Nicola Calipari… Per Lui una pignolata reggina!

Era iniziato tutto una mattina di felicità…  Adesso erano  veramente  pronti e  potevano partire, ma bastò una telefonata a rompere l’incantesimo … Avevano rapito una giornalista  italiana, mentre usciva dall’Università di Bagdad.. Lui accompagnò  Rosa e i ragazzi in montagna e tornò a precipizio a Roma… Vuole esserci sin dall’inizio,  in quella prima fase delle ricerche… Sostanzialmente perché non si fida… Il clima  è  strano lì al Sismi… Chiusi dentro Forte Braschi sembra quasi di stare in prigione…  Si respira un’ aria pesante come se ci fosse  una volontà di frenare, svilire o  deviare  le informazioni… Ma forse, pensa, è proprio il lavoro di controspionaggio che ti porta a diffidare…Forse troppa letteratura…  Non lo  avrebbe mai saputo, ma qualche  tempo dopo il SISMI  fu accusato di aver fornito false prove agli Stati Uniti  sui molto  improbabili acquisti di uranio di Saddam Ussein… Era stato uno dei  principali alibi dell’America  per l’invasione dell’Iraq…   Lo stesso suo capo del Sismi Nicolò Pollari e il  collega Marco Mancini  due anni prima avevano collaborato  troppo  strettamente con la CIA   mentre rapiva in pieno centro città Abu Omar un Imam arabo… A Milano, in territorio tutto italiano.

Nicola Calipari,  è noto, ha da tempo pessimi rapporti con Mancini, ma adesso è  addirittura stupito per la veemenza con cui  Mancini vuole inserirsi nel sequestro della giornalista… Il caso invece spetta a Nicola come  “Capo della 2ª Divisione Ricerca e  Spionaggio all’Estero…”  Ormai suo malgrado ha una grossa esperienza di sequestri e di rapimenti in quel terribile dopoguerra iraqeno che sembra più spaventoso della guerra stessa…  Fabrizio Quattrocchi ed  Enzo Baldoni non ci sono riusciti a farli tornare … Altri cinque, fra cui  Simona e Simona, le due  ragazze di buona volontà, sono a casa sani e salvi …

Ormai Nicola Calipari  i contatti se li è fatti in tutto il Medio Oriente…  Deve  capire chi sono i rapitori, rintracciarli, aprire un  canale, sapere  se la giornalista è viva … E poi  la trattativa. Il Governo stesso gli ha dato mandato…  Ma qualcosa comincia ad andare storto… Arrivano rivendicazioni, minacce e ultimatum via Internet… sembra una chiara volontà di confondere le acque…Rendere più duro il lavoro, andare fuori pista… Sui giornali  c’è di volta in volta il «covo indentificato», il «blitz americano imminente»,  «l’ostaggio spostato da una moschea all’altra». Tutto falso. Interferenze, illazioni banali, ma anche notizie che escono da fonti riservate… Il sequestro di Giuliana Sgrena è un palcoscenico su cui vogliono esibirsi in molti …Marco Mancini   incontra  i giornalisti in un bar vicino al Pantheon. E parlano  di tutto.

Finalmente la trattativa parte  tra Roma e Abu Dhabi…C’è la richiesta del riscatto e  un  passaporto diplomatico da procurare a un capo sunnita… Ma Calipari è appena tornato dagli Emirati. C’è stato l’ennesimo stop al negoziato e non   si capisce il perché.  Ci riprova da Roma. Freddo determinato annuncia  «Quando riparto sarà per chiudere». La notte del 28 febbraio sale sul Falcon del Sismi diretto ad Abu Dhabi…  C’è ancora molto da fare,  mentre con la massima incoscienza i media annunciano:  «Per la liberazione è questione di ore». Invece ci sono ancora giorni… L’Italia ha pagato ma ci sono i dettagli … Il luogo, le modalità, l’ora…   Solo la sera del 3 marzo tutto è pronto. Il giorno dopo, parte per Baghdad, ma vorrebbe che tutto fosse già finito… Ha paura  che i rapitori  cambino idea … Spera che  gli americani non creino problemi… Sa che odiano i riscatti perché temono un’escalation dei sequestri…

C ‘era stata quella pioggia torrenziale e l’aereo da Abu Dabi  non riusciva ad atterrare… Così erano arrivati all’appuntamento con un’ora di ritardo e non c’era nessuno…. La Toyota Corolla, presa in affitto  come avevano  preteso gli americani, è  ferma  prima  della rotonda, nel punto che gli hanno indicato  e  con le luci d’emergenza che  mandano  segnali intermittenti…  Spera  che tornino sul luogo dell’appuntamento… Passa ancora del tempo e finalmente arriva una telefonata…    Ma sono quelli di Roma … Gli dicono che non è opportuno che aspetti ancora lì… che forse l’appuntamento è sbagliato, forse è una trappola… Meglio spostarsi… Perché  non  vanno a dare un’occhiata sotto il cavalcavia… Lui non ci pensa nemmeno, ma quelli insistono… Chiamano 3 volte…Adesso comincia a innervosirsi …potrebbero anche aver ragione loro…  Ma non vuole assolutamente spostare la macchina  e chiede all’autista di  inviare qualcuno della  squadra locale  a controllare il cavalcavia…  Naturalmente non c’è la macchina dei rapitori, ma la squadra ha visto due auto e forse delle armi che sporgevano…Calipari ora è furioso e capisce che  qualcuno vuole impedire l’ultimo atto…

Poi, finalmente, arriva un pick up da cui giunge il messaggio atteso: «Follow me»….Infiniti sono i giri per la città tortuosa… Perdono anche l’orientamento, ma finalmente Giuliana Sgrena sale sulla Toyota… E’ anche difficile ritrovare la strada dell’aeroporto dopo tutti quei giri e la giornalista è spaventata … Lui le è seduto vicino e cerca di tranquillizzarla ma  ci riesce poco… Lei ha in testa la frase beffarda dei suoi rapitori…”Gli americani non ti permetteranno di uscire dal paese”.. . La luce accecante gliela sbatteranno in faccia all’uscita da una curva.. Pochi minuti più in là c’è l’Aeroporto… L’autista rallenta immediatamente mentre  già partono i colpi…Senza alcun preavviso… Infatti non c’è  posto di blocco… Non c’è intimazione di stop,  la strada non è  ristretta dai birilli come  quando ci sono i controlli… Solo due auto … da una delle quali parte qualche centinaio di colpi a raffica in una manciata di secondi…Calipari si butta su Giuliana e la costringe nello spazio fra il sedile anteriore e posteriore… L’autista urla invano “Italiani,italiani” per farli smettere…  Giuliana comincia ad avvertire il peso su di lei…Sempre più pesante…  Sempre più pesante mentre è lì, incastrata  terrorizzata… del tutto immobile.

Lei e l’autista torneranno il giorno dopo in Italia… Entrambi feriti… Nicola Calipari  è morto nel tentativo di salvarla…

Gli americani si scuseranno punto e basta … Del resto l’auto era troppo veloce … I solerti soldati americani si sono spaventati… Lozano, quello che ha sparato, ha pensato alle sue figlie piccole… Giuliana Sgrena nega che la macchina andasse a 100 km orari, ma chi la sta a sentire… L’autista non può nemmeno parlare… E’ del Sismi… Come mai il posto di blocco non era segnalato?  Era un posto volante, del tutto provvisorio…   Doveva proteggere il percorso dell’Ambasciatore Negroponte che andava a un ricevimento… Già, ma l’ambasciatore era passato due ore prima e il posto di blocco invece era ancora lì… Come mai nessuna delle auto passate prima della toyota  era  stata fermata? Nessuno risponde… Il luogo del delitto, quello che  gli americani chiamano dell’ incidente, verrà immediatamente alterato, la Toyota verrà consegnata all’Italia per i rilevamenti  soltanto quando non ci sarà più niente da rilevare… Qualcuno insinuerà che Calipari volesse fare lo 007… Perchè non ha portato la giornalista all’Ambasciata italiana?… Ignorando o facendo finta che la strada verso l’ambasciata era la più pericolosa della città… Gli americani dissero che non sapevano niente dell’operazione dei servizi segreti italiani.. Gli italiani dissero il contrario e del resto Calipari aveva scelto un’auto a noleggio perché  gli americani non  avevano voluto auto governative… Ancora dissero gli americani che la Toyota viaggiava a fari spenti, ma nel video che sequestrarono a Lozano la macchina ha i fari accesi…

L’talia chiese di giudicare Lozano… Non fu possibile …  Sia il Governo Americano che quello italiano pur discordanti nella dinamica degli avvenimenti conclusero entrambi che non ci fu da parte del Lozano “nessuna intenzionalità…”  Relegarono  il tutto al rango di  incidente   e questo determinò la “mancanza di giurisdizione ” dell’Italia…

Commentò  così il  Pubblico Ministero, amareggiato: Se è vero che gli eroi non muoiono mai ma vengono rapiti in cielo al culmine della loro gloria, è tristemente vero che gli eroi dimenticati muoiono ogni giorno. Avevamo un’esigenza di verità e di giustizia. Non siamo riusciti a soddisfarle: dottor Nicola Calipari, ingiustizia è fatta!

Ma perché è avvenuto tutto questo? Troppe le ipotesi… troppi i misteri del “Segreto di Stato” E’ lecito tuttavia supporre che qualcuno da Roma  abbia seguitato a informare gli americani sulle mosse e i movimenti di Calipari… Forse   qualcuno al Sismi valutò appieno le conseguenze quando tentò di mandar via Calipari dal luogo dell’incontro e far fallire l’operazione… Non avevano capito che avevano di fronte  un “Servitore dello Stato”  che avrebbe seguitato a fare il suo dovere fino in fondo….

E’ inutile dire che Nicola Calipari è stato coperto di medaglie, onorificenze , onori… La moglie con fermezza, in una delle tante   cerimonie, ha detto che l’unico dono per Nicola sarebbe stata la verità… Ma non sembra che l’abbiano ascoltata…

Nicola Calipari era nato a Reggio Calabria… lì si laureò in giurisprudenza e  iniziò il  lavoro in polizia…  Un lavoro che amò appassionatamente… Fino a morirne…

Siamo andati a cercare nella sua terra d’origine qualcosa che gli avrebbe fatto piacere…

PIGNOLATA REGGINA

INGREDIENTI per 8/10 persone:

PER L’IMPASTO: 250  grammi di zucchero, 500 grammi di farina 00, 12 uova, 2 cucchiai di strutto, 3 cucchiai di rhum,.

PER LA GLASSA AL LIMONE: 1 albume,150 grammi di zucchero a velo, il succo di un grosso limone.

PER LA GLASSA AL CIOCCOLATO: 100 grammi di cioccolato fondente, 7 cucchiai di acqua, 200 grammi di zucchero a velo, un pizzico di vaniglia

PREPARAZIONE: Mettete la farina a fontana con al centro 7 uova intere e 5 tuorli,  lo strutto e il rhum. Impastate energicamente e formate con l’impasto  dei bastoncini grossi un dito che taglierete a pezzi di circa 2 cm. Friggeteli nello strutto    caldo  e metteteli ad asciugare nella carta assorbente da cucina. Immergete metà dei bastoncini nella glassa al limone e l’altra metà nella glassa tiepida al cioccolato.Sistemateli divisi per colore in un piatto dando con le mani bagnate una forma di pigna metà bianca e metà nera.Fate raffreddare in frigo  prima di servire.

Glassa al limone : Montate  un albume a neve ferma , aggiungete lo zucchero e il succo del limone. Sbattete fino a quando non diventerà densa. Se risulta troppo fluida aggiungete zucchero a velo, se troppo densa aggiungete un’ albume

Glassa al cioccolato : In un tegame mettete l’acqua con il cioccolato grattugiato.Una volta sciolto aggiungiete lo zucchero  e il pizzico di vaniglia e mescolando portate a ebollizione.Togliete dal fuoco e mettiete il composto a bagnomaria in un recipiente con acqua fredda mescolando continuamente. Quando diventerà opaca è pronta per glassare

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Fish and Chips… Ci vediamo a Londra!

FERDINANDOilCATTOLICO_ISABELLAPioggia, Thè, Fish and Chips…  E l’Inghilterra è servita!  Eppure nello stereotipo dei luoghi comuni, a ben vedere, di  veramente inglese c’è solo la pioggia. Il  thè cominciò ad arrivare dalla Cina nel 1650 e ,per  parecchio tempo,  rimase una bevanda esotica  riservata agli aristocratici. Quanto al “Fish and Chips… , il piatto più popolare e più diffuso in tutto il Regno Unito, la questione si fa complessa e le versioni sono  più di una. Per trovare le tracce occorre  risalire  parecchio indietro nel tempo e uscire dall’Inghilterra con un occhio  rivolto a Spagna e Portogallo, dove, sembra, che sia iniziato tutto. Prima che i Cattolicissimi regnanti Isabella e Ferdinando cacciassero i Saraceni dall’ultimo avamposto  di Granada, Ebrei, Arabi e Cattolici erano convissuti senza troppi problemi  nella penisola Iberica,…Poi invece arrivò l’inferno. Neanche le conversioni di massa riuscirono a mitigare il furore religioso di Isabella e Ferdinando e l’intolleranza, diventò inquisizione. Gli ebrei furono rapidamente espulsi, e  in mezzo ai motivi religiosi sembra che ci fosse la storia di un  grosso debito, che, in questo modo, il re Ferdinando evitò di restituire  ai banchieri ebrei… Quanto a Moriscos e Marranos, arabi ed ebrei  convertiti … per loro fu anche peggio. Perseguitati e uccisi, con le speranze perdute molti superstiti cominciarono a mettersi in salvo altrove. I Moriscos tornarono in nord Africa, i Marranos si sparpagliarono per l’Europa… un fiume di persone che lentamente superava i monti e le valli dei Pirenei, scorreva attraverso tutta la Francia e poi i finiva in l’Italia,Olanda e Polonia. Poi fu attorno alla metà del 17° secolo che ebrei e marranos furono, per la prima volta dopo parecchi secoli…  riammessi in Inghilterra. L’artefice fu Cromwell, che buttando un occhio di là del mare, si era accorto  che,  in  Olanda, oliver-cromwellmarranos ed ebrei avevano fatto rifiorire i commerci  marittimi e  accumulato grandi ricchezze. Per l’Inghilterra  che aveva  da poco avviato la Compagnia delle Indie  Orientali  fu giocoforza  perché portavano capitali freschi . Ma i nuovi arrivati, pur avendo vagato per mezzo  mondo, non avevano mai perso le loro abitudini. Anzi le avevano trasferite  in tutti i posti di mare in cui erano capitati.  Fu così che anche in Inghilterra, secondo la versione più accreditata, arrivò il “Pescado fritto” che Portoghesi e Spagnoli, di qualunque religione fossero, erano soliti preparare e mangiare per la strada, avvolto in  piccoli e grandi cartocci.  La tradizione così aveva avuto inizio, ma, fino al 19° secolo l’usanza  era rimasta nei posti di mare. Poi all’improvviso arrivò la pesca a strascico e la ferrovia e il pesce, che oramai abbondava sui mercati, si trasferiva ancor fresco dalle coste dello Yorkshire  nelle città dell’interno come Manchester, Oldham  o Bradford dove fritto cominciò a diventare un fenomeno di massa che traboccava dai cartocci delle  carte da giornale in cui ara avvolto.  E per essere precisi, in genere, il giornale era quello del venerdì perché in quel giorno  era vietato mangiare carne.

Attenzione  non c’è ancora  “Fish and Chips”, ma a questo punto la storia si ingarbuglia. All’epoca e siamo ormai nella prima metà del 19° secolo, l’Inghilterra  sta dando il meglio di sé accogliendo  i profughi politici che scappano da mezza Europa dopo che, tutti i moti insurrezionali, iniziati negli anni ’20, falliscono uno dopo l’altro. Fra di  loro c’erano anche molti italiani  che si sparpagliavano un po’ in tutta l’Isola,  mentre in Scozia si andarono a rifugiare soprattutto i Veneti. Avevano cercato di scrollarsi di dosso quel pesante impero Austro Ungarico che Napoleone gli aveva messo sulla testa, ma non c’erano riusciti e adesso sicuramente dovevano essere  persone molto tristi per l’insuccesso e  il forzato esilio. Ma per fortuna erano capitati  in quei posti che erano così vicini al mare e potevano almeno seguitare a mangiare, durante le passeggiate, lo “Scartosso de pesse”, quei classici pesciolini da passeggio acquistati e mangiati per la strada, che i loro connazionali avevano cominciato a  preparare e a vendere vicino al porto, quando le barche tornavano dalla peek-a-boo-frittura-paranza-agrumi-e1359890273202pesca.

Difficile, come in tutti i casi del genere stabilire la verità, forse sono vere tutte e due le storie! Ma mancava ancora un elemento determinante: le patatine fritte. Che i popoli del Nord Europa siano particolarmente affezionati alle patate è risaputo, ma di quelle, così larghe e croccanti, non c’era traccia in Inghilterra. Si suppone da parte dei più che abbiano attraversato il mare venendo dalle coste del Belgio dove c’era l’elegante tradizione di “Pommes de terre a la mode”. Il tragitto in fondo non era molto!Red-light_district_(De_Wallen)_Amsterdam

Ma ormai le testimonianze si infittiscono. Fatto sta che attorno al 1838  il “Fish and Chips” è diventata già una realtà. Ne parla  Dickens in “Oliver Twist” e in seguito nel “Racconto di due Città”, mentre la  sua preparazione viene rintracciata in un ricettario  ebraico datato 1848 e chissà da quanto tempo stava scritta da qualche altra parte. Certo, se così fosse, si  rinforzerebbe l’origine sefardita del piatto nazionale inglese. Comunque nel 1860 “Fish and Chips” fanno il loro ingresso ufficiale in società quando un giovane ebreo, Josef Malin le porta in tavola nel suo ristorante appena aperto a Londra al  N.21 di Cleveland Street. Ma in concomitanza, chissà se qualche giorno prima o qualche giorno dopo, in Scozia, si aprono a raffica i ristoranti italiani che propongono “Fish and Chips”. Crolla’s  e Valentini’s sono nomi storici e questo potrebbe avvalorare la tesi che l’origine del piatto inglese sia, nella realtà dei fatti, italiana.

Oggi i punti vendita di “Fish and Chips, nel solo Regno Unito sono 11.000 e qualcuno, appassionato di statistiche, ha calcolato che ogni abitante, su una spesa di 100 sterline almeno 1 la dedica  a mangiarsi questo semplice e  mitico piatto  che ha iniziato come “take away”, sicuramente qualche secolo prima di tutti.

Ma qualunque e dovunque sia stata l’origine di “Fish and Chips”, la piena cittadinanza inglese e la medaglia al valore se l’è conquistata  fra il 1940 e il 1945, quando, per il suo equilibrato apporto  di proteine, grassi e carboidrati  divenne il cibo dei soldati al fronte, sino a quando non si si riuscì a venir fuori dal tunnel della  2° guerra mondiale.

FISH AND CHIPS (Per 4 persone)IMG_9438

INGREDIENTI: Merluzzo, in filetti tagliati piuttosto spessi, grammi 800, patate grammi 800

INGREDIENTI per la pastella: lievito di birra 15 grammi, latte 300 ml, farina bianca grammi 80, farina di mais  80 grammi, peperoncino piccante in polvere 1 pizzico, uova 1 tuorlo,1 pizzico di lievito in polvere,1/2 cucchiaino di sale.

INGREDIENTI per la purea di piselli: piselli freschi, già sbucciati o surgelati 500 grammi,burro 30 grammi, sale un pizzico, 1 scalogno, brodo vegetale 100 ml circa, menta fresca 8 foglioline o in alternativa 8 foglioline di prezzemolo.

INGREDIENTI PER FRIGGERE: olio extra vergine d’oliva, preferibilmente ligure o toscano, in genere più delicati.

PREPARAZIONE: per fare la pastella sciogliete il lievito di birra in tre cucchiai di latte tiepido e lasciate riposare  circa 10 minuti al caldo. Mettete  il resto degli ingredienti in una ciotola capiente,miscelate con una frusta e aggiungere alla fine il lievito di birra e il sale. Sigillate la ciotola con pellicola trasparente e fate riposare 1 ora e 1/2 in un ambiente cardo e riparato.

Nel frattempo preparare la purea di piselli,sciogliendo in un tegame il burro e facendo appassire lo scalogno tritato per qualche istante, poi unite i piselli e la menta (o il prezzemolo), il brodo vegetale e portate a cottura i piselli. Dei piselli cotti tenete da parte due cucchiai e il resto frullatelo. Con un mestolo di legno aggiungete i piselli sani alla purea e mescolate.

Per preparare le patate,tagliatele a fette per la lunghezza dopo averle lavate e sbucciate, ottenendo delle strisce piuttoto grosse dello spessore di circa 1 cm e 1/2. Sciacquatele nuovamente sotto l’acqua corrente per togliere i residui di amido e asciugatele con un panno.

Riscaldate l’olio alla temperatura di circa 130° C e friggete le patate poco per volta per 4/5 minuti.(Questa è solo la prima fase della frittura che serve per cuocere esclusivamente l’interno delle patate) . Toglietele dal fuoco e mettetele ad asciugare su un foglio di carta assorbente. alzate ora la temperatura dell’olio a 180°C.

Nel frattempo tagliate il pesce a rettangoli di circa 10 cm per 4 cm,e mettete i filetti a bagno nella pastella.Scolateli uno per volta e gettateli nell’olio bollente pochi per volta. Scolateli appena dorati e metteteli ad asciugare sulla carta assorbente.

Friggete per la seconda volta le patate, finché non saranno  dorate e croccanti.

Servite caldo accompagnando con la purea di piselli.

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Saint Louis Style Pizza

603px-Missouri_quarter,_reverse_side,_2003Lì convergevano, come fosse un cuore umano, le grandi vie di comunicazione fluviali  quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti centrali. E questo perchè é era proprio lì che  il Missouri va incontro al grande  Mississipi. Nella seconda metà  del 1700 Léclede, un commerciante di pellicce francese, aveva capito che quello era il punto strategico  più favorevole e che da lì si sarebbero potute spedire le merci in tutte le direzioni del Grande Paese. Certo, oggi che  la maggior parte dei trasporti via terra si fa con i tir e i treni, è difficile immaginare l’importanza della navigazione fluviale, che si perde nella notte dei tempi. Ma già in Europa, tanti secoli prima, aveva avuto la sua grande realizzazione nel sistema fluviale Reno Rodano Ticino, la cui sorgenti, situate a poca disatanza l’una dall’altra, avevano consentito l’interscambio delle merci in tutta l’ Euoropa, prima ancora che arrivassero i Romani a fare le strade.murphybuilding16

All’inizio Saint Louis, nonostante lo spirito commerciale che animava i suoi  fondatori, era una città raffinata, dalle eleganti costruzioni  per la borghesia emergente  e tale restò fino a quando, all’inizio dell’800, con un atto di vera e propria compravendita, -” il Louisiana Purchase”-  fra lo scandalo di tutti i penpensanti,  la Louisiana passò dai  francesi agli Stati Uniti d’America. Allora lo sviluppo in pochi anni divenne  frenetico e la città ne uscì trasformata. Grande stoccaggio delle merci, sedi delle  compagnie commerciali… e poi banche, le assicurazioni e infine le industrie, un crogiolo  insomma di quello che era il convulso, agitato sogno della  ricerca della  felicità. Saint Louis ne fu veramente un simbolo, un crocevia per tutti gli avventurieri in cerca di fortuna, ma anche un passaggio obbligato per le spedizioni scientifiche come quella di Lewis e Clark  nell’Oregon  e di Pike verso Santa Fé.

Poi  dalla seconda meta dell’800, le grandi migrazione dell’Europa  e la città divenne la nuova patria soprattutto  dei Tedeschi e degli Italiani. I primi  hanno caratterizzato  Saint Louis con una grande birra, la Budweiser che oggi è una prestigiosa multinazionale, ma non hanno mai dimenticato il loro luogo di origine, tanto che, negli anni 7o, l’originaria fabbrica  di Saint louis è entrata a far parte del Patrimonio Storico Nazionale. I secondi, gli Italiani, si sono invece imposti nel campo della cucina, portando due distinte tradizioni, quella del Nord Italia e  quella del Meridione. Erano così diversi  in tutto questi i immigrati  italiani che a lungo ebbero due diverse chiese.

Saint Ambrose Roman Catholic Church, in Saint Louis, Missouri, USAChe dire dell’inizio del ‘900?  La città era al top  della  notorietà e del prestigio quando fu scelta come sede della  Grande Fiera dove si svolsero i festeggiamenti per il centenario del “Louisiana Purchase” nel 1903 e i “Giochi olimpici del 1904, ma poi non resse molto e  verso la metà  degli anni ’50  conobbe un cambiamento  così profondo che fece pensare alla sua autodistruzione. Fu un fenomeno di dilatazione e di rarefazione in cui le attività produttive, i servizi e la popolazione cominciarono a distribuirsi nei dintorni, mentre nel centro abbandonato cresceva l’erba, il silenzio e  cominciava la lenta erosione degli edifici. Sembrava  qualcosa di irresistibile,di senza scampo, finchè con un colpo d’ala la città rinacque a nuova vita. Il miracolo si può chiamare Jefferson National Expansion Memorial . E’ vero che per costruire questo, che doveva essere il luogo delle memorie, furono rasi al suolo una  quarantina di i edidfici storici fra cui  la casa che ospitava una ditta di pellicce del 1818. Però quando il Gatevay Arch di Eero Saarinen nel 1962 vide finalmente la luce, la città acquistò un simbolo, ma soprattutto riacquistò consapevolezza di se stessa e cominciò a rivitalizzare il suo centro, a salvare quello che restava del suo ancora ricco patrimonio storico. Molto è stato fatto, ma tantissimo resta da fare prima che  alcuni storici e interessantissimi edifici fine ‘800, inizi ‘900 cadano a pezzi, come  il Murphy Building o il Majestic Theatre.3284170161_7bf3ee6ed0

Ma c’è un settore della città che non ha mai conosciuto crisi ma anzi ha prosperato, si è ingrandito e ha dato vita a nuove situazioni.  Stiamo parlando di  “The Hill”  la zona a sud ovest della città, dove alla fine dell’8oo si stabilirono  gli immigrati italiani per andare a lavorare nelle cave di argilla. Da lì non se ne sono più voluti andare e da recenti statistiche si calcola  che oggi sono i 2/3 degli abitantii. Solo che col tempo hanno cambiato mestiere e hanno trasformaro The Hill in una vera e propria industria del cibo.

Lì e tutto un susseguirsi di  ristoranti, panetterie, di cui nomi famosi sono, fra gli altri  Amighetti di Bakery, il negozio di alimentari di Viviano & Sons e la drogheria Di Gregorio che vende un particolarissimo tipo di formaggio ” Il Provel”:

Poi  per non perdere le  vecchie buone abitudini del paese, è emigrato anche il “Gioco delle bocce” che a “The Hill” ha due campi riservati.

A The Hill, fra i vari piatti della cucina italiana, ne preparano uno a cui è difficile sottrarsi. In realtà ormai, quello di cui stiamo parlando è solo un piatto di ispirazione italiana perché il contatto con l’America, terra di continue Hillbanner-1innovazioni, ha spinto proprio gli  Italo -Americani a fare qualcosa di nuovo  e di diverso, in un gioco di concorrenze e di fantasie che, dal 1964,  è riuscito a creare nuovi stili e nuovi sapori alla tradizionale “Pizza Napoletana”   :

Le punte dell’innovazione?  La prima é la pasta  senza lievito, (anche se qualcuno si impunta a mettercelo, ma si tratta di una devianza) che si presenta come una sottile crosta della consistenza di un cracker, in netta contrapposizione non solo  alla “Chicago deep dish pizza”che ha un alto strato di morbida pasta, ma anche alla “New York Pizza” che, pur avendo una base sottile, utilizza comunque il lievito.  Il formaggio Provel è la seconda caratteristica della pizza, un marchio registrato che si basa su un’ardita combinazione di Cheddar, Provolone e Groviera Svizzera. Volendo, nelle pizze casalinghe, si può ottenere  il sostituto del Provel anche mischiando i tre  formaggi base. Come  conseguenza il Provel ha quella di consentire tagli netti e “morsi puliti”, al contrario delle pizze realizzate con la mozzarella, che si lasciano sempre dietro lo strascico filante. La terza caratteristica della pizza  è la sua presentazione, attraverso un taglio realizzato a quadrati, in sostituzione ai tradizionali spicchi con cui la pizza viene  presentata in America.4027831651_af76fd0231_b

SAINT LOUIS STYLE PIZZA

INGREDIENTI ( Per 2 pizze): 250 grammi di salsa di pomodoro, 3 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di basilico fresco tritato, 2 cucchiaini di origano essiccato, 3 tazze di formaggio Provel, 3 gocce di salsa Liquid Smoke, 2 tazze di farina, 2 cucchiai di amido di mais, 2 cucchiaini di zucchero, 1 cucchiaino di sale, 1/2 tazza d’acqua più 2 cucchiai,2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 400 grammi di peperoni tagliati a listarelle. (una tazza corrisponde a circa 200 grammi  di alimento solido  o 2 decilitri di acqua)

PREPARAZIONE: unire la salsa di pomodoro, il concentrato di pomodoro, il basilico, lo zucchero e l’origano in  una  ciotola e mettere da parte. Mettere il formaggio in una ciotola unitamente alla salsa liquide fume e mettere da parte.

In una ciotola grande unire la farina, l’amido di mais, l’acqua e il sale. Mescolare gli ingredienti  fino a che siano ben amalgamati. Poi lavorare l’impasto su una superficie infarinata fino ad ottenere un impasto omogeneo.

Scaldare il forno a 250°C. Dividere la pasta in due parti uguali e lavorarne un pezzo per volta premendola sino a dargli una forma rotonda di circa 30 centimetri di diametro e porre la pizza nella teglia. Ricoprire la pizza con metà della salsa, metà dei peperoni già passati per 2 minuti al microonde e metà del formaggio. Cuocere per circa 10 – 12 minuti finchè la superfice diventi dorata. Ripetere lo stesso procedimento per preparare la seconda pizza.

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17 Gennaio: l’Ola del Tiramisù!

med_cosimo-iii-br17 Gennaio, “Tiramisù  Day ” in 70 Paesi!  Soavemente morbido, combattuto fra il dolce della crema e l’amaro del cacao, avvolto in sontuosi colori ecrù a contrasto, il Tiramisù ha conquistato il mondo.

Lo apprezzano, lo mangiano .. e in parecchi ci sperano. Quel nome  allusivo e un pò piccante ne ha di sicuro alimentato la fama, mentre il gossip circola a bassa voce  fra una risatina complice e il racconto degli ultimi successi. Dicono che è il dolce più amato del mondo e, persino in Cina, che ha gusti  così diversi, lo mangiano 14 milioni di persone. Gli americani con sguardo sognante e il cucchiaio a mezz’aria l’hanno addirittura definito “Un pezzo di Paradiso in bocca”.

Oggi tutti rivendicano il primo Savoiardo e la prima spruzzata di cacao, ma risalire alle origine non è facile. La leggenda più antica? C’era una volta un Re… dirà qualche piccolo lettore. No, c’era solo un Granduca e neanche tanto importante perchè in Europa si rifiutavano di chiamarlo “Altezza Reale”, cosa  che invece gli avrebbe fatto tanto piacere. Cosimo III di Toscana era anche un uomo molto solo e infelice perchè il suo matrimonio era andato a rotoli. Sua moglie era  scappata in Francia e lì l’avevano vista persino fare il bagno nuda nei fiumi!  Al marito Cosimo, che era anche  un terribile  bigotto, quando lo seppe, venne quasi un colpo e bisognò chiamare di corsa il medico di corte. E come se non bastasse anche i figli davano al Granduca parecchi grattacapi e al pover’uomo ormai era rimasta solo la gioia del cibo.

Questo lo sapevano tutti, così quando fu annunciata una sua visita a Siena, i pasticcieri di Città  si dettero un gran da fare per inventare un dolce nuovo che chiamarono appunto la “Zuppa del Duca.” A  Cosimo, da quel goloso che era, piacque moltissimo e volle portarsi la ricetta a corte, ma i più felici furono i suoi cortigiani che capirono, quello che a Cosimo, ormai preso solo dalle sue  frequentazioni ecclesiastiche, era sfuggito. Fra un passaparola e un pettegolezzo i nobili di Corte dovettero tutti convenire che il dolce aveva indubbie qualità afrodisiache ed eccitanti così che in poco cavourealtro005_thumb_500x400tempo lo soprannominarono “Tiramisù”. Per fortuna Cosimo non lo seppe mai, se no lo avrebbe fatto bandire, come esempio di cattivi costumi.

Un’ altra leggenda invece rivendica al dolce, origini… squisitamente piemontesi, appellandosi ai Savoiardi  che, come dice il nome, in Piemonte sono di casa. Era il dolce preferito, raccontano, dal Conte Camillo Benso di Cavour che aveva un gran bisogno di energie, non tanto per via delle donne, per le quali gli rimaneva poco tempo, ma per portare a termine quell’impresa quasi impossibile che era l’Unità d’Italia. A Torino, il Tiramisù glielo preparavano nel ristorante che stava proprio di fronte al suo Ufficio. Lì fanno ancora vedere il suo tavolo, proprio vicino alla vetrina dell’ingresso, così se succedeva qualche guaio o scoppiava una guerra, magari a sua insaputa, mentre stava mangiando, il valletto, dal balcone di fronte sventolava un drappo e il Conte capiva che doveva correre subito in Ufficio. Troppe volte in quegli anni agitati non riusci’ a finire il suo “Tiramisu”, ma in ogni caso quello che mangiò  fu sufficiente per “Fare l’Italia”.”Fare gli Italiani” invece, fu più difficile e pare che non ci siano ancora riusciti!

Le ultime leggende affidano l’origine del “Tiramisù all’Italia del Nord Est fra Treviso e la Carnia e  sostengono che è invenzione recente! Decennio prima o decennio dopo sarebbe tutto avvenuto nella seconda metà del XX secolo.

La signora Norma Pielli che gestiva  l’ “Hotel-Ristorante Roma” a Tolmezzo, vicino Udine, ha sempre sostenuto di averlo inventato nei primi anni ’50 per gli sciatori che tornavano dalle piste. “Tiriamoli un po’ sù questi ragazzi, sembrano stanchi”, disse una sera il marito e la  signora Norma preparò il dolce con le uova sbattute, notoriamente energetiche, a cui rimase attaccato il nome di “Tiramisù”.

Ma Treviso contraddice Tolmezzo e  sostiene, a spada tratta, che il dolce fu inventato nel Ristorante  “Alle Beccherie” dal cuoco pasticciere Loly Linguanotto, che aveva lavorato a lungo in Germania e volle creare un dolce  con qualche riminescenza asburgica che  negli anni ’70, ancora in dialetto, chiamarono il “Tiramesù.”

Ma tutto questo ormai è storia! Oggi si fa festa al Tiramisù che ha conquistato il mondo! Centinaia di cuochi, ristoratori e  foodlover stanno preparando il Tiramisù con ingredienti genuini e  secondo la ricetta autentica. Una gigantesca  ola di piacere che corre lungo i fusi orari di tutti i continenti da Verbania sul Lago di Como alla Grande Mela dove si tiene una “Conferenza stampa” e una “Lectio Magistralis” con collegamenti in tempo reale  con l’Olanda, la Russia e l’Italia.

Da un continente all’altro  il Tiramisù ogni tanto si modifica, toglie qualche ingrediente, ne inserisce altri. Anche nelle ricette più vecchie c’è qualcuno che invece dei Savoiardi adopera il Pan di Spagna a fette e altri  che insistono controcorrente con un bagno di Vino Marsala. Per altri ancora il Tiramisù è diventato un gelato. Tutto sommato non è questo il vero problema! L’importante è che gli ingredienti siano genuini, freschi e possibilmente biologici e poi si può anche aggiungere un pizzico di fantasia. E’ per questo motivo che segnaliamo due ricette una più tradizionale e un’altra in versione estiva, che utilizza le fragole.

603767_177582TIRAMISU’ tradizionale

INGREDIENTI ( per 8 persone): 6 uova, 120 grammi di zucchero, 500 grammi di mascarpone, 1 pizzico di sale, 400 grammi di Savoiardi o un piccolo Pan di Spagna, 3 tazzine di caffè, 4 cucchiai di Marsala,cacao amaro in polvere.

PREPARAZIONE: Mettere i tuorli delle uova in una ciotola con metà dello zucchero e mescolare con una frusta elettrica sino a ottenere un composto spumoso di color giallo pallido. Unire il mascarpone mescolando con una spatola.

Montare a neve gli albumi delle uova aggiungendo un pizzico di sale.Quando  gli albumi sono montati aggiungere un pò per volta il rimanente zucchero e l’impasto di mascarpone e tuorli d’uova.

Prendere una teglia quadrata o rettangolare se si usano i Savoiardi o una teglia rotonda se si usa il Pan di Spagna, (quest’ultimo consente di dare al dolce la forma prevista dalle ricette più vecchie). Immergere rapidamente nel composto liquido, formato da caffè e marsala, i biscotti o il primo strato di Pan di Spagna che sarà stato preventivamente tagliato in  tre strati in orizzontali e formare una base ,all’interno della teglia, che si dovrà ricoprire con la crema di uovo e mascarpone. Procedere analogamente per strati successivi fino all’esaurimento degli ingredienti. Si dovrà completare con lo strato di crema che sarà abbondantemente ricoperto con il cacao amaro spolverizzato con il setaccio.

Porre in frigo almeno per due ore prima di mangiarlo.

TIRAMISU’ alle fragoleTiramis_alle_fragole

INGREDIENTI (per 8 persone): 450 grammi di fragole di stagione, 1 limone e 1/2, 250 grammi di mascarpone, 100 grammi di yogurt greco, 3 uova, 130 grammi di zucchero, 200 grammi di Savoiardi, 35 grammi di acqua, 4 grammi di gelatina.

PREPARAZIONE: Pulire le fragole, tagliarle a pezzi e condirle con il  limone e 4 cucchiai di zucchero. Farle insaporire almeno per 20 minuti.

Nel frattempo mettere sul fuoco il restante zucchero, l’acqua e portate a ebollizione, ricavandone uno sciroppo.

Amalgamare lo yogurt con il mascarpone, poi sbattere con una frusta elettrica i tuorli d’uovo unendo ad essi metà dello sciroppo di zucchero e al termine unirvi la crema di mascarpone e yogurt. Montare a neve anche glia albumi unendovi il restante  sciroppo  di zucchero, utilizzando  la frusta elettrica a bassa velocità.

Mescolare  tutte le farcie con delicatezza, amalgamando perfettamente. Scolare tutte le fragole dal loro succo e la metà di esse unirle alla farcia.

Bagnare nel succo delle fragole i Savoiardi e creare un primo strato all’interno di una pirofila ricoprendolo con metà della crema. Sovrapporre un secondo strato di Savoiardi bagnati nel succo di fragole e ricoprire con la restante crema. (se il succo di fragole fosse insufficiente si può  allungare con uno sciroppo di acqua, zucchero e limone.).

Mettere il Tiramisù in frigo e immergere in acqua la gelatina  per circa 10 minuti. Nel frattempo frullare le restanti fragole, messe da parte. Metà di questo frullato va messo sul fuoco assieme alla gelatina fin quando  non sarà completamente sciolta, poi si riunisce con il resto del frullato e si ricopre la superficie del Tiramisù. Dopo 2 ore  di frigo, il  dolce è pronto!

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