Dolce & Gabbana in Sicilia… Con gli involtini di pesce spada…

Le lunghe gonne a fiorellini che ondeggiavano al vento,  le bianche camicette di cotone etnico,  lo scialle lavorato  a maglia con i ferri n. 9…  Glieli avevano quasi strappati di dosso alle donne, diventate tutte hippies dall’aria  oziosa…  Ora la nuova donna indossava  il tailleur  di una decisa  tinta unita, le spalle alte e larghe sul corpo snello, appena  intravisto… I capelli raccolti… E usciva tutte le mattine per andare a fare carriera…. Sembrava  ormai una cosa  stabile,  un giusto segno dell’evoluzione e della parità dei diritti e invece durò solo fino a metà degli anni 80.. Cominciò allora l ‘inesorabile  decadenza del’estetica yuppie…

C’è  qualcosa di nuovo… Anzi d’antico,  quando  nel 1985   appaiono  d’improvviso a Milano  in veste  di “Nuovi Talenti” Domenico Dolce e Stefano Gabbana….Facile  individuare nel loro  primo exploit la tradizione, la memoria, il colore locale, la provincia… C’erano tutti i luoghi comuni per  ritornare a un  passato mille volte rinnegato… Dopo aver sconfitto   la donna al potere, dal look internazionale…   Ma senza troppi rimpianti perchè  nei “Nuovi Talenti” c’era una forma di  sicura  ironia  e di allegra baldanza nel riproporre  quel che sembrava scomparso, cioè  la donna mediterranea, dalle forme definite, rotonde,  racchiuse nei reggiseni tutti conturbanti pizzi neri e il  corpo strizzato  dai nuovi corsetti pieni di  stecche e imbottiture…  Anche l’uomo, quando arriverà in passerella, sugli  abiti rigati di  elegante  fattura metterà disinvoltamente la vecchia coppola siciliana. Perché è la Sicilia la musa ispiratrice di questi due giovani, che se ne servono per fare una delle più contaminate e spiritose rivoluzioni che mai l’alta moda aveva osato.url-1

Una Sicilia da amare  e  dove  affondare a piene mani… Passato, presente e  futuro, nella testa  di Dolce & Gabbana si confondono… C’è la Sicilia dei vicoli   dove chiacchierano ancora o chiacchieravano  negli anni ’50  le donne sedute,  vestite di scuro…  Hanno   le calze nere al ginocchio  otre il quale  si intravvede  appena una  striscia di candida  coscia… Quelle calze, nelle mani dissacranti  di Dolce & Gabbana  diverranno   spigliati gambaletti quasi fetish, senza perdere le loro origini… Ma c’è anche la Sicilia del Gattopardo con un esplosione di velluti, abiti da gran ballo, jabots … E  anche di donne già un po’ saffiche, che rubano agli uomini di casa Salina abiti maschili con gilet e camicia bianca…   Gli echi   si sentono ancora  nella collezione “The trip,”  un tempo unico, dilatato nello spazio della collezione del 1992 …Un viaggio pieno di riferimenti alla Sicilia, a Parigi a Berlino …  La versione rivista di un berretto da ragazzo è lo spunto per una  rigida camicia bianca e una cravatta sottile nera… Fra le compagne del viaggio di sicuro c’era  Marlene Dietrich.

Poi quando la Sicilia sembra aver concesso  tutto il suo patrimonio  di   romanticismo e neorealismo, Dolce & Gabbana vanno a cercarsi altri miti ancora, altri cieli…  Il tempo si dilata, rincorre se stesso, riaffiora   in una lunga storia di rivisitazioni e di trasgressioni… Nessuna   paura  neanche a ripercorrere strade scontate come la Cina, che per loro diventa un’orgia allegra e scanzonata di   docili dragoni e di colori  gialli e azzurri  vincenti… Non mancherà neppure una corsa a Londra in un ricordo hippie che   diventa molto “Chic”… Nei pantaloni la  memoria della silhouette di Carnaby Street, poi le scarpe platform, tanti patchwork, broccati e ricami  che vanno a mischiarsi  con rigidi gessati… E’ cominciata l’epoca senza ritegno, in cui tutto il retro viene saccheggiato, senza che loro ci versino sopra neppure una lacrima… Perchè tutto deve amalgamarsi  e rinascere, periodi e paesi, maschile e femminile, pop e alta classe..

1996…Leopardo e animal print in dosi massicce… Negli abiti, nei cappotti,  per la donna e per l’uomo… Mentre chiudono la sfilata i ragazzi in canottiera, ricordo delle afose estati siciliane o degli interni compaesani di “Rocco e i suoi fratelli” ..  Loro adorano provocare  e scandalizzare   ” Politically incorrect ” dirà Patrick Mc Carthy da WWD…

001_2797d1d4-224e-42e1-8806-3fda10a9df5e1997 Nasce la Mon-Signora… ricoperta  di veli e farfalle con immagini sacro – profane della Vergine Maria, mentre cuori e medagliette sacre pendono dalle orecchie…  Una particolare “devozione” che riaffiora anche nel 2013, quando in tempo di crisi, i giovani  di poche speranze, coprono le loro magliette con enormi “ex voto”stampati…

1998 Un guizzo e via… il tempo di Dolce e Gabbana  è  tutto   ispirato ai film di fantascienza e ai fumetti dei super eroi … E  la donna del sud diventa “cyber”… Tessuti stretch, abiti effetto specchio, plastica elasticizzata, con un risultato sfacciatamente sexy…Quella volta, invece del passato, proiettarono il futuro nel presente…

Nel 2001 il nuovo secolo inizia  in una scenografica Sicilia, evocata nella passerella,  da un bosco di palme tutto d’oro… Gira attorno alle palme una donna  con pochi essenziali colori e soprattutto molto nero… un colore antico per una  figura flessuosa, molto attuale…

Nel 2004 c’è un  Medio Oriente  evocato nelle tinte pastello  dei top, nelle piccole gonne a strisce colorate …o  negli  scollati  vestiti a quadrettini bianchi e rossi  cuciti nella stoffa della “Kefia”  dei ribelli arabi…Non c’è sosta alle loro provocazioni

  Il 2007 è l’anno della foto scandalo…  C’è  una donna tenuta per i polsi e  trattenuta  a terra da un uomo a torso nudo, mentre altri quattro  assistono e guardano…  Sembra la scena bloccata di un balletto più che un frammento di realtà, ma protestano tutti… Senatori, ministro delle Pari opportunità, Cgil, Amnesty International ecc. «Per noi quella foto onirica, è espressione di passionalità, bellezza ed erotismo» Si difendono… Ma la censura  blocca la campagna pubblicitaria…  Sempre quell’anno in una  plumbea Portofino appaiono  nudi e seminudi fra vescovi e tacchi a spillo, in un servizio   firmato Steven Klein. Un po’ arrabbiati e molto sorridenti raccontano «Tutto è nato un anno fa quando il New York Times ci ha definito cafoni e paesani! Ci siamo detti: “Beh allora facciamogli vedere sino a che punto siamo capaci di esserlo”».

C’era da chiedersi: ma dove andranno a finire  Dolce & Gabbana? Semplice, sono tornati in Sicilia… Da cui del resto non erano mai andati via… Ma stavolta  hanno superato se stessi …  Chi poteva pensare alla Sicilia dei Paladini, di Orlando e di Rinaldo … Quelli dell’Opera  dei Pupi, quelli dipinti sui colorati carretti siciliani, da tempo  umiliati nella più vieta e trita pubblicità turistica dei gadgets souvenirs…  Loro  ci si sono tuffati in mezzo, con quell’ardire e quell’incoscienza che è tutto l’essere se stessi  e  hanno creato abiti  di insolita, divertita e ritrovata nobiltà … Pezzi di carri e  immagini  di  vecchi pupi riprodotti per intero, in mille versioni di lungo, di top, di gonne e di scarpe  folli   dove la zeppa del tacco è uno spicchio di ruota del carretto…

L’ultima collezione invece lascia estasiati… E’ proprio il caso di dirlo perché è tutta Santi e Regine,  sottratti stavolta alle memorie  bizantine del Duomo di  Monreale e della Cappella Palatina…  Una collezione che sa di favola, dove lo sfarzo viene però contenuto  dai tagli e dalle linee, morbide e rigorose assieme…  Tessuti che riproducono  il  fondo oro con  tessere di  mosaici appena stinti dai secoli, su cui appaiono antiche figure di un mondo dove  sacro e regale sono  la stessa cosa, per sempre  espressi nella fissità distante  delle  figure dai ricchi   panneggi e  impreziosite da  tiare, gioielli colorati , orecchini enormi in forma di croce… Un mondo colto, raffinato, riservato a pochi eletti…Beh saranno pure dissacratori, eccentrici e provocatori, ma soprattutto Dolce & Gabbana  lasciano senza fiato…,

A questi testimoni del tempo un piatto siciliano senza tempo…

INVOLTINI DI PESCE SPADA ALLA SICILIANA

INGREDIENTI per 4 persone: 12 fettine sottili di Pesce Spada,150 grammi di pangrattato, 2 cucchiai di pinoli, 2 cucchiai di uvetta, 1 ciuffo di prezzemolo,  2 cucchiai di pecorino grattugiato, 2 acciughe sotto sale, 2 limoni,   foglie di alloro,  olio extra vergine di oliva, sale e pepe.

PREPARAZIONE:  Dissalate le acciughe raschiando  il sale, poi apr itele, togliete  la lisca e  sciacquatele sotto l’acqua. Infine  riducetele a pasta schiacciandole in poco olio. Fate rinvenire l’uvetta mettendola a bagno nell’acqua tiepida almeno 20 minuti.Versate ora in una padella due cucchiai di olio, fatelo scaldare, tostatevi leggermente 100 grammi di pangrattato e subito dopo aggiungete il pecorino, il prezzemolo tritato, i pinoli, l’uvetta, il succo  di 1 limone,  una presa di sale e un pizzico di pepe. Distribuite il composto sulle fette di Pesce Spada, cosparse di sale e arrotolatele, poi ungete gli involtini nell’olio e  cospargeteli del rimanente pangrattato. Infilzateli su spiedi di legno alternandoli con foglie di alloro e disponeteli in una teglia già unta di olio. Bagnateli con un’emulsione di olio e del restante succo dilimone e infornate a 200°C per 20 minuti circa.

Un dolce rustico per Giorgio Armani: la sbrisolona

Fra sanzioni prima e tempo di guerra  poi, molte cose erano sparite dalla vita degli italiani…Il cibo era razionato  e di tessuti  se ne trovavano ben pochi e a prezzi spaventosi… Le persone grandi, girando, rigirando  e “rimodernando” –  come eufemisticamente si diceva –  cappotti e giacche, in qualche modo riuscirono ad arrivare a guerra finita… Ma per i bambini  era diverso… crescevano in fretta e riciclare i vestiti dell’anno prima era difficile. Per fortuna  si trovavano le stoffe militari… per le divise dei soldati… Così sua madre  si adattava con quei ruvidi tessuti e cuciva da sola i vestiti per Giorgio e sua sorella. Lei veniva da una famiglia in vista  a Piacenza e  le sembrava importante mantenere un certo decoro, nonostante i  tempi  difficili.. Probabilmente fu allora, che Giorgio  cominciò a interessarsi agli abiti e,  magari inconsciamente, a capire il valore simbolico che si portavano dietro…  L’equilibrio e il “meno che diventa più” lo intuì invece  appena un po’ dopo! Poteva avere 12 anni e la guerra era finita … Miracolosamente arrivò un pollo in casa…Era Natale  e la madre  volle decorare la tavola a festa… Sembrava a tutti bellissima sin quando Giorgio non  freddò l’ambiente “Troppi fiori… disse a sua madre,  togline un po'” Dopo pochi anni andarono via da Piacenza… Suo padre aveva trovato lavoro a Milano e per Giorgio fu uno choc… Non poteva allora immaginare quanto  Milano sarebbe stata importante… Quando tornò dal servizio militare abbandonò anche gli studi di medicina… Era rimasto deluso da entrambe  le esperienze e tanto per trovargli un lavoro un’amica  lo fece assumere come vetrinista a “La Rinascente”… Quello fu il suo ingresso nel mondo della moda, dalla scala di servizio, per 10 anni di fila…Poi l’incontro con Nino Cerruti… il design e  la gestione aziendale, con uno sguardo a 360 gradi. sul complesso mondo dell’alta moda… Ma “Giorgio Armani” lo diventa tardi.. quasi alle soglie dei quarant’ anni… Fu il suo amico Sergio Galeotti a spingerlo…Uno studio ufficio in due stanze arredato con i soldi ricavati della vendita delle loro auto…   A Porta Venezia  Giorgio disegnava e Sergio teneva i contatti col mondo.

Nel 1975 la prima linea uomo – donna pret a porter… che rende felice Giorgio perché da Cerruti si era occupato solo di moda maschile…La collezione che  fa gridare  al nuovo talento  arriva rapidamente  l’anno dopo nella Sala Bianca di Firenze, ed è l’inizio della sua rivoluzione: è   la “giacca destrutturata”…  un  unico stile per donne e uomini! Materiali di pregio, morbidi come il cashmire,  senza  imbottiture e  grandi spalline,  bottoni spostati, asole cucite a mano, impunture a vista e fessino aperto…  Se qualche supporto interno rimane è  solo  di prodotti naturali come il crine di cavallo. “Volevo che le donne portassero giacche, cravatte e smoking come gli uomini, ma che restassero il più femminili possibile.” E ciò ovviamente non sarebbe stato possibile con quelle giacche così rigide e pesanti.  E’ una donna del tutto nuova quella di Armani… che però veniva da lontano…la prima ispiratrice può essere stata Cocò Chanel  con gli smilzi vestitini di jersey , senza strozzature in vita dietro i quali  le linee del corpo giocavano a nascondersi e rivelarsi seguendo i  movimenti. Fra quelli più vicini a lui c’era Kenzo lo stilista giapponese figlio di più culture che mischiava  assieme con assoluta  nonchalance oriente e occidente…

Grande tentazione quella dell’oriente che in Armani si riaffaccerà periodicamente… All’inizio degli anni ’80 Armani è già un mito e  Hollyvood  abbandona i suoi sarti  per  Armani  quando si tratta di vestire Richard Geere che deve interpretare l’equivoco bellissimo “American Gigolo”. Nel 1982 Time gli dedica una copertina… E’ la consacrazione”  Con l’andar del tempo Armani muta  e si invaghisce di tante donne diverse che a ben guardare però sono sempre le stesse con pochi  colori per volta, tanti grigi, neri e bianchi e il suo tipico azzurro. Lo stile inconfondibile è  fatto di  cose essenziali e qualche improvviso guizzo di fantasia nel drappeggio, nel colore, nell’oriente…  All’inizio, negli anni ’70 la donna Armani  è  sportiva, classica  e confortevole, con qualche riferimento retrò (cappello cloche)  …. Nel pieno degli anni ’80 ha un  look tipicamente yuppie, caratterizzato da un mood femminista e androgino… spalle larghe e camicie “baby” con tessuti soft e cascanti.  Nel ’90 si lascia tentare  da  quelle  strane dive  americane, alte flessuose… con qualche tratto maschile come  Marlene Dietrich o Greta Garbo che  spesso indossavano  larghi pantaloni  alti in vita, ma nello stesso tempo l’oriente  coloniale si affaccia prepotentemente   ne “Il te nel Deserto” … Ancora  dagli anni duemila in poi ritorna allo stile degli anni 20 e 30 e alle  le sarte hollywoodiane  che preparavano  sontuosi abiti fatti di tessuti leggerissimi  e appena velati  su cui poggiavano complicati ricami di paillettes.  Un mondo di fragili eleganze tutto da rivisitare e mischiare disinvoltamente assieme a gheishe e ai fior di pesco come nella collezione del 2011…E in tutto questo Armani è rimasto fedelissimo alla moda uomo con cui aveva iniziato  puntando  sui jeans  da abbinare  spesso alla  giacca e alla cravatta a farfalla in un casual che diventa unico … e  imitatissimo, alle bluse morbide che va a saccheggiare  nei guardaroba femminili e  i nuovissimi trench con le bretelle anziché con la cinta. L’intimo uomo poi è  stato un successo nel successo  per il  modo di modellare  e di equilibrare  fatto di tagli perfetti e pochi colori… qualche anno fa pare che abbia pagato cifre astronomiche per avere come Testimonial  David Beckham, Rafael Nadal e Christiano Ronaldo.

Lo chiamano Re Giorgio, ma il suo ormai è un Impero… A lui hanno chiesto tutto … e tutto si è inventato… Profumi dai nomi deliziosi come “Acqua di Jo”, la cantante Beyoncè  che  presenta  Emporio Armani Diamonds, occhiali, accessori, gioielli, borse, scarpe.. La passione per l’arredamento, fortissima, invece  ha fatto nascere “Armani Casa”  con sontuosi alberghi come quello di Dubai o con centri vendita come  l’Armani Ginza Tower a Tokio  o la sede di Milano a Via Bergognone …

Un settore dove Armani ha rivelato se stesso sino al più profondo del suo cuore… Purissime linee dove  l’ essenzialità si è mischiata  allo spirito dell’oriente… ma a quel particolare oriente che è lo  Zen  e ha dato vita ad ambienti rigorosi, con pochi colori… Il suo stile minimalista  che ha raggiunto il massimo del “less is more…” Fra le realizzazioni di Armani Casa c’è anche il suo ultimo  yacht … Il “Main” 65 metri di lusso, raffinatezza e semplicità.. Peccato che Armani non lo possa dividere con Sergio Galeotti, il suo grande compagno degli inizi, quello che con il suo coraggio e la sua ammirazione gli ha dato la forza per cominciare  “Quando siamo partiti, io non ero uno stilista e lui non era un manager. Ma si è applicato, con ostinazione, con testardaggine, fino a diventare un personaggio …. E’ stata sua l’ idea di fare una struttura tutta nuova, senza produzione, ma solo ideazione e, in qualche caso, vendita. ..”   Così lo ricorda Armani… Perchè Sergio  morì molto presto, nel 1985 … e lui non è più riuscito a dimenticarlo.

Armani  ormai è conosciuto anche per i suoi alberghi e i suoi ristoranti sparsi ai quattro angoli della Terra  dove si mangiano le specialità esotiche più raffinate e particolari… Ma in fondo, nonostante il mondo intero sia ormai la sua patria, una parte di Armani è sempre rimasta a Piacenza, in quella provincia dove si sentiva protetto  e da cui ha fatto tanta fatica a staccarsi. E da Piacenza abbiamo scelto questo rustico e leggendario dolce  tipico della Lombardia e ospite indiscusso delle tavole piacentine che è:

LA TORTA SBRISOLONA

INGREDIENTI per 8 persone circa: Farina di mais 250 grammi, farina di mais macinata più finemente detta “fumetto”  150 grammi,mandorle pelate 150 grammi, mandorle non pelate 50 grammi, zucchero 200 grammi, burro 110 grammi, strutto 100 grammi, vanillina 1 bustina, la buccia grattugiata di un limone, 2 tuorli di uova.

PREPARAZIONE: tritate grossolanamente le mandorle trattenendone 50 grammi intere per la decorazione. In una terrina di grandi dimensioni mettete la farina di mais nelle due versioni, le mandorle tritate, il burro, lo strutto, la vanillina, la scorza di limone, i due tuorli di uova e lo zucchero, trattenendo a parte due cucchiaiate. Lavorate velocemente tutti gli elementi senza amalgamarli troppo perché l’impasto deve rimanere un po’ grossolano,. Imburrate una tortiera del diametro di circa 25 cm. di alluminio usa e getta perché  al termine sarà più facile liberare la torta.Distribuite l’impasto sulla tortiera  sbriciolandolo con le mani mentre lo inserite e senza pressarlo sul fondo. Sulla superficie poggiate le mandorle  intere formando un disegno a piacere. Cuocete nel forno preriscaldato a 180°C per circa un’ora, poi toglietela dal forno e fatela freddare prima di estrarla dalla tortiera. Poggiatela sul piatto da portata e cospargetela di  zucchero prima di servire. Attenzione: c’e un rito da rispettare! La torta Sbrisolona si spezza con le mani. Vietati i coltelli.