Ettore Scola e i bucatini alla Matriciana!

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“Lui c’era dentro già da tempo, ma in pochi,  oltre gli addetti ai lavori, se ne erano accorti!  Estro, di sicuro ne aveva e anche spirito di iniziativa, se a 15 anni si era presentato con le sue vignette satiriche in mano, a riviste famose  come  “Il Travaso delle idee” e “Marc’ Aurelio”. Negli anni ’20 e ’30, dopo aver tentato invano un po’ di mordace satira  al regime fascista, quelle popolarissime riviste avevano finito  in realtà  per esserne completamente asservite.  Sarà stato forse perché, nell’immediato dopoguerra annaspavano un po’ in  cerca di nuove formule e nuovi autori, non compromessi, che finirono per prendersi le vignette di quel ragazzino… Tanto che a 20 anni lui era diventare un collaboratore fisso del Marc’Aurelio, mentre terminava gli studi di Giurisprudenza…

Indubbiamente un modo un po’ tortuoso per  arrivare al Cinema… Ma aveva un gran vantaggio.. Viveva a Roma e non era poi così distante da quei mitici studi di Cinecittà, che  dopo   il neorealismo  duro alla Rossellini, i “Pepli” degli anni ’50 e il Neo – realismo rosa di “Poveri, ma belli”,  stava aprendo alla sua  più fantastica stagione artistica e commerciale…

“Commedia all’Italiana” è un  termine un po’ generico, a ben vedere, un contenitore dove dentro ci si poteva trovare di tutto, ma  una base in  comune c’era … La   satira di costume tutta aderente alla nuova realtà  e, un’amarezza di fondo,  che si  intreccia ai tradizionali contenuti comici della commedia. In quel momento tutto stava cambiando   in Italia… Dalle macerie del dopoguerra un agguerrito gruppo di grandi e piccole imprese aveva lanciato il “miracolo economico”…  E gli italiani, nel benessere, assorbivano come spugne nuovi comportamenti…

Al cinema, che in Cinecittà trova la sua prima bandiera, avviene un miracolo nel  “Miracolo”. Senza voler fare paragoni   di poco rispetto,  succede un po’  quello che, ad altro livello, era avvenuto per gli artisti del Rinascimento… In confronto il neorealismo era stato portato avanti solo da  quattro geni    e,  per lo più, incompresi, ma per la “Commedia all’Italiana”  è già pronta un’intera   generazione di grandi interpreti, registi, sceneggiatori, attori, persino tecnici delle luci come Vittorio Storaro…  In quel contenitore ci andranno a finire parecchi vizi e poche virtù… Emancipazione femminile e libertà sessuale di sicuro, ma anche corruzione e volgarità  come stili diffusi di vita…

Difficile individuare  la prima commedia all’italiana… Bagliori e presentimenti c’erano già da parecchio… Per lo più come capostipite si  cita ” I Soliti Ignoti”  anche se manca l’ambientazione borghese, così cara al genere. E’ una parodia dei “caper movie”  con poveri disgraziati a far da comici … Ma sono comici assolutamente nuovi, ben lontani dalla marionetta appesa agli  immaginari fili  del  circo  o dell’avanspettacolo,  mentre volteggia fra gag,  giochi di parole, gesti buffi o nonsense… Ora l’attore ha i dialoghi  certi delle sceneggiature  fatti di   quotidiano e di realtà con  riferimenti sociali, chiari al pubblico che li  conosce e li vive spesso in prima persona…

Dopo i “Soliti Ignoti” non ci saranno più freni e  in poco più di un anno arrivano i grandi successi de “La grande guerra”e “Tutti a casa” dove i ricordi di   guerra sono  alleggeriti nell’ironia, mentre “Il Vedovo”,  diventa il prototipo   degli  scadenti personaggi infiltrati   nella nuova industria..

Lui, Ettore Scola, a Cinecittà c’era già arrivato da parecchi anni  e tutta l’esperiena satirica accumulata  nel Marc’Aurelio era la manna dal cielo per la novissima commedia, ma sono in pochi ad accorgersi che esiste… Non l’accreditano mai… “In realtà ho iniziato come negretto, scrivendo per altri senza apparire. Avevo dei grandi modelli: Fellini, Amidei, Zavattini, ma scrivevo anche sketch per Totò, Macario, Tino Scotti e Alberto Sordi”… Nel  1954 firma assieme a molti altri la sua prima sceneggiatura  ufficiale, “Un americano a Roma” e poi  altri film importanti come “Il Sorpasso”, ma alla regia arriva tardi, nel 1964, dopo una lunga gavetta e  l’opera  non è un successo… “Se permettete parliamo di donne” è un film a episodi   dove il protagonista maschile è sempre  Vittorio Gassman e  le attrici cambiano… “Una serie di barzellette,” lo liquiderà in fretta  Tullio Kesich…,

Ma nel 1968 le cose cambiano e travolgente arriva il successo… “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?”    si ispira a un fumetto di Topolino che assieme a Pippo va a cercare in  Africa l’amico  Pappo. La commedia  punta il dito sul provincialismo arrogante del parvenu, che si muove  in Africa col piglio del colonialista dell’800… Certo la  recitazione sempre un po’ esasperata di Alberto Sordi  lo butta più sul comico che sul satirico, allontanandolo  un po’ dagli intenti moralizzatori di Scola  contro una società fatua e superficiale,  ma  il personaggio di  Titino – Manfredi, con i suoi imbrogli tutti italiani, l’arte di riciclarsi come stregone e lo struggente ritorno finale  nella Tribù, lascia una nuova consapevolezza anche nel prepotente editore…  Forse è solo un momento ma vorrebbe anche lui scappare dalla  futile  “civiltà”…

Dopo, Ettore Scola diventerà uno dei protagonisti assoluti … “Brutti, sporchi, cattivi” è un film pieno di personaggi anche  fisicamente sgradevoli… un apologo di come la miseria renda squallidi e cattivi… Scola,  fervente comunista aspetta chiaramente il “Sol dell’avvenire”  e il riscatto sociale…

«Si – dirà Scola a proposito  dei suoi anni ruggenti –  io credo che… un certo cinema italiano, è stato molto vicino alla politica….  Ad esempio, quando per “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca”  dovevo girare la scena del comizio,  ho preferito aspettare  quello del Partito Comunista, e proprio quello di Pietro Ingrao in Piazza San Giovanni a Roma, non solo perché ho sempre percepito nel partito comunista una vicinanza ideale, ma perché ho sempre pensato a Pietro Ingrao, come al politico più vicino ai drammi della povera gente».  Oreste ormai  ridotto a una larva di disperazione dopo l’abbandono  della sua donna,  incontra in piazza  il segretario della sezione del partito  che  all’apparizione di Ingrao sul palco, lo conforterà dicendo «Senti Pietro, adesso…dai» e Oreste, fiducioso come davanti a un taumaturgo, risponderà  «Si, si, sento Pietro»… E poi,  in un impegno  senza mediazioni,  Scola filmerà  i Festival dell’Unità, quando era viva  la saldatura fra popolo e politica… Più in là anche “I funerali di Berlinguer,” l’amatissimo capo del partito…

Ma era impietoso  e acre verso i compiaciuti intellettuali della sinistra che utilizzavano la  cultura per disprezzare e sentirsi superiori…  “C’eravamo tanto amati” è del 1974…  Forse è prima di tutto un’elegia a Roma, commossa e silenziosa,  fra piazze  notturne e luoghi poco noti, dove tornano a incontrarsi Gianni, Antonio e Nicola,   tre partigiani   amici  che, che alla fine della guerra si  erano divisi. Nicola  era andato a  insegnare,  Antonio a fare il  portantino in  ospedale,  Giann a laurearsi…   Solo Antonio  era rimasto  fedele  agli  ideali di gioventù mentre Gianni  aveva trovato, in vie disoneste, ricchezza e potere, sposando la figlia di un palazzinaro senza scrupoli… Ma gli strali più cattivi Ettore Scola  li riserva a Nicola che  fra una sconfitta e l’altra  era diventato  la  caricatura dell’intellettuale presuntuoso ” di sinistra,”   lontano da ogni  visione critica della società, solo farsa  retorica di se stesso con  sterili e puntigliose polemiche…

In giro per il mondo forse il   film di Scola più conosciuto è “Una giornata particolare”, la storia di due esclusioni… Un omosessuale destinato al confino dal regime fascista e una casalinga intristita dalla fatica di vivere… E’ il maggio del 1938,  e nel condominio popolare quasi deserto, perché la gente,  piena di allegra  baldanza,  è andata  alla parata, echeggia a raffiche, sgradevole e trionfante,  la voce della radio che  descrive  l’arrivo a Roma di Adolf Hitler. Per un momento brevissimo Antonietta e Gabriele si ameranno, in un disperato abbraccio  di  comprensione reciproca… Poi mentre Gabriele viene portato via dalle guardie che lo scorteranno al confino, Antonietta  aspetterà il ritorno della sua famiglia  fascista… Ma alla  giornata particolare resta un filo di speranza… Antonietta che legge il libro che le ha regalato Gabriele… E’ un’ opera  di Alexandre Dumas dove si parla di popolo che prende coscienza…

Era stato fra gli ultimi a partecipare alla Commedia all’Italiana… Sarà anche  l’ultimo ad uscirne… ” La Terrazza” del 1982..  è considerato  una firma di epilogo…  Amara e senza speranze sul fallimento  professionale, ma prima ancora morale, di  cinque amici che attraversano la crisi di un mondo senza più ideali…

Anche Ettore Scola come  gli altri cercherà  vie diverse, molte ancora segnate dall’ispirazione e dal successo, come l’affresco corale e storico de “La famiglia” o l’intimissimo “Che ora è” sul difficile dialogo figli – genitori,  con una scrittura affascinante che appartiene al miglior Scola sceneggiatore… poi comincerà a diradare il suo lavoro…  C’è un commosso ritorno alla   sua città nel documentario “Gente di Roma” e poi quasi dieci anni di silenzio…

Poco tempo fa Scola, con quel suo sorriso dagli occhi tristi confessava   di non avere più idee, anzi precisava  “le idee ci  sarebbero, ma non hanno più niente a che fare con il cinema.” e invece  non era vero niente! Al cinema sta tornando…  S’intitolerà “Che strano chiamarsi Federico!” e sarà un cercare  Fellini a 20 anni dalla sua morte… racconterà tutta la ricchezza del cinema felliniano  e sarà un collage  di immagini di repertorio, momenti e ricordi sparsi… Si erano conosciuti ai tempi del Marc’Aurelio, un’amicizia mantenuta intatta… Per anni si erano divertiti   a farsi visita sui rispettivi set …  In “C’eravamo tanto amati”  Scola aveva voluto inserire nella sua Roma notturna, Federico mentre girava “La dolce vita” a Fontana di Trevi…

Ci possono essere tanti modi per portare avanti un’amicizia, ma Scola ha dovuto sciegliere l’unico che  oggi  gli è stato possibile…

Spesso si mangia nei film di Scola…  Per esempio all’inizio de “La Terrazza,” la padrona di casa richiama gli amici sparsi… “In tavola è pronto”… Ma forse la scena più graffiante è quella di Elide,in “C’eravamo tanto amati,” abbligata dal marito a mangiare solo insalata scondita  e un uovo sodo, di fronte agli altri che affondano la forchetta in un celebrato, ricco, piatto romano, che  poi a benvedere proprio romano non è…

I “Bucatini alla Matriciana” come li chiamano a Roma o forse più correttamente  “all’ Amatriciana,” nascono, come dice il nome, in quel di Amatrice, un paese del Lazio quasi di montagna, da cui già si scorgono le grandi montagne d’Abruzzo… La ricetta è antica ma la diatriba se si debba utilizzare aglio o cipolla seguita negli anni a schierare opposte fazioni… Però, trattandosi  di un vecchio piatto,  nato sui monti,  siamo propensi a credere che  la ricetta originaria impiegasse  l’aglio, perché la cipolla richiede un territorio di pianura… Forse anche il pomodoro é un’ aggiunta posteriore… Quella che segue è la nostra scelta, con la possibilità ovviamente di qualche variante secondo i gusti… Qualcuno, per non far torto a nessuno, fa addirittura un mix fra aglio e cipolla!

BUCATINI ALLA MATRICIANA

 INGREDIENTI per 4 persone: bucatini grammi 400,  guanciale (senza cotenna,  di montagna, poco salato e ben stagionato) grammi 160,  pecorino romano grattugiato grammi 80, 2 spicchi di aglio, sale, pepe e 1 peperoncino secco sbriciolato, 400 grammi di pomodorini piccoli rossi, preferibilmente quelli che  colti freschi vengono fatti appassire  in un mazzo appeso a un gancio.

PREPARAZIONE: Ponete sul fuoco una  pentola con 4 litri di acqua e 4 cucchiaini di sale fino. Tagliate a tocchetti il guanciale che  poi  metterete  in una padella già calda e appena unta  di olio.  Quando il guanciale  comincerà a rilasciare il suo grasso, aggiungete gli spicchi d’aglio tagliati a metà  e il peperoncino.  Rosolate il tutto molto dolcemente sino a quando il guanciale diventi croccante. Poi con un mestolo traforato togliete dalla padella guanciale e aglio e mettete i pomodorini lavati e spaccati. Fateli cuocere per un massimo di 7 o 8 minuti, perché va conservato il loro sapore fresco. Nel frattempo avrete lessato i bucatini in acqua bollente, scolandoli ancora al dente. Nel piatto di portata conditeli col sugo, aggiungete il guanciale e l’aglio, quest’ultimo se piace, altrimenti buttatelo via perché comunque ha già rilasciato il suo sapore nel sugo. Spolverizzateli di pecorino e pepe e serviteli caldi.

Quaglie alll’uvetta per il raffinato Alfred Hitchcock!

Quando girò “Frenzy”, Hitchcock era quasi alla fine del suo percorso… Era  il  penultimo film  e probabilmente lo sapeva, perché era abituato da  tanti anni  a trovare  la  verità in mezzo alle intricate storie dei suoi film…  Questo fu forse il motivo perché   lo volle girare a Londra… dissero che  la scelta  era stata dettata  da ragioni molto pratiche … Bassi costi, velocità nelle riprese e soprattutto   poche interferenze   della produzione..  a Hollywood spesso erano  asfissianti come quando gli piazzarono lo psichiatra  di loro  fiducia   sul set di Spellbound … e trovarono persino da ridire sul “sogno” di Dalì… Tutti motivi validissimi dunque in quella scelta londinese, ma  nel segreto del suo cuore  Hitchcock voleva rendere un ultimo omaggio alla sua città e  andare  a rivisitare le sue origini, forse  in un  atto di pacificazione con  suo padre e la rigida educazione che gli avevano inflitta…  Non se ne  era mai liberato… Però, se  non avesse avuto così radicato il  senso della colpa, dell’espiazione e la paura delle accuse , forse noi non avremo mai avuto Hitchcock..

I suoi erano gente di buona volontà e di lavoro duro… Un negozio di frutta e verdura, una pescheria, un’attività all’ingrosso di  alimentari … Spesso Alfred accompagnava il padre sul carretto con i cavalli nel giro di consegna delle merci ai clienti e ai negozi della zona. E quello poteva anche essere divertente, malgrado l’ oppressione del senso del dovere che il padre  ci metteva dentro…  Quello che invece  Alfred visse con disperazione fu la terribile educazione cattolica… Già si per sé, essere cattolici in Inghilterra significava essere diversi, spesso mal sopportati o come scrisse Trouffaut  a proposito di Hitchcock “rappresentava quasi un’eccentricità…”

Ma come se non bastasse, il padre aveva  un’ossessione per la disciplina  e l’ordine e forse, per impartirgli una lezione, quando Alfred non aveva più di 5 anni, lo mandò dal vicino Commissario di Polizia con una lettera… Appena la lesse,  il commissario  rinchiuse il bambino in una  cella dove lo tenne per una buona decina di minuti,  dicendogli che quella era la  punizione   per i  bambini cattivi…  Alfred,  che non  ricordava di aver fatto niente di male,  non riuscì più a liberarsi dalla paura… Tanto che il personaggio accusato ingiustamente diventò uno dei leit-motiv del suo cinema…

A scuola andò anche peggio…Al Saint Ignatius College, dove il padre lo iscrisse nel 1910, i metodi educativi erano severi  “Avevo il terrore delle punizioni corporali”, disse in un’intervista anni dopo. “I Gesuiti adoperavano la sferza e credo che la usino ancora oggi. Era di gomma molto dura” Così non riuscì a terminare le scuole…

Una cosa di buono però c’era in quella famiglia… Tutte le domeniche andavano a teatro… Un’esperienza bellissima per  quel ragazzino pieno di sogni perché il teatro entrerà a pieno diritto assieme al carretto delle consegne,  nella complicata tematica  thriller di Alfred Hitchcock.

Ma quella  vita familiare, sia pur difficile non dura … Il padre   muore quando Alfred ha appena 16 anni… E lui va in cerca di un lavoro… Entra in una fabbrica che installa cavi elettrici, ma lo mettono  al settore pubblicità perché  disegna bene … e lì lo troveranno, qualche anno dopo, quelli del cinema… Serviva qualcuno che scrivesse con una bella calligrafia i titoli e le didascalie dei film… che ancora erano muti.

Sarà una gavetta  di mansioni secondarie,  da tutto fare e aiuto… Dello sceneggiatore, dello scenografo… Alla regia, al montaggio in cinque film… Ma quando finalmente gli daranno un film, tutto per lui, avrà il mestiere in mano perché ha lavorato con Fritz Lang e Murneau e le cupe atmosfere espressioniste andranno benissimo  nei suoi film dai molti misteri…

Il primo film drammatico e melò, già pieno di inquietanti indizi,  atmosfere pesanti e un omicidio è “The pleasure Garden” e Hitchcock fa subito entrare in scena  una delle sue dominanti… Il teatro, appunto! Tutto comincia infatti in un ambiente teatrale  con  una scala a spirale che un gruppo di ballerine scende per  andare in  palcoscenico…   In soggettiva, dalla visione sfuocata di uno  degli  spettatori,  che guarda in un binocolo, si passa all’inquadratura perfetta delle gambe delle  ragazze…

Ma al  secondo film  che arriva nelle sale è già thriller…”The Lodger”  è la storia di un serial killer che uccide solo donne bionde, di un innocente che viene scambiato per il killer e di una coraggiosa ragazza che sola, lo ritiene innocente.  Hitchcock ha cominciato a costruirsi il suo mondo…Daisy  avrà  una sorella quasi  gemella nella dottoressa Constance Peterson  e l’innocente accusato seguiterà periodicamente a ripresentarsi per poter scagionare, alla fine del film, l’innocente Alfred messo in cella a 5 anni per una colpa non commessa.

9 film muti e poi “Il Ricatto” sarà il suo primo  mix  con uno straordinario equilibrio fra parti ancora mute e la nuova tecnica di voci e suoni. E’ un film con una morale controcorrente in cui la ragazza, omicida per sbaglio, sfuggirà alla condanna…Anche se l’ultima scena la mostra  in preda dei suoi personali rimorsi con cui si dovrà accompagnare per la vita…

Prima di partire per l’America  Hitchcock diventa famoso… Ha anche avuto qualche insuccesso ma oramai è quello delle spy stories…  “L’uomo che sapeva troppo”, in un intricato gioco di spie e rapimenti consacra una bella e coraggiosa donna emancipata che spara come un tiratore scelto, sventa intrighi e salva la famiglia… Uno dei film che amava di più e sarà dopo tanti anni un altrettanto glorioso remake… “I trentanove scalini” con  l’alta tensione e la suspense, il ritmo narrativo veloce e serrato, vedrà anche  l’affermazione  del più scanzonato e tagliente humor di Hitchkock  in un’altra spy story, dove  il cacciatore di spie suo malgrado,  fra fughe dal treno e salti dalle finestre dovrà vedersela  con la terribile Pamela che nella sua pericolosa onestà seguiterà a denunciare  l’innocente alla polizia o consegnarlo alle spie…  Alla fine prima di andare in america le “Spies Stories” saranno diventate 6…

Hitchcock in America è la fama internazionale … e dopo Hitchcock nessuno potrà più dire che  il poliziesco o il thriller sono generi da serie B… Non fa in tempo nemmeno ad arrivare che  bastano  130 minuti di  dubbi, di tensioni e di  gioco degli inganni per vincere un Oscar con “Rebecca la prima moglie  “…,non direttamente a lui però, forse perché era troppo bravo … O un po’ straniero…    Poi i successi non si conteranno più… Sono ancora tutti  parte della nostra vita, del nostro divertimento, delle nostre più inconfessate paure…Film di intrighi mondani come “Caccia al ladro”, spassosi come “Il silenzio degli innocenti”, voyeuristici come  “La finestra sul cortile”  o apocalittici  come “Gli Uccelli”…  ” Psyco,” per molti il suo più maturo e drammatico capolavoro…

Nel 1972 l’eroe è stanco, ha i suoi rimpianti, rivuole in qualche modo il  passato … Torna a Londra con questo progetto nel cassetto,  Frenzy, che è  in tutti sensi una rivisitazione  dei suoi primi film, della sua infanzia e dei topoi di una Londra in parte sparita che  lui ha mantenuto nel cuore in tutti gli anni della sua dorata lontananza… Anche stavolta c’è un  serial killer che  però uccide le sue vittime  con  la cravatta, mentre l’innocente accusato è un eroe più stanco e logoro del “Lodger” del film degli esordi, ma c’è tutto il graffiante spirito  di Hitchcock nella pazzesca scena del sacco pieno di cadavere e patate  che si apre all’improvviso mentre le patate cominciano a rotolare…Londra dell’immaginario di Hitchcock e dei suoi ricordi giovanili…I mercati generali di Covent Garden,  dove si recava da bambino  sul carrettino di suo padre, immortalati  appena  prima di essere demoliti  due anni dopo, il tribunale dell’Old Bailey, già visitato in altre opere, gli stretti vicoli attorno a Bow Street, a Oxford Street, alla County Hall, al Coburg Hotel, poco lontani dai teatri di Drury Lane, dove andava la domenica con i suoi genitori…I club popolari e affollati… un lungo  onirico viaggio nella memoria e nella vita…

Ma in questo quasi ultimo film c’è anche la “summa”… quasi teologica e conclusiva di una  delle passioni più sincere e totali di Hitchcokh, quella per il cibo.  Lui che era solito  ricordare come «l´uomo non ha bisogno soltanto di delitti, ha bisogno anche di pasti abbondanti», riceveva i suoi attori preferiti nella grande, attrezzatissima cucina della sua villa. Alida Valli, scelta da Hitchcock per il Caso Paradine lo ricordava avvolto in un immacolato grembiule…    In Frenzy, questo film per tanti sensi geniale e nostalgico, il cibo fu vera ossessione, di cui resta  memorabile la cenetta a casa dell’ ispettore e la ricetta de:

LE QUAGLIE ALL’UVETTA

INGREDIENTI per 4 persone: 8 quaglie con fegatelli, 500 grammi di uva bianca o rosata, 8 fettine di guanciale,olio extra vergine di oliva, burro 40 grammi,1/2 bicchiere di cognac, sale e pepe a piacere.

PREPARAZIONE:Praticare un incisione sulla pancia delle quaglie, pulirle all’interno, conservando a parte i fegatelli. Lavare le quaglie sotto l’acqua, asciugarle, salarle e peparle internamente, avvolgerle nelle fettine di guanciale e legarle con lo spago bianco da cucina. Preparare una padella con abbondante olio, metterla sul fuoco  e quando l’olio è caldo immergevi le quaglie facendole rosolare da ogni parte a fuoco più basso, poi coprire la padella e prolungare la cottura per 10 minuti. In un padellino a parte far rosolare nel burro i fegatini di quaglia, schiacciandoli con la forchetta, sino a ridurli una pasta morbida. Lavare l’uva e poi togliere la buccia e privare gli acini dei vinaccioli (si può anche evitare di togliere la buccia se la qualità di uva utilizzata ha la buccia sottile). Adagiare le quaglie in un tegame da forno ,spalmare la  superficie con la pasta  dei fegatelli  e mettere le quaglie  in forno caldo a 250 gradi  per 3 minuti. Estrarle dal forno, irrorarale con il fondo di cottura e 1/2 di bicchiere di cognac, rimetterle in forno per altri 3 minuti e servire.

Gina Lollobrigida, la Bersagliera e gli spaghetti alla carbonara!

Un corpo snello e ben proporzionato, un viso dolce con grandi occhi castani, un naso delicato e una bocca morbida… Una bella ragazza che veniva da Subiaco, un paese della Provincia di Roma e si era classificata terza al concorso per Miss Italia… Ma così com’era poteva essere confusa con tante  altre… Fu quindi necessario creargli un’immagine inconfondibile  esasperando al massimo la moda dell’epoca che voleva donne dal seno procace e fianchi in rilievo. A  lei  la  strizzarono entro perversi “stringivita”   simili a quello che si usavano nell’800 per far svenire le signore che rimanevano senza fiato… In  questo modo seni e fianchi dovevano per forza traboccare da qualche parte… Per il viso  grandi sopracciglia circonflesse, labbra turgide e tanti ricciolini tutto attorno al viso… La bambola che milioni di italiani sognavano… Era difficile sfuggire ai cliché del cinema commerciale degli anni ’50… in cui  alla donna si chiedeva di essere solo la “maggiorata fisica”… di  improbabili telenovelas  strappalacrime  o di volgari commedie dozzinali…

Aveva cominciato con piccole parti fino ad assumere ruoli più impegnativi con “Campane a martello” , “La sposa non può attendere,”  “Altri Tempi,” quando la  fama della sua bellezza giunse alle orecchie di Howard Hughes, l’eccentrico miliardario americano che aveva il vizio di andarsi a scegliere le sue donne fra le attrici del cinema.  Sperò di far cadere nella sua trappola anche Gina  e l’invitò a Holliwood… ma il colpo gli riuscì solo a metà… Lei aveva già firmato il contratto, ma con quell’innato buonsenso che  gli derivava dalla sua famiglia di piccoli imprenditori di paese, capì che stava cadendo in una  gabbia dorata,  dove  più che l’attrice per i prossimi anni avrebbe fatto la donna ancella di Hughes… Allora  scappò letteralmente dall’America… Aspettò quasi dieci anni prima di tornarci… Che scadessero gli ultimi vincoli contrattuali che sul suolo americano la legavano a Hughes …

Poi  a Roma arrivò la sua grande occasione… E riuscì a trasformare quella  pesante icona “oggetto del desiderio” ne “La bersagliera,” un personaggio, fresco, spontaneo, con un garbato neorealismo tutto paesano, che non fu per Gina Lollobrigida  forse nemmeno difficile da interpretare, visto che quello in fondo era il suo retroterra. .. “Pane, Amore e Fantasia”  lanciò sicuramente nel mondo un’immagine  manierista e falsa di un’Italia già rampante, che si avviava verso il miracolo economico, ma fece di Gina Lollobrigida lo standard della bellezza  all’italiana che poi lei si è portata appresso per tutta  la vita. Quell’anno  il film vinse il “Nastro d’Argento…”

Luigi Zampa stava realizzando il film  “La Romana” tratto dal romanzo di Alberto Moravia… All’ inizio del libro così si descrive  la protagonista ” Avevo il viso di un ovale perfetto, stretto alle tempie e un po’ largo in basso, gli occhi lunghi, grandi e dolci, il naso dritto in una sola linea con la fronte, la bocca grande, con le labbra belle, rosse e carnose e, se ridevo, mostravo denti regolari e molto bianchi. La mamma diceva che sembravo una madonna…” La descrizione di Adriana,  sembra l’immagine stessa della Lollobrigida… Era fatale che le affidassero la parte…  Ormai stava diventando anche la musa degli intellettuali…

Per quasi 20 anni la carriera di Gina lollobrigida non conobbe ostacoli… Le mode cambiavano, le donne si assottigliavano, il look diventava più semplice e sofisticato, ma in Italia, Francia e Hollywood seguitavano a volere Gina Lollobrigida così com’era… Con i vestiti troppo ricchi e drappeggiati, la testa rigonfia, i tacchi a spillo che non portava più nessuno,  ma, ciononostante, le maggiori produzioni  non fecero altro che contendersela…  “La Regina d’Africa”, “Il gobbo di Notre Dame”, “Il Sacro e il Profano”… Con “La donna più bella del Mondo”e con “Buonasera Mrs Campbell”  vinse  il Davide di Donatello… con “Torna a settembre” il Golden Globe .. e poi tante nominations, riconoscimenti, la presentazione alla Regina di Inghilterra…

Ma a metà degli anni ’70, ancora bellissima, Gina Lollobrigida sparisce.. Tornerà una sola volta sullo schermo molti anni dopo…. Aveva poco più di 45 anni e per molte sue colleghe iniziava una nuova carriera… Lei orgogliosa preferì lasciare. Quell’immagine che all’inizio le avevano imposta era diventata se stessa, l’aveva fatta sua  e ora non la voleva vedere sullo schermo incrinata dai piccoli segni dell’età… Anni dopo dirà di Sofia Loren ” Era brava, l’ammiravo moltissimo… Ma forse si è ritirata troppo tardi”

Però torna presto alla ribalta… Già prima di abbandonare del tutto lo schermo era diventta fotografa e  girava  il mondo… All’inizio nessuno sembra dargli credito… sembrano un po’ i capricci della diva annoiata…Ma Gina aveva talento, quel talento per le arti che giovanissima aveva coltivato al liceo artistico e poi aveva dovuto mettere da parte… perché guadagnava di più  come comparsa al cinema che fare ritratti a carboncino….  Il suo occhio fotografico gira per i paesi più poveri del mondo e sempre più spesso i suoi soggetti sono i bambini… oppure vecchi borghi dimenicati o grandi immobili paesaggi…

Le riviste “Life” e “Time Magazine” scoprono Gina fotografa e le chiedono di fare  un libro sull’Italia. Per riuscire a fotografare indisturbata , Gina si aggira per l’Italia per due anni e mezzo travestita da eccentrica e originale turista e nasce la raccolta “Italia mia”… Fidel Castro l’accoglie a Cuba… Lui racconta… “”L’ ho conosciuta bene… Siamo stati anche innamorati, pero’ era un amore platonico. E poi aveva sempre la mania di fare fotografie”… Difatti ne venne fuori un bellissimo documentario …

Dopo la passione della fotografia …La scoperta della scultura! Manzù l’aveva incoraggiata  quando, poco prima di morire, completava il suo busto… E lei va a Pietrasanta in Toscana… dove ci sono le migliori botteghe di fusione… Comincia a fare enormi colorate sculture dove mischia verdi e oro e … Stranamente i soggetti sono i personaggi che lei ha interpretato al cinema… da Paolina Borghese a  Esmeralda la protagonista di Notre Dame de Paris…Nel 2008 a Pietrasanta nella grande piazza fanno una mostra all’aperto delle sue opere … La folla è enorme e lei  è commossa e felice perchè può rivedersi  e mostrarsi giovane  ormai per sempre in quei marmi e quei bronzi…

Ma non le potevano bastare  le soddisfazioni personali… I suoi scatti fotografici in giro per il mondo le hanno fatto avvicinare i più poveri, i più bistrattati… E per  tutto quel dolore che aveva  accumulato ha finito per dedicare la maggior parte del suo tempo alle attività umanitarie, come rappresentante speciale per  l’UNICEF  e come ambasciatrice di buona volontà della FAO…Gina Lollobrigida  sembra instancabile e negli ultimi 10 anni   ha girato dappertutto per raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica nella lotta contro la fame. Adesso si sta vendendo all’asta una parte dei suoi favolosi gioielli… due bracciali che si potevano riunire a formare una tiara, orecchini di perle, un anello di smeradi, altri orecchini… Spera di ricavare un milione di euro e vuole destinarlo alla ricerca  e alla cura con le staminali… Nella lentezza con cui in Italia si stanno compiendo i primi passi nella sperimentazione, la giovanissima Gina Lollobrigida, una bella ed entusiasta  signora di 85  anni insegnerà forse qualcosa in materia di efficienza e di umanità ai nostri indecisi e un po’ pavidi  governanti…

Di Gina si sa che quando lavorava al cinema era rigorosissima… puntuale e precisa. In America, quando girava “Il Sacro e il Profano” era molto interdetta quando  le riprese la mattina iniziavano  tardi per aspettare Frank Sinatra che si doveva riprendere della sbronza della sera prima…  Seguitava a  studiare le lingue  e recitava direttamente senza doppiatori sia in inglese che in francese…Faceva ginnastica e quando era sul set mangiava pochissimo… ma quando   poteva… un buon piatto di pasta asciutta era la sua  gioia… Per questo le abbiamo dedicata questa ricetta di :

SPAGHETTI ALLA CARBONARA

INGREDIENTI per 4 persone: 400 grammi di spaghetti, 2 etti di guanciale, 2 spicchi di aglio,1 peperoncino piccante di media grandezza secco, olio di oliva extra vergine, 4 tuorli più 1 uovo intero, sale q. b., pepe in abbondanza, 1 cucchiaio di panna liquida, 100 grammi di pecorino, qualche foglia di basilico fresco.

PREPARAZIONE: tagliate il guanciale a tocchetti, poi in una ciotola sbattete le uova con il sale e il pepe, il  pecorino grattugiato e qualche fogliolina di basilico spezzata con le mani. Mettete a cuocere gli spaghetti in acqua che bolle aggiungendo il sale  nell’acqua solo dopo avervi immerso gli spaghetti. Mentre gli spaghetti cuociono, in una padella fare soffriggere prima l’aglio e il peperoncino spezzato in due e appena l’aglio  ha assunto un lieve colore madreperlato toglietelo dalla padella insieme al peperoncino  e fatevi rosolare il guanciale sino a farlo divenire croccante, ma facendo attenzione a non indurirlo. Solo dopo rimettete nella padella l’aglio e il peperoncino espegnete il fuoco. Appena gli spaghetti sono cotti al  dente versateci sopra il guanciale e il peperoncino,togliendo l’aglio,poi mescolando velocemente aggiungete l’uovo e un cucchiaio di panna liquida per fare in modo che l’uovo non si rapprenda ma resti morbido come una crema. Servite subito.