Mina, Cremona e le frittelle di zucchine!

Successo era  il suo destino… A 13 anni il padre la iscrive a un circolo di nuoto della Cremona bene e la ragazza, solo per divertirsi, arriva subito seconda in una gara regionale! Chissà che carriera avrebbe fatto  se non ci  fosse stata in mezzo  nonna Amelia che da giovane era cantante lirica… Si sa come vanno  queste cose… spesso  si fa proiezione su figli e nipoti delle passioni  incompiute… E fu così che Mina cominciò a suonare il pianoforte…  Ma i quieti, solitari esercizi non erano per questa ragazza, troppo alta, sempre un po’ a disagio e timidissima, ma anche scatenata e coraggiosa…  La sua via alla  musica  è  voglia di cantare, di muoversi,  di tirar fuori  il ritmo e l’agitazione che  le esplodono dentro… In fondo le bastava cantare alle feste dei compagni di scuola… Ma il successo era ben registrato nel suo DNA.

Una notte dell’estate del 1958, in vacanza,  gli amici scherzando la sfidano a salire sul palco della Bussola, il mitico locale di Marina di Pietrasanta,  E’ appena terminato lo spettacolo … E lei, meravigliandosi da sola, chiede  senza alcun imbarazzo il microfono a Don Marito Barreto il cantante – night che allora andava per la maggiore in tutta Italia. Impazziscono subito per questa giovanissima cantante inesperta… In realtà erano anni che si nutriva  di “mostri sacri” americani  Frank Sinatra, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Elvis Presley. La gestualità stravagante  del corpo e delle lunghe braccia quasi allo sbando, con  cui  accompagna  il ritmo, erano invece  istintivi  e tutti suoi…

Ed è  presto balera, un’estate in giro  fra il popolo delle vacanze, con il pubblico  in delirio che chiede a lei i bis  riservati ai big della canzone melodica. Così si ricorda  Mina   ” Cinquant’anni spaccati fa, una lungagnona col vestito da cocktail sottratto di nascosto alla madre, saliva sul palco traballante di una balera lombarda. Si ricorda che l’abito era blu e bianco. Lucido. Si ricorda che dopo aver cantato la prima canzone, il titolo? no, è troppo, si arrabbiò perché la gente applaudiva… Io canto per me, cosa c’entrano loro?” E poi di corsa a casa  a riporre nell’armadio il vestito, perchè non si accorgessero che era uscita di sera…  Quelli non erano ancora tempi!421px-mina_le_mille_bolle_blu_bis

Ma erano i tempi   in cui si affermano  giovani   come Adriano Celentano, Tony Dallara, Giorgio Gaber, Joe Sentieri, Little Tony  … Il loro è un canto di rivolta contro lo sdolcinato mondo di Sanremo e dintorni d’Italia.  Si chiama Rock and roll, ma all’inizio il termine è ancora ostico e  li chiameranno “urlatori”…  Mina è una di loro e la sua  più ironica e beffarda rivoluzione inizio carriera si chiama “Nessuno”. Una nostalgica, supplice canzone reduce dal grande ” Festival” che Mina farà diventare un canto aggressivo, sincopato e disperato… E il successo  stavolta  arriva sfolgorante.

Difficile definire Mina …  Si fa  presto a  dire  soprano drammatico d’agilità,… voce  con un timbro caldo e personalissimo, ampio, esteso agile…  Senza  però l’impostazione accademica del soprano classico…. Ma quando si è detto questo non si è ancora detto nulla…   Mina  non  è mai andata a scuola, ma  è stata un vero animale da palcoscenico…  Una showgier istintiva, magnetica eclettica  … E  tale rese la sua voce, tanto da farne un unicum… Altri potevano avere la sua stessa potenza vocale… Nessuno la sua duttilità..  Capace di affrontare   generi musicali  più diversi e dissonanti fra di loro, probabilmente unica nel panorama musicale mondiale. E così si rivelò all’improvviso, quando dopo il successo di urlatrice si impossessò de “Il cielo in una stanza”  appena inventata da Gino Paoli e ne fece un cantico di raffinata emozione interiore…

Per Sanremo era troppo moderna… non l’accettarono e la relegarono, ma inevitabile fu l’arrivo e l’ irresistibile  ascesa in televisione, ospite, cantante, conduttrice, ballerina…  Chi in Italia  era qualcuno andava ai suoi spettacoli … Da Sordi a Celentano a Totò …  Finchè  un giorno lei convocò una conferenza stampa… Era incinta, disse  e quel giovine e biondo attore al suo fianco era il suo compagno, il padre del suo bambino… Ma lui era già sposato e nell’Italia del 1963 il divorzio era di là da venire…  La Chiesa Cattolica e  la Democrazia Cristiana, partito di maggioranza, controllavano discretamente e nemmeno troppo la Tv,  tutta di Stato, dove le famiglie cui era dedicata,  non dovevano  essere turbate  da costumi e comportamenti immorali.  Fu allora ostracismo, cancellazione, ira  e Mina a 23 anni provò anche la fine totale del successo, la solitudine, l’amarezza… “Il massimo- ricorderà anni dopo –  è stata una foto su “Epoca” dove io ridevo con Corrado con il mio pancione, tranquilla, e sotto scritto “Cosa avrà da ridere?”, guarda che è il massimo, me la ricorderò tutta la vita  una cosa del genere. Per cui capisci tu l’atteggiamento della stampa: me ne hanno tirato addosso delle badilate »

Il pubblico e la Bussola non l’abbandonarono, ma ci  volle tempo prima che la richiamassero in TV e lei tornò più bella e brillante di prima…  Non era più la ragazzina dal viso spiritoso, a volte clownesco. Ora aveva  un aspetto alieno ed  enormi occhi dal trucco nero su un viso diafano, quasi trasparente …  Andò di successo in  successo, ma qualche molla si doveva essere rotta dentro…   Suo fratello morì in un incidente d’auto, il giornalista che aveva sposato, quando finì il rapporto con Corrado Pani, morì in un incidente d’auto…  Forse le era venuta  paura per i figli… Era  quella un’ epoca  in cui  sequestravano  politici  e celebrità, in un’ Italia dove rapina e terrorismo  si confondevano…

Era l’anno 1978 quando Mina scomparve… Aveva 38 anni ed era al massimo del suo fascino e del suo successo.  Andò in Svizzera in una villa  molto protetta…  Con un nuovo compagno, un medico… che non riuscì a impedirle di diventare, in pochissimo tempo una robusta  signora  quasi di mezz’età, dove  nel viso si riconoscevano solo quegli immensi strani occhi… Ci furono solo poche immagini strappate con il  teleobiettivo e non ci vuole la psicanalisi  per capire il perché del cambiamento…   Il suo fisico disfatto  era l’arma più potente  per stare lontano dai riflettori e non cedere a tentazioni di ritorno….  Di lei volle che restasse solo la voce.  Quasi tutti gli anni  usci un nuovo album che  fu sempre successo  mentre lei diventava  un mito… così vicino, così lontano. Ci vollero oltre 20 anni perché tornasse a farsi vedere… in una sala di incisione… Aveva più di 60 anni ed era  di nuovo bella e  magra  come una nordica Walkiria  dalla lunga treccia bionda sulle spalle….

Mina ormi da anni è cittadina svizzera, anche se non ha mai rinunciato a  essere  italiana…. E Cremona dove è  cresciuta le è rimasta nel cuore … Una città bellissima famosa per  il Torrazzo, il Torrone e gli Stradivari, con molte industrie alimentari, ma ancora con una  grande  agricoltura che  è stata all’origine del benessere della città.

In onore di  Mina una delle  più illustri cittadine di Cremona, capace di apprezzare i prodotti genuini della terra,  abbiamo scelto questo piatto semplice e allegro.

FRITTELLE DI ZUCCHINE DI CREMONA

INGREDIENTI per 4 persone: 600 grammi di zucchine, 4 uova ,100 g di grana grattugiato 50 g di farina 1/2 bicchiere di latte, sale , olio extra vergine di oliva.

PREPARAZIONE:bloglive_c9630356db9f63098850d1be36a3b35d1

Si tratta di un piatto primaverile ed estivo, da preparare in coincidenza con l’apparire in pianta delle zucchine. Da evitare  le zucchine surgelate che  hanno pochissimo sapore e da preferire,  fra quelle fresche, le zucchine cosiddette “romanesche”, dalle coste più in evidenza,  il colore più chiaro, le striature bianche  accentuate, la polpa bianchissima, che contengono meno acqua delle altre specie. Per verificarne la freschezza è meglio acquistarle con il fiore ancora attaccato, che fa da spia… La zucchina è una verdura molto delicata e se non è fresca diventa amara  e può rovinare il sapore degli altri cibi.  Fin dall’antichità venivano utilizzare per favorire il sonno e  rilassare la mente ed è inoltre provato che l’azione delle zucchine sulla  pelle è molto benefica  perché favorisce l’abbronzatura ( data la presenza di  vitamina A) e ne combatte l’invecchiamento. Nella preparazione dunque di questo  semplice, ma delizioso piatto,  iniziate con lo staccare il fiore a un’estremità  ( se ve le hanno vendute con il fiore attaccato) e la parte dura all’altra estremità. Aprite i fiori e staccatene gambo e pistillo. Poi lavate e asciugate zucchine e fiori,  tagliatele a piccolissimi pezzi e frullatele. In una ciotola sbattete le uova con il latte, la farina e il grana. Unite il composto di zucchine, salate e pepate. Portate ad alta  temperatura l’olio e friggete il composto a cucchiaiate. Fate dorare bene le frittelle da ogni lato, salatele e quindi mettete a scolare l’unto in eccesso su un foglio di carta assorbente prima di servirle ancora calde. Per l’olio si consiglia, come sempre, quello extra vergine di oliva, che anche a temperature elevate non sviluppa elementi cancerogeni. D’altro canto poiché l’olio si prepara in autunno e il piatto della ricetta è prevalentemente estivo, ci sono stati diversi mesi per perdere il sapore più accentuato, che è tipico dell’olio  appena uscito dal frantoio,  ma che nel fritto potrebbe  disturbare .

 

Elvis Presley… e il cheeseburger!

Non era un attivista, nè un politico, nè tanto meno un predicatore, ma se c’è stato qualcuno che fra gli anni ’50 e ’60 ha dato un fortissimo contributo a risolvere il problema dell’integrazione fra bianchi e neri, quel qualcuno è stato quel ragazzo cresciuto a Memphis, che il problema della diversità non se lo è mai posto.

A Tupelo, nel Mississipi, dove visse i suoi primi anni, i giorni di festa sentiva la musica nella Chiesa Evangelica, ma gli altri giorni della settimana era inevitabile che gli giungessero  le sonorità afro americane dal quartiere dei neri, a pochi passi dalla loro povera casa, che non aveva trovato posto fra quelle dei bianchi. Aveva già una chitarra quando si trasferirono a Menphis e sapeva fare i primi accordi.

In un’ America dominata dal ritorno all’ordine, dove il taglio dei capelli era simile a quello dei militari  e l’abbigliamento più appropriato per i giovani era un’anonima T- shirt, Elvis appena adolescente dovette sorprendere non poco i suoi compagni di scuola! Portava le basette e un grande ciuffo sulla fronte e lui, ragazzo bianco, i vestiti  se li andava a comprare a due soldi nei mercatini di Beele Street. Divisa dal quartiere bianco, Beele Street è la mitica strada di colore che già nell”800 era stata il  punto di incontro dei musicisti neri che tenevano gli spettacoli sui battelli  in viaggio sul Missisipi, poi era diventata la patria del  “Memphis Blues” prima con il trombettista WC Handy e  poi con le leggende del jazz come BB King, Louis Armstrong, Albert King e tanti altri.  Elvis andava a comprarvi i suoi sgargianti abiti che gli servivano a nascondere la timidezza e mentre era lì ascoltava tutta la musica nera che riusciva a percepire e interiorizzare. Quando tornava nel quartiere dei bianchi l’aspettava la musica melodica delle canzonette e il “country ” con la mitologia della frontiera. Allora persino le emittenti radio erano divise fra quelle che trasmettevano musica bianca e musica nera ed Elvis risolveva il problema ascoltandole tutte. In questo suo atteggiamento disinibito, che gli faceva attraversare le diversità nella totale assenza di pregiudizi e nella immediata e totale capacità di sintesi, sta la grandezza di Elvis Presley.  Canzoni e  presenza scenica erano nuove e personalissime ma dentro, in una mirabile e irripetibile fusione c’è il grande passato della musica classica, del jazz e del folk e il futuro del R&B e del Rock.

That’s All Right (Mama), Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight, Baby Let’s Play House furono i suoi trampolini di lancio e allora, la sua casa  discografica, lo cedette  nel 1955 alla RCA, perchè era diventata troppo piccola cosa per l’astro nascente. Lì fu affidato alle cure del Colonnello Tom Parker, che fu il suo manager sino alla fine e sicuramente la persona più importante nella vita di Elvis Presley.

Parker usciva vincente da un’intuizione all’altra, si trattasse di televisione o di gadgets, il mito di Elvis entrava nelle case degli americani. Certo l’impatto televisivo sull’America benpensante fu addirittura uno choc e per un pò di tempo proibirono di filmare il cantante dalla vita in giù, tanto li lasciavano  turbati le movenze  afro – sexy  di Elvis, soprannominato “The Pelvis”, ma  “Hearthbreak Hotel” e “Jailhouse Rock” e altre canzoni  di quell’epoca rimangono fra le più vendute in tutta la storia della musica.

Mentre il Colonnello Parker gli stava spalancando le porte del cinema, dopo 4 film, Elvis nel 1958 partì per il servizio militare. Un periodo davvero difficile, prima con la morte della madre, di cui Elvis non riuscì mai a elaborate il lutto, poi la partenza per la Germania e la carriera a rischio con quella lontananza forzata dalle scene di quasi due anni. Ma il capace manager riuscì a trasformare la partenza e il soggiorno in Germania in un evento mediatico con Elvis in divisa militare e con i capelli cortissimi, per la prima e unica volta in vita sua. I dischi editi e inediti li faceva uscire a ritmo scadenzato e i gadget …divennero l’affare del secolo.

I problemi, anche se all’inizio nessuno li poteva supporre, arrivarono con il ritorno di Elvis. Praticamente Parker lo annullò come cantante  svendendolo a ritmo serratissimo in poveri e stupidi film di cassetta dove tuttavia il guadagno, almeno  fino a metà degli anni ’60 fu elevatissimo, ma, di 33 film girati, quelli appena passabili non erano più di quattro. Tuttavia Elvis sapeva recitare e di questo se ne accorsero in parecchi. Già in passato aveva dovuto rinunciare a ruoli significativi per l’avidità di Parker, adesso fu la volta di “Un Uomo da Marciapiede” nella parte che poi fu di Jon Voight. Parker di nuovo chiese troppo ed Elvis perse  la possibilità di imporsi in un cinema di buon livello.

Dopo anni  di insuccessi sia di di pubblico che di guadagni, per Elvis l’unica vera possibilità era tornare alla musica. I tempi erano cambiati, si erano imposti 004_priscilia_elvis_presley_theredlistaltri miti come i Beatles e i Rolling Stones e il rischio per Elvis era alto anche perché il rientro era stabilito in televisione, con uno special natalizio diretto da Steve Binder.

Ma Elvis era sempre Elvis! Scomparsi i chili di troppo che si erano affacciati negli ultimi film, fasciato in un lucido completo nero, l’impeto  e la forza della sua performance ne fecero un successo vertiginoso che per ricordarlo, lo spettacolo fu poi semplicemente chiamato il “68 Comeback Special.”

Ma qualcosa si era rotto nell’equilibrio di Elvis. Il successo era tornato, ma tenerlo stretto doveva essere difficile anche per un genio. Fra il 1970 e il 1976 si sottopose a un ritmo frenetico di spettacoli, circa 1000 in sei anni al ritmo di uno ogni tre giorni circa…   E gli psicofarmaci divennero  di casa nella sua bellissima villa di Graceland, a Memphis dove un pò per volta fini per rinchiudersi, uscendone solo per i tour. Mangiava male e tendeva ad ingrassare. Poi doveva dimagrire in fretta se c’era qualche impegno a scadenza ravvicinata. C’è una foto del  1970, ricevuto dal Presidente Nixon, in cui il fisico di Elvis è, a dir poco, trasandato e stanco. La moglie Priscilla cominciò  a non sopportare più il suo disordine e le altre donne e, nel 1972  lo lasciò, portandosi via la bambina. Lui la rimpianse per sempre ma non ci fu più niente da fare.

E’ del 1973 l’ultimo successo planetario e forse l’ultima volta che Elvis apparve in gran forma. Via satellite si calcola che un miliardo di persone abbia visto “Elvis – Aloha from Hawaii”

BeFunky_elvis_presley_wallpaper_6-normal.jpgDopo ci sono troppi ricoveri negli ospedali  a cui seguivano ossessivamente altri spettacoli e altri viaggi, senza un attimo di respiro. E’ possibile che nessuno l’abbia fermato in tempo, che nessuno l’abbia costretto a riposare, a staccarsi da quella terribile dipendenza dagli psicofarmaci?  Ci voleva così poco a capirlo, ma nessuno ha voluto farlo. Elvis era una macchina che produceva tanti soldi e il meccanismo non si poteva rallentare… finché per suo conto, un giorno  si è spezzato. Elvis aveva solo 42 anni e forse poteva ancora essere felice…

Negli ultimi tempi della sua vita  ebbe  un pessimo rapporto anche con il cibo. E’ evidente che cercava una compensazione alla paura, allo stress, alla stanchezza.Ma anche questo sintomo nessuno l’ha voluto capire o tenerne conto, fra manager, medici e servi sciocchi che gli giravano attorno.

Ma dei tempi buoni, quando era un ragazzo molto giovane  e non aveva  le angosce e le ansie che l’avrebbero distrutto ci è rimasto il ricordo dei suoi indimenticabili “Cheeseburger” che   sono entrati a far parte del mito di Elvis, come simbolo di un ‘America in cui vivo è ancora il ricordo della frontiera e di quella musica country che  accompagnava i semplici pasti dei pionieri e le carni arrostite  sulla griglia…

CHEESEBURGER CLASSICO

INGREDIENTI per 4 persone: 4 Hamburger di 130 grammi ognuno, 4 buns per hamburger, 4 foglie di insalata, 12 fette di pomodoro, 4 cetriolini in salamoia, 4 fettine di formaggio Cheddar o Monterey Jack o Emmenthaler, 1 cipolla rossa, salsa Jack Daniels.

PREPARAZIONE: salate e pepate i 4 hamburger prima di cuocerli.Preriscaldate la piastra liscia o la griglia, cuocete a fuoco alto per tre minuti su ciascun lato sino alla formazione della crosta. Ponete una fetta di formaggio sulla superficie di ciascun hamburger ancora caldo e lasciate fondere per qualche secondo. Mentre la carne cuoce tagliare in due ogni bun e tostare sulla piastra la parte interna per circa 1 minuto. Mettete la foglia di insalata sulla metà di ciascun bun (naturalmente non sulla parte ricoperta dai semi di sesamo), poi la carne con il formaggio aderente ad essa, aggiungete la salsa e poi sopra fette di pomodoro, anelli di cipolla e cetriolini.Ricoprite con l’altra fetta di bun… e buon appetito. E’ un piatto tutto affidato alla qualità della carne e alla freschezza del pane e delle verdure: Se gli ingredienti sono validi si tratta di un cibo sano, saporito e veloce da preparare!

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Saint Honorè ai Lamponi… al Moulin Rouge!

carnevale-tropicale-parigi-2012All’inizio i mulini erano due e giravano al vento che soffiava forte sulla collina di Montmartre! Poi li mandarono in pensione ma durò poco, perché  in un precoce recupero archeologico lì, trovò posto, un ristorante che si trasferiva all’esterno nella bella stagione dove ballare e  divertirsi  era  un  dovere morale. Un gioioso disordine pieno di gaiezza e di vivacità che divenne presto meta dei pittori, forse per quei bagliori di luce calda che brillavano sulle facce dei ballerini e delle ragazze sedute sulle panchine. Mitico Moulin de la Galette, immortalato  da Renoir e tanti altri, che fu l’ispiratore del più famoso Moulin, quello Rouge, che come tutti i figli immemori e ambiziosi finì per soppiantare il padre. In quello Rouge, il Mulino ovviamente era falso e posticcio perché  alla base della collina non tirava nemmeno un alito di vento, ma questo non impedì al locale di navigare subito a vele spiegate. Il primo miracolo lo fece “La Goulue”, la ballerina rapita da Touluose – Lautrec al Moulin de la Galette, che poi, per compensarla la immortalò  nei suoi vorticosi manifesti! Fu lì che la Goulue  esasperò il Can Can in un ritmo indiavolato dove,  l’agilità e la grazia acrobatica delle ballerine, arrivavano al culmine dell’ossessione con la fatidica “Mossa” che, i buoni borghesi della  ricca Parigi  industriale,  aspettavano avidamente ai tavoli rotondi, col grosso sigaro piantato fra le labbra.

Cafe Chantant, Teatro, Ristorante, era cominciato  tutto con il Can Can  e poi non ci fu più tregua al Moulin Rouge, almeno sino agli anni ’30 L’Operetta avrà lì uno dei suoi ultimi templi con le musiche di Offenbach, gli incantesimi della leggerezza e del buon umore, mentre si avvicinava il ciclone Mistinguett e la sua danza acrobatica,  “la Valse Chalouppe” . Il Moulin Rouge divenne una sola enorme, ricchissima scenografia  al centro della quale appariva  Mistinguette  con un’ acconciatura di piume più alta di lei e una verve così inesauribile  che fini per dettare, dal palcoscenico, uno stile di vita che, assieme alle favolose gambe, divennero un simbolo della storia di Francia.

Appena dopo, arrivò Josephine Baker e Parigi andò in visibilio. Aveva solo un  gonnellino di banane, il ritmo tutto nuovo del Charleston e le sue canzoni piccanti …  Di fronte alla scatenata ragazza  americana finì un attimo, nell’ombra, persino Mistinguett!

Poi  alla fine degli anni 30 l’Europa e Parigi non furono più le stesse e una cappa di solitudine e di dimenticanza cominciò a intristire il Music Hall. Ci vollero anni dopo la fine della guerra perché  si riacquistasse un po’ di buonumore e soprattutto di leggerezza. Al Moulin Rouge  il miracolo lo fece un coraggioso personaggio George France soprannominato Jo France, che riusci a restituirgli il  vecchio fascino e le indimenticabili serate… così ineguagliabilmente parigine. Si aggrappò a tutto e si seppe muovere con estrema disinvoltura fra serate danzanti, gala e feste di beneficenza e fu addirittura epocale  il “Bal de petits  lits blancs” del 1953, per il quale arrivarono 1.200 vedettes e artisti da tutte le parti del mondo.

Piaceva anche a Edith Piaf cantare al Moulin Rouge… Perchè era un luogo di gioia e in quel posto magico lei, la cantante dalla vita difficile, con la  voce dai toni ora aspri e ora dolcissimi, riusciva a trasmettere all’immenso pubblico, la sua inguaribile gioia di vivere.

Dopo arrivarono tutti, l’astro nascente Yves Montand, Charles Trenet, Charles Aznavour, Bourville… Elvis Presley, quand’era aParigi, non mancava mai di passare al Moulin Rouge.

E oggi ? Oggi Parigi è più Moulin Rouge che mai! Non c’è un attimo di sosta e ora che  in città è tornato il Carnevale, per poter mettere piede  al Moulin Rouge, nel grande  mese di febbraio, occorrono mesi di anticipo di prenotazioni.

E’ finalmente tornata la grande rivista, quella della tradizione, dove l’indimenticabile Can Can la fa  ancora da padrone. La danza col tempo è diventata sicuramente più raffinata e meno popolaresca, ma è sempre inconfondibile, con le coreografie sempre più raffinate e osè  che  però non hanno mai perso quella caratteristica acrobatica che ha fatto grande il ballo. La rivista attuale è un grande Musical  che si chiama Féerie e si compone di 4 scene principali accompagnate da 69 brani musicali con cento artisti fra ballerini, acrobati, maghi, e le Doriss Girls, che riprendono lo stile dei  balli di  di Las Vegas. Nella migliore  tradizione del tempo d’antan, al Moulin Rouge si mangia e si beve  mentre si vede lo spettacolo.  E, proprio come una volta, ci sono lo Champagne e menu di gran classe. In uno di questi, esclusivamente  dedicato al Carnevale 2013, abbiamo   trovato la “Torta Saint Honore ai lamponi” che, nel suo armonioso gioco di colori e nella sua elegante presentazione, vi presentiamo fra le nostre ricette.

TORTA SAINT – HONORE’ AI LAMPONI (per 6 persone)

INGREDIENTI  per la pasta sfoglia e  la pasta dei bignè: burro grammi 200, farina grammi 225, acqua grammi 125, sale 1 pizzico, 2 uova, zucchero 100 grammi, glucosio 1 cucchiaino.

INGREDIENTI per la crema pasticcera: 5 tuorli d’uovo, 150 grammi di zucchero, 100 grammi di farina, 1 litro di latte,  1 punta di vanillina, 2 fogli piccoli di colla di pesce, 1 cucchiaio di cognac e  1 cucchiaio di marsala.

INGREDIENTI per la decorazione: 300 grammi di lamponi

PREPARAZIONE: con 150 grammi di burro e 150 grammi di farina preparate la pasta sfoglia, poi  spolverizzate  di farina il tavolo e stendete la pasta all’altezza di circa un centimetro, in forma tonda.

Appoggiate un coperchio del diametro di 25 cm sulla pasta e togliete attorno la pasta eccedente lasciando tuttavia un centimetro di pasta superiore alla circonferenza del coperchio stesso. Stendete la pasta su una placca da forno leggermente unta di burro e punzecchiatela qua e là con una forchetta. Cuocete la pasta in forno a 180°C per  circa 15 minuti e poi lasciatela raffreddare. Appoggiate nuovamente il coperchio sulla pasta cotta e  togliete,questa volta completamente, la pasta eccedente.

Cominciate a preparare la pasta per i bignè con il resto del burro e della farina, 1 pizzico di sale e e le uova e quando è ben amalgamata mettetela in una tasca di tela con bocchetta rotonda liscia e di un centimetro di apertura. Ungete leggermente di burro la placca da forno e facendo pressione sulla tasca fate uscire l’impasto a formare delle pallottoline della grandezza di una noce ciascuna, da sistemare sulla placca a debita distanza l’una dalle altre.

Fatele cuocere a forno caldo di 180°C per circa 15 minuti, assicurandovi  che siano ben cotte prima di toglierle dal forno, perché altrimenti si sgonfiano. Quando saranno fredde con delle piccole forbici praticate sù di esse una piccola incisione per poi introdurvi la crema.

Per preparare la crema mettete in una casseruola lo zucchero e i tuorli di uovo, mescolate e aggiungete la farina e la punta di vanillina. Mettete sul fuoco il latte e quando sarà quasi bollente versatelo un po’ per volta sull’impasto con una frusta. Mettete il tutto sul fuoco e, mentre la crema si addensa gradatamente, portatela a bollore e lasciatela cuocere ancora 5 minuti. Mentre si fredda mescolatela di tanto in tanto per evitare che si formi la pellicina.

Mettete la crema in una tasca di tela con apertura di un centimetro e versatene un po’ in ciascun bignè. Mettete ora in una casseruolina lo zucchero, bagnatelo con 2 cucchiai di acqua, uniteci il glucosio e fatelo caramellare. Toglietelo dal fuoco e immergetevi uno alla volta con le dita  e solo in parte i bignè, poi  sistemateli in tondo sul disco di pasta sfoglia, con la parte non coperta da caramello in basso. Al centro ponete tutta la crema rimasta e adagiatevi i lamponi sopra. A piacere potete decorare ciascun bignè con un pezzo di lampone.