Il Mito non muore mai… James Dean e i filetti di Alibut

Qualunque  atteggiamento, anche il più innocente… Qualunque frase detta, magari solo per scherzo, poteva  diventare uno spaventoso equivoco  una volta in pasto ai giornali, così a Hollywood si imparava presto a tenere la bocca chiusa, a ridere solo  quando era  permesso e dire soltanto ciò che  autorizzavano le produzioni…  Non parliamo poi della vita privata, fatta, disfatta e inventata secondo le aspettative dei fans e la morale corrente.. . Ma loro, oltre che divi erano anche due ragazzi, di 23 e 24 anni, spesso abbastanza soli, con la voglia  di confessarsi, raccontare, discutere… Chissà cosa li indusse a fidarsi l’uno dell’altro, ma  sta di fatto che, sul set di The Giant,   Liz Talor e James Dean  avevano cominciato a parlare …  E lei, nonostante la difficile vita a venire, da alcolista, quando i freni spesso cadono,  fu capace di mantenere il segreto… Fu solo perché lui voleva che alla fine tutto si sapesse, che più di 40 anni dopo,   Liz la rivelò a un giornalista.”Adoravo Jimmy. Ti dirò una cosa ma in maniera ufficiosa finché non muoio, ok? La madre di Jimmy scomparve quando lui aveva 11 anni e Jimmy cominciò ad essere molestato dal suo sacerdote. Penso che sia una cosa che l’abbia perseguitato per il resto della sua vita. Ne abbiamo parlato. Durante ‘Il Gigante’ rimanevano le notti svegli a parlare e parlare, e quella è stata una delle cose che mi ha confessato

Perseguitato forse è la parola giusta, perché da quell’esperienza James Dean non riuscì più a mettere a fuoco  la propria identità sessuale… Gli Studios lo riempivano  di belle ragazze, per lo più inventate di sana pianta, ma l’amore per Pier Angeli pare che fosse una cosa  seria… Elia Kazan, ai tempi della Valle dell’Eden, racconta la   notte di amore di Pier e Jimmy nel camerino dell’attore e, quando lei  alla fine sposò un altro, lui  – o qualcuno  che gli somigliava, disse  Jimmy, che non lo voleva ammettere –  seguì il matrimonio a bordo della sua moto, dal ciglio della strada.

Ma anche l’amore per lo sceneggiatore William Bast fu  una cosa vera  e lunga… 5 anni. Bast, dopo la morte di Jimmy aveva l’ansia , la fretta di raccontare… Forse aveva paura di dimenticare qualcosa  di importante o che ad altri potesse succedere…  E  così un anno dopo  era diventato   il primo biografo…  Loro due erano stati compagni di stanza a UCLA, l’Università di Los Angeles, Blast era  lì quando James lasciò gli studi di giurisprudenza per quelli teatrali e  scoppiò l’ira del padre…  Gli stava vicino quando Jimmy  faceva il guardiano notturno, senza più università e  i contratti di Hollywood che non arrivavano…  Fu allora che decisero di andarsene via,  insieme a New York in cerca di miglior fortuna a Broadway… Ma fu solo 50 anni dopo,quando capì che non avrebbe fatto più del male a  Jimmy,  che  William Blast disse l’ntera verità… Che loro si erano amati …

Forse ora è  più facile capire le immagini  che James Dean ci ha lasciato…  Quel suo muoversi irrequieto, il carattere ombroso, gli improvvisi sorrisi  usciti dalla tristezza  dei personaggi dei suoi  3 film  cult… Quel ribellarsi di Jim-Dean alla quieta e appagata provincia americana, è lontana dalla rivolta intellettuale e ascetica di cui i Beatnik  cominciavano a  lasciare i segni , è  distante dalla rivolta  ‘politica’ delle grandi correnti del decennio avvenire  e non è neanche la voglia di libertà di quegli  adolescenti  che la trovavano  nelle sale da ballo del rock and roll …  L’ impulsivo mal de vivre di Jim ha un carattere tutto interiore… Lui si ribella a una vita familiare  ristretta al bigotto mondo della provincia, al padre debole, alla madre  rattrappita nel suo ruolo, all’orrore del quotidiano  senza battiti d’ali.  E ancor di più ai coetanei,  branco macho e ottuso, insensibile e pronto  a emarginare  chiunque sia diverso.. E Jim – Dean diverso lo era, lo sapeva e  provava a nasconderlo…

43 canzoni, una ventina di  film e tantissime biografie, ma la voglia  che abbiamo di James Dean sembra non finisca mai…  Adesso, che di lui si sa e si può dire di più,  sembra che vogliano fare un nuovo film con  Robert Pattinson e  Dane DeHaan…  James era anche un bravissimo attore, dietro  quel viso, quel corpo e quei jeans  indimenticabili… Se fosse vissuto sarebbe stato una celebrità… Invece quella morte improvvisa e assurda, ma in fondo  così  aderente  al suo essere James Dean, ha deciso che lui diventasse un mito…

Mito che non conosce frontiere e che ciascuno ha interiorizzato e vissuto a modo suo… Come questo Ristorante nel cuore della città di Praga, che hanno voluto appunto chiamare “James Dean Restaurant”… Subito dopo l’ingresso si è colpiti da una monumentale colonna rivestita da  60 pezzi di  lamine in ceramica, che ricompongono le immagini   di James Dean e Marilyn Monroe.  All’interno l’arredo è tutta una provocatoria rivisitazione dei miti americani degli anni ’50 con i colori violenti dominati dal  rosso e le poltrone ispirate a quelle della  Chevrolet Bel Air del 1952…  Dal menu del ristorante abbiamo scelto qualcosa di molto americano , un pesce  dei mari del nord che può raggiungere   dimensioni davvero considerevoli, anche qualche metro, ma con un  aspetto che lo fa somigliare  u n po’ a una sogliola, col corpo piatto e la carne decisamente magra…

FILETTO DI ALIBUT GRIGLIATO CON LIMONI E CAPPERI

 INGREDIENTI per 4 persone : 4 filetti di halibut  fresco di circa 150 – 180 grammi ognuno, 2 spicchi di aglio tritati, il succo di un limone, 1 cucchiaio di capperi, 2 cucchiai di basilico o timo fresco  tritato, 1 mazzetto di prezzemolo fresco tritato, 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva,1 scalogno tritato, 400 grammi di pomodori a cubetti, Sale, Pepe.

PREPARAZIONE:  Porre i filetti di pesce, preferibilmente fatti preparare e pulire dal venditore,  su un pezzo di pellicola  trasparente per alimenti, cospargerli  di sale, pepe, basilico o timo e metà dell’olio d’oliva. Avvolgere la pellicola  e lasciarli  marinare per 15 minuti. Mettere  l’olio rimanente in una padella, aggiungere lo scalogno e far cuocere fino a quando sia  ammorbidito. Aggiungere  i pomodori, un pizzico di sale, una spruzzata di pepe, l’aglio schiacciato e i capperi. Cuocere il sugo  per 5 minuti.  A questo punto liberare il pesce dalla pellicola e porlo  su una   griglia o   u una bistecchiera per circa 3 minuti per lato.Trasferirlo in un piatto,  spruzzarlo di  limone e coprirlo con il sugo  ai pomodori. Cospargierlo infine  con il prezzemolo  e portarlo in tavola.

Mina, Cremona e le frittelle di zucchine!

Successo era  il suo destino… A 13 anni il padre la iscrive a un circolo di nuoto della Cremona bene e la ragazza, solo per divertirsi, arriva subito seconda in una gara regionale! Chissà che carriera avrebbe fatto  se non ci  fosse stata in mezzo  nonna Amelia che da giovane era cantante lirica… Si sa come vanno  queste cose… spesso  si fa proiezione su figli e nipoti delle passioni  incompiute… E fu così che Mina cominciò a suonare il pianoforte…  Ma i quieti, solitari esercizi non erano per questa ragazza, troppo alta, sempre un po’ a disagio e timidissima, ma anche scatenata e coraggiosa…  La sua via alla  musica  è  voglia di cantare, di muoversi,  di tirar fuori  il ritmo e l’agitazione che  le esplodono dentro… In fondo le bastava cantare alle feste dei compagni di scuola… Ma il successo era ben registrato nel suo DNA.

Una notte dell’estate del 1958, in vacanza,  gli amici scherzando la sfidano a salire sul palco della Bussola, il mitico locale di Marina di Pietrasanta,  E’ appena terminato lo spettacolo … E lei, meravigliandosi da sola, chiede  senza alcun imbarazzo il microfono a Don Marito Barreto il cantante – night che allora andava per la maggiore in tutta Italia. Impazziscono subito per questa giovanissima cantante inesperta… In realtà erano anni che si nutriva  di “mostri sacri” americani  Frank Sinatra, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Elvis Presley. La gestualità stravagante  del corpo e delle lunghe braccia quasi allo sbando, con  cui  accompagna  il ritmo, erano invece  istintivi  e tutti suoi…

Ed è  presto balera, un’estate in giro  fra il popolo delle vacanze, con il pubblico  in delirio che chiede a lei i bis  riservati ai big della canzone melodica. Così si ricorda  Mina   ” Cinquant’anni spaccati fa, una lungagnona col vestito da cocktail sottratto di nascosto alla madre, saliva sul palco traballante di una balera lombarda. Si ricorda che l’abito era blu e bianco. Lucido. Si ricorda che dopo aver cantato la prima canzone, il titolo? no, è troppo, si arrabbiò perché la gente applaudiva… Io canto per me, cosa c’entrano loro?” E poi di corsa a casa  a riporre nell’armadio il vestito, perchè non si accorgessero che era uscita di sera…  Quelli non erano ancora tempi!421px-mina_le_mille_bolle_blu_bis

Ma erano i tempi   in cui si affermano  giovani   come Adriano Celentano, Tony Dallara, Giorgio Gaber, Joe Sentieri, Little Tony  … Il loro è un canto di rivolta contro lo sdolcinato mondo di Sanremo e dintorni d’Italia.  Si chiama Rock and roll, ma all’inizio il termine è ancora ostico e  li chiameranno “urlatori”…  Mina è una di loro e la sua  più ironica e beffarda rivoluzione inizio carriera si chiama “Nessuno”. Una nostalgica, supplice canzone reduce dal grande ” Festival” che Mina farà diventare un canto aggressivo, sincopato e disperato… E il successo  stavolta  arriva sfolgorante.

Difficile definire Mina …  Si fa  presto a  dire  soprano drammatico d’agilità,… voce  con un timbro caldo e personalissimo, ampio, esteso agile…  Senza  però l’impostazione accademica del soprano classico…. Ma quando si è detto questo non si è ancora detto nulla…   Mina  non  è mai andata a scuola, ma  è stata un vero animale da palcoscenico…  Una showgier istintiva, magnetica eclettica  … E  tale rese la sua voce, tanto da farne un unicum… Altri potevano avere la sua stessa potenza vocale… Nessuno la sua duttilità..  Capace di affrontare   generi musicali  più diversi e dissonanti fra di loro, probabilmente unica nel panorama musicale mondiale. E così si rivelò all’improvviso, quando dopo il successo di urlatrice si impossessò de “Il cielo in una stanza”  appena inventata da Gino Paoli e ne fece un cantico di raffinata emozione interiore…

Per Sanremo era troppo moderna… non l’accettarono e la relegarono, ma inevitabile fu l’arrivo e l’ irresistibile  ascesa in televisione, ospite, cantante, conduttrice, ballerina…  Chi in Italia  era qualcuno andava ai suoi spettacoli … Da Sordi a Celentano a Totò …  Finchè  un giorno lei convocò una conferenza stampa… Era incinta, disse  e quel giovine e biondo attore al suo fianco era il suo compagno, il padre del suo bambino… Ma lui era già sposato e nell’Italia del 1963 il divorzio era di là da venire…  La Chiesa Cattolica e  la Democrazia Cristiana, partito di maggioranza, controllavano discretamente e nemmeno troppo la Tv,  tutta di Stato, dove le famiglie cui era dedicata,  non dovevano  essere turbate  da costumi e comportamenti immorali.  Fu allora ostracismo, cancellazione, ira  e Mina a 23 anni provò anche la fine totale del successo, la solitudine, l’amarezza… “Il massimo- ricorderà anni dopo –  è stata una foto su “Epoca” dove io ridevo con Corrado con il mio pancione, tranquilla, e sotto scritto “Cosa avrà da ridere?”, guarda che è il massimo, me la ricorderò tutta la vita  una cosa del genere. Per cui capisci tu l’atteggiamento della stampa: me ne hanno tirato addosso delle badilate »

Il pubblico e la Bussola non l’abbandonarono, ma ci  volle tempo prima che la richiamassero in TV e lei tornò più bella e brillante di prima…  Non era più la ragazzina dal viso spiritoso, a volte clownesco. Ora aveva  un aspetto alieno ed  enormi occhi dal trucco nero su un viso diafano, quasi trasparente …  Andò di successo in  successo, ma qualche molla si doveva essere rotta dentro…   Suo fratello morì in un incidente d’auto, il giornalista che aveva sposato, quando finì il rapporto con Corrado Pani, morì in un incidente d’auto…  Forse le era venuta  paura per i figli… Era  quella un’ epoca  in cui  sequestravano  politici  e celebrità, in un’ Italia dove rapina e terrorismo  si confondevano…

Era l’anno 1978 quando Mina scomparve… Aveva 38 anni ed era al massimo del suo fascino e del suo successo.  Andò in Svizzera in una villa  molto protetta…  Con un nuovo compagno, un medico… che non riuscì a impedirle di diventare, in pochissimo tempo una robusta  signora  quasi di mezz’età, dove  nel viso si riconoscevano solo quegli immensi strani occhi… Ci furono solo poche immagini strappate con il  teleobiettivo e non ci vuole la psicanalisi  per capire il perché del cambiamento…   Il suo fisico disfatto  era l’arma più potente  per stare lontano dai riflettori e non cedere a tentazioni di ritorno….  Di lei volle che restasse solo la voce.  Quasi tutti gli anni  usci un nuovo album che  fu sempre successo  mentre lei diventava  un mito… così vicino, così lontano. Ci vollero oltre 20 anni perché tornasse a farsi vedere… in una sala di incisione… Aveva più di 60 anni ed era  di nuovo bella e  magra  come una nordica Walkiria  dalla lunga treccia bionda sulle spalle….

Mina ormi da anni è cittadina svizzera, anche se non ha mai rinunciato a  essere  italiana…. E Cremona dove è  cresciuta le è rimasta nel cuore … Una città bellissima famosa per  il Torrazzo, il Torrone e gli Stradivari, con molte industrie alimentari, ma ancora con una  grande  agricoltura che  è stata all’origine del benessere della città.

In onore di  Mina una delle  più illustri cittadine di Cremona, capace di apprezzare i prodotti genuini della terra,  abbiamo scelto questo piatto semplice e allegro.

FRITTELLE DI ZUCCHINE DI CREMONA

INGREDIENTI per 4 persone: 600 grammi di zucchine, 4 uova ,100 g di grana grattugiato 50 g di farina 1/2 bicchiere di latte, sale , olio extra vergine di oliva.

PREPARAZIONE:bloglive_c9630356db9f63098850d1be36a3b35d1

Si tratta di un piatto primaverile ed estivo, da preparare in coincidenza con l’apparire in pianta delle zucchine. Da evitare  le zucchine surgelate che  hanno pochissimo sapore e da preferire,  fra quelle fresche, le zucchine cosiddette “romanesche”, dalle coste più in evidenza,  il colore più chiaro, le striature bianche  accentuate, la polpa bianchissima, che contengono meno acqua delle altre specie. Per verificarne la freschezza è meglio acquistarle con il fiore ancora attaccato, che fa da spia… La zucchina è una verdura molto delicata e se non è fresca diventa amara  e può rovinare il sapore degli altri cibi.  Fin dall’antichità venivano utilizzare per favorire il sonno e  rilassare la mente ed è inoltre provato che l’azione delle zucchine sulla  pelle è molto benefica  perché favorisce l’abbronzatura ( data la presenza di  vitamina A) e ne combatte l’invecchiamento. Nella preparazione dunque di questo  semplice, ma delizioso piatto,  iniziate con lo staccare il fiore a un’estremità  ( se ve le hanno vendute con il fiore attaccato) e la parte dura all’altra estremità. Aprite i fiori e staccatene gambo e pistillo. Poi lavate e asciugate zucchine e fiori,  tagliatele a piccolissimi pezzi e frullatele. In una ciotola sbattete le uova con il latte, la farina e il grana. Unite il composto di zucchine, salate e pepate. Portate ad alta  temperatura l’olio e friggete il composto a cucchiaiate. Fate dorare bene le frittelle da ogni lato, salatele e quindi mettete a scolare l’unto in eccesso su un foglio di carta assorbente prima di servirle ancora calde. Per l’olio si consiglia, come sempre, quello extra vergine di oliva, che anche a temperature elevate non sviluppa elementi cancerogeni. D’altro canto poiché l’olio si prepara in autunno e il piatto della ricetta è prevalentemente estivo, ci sono stati diversi mesi per perdere il sapore più accentuato, che è tipico dell’olio  appena uscito dal frantoio,  ma che nel fritto potrebbe  disturbare .

 

Gianni Versace e gli Schiaffettoni Calabresi!

 “More is more”,  “Less is boring…” Ebbe sempre il coraggio  di affermarlo anche in in un mondo e in un ‘epoca dominati  da  Minimalismo e  Zen. Basta rivedere in quella fine degli anniurl-1 ’70 “Interiors” di Woody Allen  dagli arredi  rarefatti quasi francescani o le prime collezioni di Giorgio Armani affidate a pochi ed essenziali colori primari…Ma questo a Gianni Versace non si poteva chiedere… Il suo era un mondo di eccessi, di fantasie sfrenate, di terribili metamorfosi che avevano invaso e affascinato  la sua infanzia… Molti di quei mostri erano proprio davanti a lui…  Bastava affacciarsi su quell’antico mare …  dal colore  cupo e profondo che chiamano “Costa Viola” e,il bambino,  come ipnotizzato, poteva ancora vedere Scilla dal volto bellissimo  con i 6  cani mostruosamente attaccati al suo bacino…  Scilla che nell’orrore di se stessa  lasciava che i cani  trascinassero in acqua i marinai per sbranarli… Com’ era toccato ai 6 sventurati compagni d’Ulisse … Se poi guardava  più lontano poteva intravvedere l’ enorme spalancata bocca di Cariddi che, all’altro lato dello Stretto, ingoiava le navi…  A volte dal mare un po’ più a Nord scendevano anche le Sirene e cantavano, cantavano… finché i marinai cedevano e le navi venivano sbattute contro gli scogli…

Storie che arrivavano al bambino curioso dagli antichi greci venuti tanti secoli prima.. Che a quella terra avevano dato  civiltà e  passioni, rimaste come un    sigillo nello scorrere del tempo… Quando Gianni andava a giocare con gli amici non andava in un posto qualunque… Da quelle parti, a saperlo vedere, il quotidiano era eccezionale… C’erano delle antiche terme romane abbandonate dove giocavano a  pallone e in terra su un vecchio mosaico aveva ritrovato intatta  la testa della Gorgone… Medusa dallo sguardo che pietrifica e i capelli  di serpenti aggrovigliati, non  uscirà più dal suo mondo di incantesimi… e diventerà per sempre il suo marchio… “Se la guardi non ti puoi più staccare da lei – dirà – Medusa è la seduzione.”

 Gianni a scuola era un ragazzino svogliato… amava solo leggere  i libri di avventura che per lui erano l’Iliade,  l’Odissea e l’Eneide e fantasticava sulle armature lucenti e sulle fastose Regge Micenee dai grandi  megaroi pieni di affreschi…  Se le ricorderà  quando progetterà le sue  case di gran lusso…. Quando era a casa Gianni  si divertiva  a guardare sua madre lavorare in mezzo a una meraviglia di stoffe colorate che le turbinavano attorno… Faceva la sarta e… Gianni cominciò presto ad aiutarla… Ma  per la passione dei vestiti  si giocò il liceo classico… Li disegnava a scuola e un insegnante notò che  erano indecorosi… Avevano qualcosa di erotico… Non era nella mentalità meridionale di 50 anni fa assecondare le inclinazioni troppo al femminile dei ragazzi e lo  così mandarono  a  prendere il diploma di geometra… forse pensavano che in mezzo alla calce e alla polvere dei cantieri edili,  si sarebbe rafforzato il suo carattere… Inutile dire che Gianni a quel diploma non ci arrivò mai e tornò a casa a lavorare con sua madre.

Quando andò via il mestiere lo conosceva bene ed era inutile rimanere al Sud… Milano stava diventando la capitale  della moda  e il  fascino del “Pret a Porter.” Lavora per anni in case prestigiose come Jenny, Callaghan e Complice e quando è sicuro di sé è il 1978…La moda punta sul militare, ma nei cappotti stile uniforme lui stringe la vita all’impossibile  e  per la sera propone sahariane in georgette con le bandoliere tempestate di strass.. Ha  iniziato subito il  gioco dei  rimandi maschile- femminile che saranno una sua etichetta… Nel 1980  ha ormai la sua impronta…e lancia l'”Optical” ,  ma il suo è tutto particolare…” “Vogue Italia” scriverà ” Pur nel taglio geometrico e nei grafismi,presenta un’affinità con tuniche e pepli e proprio per questo rappresenta un passo avanti rispetto al rigore inteso come espressione rigida… Il non aver spezzato il filo ideale che lo lega al Neoclassico e alla Magna Grecia… è la forza di questo designer” Il presente  a Gianni Versace non può   bastare, se deve costruire il suo futuro … E’ già iniziata la ricerca nel suo passato e sta nascendo il “Postmoderno”…  Più che uno stile un sentimento… In cui il  passato o i passati  se li re-inventa, li mescola e li confronta … Un ‘altro dei saccheggi,  Versace lo farà nell’opulento barocco, quando comincerà a fare vestiti per il teatro o affronterà il mondo dell’abitare…

 I fratelli lo seguono a Milano e  Donatella  sarà  prima  ombra, poi  musa, poi il suo braccio destro. Una complicità  assoluta, un modo di pensare ed essere così simili che finiranno anni dopo per innamorarsi dello stesso uomo, Paul Beck, che però sposerà Donatella.

Essere gay a Milano era facile…Il problema di Versace  per molto tempo  sarà  suo padre che non andava mai a Milano… Lui  si dannava per il rifiuto del padre  e gli dispiaceva per la sua vergogna… Quello era stato uno dei motivi per cui  aveva lasciato Reggio Calabria….  Un ‘estate è a casa del padre che sparisce quasi tutta la giornata… Lo  cominciano a cercare affannosamente…  e lo ritroveranno nel pomeriggio, al cimitero, vicino alla tomba della madre. “E’ un bellissimo posto il nostro cimitero – dirà Gianni – C’è sempre un po’ di vento e fra gli alberi ci arriva il profumo della zagara…Ma lui era lì come perso, abbandonato, invecchiato di cento anni”. Fu  un  momento di ricordo, di dolore comune “Ci abbracciammo… Avevo ritrovato mio padre…Lo sentivo stretto a me per la prima volta”

tumblr_m67vh14szf1rxaxgfo1_400Basta poco tempo a  Versace e  sarà sempre  più  spregiudicato. Nel 1980-81  trova un look rinascimentale-fantino.  Poi disegna gli abiti come se le donne fossero antichi cavalieri con la cotta… In maglia di metallo…  E dopo ci sarà  sensualità, fantasia e barocco. Ormai è il suo  periodo d’oro… Trash   e chic, psichedelico, stampato, punk rock …  La pelle trattata come un tessuto, stampata e colorata… e in mix inediti  con il velluto …Poi nuovi tagli e asimmetrie provocatorie,   decori neo-barocchi e ricami preziosi. Sul finire degli anni ’80 gli abiti diventano sempre più “colti”, influenzati dal rapporto  con la  pittura del primo ‘900 da Picasso, a Kandinskij a Klimt. All’inizio degli anni ’90 riesce a realizzare un ‘altro dei suoi sogni  un look in stile sadomaso  e Naomi Campbell fa scalpore con l’abito a stringhe di pelle nera.  Un look provocatorio dove il reietto fetish diventava  fashion… Proprio mentre   viene sviluppato  il progetto Atelier   per la realizzazione di collezioni d’alta moda… E solo Versace  era capace di usare  così bene ” l’esagerazione” e lo “Stravagante ” perché la sua era  una moda tutta ormai contaminata e realizzata nei personaggi e negli eventi della musica rock, del  ballo e del  teatro.

E’ il 1997… Da qualche anno Gianni Versace è  sereno… Ormai il male del 1993 è solo un brutto ricordo… e vive felice  il suo  rapporto con Antonio D’Amico, un bel ragazzo bruno… Si erano conosciuti a un balletto alla Scala … Sono ormai 8 anni che stanno assieme e ora vivono in quella favolosa villa di Miami… Solo pochi minuti… Antonio è in casa a fare colazione… Gianni esce a prendere il giornale,  un pazzo un esaltato è li fuori … Spara e uccide Gianni Versace… Nessuno ha mai saputo spiegare il perché…

Saranno Donatella e Santo a portare avanti il mito di Gianni… All’inizio  ci sono  solo fatica, dubbio, difficoltà, ma alla fine il Marchio Versace brilla  di nuovo sicuro nel pianeta  dell’alta moda e ogni volta che Donatella prepara una collezione, Gianni è lì a consigliarla di mettere un colore in più e una Medusa bella, grande e dorata là dove nessuno  se lo immagina… persino sulla cintura dell’ ultimo personaggio di Donatella… un centurione romano…

A Gianni Versace, un piatto di Calabria… E non poteva essere altrimenti…

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INGREDIENTI per 4 persone: maccheroni grossi 300 grammi, carne di maiale tritata 300 grammi, salsiccia 150 grammi,  salame tritato 100 grammi, uova sode 2,  pecorino grattugiato 100 grammi, sale e pepe a piacere, olio extra vergine di oliva.

PREPARAZIONE: Mettete la salsiccia  bucata in più punti con una forchetta, nell’acqua bollente e lasciatela a perdere il suo grasso per almeno 5 minuti. Poi sciacquatela sotto acqua corrente calda, spellatela, sbriciolatela e mettetela a insaporire in un tegame con 4 cucchiai di olio, senza farla però rosolare. Poi aggiungete la carne di maiale e il salame, rimescolando spesso e aggiungendo un po’ di acqua cald ogni tanto:Regolate alla fine di sale e pepe.

Mentre la carne di cuoce ,mettete a lessare la pasta in una pentola con acqua calda, aggiustatela di sale e scolatela molto al dente.

Scolate la carne dal sugo  del tegame e amalgamatela con le uova tagliate a tocchetti,poi riempiteci i cannelloni che adagerete su una teglia da forno affiancati. Ricopriteli del sugo della carne e del pecorino e metteteli in forno caldo a 230 gradi per 20 minuti. Se durante la cottura la superficie tendesse a bruciarsi ricoprite la teglia con carta di alluminio che toglierepte negli ultimi minuti di cottura in modo da consentire il formarsi di una crosta dorata.

Rudy Valentino e un ricordo di Taranto… Le cozze arraganate!

Contraddizioni, confusioni, omissioni, anche persecuzioni… C’è di tutto dietro al mito Valentino… Un grande amatore  spaventato dalle donne, sex simbol e  ragazzino gracile dalle orecchie a sventola ….Ed era stato così fin dall’inizio… Una famiglia di notabili in un  arretrato borgo del Sud,  nell'”Italietta” di fine ‘8oo… A Castellaneta il padre è  un veterinario, malato di snobismo che  studia l’araldica in cerca del suo  quarto di nobiltà … Approda a quel ridicolo suffisso “di Valentina d’Antonguella” che non si sa bene che significhi, ma, se non altro, servirà al figlio per ricavarne uno pseudonimo… La madre ,invece, era una vera figlia di nobili, vissuti in Francia, ed  era stata dama di compagnia di una marchesa locale.. Aveva una gran cultura… E Rudy ricevette da lei un’istruzione al di sopra della media… Con molte lingue straniere e un’apertura mentale  tutta europea, impensabile per i suoi compagni  della provincia Tarantina…  Cominciava così la sua  odissea  dell’essere diverso!

Poi il padre muore  presto   e lui finisce  in collegio … A Perugia. La chiave del personaggio Valentino sta sicuramente lì,  in quegli  anni   lontani dalla madre..  coperti dal silenzio e dalle omissioni …  Se ne conosce però la  conclusione… Cacciato per indisciplina  a 14 anni… Dietro c’era sicuramente un triste, freddo orfanatrofio per ragazzi poveri, dai muri grondanti umidità e dalle rigide imposizioni, dove   lui era preso in giro perchè bruttino… ma forse   anche molestato da qualche ragazzo più grande… Sarebbe bastato molto meno  a ferire un ragazzino sensibile come Rudy… uno che a Hollywood, dopo tutto il cinismo ingoiato, sarà ancora capace di scrivere… “Meglio essere un filo d’erba che conosce  i battiti del cuore di Madre Terra, piuttosto che una pianta travasata, viziata e relegata”

Quegli anni di collegio  fanno di Rudy un disadattato e un ribelle… Soprattutto poi quando lo rifiutano all’Accademia navale di Venezia perchè è miope… E pensare che sarà la miopia a dare a quegli occhi  sensualità e profondità … Saranno  ondate di donne a cadere ai suoi piedi… In qualche modo la madre riesce a fargli prendere il diploma di agrario… Chissà pensava di farne  un amministratore per i terreni della marchesa… Ma il ragazzo che torna in Puglia è irrequieto e non trova pace… E poiché sua madre gli ha insegnato anche il Francese va a Parigi… Lì c’era la “Belle Epoque” e lui non  tardò a immergersi e divenne un abilissimo ballerino… Pensava di darsi alla vita dissoluta e invece  aveva imparato un mestiere …Pare che per mantenersi  facesse il gigolò .

Ma a Taranto comunque non ci voleva proprio più rimanere …   Troppa la ristrettezza mentale di chi lo circondava… E  in America ci arrivò a bordo del transatlantico Cleveland… 

New York, New York…un sogno amaro per il giovane Rudy… Dormiva al parco e faceva il lavapiatti …  Poi incontrò Ugo Savino, cantante e amico di famiglia  che lo mise a lavorare da Maxim … “taxy-boy” danzante per le donne, in cambio di due pasti e delle mance delle clienti, sempre che le accompagnasse a casa... Quando comincia a fare seriamente il ballerino resta coinvolto  come testimone in una causa di divorzio durante la quale la moglie uccide il marito…  I soliti lati oscuri della vita di Rudy che scappa letteralmente in California… Li c’è un vecchio amico  o qualcosa di più, che lo inserisce nel Cinema…

“Allora alzai lo sguardo e colsi il profilo della bellissima testa di Rudy. Immediatamente mi colpì la speciale qualità dei lineamenti perfetti, qualità che i francesi avrebbero chiamato fotogenia. Era il mio lavoro di regista cercare nuove facce e certo, se solo la recitazione del ragazzo si fosse mostrata all’altezza del suo profilo, mi trovavo davanti a una scoperta eccitante” Questa è la testimonianza  di  D.W. Griffith  quando Rodolfo Valentino sta  per diventare  il più incredibile mito del cinema di tutti i tempi.

Lavorava già parecchio a Hollywood … In tante parti esotiche e in  secondo piano…  Ma nell’ambiente  non  si muoveva con disinvoltura… Avrebbe voluto sua madre, ma lei morì prima di poterlo raggiungere. Forse fu per questo che si sposò poco dopo con una donna bellissima, l’attrice Jane Acker, che però era completamente lesbica e lo tenne fuori la porta della camera da letto la prima notte di nozze … E anche quelle a seguire! E non gli andò meglio neanche con la seconda moglie, anche lei lesbica, che però gli affinò lo stile e il gusto… Quasi una sua seconda mamma…

Per fortuna  l’incontro decisivo della sua vita arrivò lo stesso, ma nel  lavoro!   Fu quello con la sceneggiatrice June Mathis, donna di enorme talento e potere nella Hollywood del tempo.
Quando lo vide nel solito ruolo secondario in “Eyes of youth”, ne restò folgorata, lo trovò perfetto per il personaggio di Julio Desnoyers, eroe romantico e sconfitto de I quattro cavalieri dell’Apocalisse, il romanzo che stava sceneggiando…  Lo  impose, riscrisse il ruolo  sui suoi occhi tenebrosi e iniziò il  mito di Valentino… In un fumoso locale da ballo dell’America latina, vestito da gaucho, Rudy strappa la donna a un rivale  e la trascina in una violenta indimenticabile  sequenza di tango…

Dopo di allora in ogni personaggio  che  interpretò proiettava  un’aura epica, fantastica, ultra romantica…  Tutto era più grande e più emozionante d’ogni vita immaginata e vissuta   dagli spettatori… Anzi dalle spettatrici…  Non era l’unico bel seduttore un po’ esotico,un po’ mediterraneo, ma solo  a lui fu dato  un carisma senza precedenti e senza seguito.  Un’assoluta fotogenia e un’ allusiva carica erotica, ma soprattutto tanta letteratura di infimo ordine che per la prima volta si affidava a lui, l’archetipo  dell’eroe, di volta in volta sentimentale, avventuroso eroico… o erotico… Diventò  l’immaginario collettivo delle donne americane.

Lo “Sceicco”    lo sfumò di passione romantica, d’esotismo e di virilità selvaggia… E del famoso rito che diventò poi quasi il suo marchio di fabbrica… La vestizione-svestizione in scena, che si ritroverà ancora in Sangue e arena, Monsieur Beaucaire, Aquila nera, Il figlio dello sceicco…  Tutto   poneva l’accento sul corpo  di Rudy come oggetto di culto collettivo.

Ma Rudy era anche un vero attore, dotato di grandi  doti di eleganza e sensibilità. Lo aveva da subito capito Charlie Chaplin  che   così lo ricordò il giorno dei suoi funerali a tutti quelli che, offuscati dal suo sguardo obliquo e dal suo corpo perfetto, poco ci avevano badato. “La morte di Valentino è una delle più grandi tragedie che abbia mai colpito il mondo cinematografico. Come attore egli possedeva arte e distinzione. Come amico, riscuoteva affetto e ammirazione. Noi che apparteniamo all’arte cinematografica, con la sua morte perdiamo un carissimo amico ed un compagno di grande valore. »

Una meteora, una morte improvvisa a 31 anni per una peritonite, nascosta però, dietro un’ulcera gastrica… il testimone muto delle sue ansie, della sua fallita vita matrimoniale e del montare  del gossip, a stento trattenuto dalle produzioni, gossip   che voleva parlare di lui al suo adorato pubblico femminile,  come del  “Piumino di Cipria”… Era giunta anche in Patria la diceria e il regime fascista lo teneva lontano… Forse se ne era andato appena in tempo, prima di compromettere la sua leggendaria carriera.. che in fondo era l’unica cosa che era riuscito ad avere.

Per il bellissimo Rudy, le buonissime cozze della sua terra, una ricetta che viene da  Taranto,la città dei due mari e della sua prima giovinezza…

COZZE ARRAGANATE

INGREDIENTI per 3 persone: 1 kg di cozze, 100 grammi di mollica di pane, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, 1 mazzetto di prezzemolo, 1 spicchio di aglio,  2 cucchiai di passata di pomodoro,  2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, pepe . Per quanto riguarda il sale il consiglio è di assaggiare prima della preparazione una cozza fatta aprire in padella perché ci sono tratti di mare più salati di altri o periodi dell’anno particolari,in cui le cozze hanno già la giusta sapidità e aggiungere altro sale sarebbe dannoso per gli esiti della ricetta).

PREPARAZIONE: spazzolate le cozze con  la paglia d’acciaio e  strappare  a ciascuna il filamento il cui  tratto finale esce all’esterno. La pulizia deve essere molto meticolosa e alla fine la buccia della cozza deve essere lucente. Lavatele a lungo, ma esclusivamente sotto l’acqua corrente e non in acqua ferma. Poi ponetele sul fuoco con un poco di acqua e aspettare che i gusci si aprano. Non forzate l’apertura di quelle che rimarranno chiuse, limitatevi a buttarle via. Una volta aperte eliminate una delle due valve, vuota e, le altre, con il frutto di mare al loro interno, ponetele su una teglia sul cui fondo avrete messo un po’ di acqua. In una ciotola amalgamate la mollica di pane con il prezzemolo ben tritato, l’origano, la passata di pomodoro, una parte dell’olio, l’eventuale sale, il pepe e, una volta che il tutto sia ben amalgamato, spolverizzatelo sulle cozze. Spargete su di esse un filo uniforme di olio e ponetele nel forno caldo a 200 gradi centigradi per circa 15 minuti, finché non siano gratinate. A metà cottura estraetele dal forno e distribuite il vino uniformemente. E’ un piatto che si gusta caldo!

 

 

L’esotico agnello al curry di Charlot!

Era quasi un anno che lavorava alla Keystone. La paga che gli avevano offerto, 150 dollari  a settimana per lui era da capogiro,  peccato che non riuscisse ad adattarsi a quei ritmi di lavoro infernali… Due cortometraggi  la settimana…  Impossibile ripetere anche una sola scena perché non c’era tempo… Era tutto affidato  alla bravura dell’attore  e alla sua improvvisazione. Quel giorno si sentiva più disperato del solito … la sua fantasia gli sembrava agli sgoccioli..”Non sapevo più che trucco farmi…Mentre puntavo al guardaroba pensai di mettermi un paio di calzoni sformati, due scarpe troppo grandi, senza dimenticare il bastone e la bombetta. Volevo che fosse tutto in contrasto con la giacca attillata e il cappello troppo piccolo…. Poi aggiunsi i baffi che mi avrebbero invecchiato… senza nascondere la mia espressione. Non avevo la minima idea del personaggio. Ma come fui vestito, il costume e la truccatura mi fecero capire che tipo era. Cominciai a conoscerlo e quando mi incamminai verso l’enorme pedana di legno, esso era già venuto al mondo. Invenzioni comiche e trovate spiritose mi giravano incessantemente nel cervello…. Cominciai a passeggiare  su e giù dondolando il bastoncino, passando e ripassando davanti a lui… IL mio era un personaggio originale e poco familiare agli americani, poco familiare persino a me. Ma una volta nei suoi panni io mi immedesimavo in esso, per me era una  realtà e un essere umano. Anzi mi infiammava di idee folli di tutti i generi che non avrei mai avuto se non mi fossi messo il costume e la truccatura”. Il buffo omino che cerca di darsi una nota di distinzione con la bombetta e il bastoncino, nacque nel 1914 e venne subito inaugurato con due film: “La  strana avventura di Mabel” e “Charlot si distingue.” Charlot è un vagabondo, un essere libero,…umano e un po’ anarchico… inevitabile per lui il conflitto con la società. Romantico e patetico, comico e tragico farà la fortuna del suo inventore per più di venti anni…Lui,  Charlie Chaplin ne aveva veramente bisogno, dopo  una vita disperata a Londra! Il padre e la madre lavoravano nel varietà, ma si  separarono … Il padre aveva trovato la moglie a letto con un altro uomo…La madre finì presto negli ospedali psichiatrici e lui e Sidney, il fratello più grande in un orfanatrofio… Eppure Charlie Chaplin di sua madre avrà sempre un ricordo tenerissimo…lei gli aveva insegnato a cantare, e poi a a guardare la gente, a studiarla, coglierne i tic…Gli atteggiamenti… Insomma tutti  i ferri del mestiere … Quando avrà fatto fortuna in America la sistemerà in una bella casa amorevolmente assistita sino alla fine… L’altro suo grande affetto fu Sidney il fratello  che già lavorava in teatro  e riuscì a procurargli piccole parti  che non aveva ancora 13 anni…Qualche anno dopo  lavoravano tutte  i e due nella compagnia di Fred Karno!  Sid inventava le gags e Charlie le portava in palcoscenico…una grande scuola per imparare a esprimersi con il corpo.

Quella di Karno era una compagnia itinerante… Così in America Charlie attirò l’attenzione di Mark Sennet e cominciò la sua lunga avventura nel cinema americano che si concluse solo quaranta anni dopo…Una strada tutta in discesa con quel fantastico personaggio  che  presto divenne internazionale… Il nome  Charlot  l’hanno inventato i francesi…

Nel 1915  Chaplin è a Chicago  con 14 corti in un anno, nel 1916  realizza 12 film e guadagna  600.000 dollari l’anno … Mentre Charlot diventa di volta in volta cameriere, milionario, muratore…Nel 1919 Chaplin fonda una sua casa di produzione, la United Artists, una delle glorie di Hollywood, mentre cominciano ad arrivare i suoi capolavori…”Il Monello” forse  il capolavoro in assoluto e tutta la fantasia di Charlot, padre tramp  per caso, che trasforma un’amaca in culla  e una caffettiera in biberon…  e poi a  seguire un film dopo l’altro, uno più bello, più spassoso, più tenero dell’altro… “La febbre dell’oro”… Con la grande illusione dei cercatori,  la denuncia sociale, la girandola di gag che  stempera il dramma   mentre le montagne ricostruite in studio divennero un attrattiva turistica…”Il Circo”, a livello personale, fu l’esperienza in assoluto più disastrosa, con la prima attrice minorenne e incinta, da sposare immediatamente per evitare a Chaplin l’accusa di violenza carnale e il carcere…  Il tendone distrutto dal vento, Il set incendiato, la fuga di Chaplin con la pellicola perché la moglie, già in fase di divorzio, ne aveva chiesto il sequestro… La depressione e i capelli improvvisamente bianchi  di Chaplin… Non è rimasta traccia di nulla in un film sublimato dalla poesia, dalle invenzioni comiche e  dal sentimento…e l’Oscar fu ben meritato… Chaplin invece per almeno trent’anni non ne volle più sentir parlare… Quando girò  “Luci della Città” invece furono gli altri a disperarsi…una scena la fece ripetere 342 volte, battendo il Guiness dei primati, la prima attrice la licenziò provvisoriamente perché non riusciva a fare una scena…  Neanche i musicisti si salvarono perché gli avevano proposto qualche nota più comica… Ma all’intransigenza maniacale del genio dobbiamo  alla fine  questo gioiello di grazia e di  commozione.

Praticamente era rimasto solo Chaplin a non cedere alle lusinghe del sonoro, ma ancora una volta ebbe ragione lui … “Tempi moderni”  del 1936 è perfetto così… Esplicito, comprensibilissimo, fra le nevrosi delle macchine e la depressione che già corrode le fragili conquiste del capitalismo. Un tripudio di gag ma la storia del vagabondo e della monella è triste anche se l’ultima scena, con l’inguaribile fiducia di Chaplin, si chiude sugli spazi sconfinati della speranza…

E finalmente suo fratello Sid riesce a convincerlo … “Il grande Dittatore” è la prova del fuoco di Chaplin davanti al mondo nuovo…  Per il sonoro deve abbandonare anche il suo mitico Vagabondo  per fare spazio a un rispettabile barbiere ebreo e a un folle dittatore. Ma siamo ancora  nella più alta poesia e nell’accorato grido alla pace e all’amore, mentre sul mondo si accumulano i venti di guerra. Tragico e satirico  Chaplin umilia i grandi e li sbeffeggia nei loro folli sogni di potere. Hitler  gioca col  mappamondo che si trasforma in un etereo palloncino…  Chi mai più  inventerà una scena con tanta surreale  ironia?…

Dopo di allora i film di Chaplin però si fanno più rari e non tutti sono dei capolavori. Senza Charlot la vita è dura anche per un poeta come Chaplin. Il più lirico e sicuramente il più bello di quelli che vennero dopo  è “Luci della ribalta” con la storia del vecchio clown in cui Chaplin  scopre  se stesso, al tramonto di un percorso eccezionale. E sembrò veramente un livido tramonto…   Mentre  era a Londra lo dichiararono indesiderabile e non rientrò più negli Stati Uniti …  Le accuse di comunismo da parte della Commissione McCarthy l’avevano trasformato nel nemico pubblico numero uno della democrazia … E questo avveniva dopo l’onta di tutti quei processi  per violenza carnale  e crudeltà mentale. La prima moglie, Mildred Harris, aveva cominciato a fare l’ attrice a 9 anni e sposò Chaplin a 17, costringendolo con una falsa gravidanza. Il figlio che in seguito ebbero morì dopo pochi giorni e per la ragazza  quella fu l’occasione per  fare soldi col divorzio… Analoga  la storia con la seconda moglie Lita Grey. Una brutta storia… Con i parenti di lei tutti pronti a testimoniare le nefandezze sessuali di Chaplin.  Anche Lita l’aveva sposata incinta e minorenne, sotto la pressione dello scandalo e la solita minaccia di violenza carnale….Al momento del divorzio forse  chissà avrebbero tentato anche la carta della pedofilia visto che Chaplin l’aveva conosciuta quando aveva appena 8 anni. Alla fine anche l’America si rese conto che dietro c’era un’abile trappola e si schierò con Chaplin… ma il dubbio rimase e Nabokov si ispirò alla vicenda di Chaplin e di Lita per raccontare la sua Lolita…Dopo un divorzio “tranquillo” da Paulette Godard, Chaplin aveva incontrato la giovanissima, bellissima Oona O’Neil, la figlia del commediografo… ma alla vigilia del matrimonio saltò fuori un’altra ragazza… Joan Barry annunciò di aspettare un bambino da Chaplin. Il processo fu lungo e penoso e anche se tutte le prove del sangue dimostrarono che Chaplin non c’ entrava con la bambina, il tribunale decise che il padre era lui, che avrebbe dovuto darle il suo nome e mantenerla. Il rappresentante della pubblica accusa lo chiamò cane libidinoso, vecchia poiana dai capelli grigi, spudorato imbroglione … A quel punto nessuno avrebbe più scommesso un sol dollaro sul matrimonio di Chaplin con Oona che al contrario si rivelò un unione felicissima  che durò sino alla morte di Chaplin.  Dopo l’espulsione dall’America andarono a vivere in Svizzera  e in tutto ebbero 8 figli… Chi se lo sarebbe mai aspettato Chaplin nella parte del pacificato patriarca?

Il piatto che presentiamo  era uno dei preferiti di Chaplin… Onestamente dichiarò che aveva tentato più volte di diventare vegetariano, soprattutto dopo l’incontro con Gandhi, ma non c’era riuscito … Troppo forte era sempre la tentazione … di questo delizioso e un pò esotico:
STUFATO DI AGNELLO AL CURRY

INGREDIENTI per 6 persone: 1,5 Kg di agnello disossato,1 cucchiaio di semi di coriandoli, 2 cucchiaini di pepe nero in grani, 2 cucchiaini di cardamomo, 2 cucchiaini di semi di cumino, 6 chiodi di garofano, mezza stecca di cannella sbriciolata, 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 1 cipolla, 2 spicchi di aglio, 2 cucchiaini di zenzero fresco grattugiato, 1 stelo di citronella lungo 10 centimetri, 400 grammi di pomodori pelati in scatola, 300 ml  di acqua circa,  200 ml di latte di cocco, 2 cucchiai di curry, sale q.b.

PREPARAZIONE:  tagliate l’agnello a cubetti di circa 2,5 cm di lato. Pestate in un mortaio il coriandolo,il cardamomo, il cumino,i grani di pepe, i chiodi di garofano e la cannella. Riscaldate l’olio in una larga padella e rosolatevi l’agnello in modo uniforme e mettendolo per il momento da parte su un piatto. Nella padella utilizzata per l’agnello soffriggete la cipolla, l’aglio, lo zenzero e la citronella, fin quando la cipolla non sarà appassita. Fate attenzione a non bruciarla!. Unite le spezie pestate nel mortaio e fate insaporire tutti gli ingredienti per qualche minuto. Rimettete l’agnello in padella insieme al curry  diluito nell’acqua, il latte di cocco e i pelati. Salate, portate ad ebollizione, poi riducete la fiamma e fate cuocere per circa un’ora e mezza. Se il sugo durante la cottura dovesse restringersi troppo,aggiungete altra acqua calda.

Montalbano e le polpettine di pesce!

 

Andrea Camilleri, di sicuro  qualche risata se l’è fatta …Lui, il più famoso e il più venduto, fra gli  scrittori italiani degli  ultimi 20 anni, ha un curriculum scolastico che  sembra fatto  per escludere  da qualunque destino letterario. Ma Andrea Camilleri è siciliano e come  Pirandello sa che l’assurdo è il più frequente vicino di casa della vita. E’ appena adolescente  quando lo cacciano da scuola … per aver gettato  qualche uovo contro un crocefisso.  Lo iscrivono a un liceo statale, ma non riesce a sostenere la  maturità! E il Camilleri con occiali gialli (chi ha ucciso la democrazia in Italia1943 c’è  ben altro da fare.. Soprattutto scappare.  Arrivano gli alleati… E, per facilitarsi lo sbarco prima  distruggono metà  Sicilia con i bombardamenti… poi si aprono la strada con le mitragliatrici. Figuriamoci se c’era tempo per gli esami… Tutti a casa, ordina il preside… Quanto al diploma basta la frequenza!   Appena torna un po’ di pace il giovane Andrea si iscrive all’Università, ma alla laurea in lettere non ci arriverà mai! A Roma, nel  1948, studia regia all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico… Ci tornerà  molti anni dopo a insegnare, ma anche lì, a prendere il diploma non c’era arrivato! Qualcuno, molto sensatamente ha scritto che la scuola è fatta per i mediocri, o, se ci vogliamo addolcire la pillola per le persone normali. Perché dunque uno che sicuramente è stato almeno toccato dal Genio doveva andare a perdere tempo?  Del resto anche senza troppi titoli di studio all’epoca ha già cominciato a scrivere, lo fa benissimo e … pubblica! Su “L’Italia Socialista”, e ‘L”Ora” di Palermo ci sono racconti e poesie  a firma Camilleri e in quegli anni vince  il premio giornalistico “Saint Vincent”. A 29 anni  si presenta a un concorso per funzionari alla Rai e lo vince,  ma non viene assunto  perché è iscritto al  Partito Comunista.montalbano_1300

Ci vorrà tempo prima che rimuovano gli ostracismi.  Poi televisione e teatro saranno per trent’anni il suo lavoro. E’ lui che porta in teatro Adamov,  poi Beckett, con i suoi drammi dell’assurdo e Jonesco, in un accorato  appello all’Italia perchè si svegli  ed esca dalle accademie…

In televisione è diverso… Si punta  alla famiglia che non va turbata…  così come  la morale corrente…  Non ci si può muovere con disinvoltura, ma Camilleri trova  la via d’uscita… Nel giallo! Certo non poteva portare  Chandler, il  detective Marlowe, la sua vita disperata e i gialli di violenza…Però trova il Tenente Sheridan che è altrettanto bravo, ha un po’ di esotismo americano e una vita presentabile,  poi Laura Storm, la prima detective donna, acuta e fidanzata… rivestendo anche lei dell’impeccabile  impermeabile chiaro e… dulcis in fundo, arriva  il Commissario Maigret, con la moglie che lo aspetta a casa a preparare manicaretti…. La morale è salva, i prodotti  buoni e sono una novità per l’Italia. L’audience va alle stelle!

url-3Per i suoi romanzi c’è tempo, saranno il divertimento per quando andrà  in pensione… Pensa Camilleri. Invece all’improvviso  quando  ha quasi 70 anni scoppia il caso letterario, il successo, la fama. Certo lui nemmeno se lo aspettava, due romanzi precedenti erano andati maluccio, ma “La Stagione della Caccia”  con l’assurdo poliziesco del farmacista che uccide sette persone per  coronare il suo sogno d’amore , trascina nel  successo anche le opere precedenti. Stampe e ristampe e ogni volta si vendono 60.000 copie… E’ inutile chiedere a Camilleri il segreto del suo successo, lui non lo sa e nemmeno Montalbano,, con tutte le sue investigazioni l’ha mai capito!

Il Commissario Montalbano nasce a 44 anni nel 1994. E’ già da tempo fidanzato fedele di Livia, ma non è del tutto insensibile a Ingrid la bella svedese che l’aiuterà a risolvere il caso di un ingegnere abbandonato, morto in auto in una zona malfamata della periferia.

Il suo identikit  è già abbastanza completo,  sin dal primo romanzo “La forma dell’acqua”… Investigazioni molto di testa e poco di tecnica – che in caso affida all’agente meno sveglio del Commissariato che  è un mago del computer- pochi amici, una fidanzata in un’altra città con cui non si sposerà mai, una vena di malinconia  che gli trasmette il male in cui lavora… Ma è anche svelto quando c’è da correre o tirar fuori la pistola, cosa che fa di rado. Qualche volta usa metodi ai confini della legge o già fuori di essa, con tutti quei sigilli che toglie nottetempo alle scene  del delitto e senza autorizzazioni… Ma si sa… La burocrazia è lenta e i superiori spesso impaludati e stupidi… E per fortuna finora gli è andata  sempre bene.”Nei film americani, si scusa Montalbano, il poliziotto bastava dicesse il numero di targa e, dopo manco due minuti, riceveva il nome del proprietario…In Italia invece le cose sono diverse. Una volta avevano fatto aspettare ventotto giorni durante i quali il proprietario del veicolo era stato incaprettato e abbrusciato…”

Il suo nome è un omaggio a Manuel Vasquez Montalban,  lo scrittore spagnolo che ha inventato  Pepe Carvalho il detective che ha in comune con Salvo la buona cucina, le buone letture, e complicate storie d’amore… Un po’ per volta di libro in libro il personaggio  Montalbano acquista nuove sfumature e un passato… La madre morta precocemente, un padre lontano,  La sua  casa…in realtà niente di speciale, ma tanti libri e  quella eccezionale verandina sul mare, da cui può scendere, andare sulla spiaggia e farsi  lunghe faticose nuotate, soprattutto quando è addolorato o non riesce a trovare il bandolo della matassa.

I libri fioriscono uno dopo l’altro … “il ladro di merendine” con l’unica occasione di sposare Livia, “La gita a Tindari” con il graffiante tour del “tutto compreso” e l’incredibile morte della vecchia coppia mano nella mano… E poi i libri cominciano a non contarsi più perché Camilleri  li sforna a ritmo infernale.

Era inevitabile che la Televisione se ne impossessasse. Ha cominciato quasi subito a sfruttare “il fenomeno Montalbano”, dal 1998. Partito inizialmente su Rai 2 con 12 puntate, trasferito di corsa, visto lo share a livelli stellari, sulla rete più importante, in poco più di 10 anni la televisione  ha sfornato 91 episodi. Sembrava una sovraesposizione, un rischio, ma  Luca Zingaretti l’attore con la testa calva, il torace possente e le gambe leggermente arcuate ha dato vita a un personaggio pieno di fascino, che sembra indistruttibile “Tutte le repliche avrebbero potuto usurare il prodotto, dice, ci troviamo invece a fare i conti con risultati inspiegabili…”

Proprio in questi giorni sta uscendo una nuova serie con 4 episodi, mentre Camilleri lavora ai prequel affidati a un bellissimo attor giovane, Michele Riondino… Non sa più chi deve  accontentare.

Il personaggio di Zingaretti in quindici anni dice di essere invecchiato…Nelle ultime storie ha 58 anni  e sente qualcosa che gli sfugge. Teme di non farcela, anche se alla fine  risolve tutto …Si lamenta di non avere più la memoria di un tempo, è pieno di dubbi … E tradisce Livia… C’è più di una bellissima ragazza che almeno per un attimo gli fa perdere la testa… Forse lui è alla ricerca della gioventù perduta e diventa un personaggio ancora più umano che  non perde  mai smalto.

Chi non invecchia è Camilleri che furbissimo scarica tutto addosso al suo personaggio mentre lui ne esce indenne, immerso in una sua nuova e totale giovinezza. Sembra quasi di vederlo con una specie di affettuoso ghigno mentre prende in giro Montalbano che si lamenta dei suoi incubi notturni e assiste nel sonno al suo funerale…

Camilleri imperturbabile  affina il linguaggio delle sue  storie, con questo particolarissimo dialetto aggrovigliato e dolcissimo che lascia sempre meno spazio alla lingua italiana in un recupero di identità e di storia tutta siciliana che si va a unire ai luoghi fatati   di Vigata e di Montelusa e alla passione del cibo …  Il cibo che sembra prendere sempre più importanza  e più spazio di libro in libro e di cui, il profumo e il sapore, superando tutte le barriere  di spazio e di tempo, arrivano diretti alle narici e alla gola…. Lo spettatore partecipa,  con Montalbano al suo pasto, in un religioso silenzio rivolto a catturare anche l’ultima spezia nascosta  fra gli ingredienti.

“Con la lingua e il palato principiò un’analisi scientifica… Dunque, pesce e non c’era dubbio, cipolla, peperoncino, uovo sbattuto, sale, pepe, pan grattato, ma all’appello mancavano ancora due sapori, da cercare sotto al burro che era servito per friggere. Al secondo boccone individuò quello che non aveva scoperto prima…” Ed è con questa ricetta ispirata da “Il ladro di merendine”  che vi lasciamo in compagnia  di Salvo Montalbano…

POLPETTINE DI PESCE

INGREDIENTI  per circa 60 polpettine: filetti di merluzzo 800 grammi, 1 cipolla  di Tropea di medie dimensioni, tre peperoncini piccanti piccoli, 2 uova, sale e pepe a piacere, un pizzico di cumino, un pizzico di coriandolo, pan grattato q,b, burro quanto serve per friggere,olio extra vergine di oliva q.b., se lo preferite al burro oppure potete friggere  in un mix di olio e burro.

PREPARAZIONE: Sfilettate il merluzzo con l’apposito coltello, togliete le spine, tagliate a tocchetti i filetti e metteteli nel mixer assieme alla cipolla già tagliata a lamelle, i peperoncini triturati, le uova, sale, pepe, cumino e coriandolo e frullate il tutto   per qualche minuto finché l’impasto non diventa omogeneo e di buona consistenza. Se fosse troppo morbido aggiungete al composto un po’ di mollica di pane bagnata e strizzata e frullate nuovamente. Ricavate dal composto delle polpette piccoline, rigiratele nel pan grattato  poi friggetele. Per ottenere un buon fritto portate olio e burro ad alte temperature facendo attenzione che il burro non annerisca e al momento in cui immergete le polpette abbassate la fiamma. Fate cuocere per circa 10 minuti, rigirando spesso in modo che si ottenga un colore dorato, senza nessuna parte più scura. Dato il numero abbondante delle polpette, andranno fritte a più riprese ed è buona norma cambiare spesso l’olio e il burro che altrimenti possono dare un cattivo sapore ed essere tossici. Durante la cottura le polpette devono essere quasi sommerse dal condimento. Una volta cotte, estraetele dalla padella con il mestolo forato, fate assorbire il grasso di superficie sopra una  carta assorbente e servitele calde.

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La bellissima Lana Turner e… i Macaroni and Cheese!

 Era la bionda più platino di  Hollywood dopo Jean Harlow e prima di Marylin Monroe, ma senza la leggerezza e l’ironia con cui le altre due riuscivano a sdrammatizzare la loro immagine di dive e di divine. Pensare  a Lana Turner significa pensare alle vistose ville di Beverly Hills, a piscine sempre azzurre, roteanti visoni, tacchi a spillo… e atletici amanti coi denti e le camicie bianche sulla pelle abbronzata. Tutto in lei parlava di lusso e di opulenza in uno stile  di vita che. secondo  gli schemi di hollyvood, doveva costituire il clichè della donna fatale   adatta a interpretare personaggi melodrammatici ed eccessivi.

Del dramma e della violenza che avevano sconvolto la sua infanzia, nel mondo dorato di Hollywood, non se ne doveva parlare. O forse neppure si sapeva di quel minatore rapinato e ucciso mentre tornava a casa pieno di soldi vinti in una bisca. Quando il padre morì in quel modo barbaro la ragazzina aveva meno di dieci anni e lei e sua madre si trovarono sul lastrico.

Ma era così bella che  la notarono presto, mentre a 14 anni, così dice la leggenda, chissà quanto addomesticata, stava bevendo un frullato di frutta in un bar  di Hollywood, dopo aver marinato la scuola. Fu un golfino troppo stretto a mettere in risalto, durante la scena in cui veniva assassinata, il piccolo ruolo che le avevano affidato nel film “Vendetta”. Da allora e per molti anni fu “The Sweater Girl” e le parti che le venivano affidate facevano sempre leva sul suo portamento provocante e…  quel petto che sembrava scolpito. Il vero successo lo ebbe con due film molto belli ma anche estremamente violenti. Sembrano quasi una metafora di quell’orrore che in un modo o nell’altro la perseguiterà per tutta la vita… Ne “Il Dr Jekilll e Mister Hide” è solo una testimone della mostruosità che le gira intorno, ma  ne “Il postino suona sempre due volte”  la violenza la vive  in prima persona, nella parte della moglie adultera che spinge l’amante a uccidere il marito.

Nel film Lana Turner è un ‘interprete di grande  efficacia, ma dall’erotismo sotteso, quasi inespresso, per rispettare i rigidi canoni moralistici che il cinema degli anni ’50 si era imposto. La stessa ipocrisia faceva parte della vita della bella attrice che passava da un marito a un’amante con grande  disinvoltura privata, ma poca visibilità pubblica. Quell’irrequietezza, quella voglia di nuove  esperienze,  la portava a cercare sempre nuovi sex symbol al maschile, da parcheggiare nella sua camera da letto. Di certo nascondeva una grande insicurezza, una costante voglia di piacere che doveva calmare il senso di inadeguatezza che spesso la prendeva in quell’ambiente di lusso, lei che veniva dalla povertà più nera, con poche scuole e la macchia di quell’ equivoco assassinio del padre  nella sua infanzia.

Nel 1958 era all’apice della bellezza e della  carriera con quel film torbido “I Peccatori di Peyton” che le era valsa una nomination all’Oscar. Aveva avuto già quattro mariti e un cospicuo numero di amanti fra cui, quelli più celebri erano stati Tyrone Power, Frank Sinatra, Howard Hughes, e chissà chi altro. Ora aveva una figlia che stava crescendo a vista d’occhio, alta e slanciata già a 14 anni, ma sicuramente difficile. E questo Lana Turner non l’aveva percepito abbastanza, anche se la ragazzina già una volta era scappata dal collegio.

BeFunky_cheryl-crane-3.jpgDa alcuni mesi Lana frequentava  un tipo impresentabile, di bell’aspetto, il gangster Johnny Stompanato. Subito dopo la guerra aveva gestito locali equivoci in China ed era finito in bancarotta. Tornato in America  aveva venduto paccottiglia spacciandola per opere d’arte finché non diventò il guardiaspalle del gangster emergente Mickey Cohen. Sotto la  protezione di Cohen ora organizzava furti nelle gioiellerie e aveva un giro di ragazze ben avviate alla prostituzione… La passione iniziale di Lana  si era ben presto trasformata in paura per quella violenza che Stompanato aveva nei suoi confronti. Minacce e botte erano all’ordine del giorno e mentre lei cercava di non farsi vedere in giro con Stompanato, lui convocava apposta le conferenze stampa per mostrarsi al fianco dell’attrice.

La tragedia era sicuramente nell’aria, ma non nella forma in cui arrivò. C’era da espettarsi che Stompanato usasse quella pistola che già una volta aveva tirato addosso alla Turner o che la sfregiasse come aveva già minacciato. Invece fu Cheryl la figlia 14 enne di Lana, a casa per le vacanze, a entrare nella stanza dove i due stavano litigando furiosamente e a piantare nella pancia del gangster la lunga lama del coltello che si era portata su dalla cucina…

  La ragazza non fu condannata…14 anni, legittima difesa e avvocati d’eccezione. Dopo seguitò a essere  per un po’ una ragazza difficile… Da un istituto di rieducazione fuggì e per un momento si pensò a una vendetta di Cohen perchè Cheryl aveva ucciso il suo pupillo. Qualche anno dopo gli trovarono l ‘auto imbottita di Marijuana… Solo col tempo ritrovò il suo equilibio con un lavoro come agente immobiliare e un libro liberatorio sulla vita di sua madre.

Per Lana la carriera era praticamente finita e cercò di consolarsi con qualche marito in più e, dopo qualche anno, con un riavvicinamento con la figlia che, per lei, fu una cosa preziosa. Certo i dubbi su quell’assassinio ci sono stati! C’è una foto di qualche giorno prima della morte del gangster in cui compaiono la Turner, e poi Cheryl stessa e Stompanato che si guardano sorridenti, come in  amicizia o in confidenza… Perchè dopo  quell’ira terribile? E perchè Lana Turner corse a lavare il coltello dell’omicidio prima che arrivasse la polizia? Perchè uccidere Stompanato se poi trovarono le valigie quasi pronte, segno evidente che stava andando via dalla casa della Turner?  Qualcuno sospettò che la ragazza si fosse invaghita del gangster e l’uccise per gelosia, qualcuno che a uccidere sia stata Lana Turner perchè Stompanato molestava la figlia… Ma i dubbi non li risolse nessuno!

Lana Turner abbastanza lontana dal cinema, salvo qualche ritorno sporadico, fu più serena. Qualche volta fu ritratta con abiti meno sontuosi e i capelli meno impeccabili. Probabilmente ritornò almeno in parte, dopo aver superato l’impatto con la tragedia, la ragazza semplice della sua gioventù alla quale piaceva ballare a e andare al cinema… a vedere i film degli altri.

La cucina era sempre stata la sua passione. Ai compleanni della figlia aveva sempre fatto preparare torte originalissime a tanti piani o  con un buffo tettuccio  come una giostra. Il giorno del ringraziamento era solita preparare  il tacchino ripieno e apprezzava soprattutto la cucina mediterranea, anche se un po’ riadattata per il suo gusto da tipica americana, come questi :

MACARONI AND CHEESE

INGREDIENTI per 8 persone: 85 grammi di burro,65 grammi di farina 00, 1lt. di latte caldo, 120 grammi di panna fresca, 250 grammi di Cheddar o in alternativa Tete de Moine o Gruyère, 200 grammi di pecorino romano grattugiato, 250 grammi di maccheroni, 1 cucchiaino raso di sale kosher, 1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata fresca, 1 cucchiaino di pepe nero macinato fresco, 1/2 cucchiaino di pepe di cayenna, sale .

PREPARAZIONE: scaldate il forno a 180°C. Fondete il burro in una casseruola su fuoco medio e quando comincia a spumeggiare unite la farina, e cuocete mescolando per 2 minuti circa. Poi versare lentamente il latte caldo seguitando a mescolare e portate a ebollizione. Continuate a farlo sobbollire, anche abbassando un poco la fiamma, per 3 minuti.

Togliete dal fuoco,unite la panna, il sale a piacere, la noce moscata, il pepe nero, il pepe di cayenna e 3 /4 dei formaggi.

Cuocete i maccheroni molto al dente in una pentola con abbondante acqua salata. Scolate e tenete da parte 1 mestolo dell’acqua di cottura. In una pirofila imburrata trasferite i maccheroni, l’acqua di cottura e la salsa al formaggio mescolando accuratamente. Cospargete con i formaggi residui e mettete in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti, fino al formarsi di una crosta dorata, mentre il formaggio ribolle.