Carnevale e Primavera, qualcosa che nasce e il vecchio che muore, un legame che sorge tanto tempo fa e attraversa i secoli, si rinnova, si modifica ed è sempre vitale e pieno di passione. Ma che brutta fine quella di Carnevale! E’ un giorno in cui si balla, si canta e si beve e, all’improvviso, proprio lui, il Re della festa, cade in disgrazia. Per tutti è il grande colpevole. E’ lui il responsabile dei mali dell’anno passato. E lui che deve pagare! Così, di botto, la scena diventa concitata, il Re viene con violenza strappato alla festa, processato e subito condannato. Al
rogo! E poi, se rimane tempo gli faranno il funerale! Per fortuna il suo sacrificio non sarà stato invano.In tutti i riti di carnevale c’è sempre l’elemento del fuoco che tutto purifica e in questo modo si riesce a ottenere la benevolenza degli dei. Così la natura può rinnovarsi, fecondarsi e il raccolto sarà di sicuro abbondante.
E finalmente arriva Primavera! A Roma, la prima festa di Primavera erano i “Liberalia”. Liber Pater e la sua sposa Libera proteggevano la vite, il grano, le sementi e tutta la natura che proprio allora comincia a crescere. Allo stesso modo proteggevano e assistevano i giovani che si affacciavano all’età adulta, affinché il loro cammino, attraverso la vita, fosse felice. Così il 17 di marzo i ragazzi che compivano 16 anni deponevano la collanina e la “toga praetexta” per indossare la toga virile, con la benedizione di Liber Pater e Libera, che diventavano i loro genitori nel rito di passaggio.
Poi tutti scendevano in strada a festeggiare e, le Sacerdotesse, vestite a festa e con l’edera fra i capelli, vendevano frittelle di frumento al miele, simbolo dei prodotti genuini della terra.
Dopo si formava una processione, preceduta da un fallo, ben visibile, posto in cima a una pertica per inneggiare alla natura che si riproduceva e prometteva un buon raccolto. Dato che Liber Pater era anche il Dio del vino, era fatale che si bevesse un po’ troppo e, come a volte succede anche oggi, qualche canto diventava un po’ licenzioso e i benpensanti dicevano addirittura osceno. Ma appena la processione giungeva al termine, la più rispettabile delle matrone presenti alla festa, aveva il compito di ricoprire subito il fallo con una corona di fiori… e tutto tornava alla normalità.
Poi quando il Cristianesimo divenne religione di Stato le feste pagane furono soppresse… .
Ma intanto Primavera seguitava a venire tutti gli anni e sarebbe stato un vero peccato non festeggiarla più! Carnevale poi, cacciato dalla porta un pò per volta, era rientrato dalla finestra! Le tessere del puzzle cominciavano a ricombaciare anche perché, un Padre spirituale e di grande levatura, i Cristiani ce l’avevano anche loro ed era S. Giuseppe, la cui festa cade il 19 marzo. Guarda che
combinazione, quasi lo stesso giorno in cui i Romani festeggiavano il loro Liber Pater!
Il quadro ormai si è ricomposto e Carnevale oggi non è più il simbolo del peccato e dei cattivi costumi, ma anzi è tenuto in grande considerazione perchè ha valore storico e bellezza estetica tanto che, l’Unesco, ne ha presi diversi sotto la sua protezione.
E fra Carnevale e Primavera c’è sempre il fuoco, gioioso, purificatore, divertente. Quasi sempre a bruciare è il povero Carnevale, a cui spesso si aggiunge lo scoppiettio dei fuochi artificiali. Ma anche nelle notti in cui si avvicina Primavera, si dà fuoco alle sterpaglie, alle fascine, ad altri pupazzi sacrificali e in mezza Europa corrono i Vigili del Fuoco a sorvegliare le Fallas di Valencia in Spagna o le “Vampe ” di Misilmeri in Sicilia. I falò della Val di Trebbia,in Liguria, anch’essi legati all’Equinozio di Primavera e che già esistevano in epoca pre -romana, pare che siano stati reintrodotti dai Monaci irlandesi di San Colombano. Arrivati nel VII secolo, nel loro misticismo così legato alla natura, i Monaci vedevano nel fuoco la luce che sconfigge le tenebre del peccato.
E San Giuseppe? Lui come Padre di Gesù è anche il Padre di tutti, ma soprattutto dei più poveri, in memoria di quando Lui e Maria, in attesa del Bimbo, si videro rifiutare da tutti l’ospitalità di una notte. Oggi in riparazione del male di allora in molte località si offre un banchetto ai più poveri e sono i ricchi del paese a servire in tavola.
A Roma poi sanno con assoluta certezza che San Giuseppe, quando riparò in Egitto con Maria, non trovando lavoro come ebanista si mise a vendere frittelle, cosicché oltre a chiamarlo S. Giuseppe Falegname, spesso lo chiamano anche San Giuseppe Frittellaro. E’ per questo motivo che in suo onore, in molte località d’Italia si preparano tanti deliziosi dolci fritti. Fra esse ci sono anche anche quelle famose, colorate frittelle sicuramente eredi delle feste Romane e della Fuga in Egitto, che sono le “Zeppole di San Giuseppe” e di cui Napoli, in particolare, vanta la prima ricetta scritta nei primi decenni del XIX Secolo.
INGREDIENTI (per 6 – 8 persone): Per laPasta: 6 uova, 300 grammi di farina, 50 grammi di burro, 1/2 litro di acqua, zucchero a velo. Per la Crema Pasticcera: 50 cl di latte, 2 uova,100 grammi di zucchero,80 grammi di farina, 1 limone. Inoltre occorrono amarene sciroppate per decorare al top le zeppole e olio per friggere extra vergine di oliva, sale q.b.
PREPARAZIONE della Pasta: versare in una pentola l’acqua unitamente al burro e a un pizzico di sale e porre sul fuoco a fiamma media. Quando l’acqua comincerà a fare le prime bollicine, senza bollire completamente, versare la farina passata al setaccio tutta assieme e mescolare con la frusta per circa 10 minuti o fino a quando il composto non si staccherà dalle pareti della pentola.
Spegnere il fuoco e aggiungere 6 uova, uno alla volta, seguitando a girare l’impasto con una frusta elettrica, finchè non sia perfettamente amalgamato. Lasciar riposare per 30 minuti circa.
PREPARAZIONE della Crema Pasticcera: lavorare in un recipiente con la frusta elettrica lo zucchero con i tuorli di 2 uova fino ad ottenere un composto quasi bianco e spumoso. Aggiungere la farina, setacciandola con un colino, per non formare grumi, aggiungere poi il latte e e due pezzi di buccia di limone.
Porre il recipiente sul fuoco a fiamma media e addensare la crema senza far bollire, mescolando con un cucchiaio di legno. Togliere le bucce di limone e far raffreddare.
FRITTURA DELLE ZEPPOLE: riempire di olio una casseruola dai bordi alti, tenendo presente che le zeppole devono friggere completamente ricoperte di olio, altrimenti non si gonfiano. Mettere la casseruola sul fuoco a fiamma media.
Riempire di pasta una siringa da pasticciere con la bocca larga e premere il composto in un piattino da caffè unto di olio, dandogli la forma arrotondata di una ciambella. Far scivolare una zeppola per volta nella casseruola, nell’olio ben caldo, ma non fumante e cuocerla sino a quando si gonfi. Alzare leggermente la fiamma per farla colorire, toglierla dalla padella con il mestolo forato e metterla a scolare su carta assorbente. Proseguire la cottura,una per volta delle restanti zeppole, facendo attenzione che l’olio non sia troppo caldo.
COMPLETAMENTO delle Zeppole: quando le zeppole si saranno raffreddate, cospargerle di zucchero a velo, porre nel mezzo un ciuffo di crema, utilizzando la siringa da pasticciere e al centro della crema porre un’amarena sciroppata.