Così vicino e già tanto lontano! Il 2006 per l’Europa è ancora un tempo felice. La crisi è lontana, nemmeno sospettabile e l’Austria, appena ottenuto il semestre di Presidenza Europea, decide che la cosa migliore sia festeggiare…al “Caffé.” Vienna e l’Europa intera, si sa,nei caffè sono di casa con un lungo amore per questa esotica bevanda, che ormai ha una solida cultura … Dai “Caffè Letterari” alla nascita del Giornalismo … quando il pettegolezzo diventava cronaca, quante cose succedevano al Caffè! Anche stavolta Vienna ha dato un imperativo culturale e vuole che l’ iniziativa “Cafè Europe” si apra in 27 punti della Capitale, con mostre, conferenze, filmati e un settore esclusivamente dedicato alla “Sweet Europe” in cui, i 25 Paesi dell’Unione, presenteranno torte e dolci, tipici di ciascuno Stato.
Ognuno, naturalmente portò quello che sentiva più autenticamente suo, per scelta e per tradizione, dagli “Scones” irlandesi, al “Tiramisù” italiano e all'”Imqaret “di Malta. Ma la Francia? Beh, c’era da aspettarselo! Si presentò alla festa con le “Madeleines”. Piccoli dolci che, quanto a “Grandeur national,” fanno la concorrenza alla Marianne, sponsorizzati come sono da un Re di Francia e da un big come Marcel Proust.
Tutto cominciò in un imprecisato anno del 18° secolo, sicuramente dopo il 1737. Fu allora che Stanislao Leszczynski, dopo aver perso il trono di Polonia, per la 2° volta … e ce ne vuole di sfortuna, riuscì a ritrovare un titolo e un fazzoletto di terra, nel Ducato di Lorena. E se non fosse stato per il suo potente genero, il Re Luigi XV di Francia… nemmeno quello. Così, per gratitudine lo invitò a pranzo, cercando di fare bella figura, ma ad un certo punto le cose cominciarono a precipitare. Il cuoco litigò con l’Intendente, sbatté i piatti, si tolse il grembiule e se ne andò portandosi via la torta, nella disperazione totale della cucina. Salvò la situazione una ragazzetta aiuto cameriera, Madeleine Paulmier, che presa in mano la traballante situazione, in pochi minuti e con la pasta già lievitata, (che nelle grandi cucine non mancava mai) preparò per il re quei dolcetti, in fondo semplici, cui però, la strana forma a Conchiglia Saint Jacques, dava un tocco di eleganza barocca tutta particolare. Pare che utilizzasse proprio i gusci delle conchiglie vere e, come fossero arrivate in
quella regione interrata in mezzo all’Europa, non è dato sapere! Il re ne rimase estasiato e volle conoscere la giovane. Poi tornato a Parigi, anzi alla Reggia di Versailles, li diffuse a corte e volle che tutti li chiamassero Madeleines o Madeleinettes. Era solo il piacere del cibo o c’era di mezzo il ricordo della graziosa fanciulla? La storia non lo dice ma a rifletterci sopra… la ragazza era giovane e il re non era molto fedele alla Regina.
Triste e umido quel giorno! Marcel torna a casa infreddolito e sua madre gli fa preparare un the caldo. Sembrerebbe la cosa più banale di questo mondo, se uno non si chiamasse Proust, se la sua mamma non fosse stata così importante, nella vita di quel ragazzo malaticcio e, soprattutto, se accanto al the non avessero servito le Madeleinettes. Quando ci si mette il destino! Nel sentire il sapore delle briciole di Madeleinettes nel cucchiaino del thè, Marcel si sente invadere da una felicità sconosciuta e immensa. E’ un attimo, prova nuovamente the e Madeleinettes, ma la felicità è scomparsa. Così scriverà poi ne “La via di Swann”:
“…la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione…. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità…retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più…ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi…All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di Madeleine che a Combray, la domenica mattina, (perchè nei giorni di festa non uscivo si casa prima dell’ora della messa) quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonie mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…”
Marcel aveva ritrovato la sua infanzia,ma, quasi subito, orde di psicanalisti trovarono Proust ed è un secolo che sono lì a chiedersi se Marcel era innamorato di sua zia, cosa ci fosse di erotico in quel qualcosa che saliva lentamente, il rapporto eros-cibo e se, tutto quel mondo infantile, declinato al femminile, avesse avuto a che fare con la sua omosessualità.
Sono ancora lì che ragionano!
La Madeleine, coinvolta, richiamata, analizzata anch’essa, è quella che ne è uscita più indenne, fino a diventare nella sua dolce forma avvolgente e nel delicato gusto da “salotto bene”, uno dei simboli più amati della Francia.