o pirofile poco profonde. Pareggiate le superfici, coprite di zucchero in polvere e carmellatelo con l’aiuto di una griglia cadissa. Mettete le teglie in forno caldissimo per 5-7 minuti.

Togliete la kasha cotta dalle teglie e passate alla preparazione della panna. Prendete una pentola larga e bassa, versatevi del latte e mettetela in forno caldo. Quando la panna venuta alla superfice sara’ colorita toglietela e mettetela da parte. Rimettete la teglia nel forno e togliete nuovamente la panna colorita.

Accomodate le tre porzioni di kasha in un piatto una sull’altra mettendo la panna cotta tra l’una e l’altra. Decorate l’ultimo strato con frutta cotta o sciroppata mele, pere, pesche, bacche e nocciole e mandorle trittate. Innaffiate con sciroppo di fragole o lamponi (si puo’ usare lo sciroppo pronto o prepararlo allungando con acqua un po’ di marmellata).

Alcuni preparano la kasha du Gurev senza panna. E’ piu’ rapido ed e’ buona lo stesso. In questo caso la kasha si serve direttamente nelle pirofile decorandone la superfice.

Si serve con latte freddo.

2004-11-novgorod2