Cent’anni di guerra… Per una Zuppa Inglese!

100 anni e qualcosa in più …  Alla fine  gli unici a guadagnarci furono i Re di Francia,  non certo il popolo…   I contadini  poi… Si videro addirittura  uccidere  Giovanna, il  loro unico,  grande condottiero.. Il re, che a lei doveva tutto, non fece  neanche un gesto per salvarla … Per  la memoria inglese invece, sempre restia ad ammettere le sconfitta degli anni ’30, la guerra finì probabilmente nel 1415 con la Battaglia di Agincourt   e la vittoria di Enrico V … . Oggi la “Guerra dei cento anni ” è  forse solo un ricordo confuso e un difficile  intrico di date …  E non chiedetene il senso… Difficilmente  qualcuno ve lo potrà spiegare!

Ma nonostante tutto, solo a sentirli nominare, Enrico V e Giovanna D’Arco  fanno ancora balzare  il cuore!  A loro ci hanno pensato gli scrittori, i poeti, i musicisti e alla fine il cinema!  Qualcuno potrebbe ancora obiettare  che Enrico V  è stato un invasore in terra di Francia… Ma attenzione, all’epoca non era questione di nazioni o popoli era  solo un discorso di troni e niente altro… Sia Enrico V  che Carlo VI, il re  di Francia, avevano  gli stessi antenati… E questo aveva fin dall’inizio scatenato le rivendicazioni. Se non ci fosse stato Shakespeare, Enrico V forse sarebbe ricordato solo come un grande re, forte e vincitore  ma il Bardo, che lui si, moriva di amor di patria, vide in lui il più puro eroe dell ‘epopea nazionale. Quando Laurence  Olivier o Kenneth Branagh  parlano ai soldati prima della battaglia di San Crispino, viene  quasi voglia di andarci… Perché in un epoca cinica e dissacratoria, almeno per un istante sembra un privilegio, andare a combattere o a morire  ad Agincourt!

 Dopo la Francia stava messa proprio male… Carlo VI,  sicuramente pazzo oltre che sconfitto,  riconosceva Enrico come  successore, di  suo figlio Carlo disse che era solo un bastardo e  quanto a sua figlia Caterina, le fece imparare  l’inglese e la  dette in sposa a Enrico!…

Carlo, il figlio, fuggì al Sud per organizzare un po’ di resistenza, ma ormai nell’anno 1428 era anche lui allo stremo. Enrico era morto, ma gli inglesi  erano sempre saldi a Nord…  E, orrore…Parigi era nelle loro mani e  il Duca di Borgogna li aiutava.

 Era iniziato l’assedio a  Orléans e se gli inglesi l’avessero  presa, sarebbero calati a sud senza freni…Attorno a Orléans c’era il fior fiore dell’esercito francese, ma il  primo a non crederci più era proprio Carlo…  Quando inaspettatamente arrivò l’aiuto del popolo francese, ribelle ai nobili,  sfinito dalle carestie e dagli inglesi… Al popolo  rimaneva solo la casa reale  e quella strana ragazza  che aveva voluto corazza e cavallo per andare a combattere… Giovanna andò  da Carlo… Lui  non aveva vie di uscita e l’ascoltò. Era quasi obbligato a farlo… Lei rappresentava  le masse popolari! Ma questo era l’aspetto formale. In realtà Giovanna aveva un magnetismo, una forza… una capacità davanti alla quale  non si  resisteva. Era una strega come la definì un secolo e mezzo dopo Shakespeare, ancora umiliato dalle sconfitte inglesi, oppure una Santa con la luce di Dio? Una ragazzina di 17 anni che aveva abbattuto le diffidenze  di un popolo e ora stava convincendo l’erede al trono…Carlo la proclamò “condottiera delle azioni militari” e lei vinse a Orleans trascinandosi dietro, nello sbalordimento generale, un intero esercito all’improvviso pieno di slancio e patriottismo. Poi obbligò quello stupido delfino ( Sua Maestà la stoltezza lo definirà Roberto Rossellini nel suo film del 1954) a farsi incoronare re a Reims perché voleva un segnale forte e, infatti, mentre attraversavano la Francia, le città si ribellavano agli inglesi e giuravano fedeltà a Carlo.

Se Giovanna fosse stata saggia si sarebbe fermata lì…  Lei non lo sapeva, ma  Carlo  preparava l’accordo con i nemici e a lei, per togliersela di torno offrì onori e soldi…Che ovviamente rifiutò mentre seguitava  a combattere… Sembrava invincibile, ma solo per i nemici, non per gli amici..  A Compiègne, dopo una battaglia campale… Non rientrò in città. Le sbarrarono le porte in faccia mentre si avvicinava inseguita dai nemici…  La catturarono i  Borgognoni, alleati agli inglesi a cui la vendettero per una bella cifra … Carlo la fece riabilitare  venti anni dopo che l’avevano arsa viva, dopo un processo farsa… Ne andava anche della sua dignità! In giro si mormorava che era stato salvato e incoronato da una strega eretica…

 Troppo insolita la sua vita, troppo ingrati i suoi amici, troppo ingiusta  la sua morte…  Giovanna d’Arco  è rimasta una presenza vivissima e attuale… Mito reincarnato, dalle  mille immagini  perché lei è storia, politica, religione, tutto insomma in una persona  che continua a far discutere. L’800  forse fu il suo periodo d’oro in Teatro… Se ne vollero occupare i migliori  da Shiller  a Berbard Shaw,  da Verdi a Tchajkovskji  e anccora Brecht nel 1900… Il cinema addirittura è impazzito… Dalla fine dell”800 a oggi ci sono più di 100 film… dai fratelli Lumiere a Melier, da De Mille a Dreyser,  da Roberto Rossellini ai giapponesi.

 Nessun arma fu esclusa durante la “Guerra dei cento anni”, anzi quella fu una delle più grandi occasioni storiche  per riformare gli eserciti e testare nuove  armi … Ma, fra le tante con cui  francesi e inglesi si sfidarono, ce n’è stata qualcuna che vale la pena di ricordare perché meno cruenta … Tanto da riuscire a gettare  una  sia pur piccola luce di sollievo divertito su quei tempi oscuri … Incredibile a dirsi, ma quell’arma  è la “Zuppa Inglese”, il dolce coloratissimo che in molti dicono  sia stato inventato appunto dai  francesi, che  la fecero  soffice e morbida  chiamandola  “Zuppa Inglese” per schernire gli avversari  accusandoli di scarso valore e poca forza virile… Anche se non ci sono conferme nella cucina ufficiale e ciò non desta meraviglia dato che  era nata in zona di guerra, ci sono tuttavia alcuni scritti dell’epoca che avvalorano questa storia oltre al fatto che Alchermes e Rosolio, i liquori tipici della Zuppa inglese all’epoca erano ben  noti. Ovviamente trattandosi di un dolce così antico e così diffuso – era ad esempio uno dei dolci più amati presso la Corte Estense a Ferrara –  le varianti si sono succedute nel corso dei secoli e quello che compare nei testi odierni è una versione molto vicina alle ricette ottocentesche.

ZUPPA INGLESE

INGREDIENTI per 4 – 5 persone: 200 grammi di Pan di Spagna, 150 ml di liquore alchermes, 125 grammi di zucchero, 5 tuorli d’uovo, 50 grammi di maizena, 500 ml di latte, 1 stecca di vaniglia,  50 grammi di cacao amaro più   scagliette di cioccolato fondente  per il decoro per il decoro,  acqua 150 ml, qualche fragola opzionale.

PREPARAZIONE:  Iniziate preparando la crema pasticcera. Fate sobbollire una stecca di vaniglia nel latte per 5 minuti e poi estraetela dal pentolino. In una terrina mescolate i tuorli con lo zucchero  e la maizena e usate  la frusta elettrica  per ottenere una crema molto liscia e omogenea. Aggiungete il latte tiepido a filo, mescolate bene e poi versate in una casseruola con il fondo spesso. Ponete sul fuoco a fiamma bassa e cuocete per 10 minuti mescolando per non creare grumi. Quando la crema inizia ad addensarsi toglietela dal fuoco e seguitate a mescolare con un cucchiaio di legno. Dividete la crema in due parti uguali e in una delle due incorporate un po’ per volta il cacao amaro facendo attenzione a non creare grumi. Riempite un sac  à poche con la crema chiara e un altro con la crema al cioccolato. Miscelate l’alchermes con l’acqua e bagnatevi il Pan di Spagna diviso in  parti. Formate un primo strato di Pan di Spagna che potrete porre o in una pirofila trasparente in modo che di profilo appaiano i colori stratificati o in coppette di vetro singole. Ponete sul Pan di Spagna uno strato di crema pasticcera chiara, su cui appoggere un altro strato di Pan di Spagna  seguito dalla crema pasticcera al cioccolato.  Terminati gli ingredienti decorate con le scagliette di cioccolato  o con ciuffetti di crema chiara o anche pezzetti di fragole a piacere. ( Attenzione: per la preparazione del Pan di Spagna, cliccate qui)

 

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Lo stufato alla Guinness per un irlandese doc… Kenneth Branagh

Chissà cosa ne pensano gli inglesi vedendo che il loro miglior interprete di Shakespeare è un ragazzaccio irlandese dal sorriso caldo e dalla faccia sfrontata, arrivato in Inghilterra quando aveva quasi 10 anni. Erano protestanti di Belfast e il padre faceva l’operaio, ma quando cominciarono i “Troubles”, piuttosto che rimanere invischiati  nella guerra civile, preferirono andarsene. In Inghilterra, a Reading, la vita di Kenneth Branagh non era facile… Con quel terribile accento irlandese  era stato fatale che divenisse vittima dei  bulli. Con la paura d’essere diverso, preso in giro e picchiato, cominciò a fare quei faticosi esercizi  di pronuncia… per sembrare un inglese vero! Però non voleva nemmeno sentirsi fuori posto a casa e con i genitori seguitava a parlare come prima… un bel pasticcio di identità! Poi per apparire più forte si mise anche a giocare a calcio e a rugby… cosa che gli riusciva benissimo con quel corpo robusto…  da grande proletario. Finalmente a 15 anni tutto gli apparve diverso e l’Inghilterra non fu più luogo da cui doversi difendere. Gli era capitato di veder recitare Derek Jacobi in tour con Amleto e la passione fu improvvisa e totale. Deve aver studiato come un pazzo se a 18 anni gli spalancano le porte teatrali delle migliori scuole del Regno Unito… Appena esce dalla Royal Academy  of Dramatic Art c’è un ruolo pronto per lui, quello di  Tommy Judd in “Another Country”.  E’ un lavoro difficile… un atto d’accusa contro la scuola inglese e l’ipocrisia che nasconde  i gay, ma  Kenneth non fa in tempo a scendere dal palco che sono già  premi e riconoscimenti. Due anni dopo quando interpreta Enrico V, ormai lo ammettono tutti e volentieri, lui è il nuovo talento del teatro! Ma è anche una testa calda irlandese ribelle e insofferente che  lascia quasi subito la Royal Shakespeare Company per mettersi in proprio. Fosse stato per Kenneth stavolta il flop sarebbe stato totale perchè  con il suo “Public Enemy” tutto fatto in casa, scritto diretto e interpretato da se stesso, probabilmente avrebbe chiuso i battenti e la storia del teatro inglese, e non solo, sarebbe stata diversa. Ma per fortuna nella compagnia era venuto il suo idolo Derek Jacobi che, con il suo ben collaudato Amleto, contribuì fortemente a salvargli la stagione e la reputazione.

Non gli manca più molto per essere dichiarato “Il nuovo Oliver”, ma a questo punto è d’obbligo che ripercorra gli stessi passi…  ovviamente  stavolta lo vogliono al cinema e il testo è uno di quelli profondamente amati dagli inglesi perché celebra l’amor di patria e un eroe tutto positivo in mezzo agli innumerevoli personaggi noir del Bardo. Il suo Enrico V soddisferà le aspettative e  gli frutterà  le candidature all’Oscar per la Regia e la prova d’attore, ma a ben vedere non è un film innovativo come ci si sarebbe potuti aspettare… forse l’aspetto più nuovo è la recitazione senza fanfare di Branagh, il suo aspetto semplice di soldato fra i soldati… e questo è qualcosa che piace ai giovani, forse è addirittura una fredda azione studiata a tavolino per riavvicinare la gente ai classici… Per il resto … la regia è corretta e poco di più e la scenografia avrebbe avuto forse bisogno di maggior solennità. Siamo lontani dall’epica resa scenica di Laurence Olivier, ma Branagh ormai  si è consacrato attore di Shakespeare…

E a questo punto, Kenneth l’uomo delle sorprese, lascia Shakespeare e corre  al cinema, prima sulle orme di Hitchcock  con l'”Altro Delitto,” un thriller originale e ben costruito e poi una commedia dolce amara tutta di atmosfera inglese,”Gli amici di Peter”  con la moglie Emma Thompson, per tornare  ad Amleto, la passione shakespeariana di tutta la sua vita, solo dopo “Molto rumore per nulla”.

Stavolta Brenagh dice davvero qualcosa! Sembrava impossibile con un personaggio dove tutti  si erano avventurati per secoli. Eppure Branagh  ci riprova  e non fallisce…Un film esasperatamente lungo,con quattro ore che  sembrano allontanare il pubblico, e creano un capolavoro. Lontano dalle interpretazioni psicanalitiche e dalla consueta ombrosità emaciata, Branagh ci restituisce un personaggio vivo, vivido, non folle, tutto teso a lanciare un messaggio…  Lo fa attraverso il gioco degli specchi, in una atmosfera fastosa e barocca, spesso simbolica e a volte magica, nella ripetizione e nella dilatazione … Vuole, lui, il comunicatore che l’esperienza di Amleto arrivi a tutta l’umanità, facendola in qualche modo diventare l’esperienza di tutti. Con Amleto sembra  proprio che Ken Branagh raggiunga  il sogno della sua vita e si  liberi della sua magnifica ossessione, iniziata quando aveva appena 15 anni… Dopo ci sarà una lunga carriera costellata di molti successi, qualche infelicità come Frankenstein  e il gioiello della sua maturità artistica che è il “Flauto Magico” che volle tutto riscritto in inglese, nel suo sforzo costantemente mediatico di avvicinare chi si sente escluso …  Che dire poi delle altre interpretazioni dove si lascia andare, nella sua recitazione più spontanea ed efficace, affidandosi alla regia di altri come ad esempio “The Gingerbread Man”  di Altman e  “Celebrity di Allen” o lo splendido cupo e perfido Riccardo III  in cui torna al teatro diretto da  Michael Grandage,…

Ma è l’ultimo film “Thor” del 2010,  quello che ci da forse la più forte scossa per la sorpresa di trovare un  Branagh  del tutto inedito che si abbandona alle sue più sfolgoranti fantasie che finalmente ha il coraggio di tirare fuori… Et  voila… ci ritroviamo in mezzo a un fantasmagorico mondo a fumetti  dove la Fantascienza è la dominante di un mondo epico e sfolgorante … nel ritorno di antiche e terribili fiabe nordiche che a un certo punto della storia si calano, rivitalizzate dall’ironia e dalla fantasia, nella nostra attualità, con il Dio Thor completamente diseroicizzato nel suo impermeabile stazzonato…. che gira per le strade del mondo senza essere riconosciuto.

Lunga vita a questo genio poliedrico  e alla sua capacità di rinnovare  grandi classici e storie a fumetti con la stessa disinvoltura e la stessa  umiltà che solo i grandi riescono ad avere. Sarà quella fantasia della sua origine irlandese che lui non si stanca mai di rivendicare … Perché è quella che gli ha dato la marcia in più per capire il più grande di tutti gli inglesi.

A lui e alla sua indimenticata  terra d’origine dedichiamo  uno dei piatti più decisamente  e tradizionalmente irlandesi:

STUFATO ALLA GUINNESS

INGREDIENTI per 5 persone: 1 kg di carne di manzo adatta allo stufato, farina q.b., un cucchiaino di zucchero di canna o un cucchiaio di miele, 6 cipolle , una birra Guinness da 0,33 litri, 1 etto di pancetta di maiale, burro q.b., sale. pepe e prezzemolo tritato a piacere.

PREPARAZIONE:  tagliate la carne a pezzi di almeno 5 per 5 centimetri,poi tagliate le cipolle a fette e la pancetta a cubetti. Mettete a rosolare la pancetta e la cipolla con il burro e poi mettetela da parte. Infarinate la carne e poi mettetela a rosolare in tegame  dalle pareti  sufficientemente alte,con altro burro e quando è ben dorata da tutte le parti unitevi la cipolla e la pancetta. Sfumate la carne con la Guinness e aggiungete lo zucchero o il miele, il sale e il pepe e il prezzemolo. Abbassate il fuoco al minimo,coprite il tegame con il coperchio e lasciate cuocere per circa due ore e 1/2 aggiungendovi ogni tanto un po’ di acqua. La carne per essere cotta al punto giusto deve essere morbida con la possibilità di tagliarla con la sola forchetta.

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