Il Camoscio alla piemontese all’ombra di una dinastia!

32Quando nel ’39 a. C. Livia Drusilla andò sposa a Gaio Ottavio, aveva 20 anni, aveva appena divorziato dal primo marito, aveva già un figlio di tre anni Tiberio ed era incinta. Lui di anni ne aveva 24  e per sposare Livia anche lui aveva appena divorziato, da soli 3 giorni, dalla moglie Scribonia  proprio mentre nasceva la loro figlia Giulia.  Tre mesi dopo il nuovo matrimonio  nasceva Druso e nessuno ha mai saputo se quel figlio fosse del primo o  del secondo marito. Comunque  anche se di padre incerto il bambino fu subito amatissimo dal futuro Augusto… E poi lui e Livia erano  così giovani e avrebbero di sicuro avuto altri figli.. L’anno successivo  infatti nacque un altro bambino, ma morì subito e dopo  Livia non ne poté più avere…

Mentre il suo potere cresceva sino a farne il primo imperatore della storia di Roma, Augusto seguitava a covare l’amarezza per quel figlio mai avuto, a cui avrebbe voluto lasciare  il potere … La figlia Giulia non contava perché a Roma le donne non avevano incarichi pubblici… Dapprima  pensò che Marcello, figlio di sua sorella Ottavia  e primo marito di  Giulia  potesse essere l’erede, ma il ragazzo morì poco dopo, di tifo,  a soli 21 anni… Augusto allora obbligò Giulia a sposare Agrippa il  suo grande amico e comandante militare dell’Impero… anche se aveva il doppio degli anni della figlia…  Stranamente fu un matrimonio abbastanza felice e in meno di dieci anni ebbero 5 figli… Augusto adottò i due ragazzi   Lucio e Gaio e ricominciò a sperare… Anche quando morì Agrippa  c’erano ormai Tiberio e  e l’amatissimo Druso che proteggevano le frontiere…  E la figlia Giulia la obbligò a sposare proprio Tiberio, nella speranza  che il potere, anche in futuro rimanesse in famiglia…  Ma i due si detestavano..  E cominciò la seconda ondata delle tragedie…Druso,  abilissimo   in guerra, bello, amato da tutti  morì   in Germania a 29 anni e qualche anno dopo a distanza di   mesi morirono anche Gaio e Lucio… Dell’ultimo figlio di Agrippa e Giulia nemmeno a parlarne…  Agrippa Postumo sembra che fosse pazzo   e comunque Livia non lo voleva fra i piedi e riuscì a mandarlo via da Roma…  In linea di successione faceva troppa concorrenza  a Tiberio…  Più tardi sembra che lo fece uccidere… Era rimasto solo Tiberio, il ragazzo sgraziato e antipatico di cui Augusto non aveva mai voluto riconoscere il valore… E fu lui alla fine che ereditò quell’immane impero mentre Giulia moriva in esilio confinata dal padre per  troppi scandali e  troppi amanti… Forse la verità era un’altra, sembra che Giulia stesse organizzando una congiura per uccidere il padre, ormai stanca di tutte le violenze che lui aveva imposto alla sua vita privata…

Stranamente quell’antica tragedia dinastica alla ricerca di un erede, torna alla mente quando si pensa  agli Agnelli, la più potente famiglia italiana da  quasi un secolo, sempre alla ricerca di un erede per quell’immenso impero industriale della Fiat… Eppure Gianni Agnelli veniva da una famiglia numerosa… Erano ben 7 figli di cui tre erano maschi… Ma avevano avuto una giovinezza difficile… Il padre Edoardo, l’erede dell’impero muore a 42 anni prima ancora di  cominciare a condurre l’azienda… Il padre non si fida!  Nel 1935 Edoardo era a bordo dell’ idrovolante di famiglia e durante un ammaraggio all’idroscalo i galleggianti del velivolo urtarono un tronco vagante sull’acqua…  L’aereo si ribaltò ed Edoardo morì, decapitato dall’elica rimasta in movimento…  Era venuto meno l’erede dell’ industria e il nonno col tempo si affidò a un amministratore… Gianni   allora ha 14 anni e lui e i suoi fratelli  si trovano in mezzo alle battaglie legali combattute dal nonno    che li vuole sottrarre alla madre e dar loro un’educazione tutta Fiat… Alla fine vincerà la madre ma anche lei muore  presto in uno scontro con un camion degli alleati  sul finire della seconda guerra mondiale… Lui Gianni, il primogenito non potrà nemmeno mettere piede nell’azienda di famiglia  che è dominata da un uomo di fiducia del nonno… Così disse Vittorio Valletta al Delfino nel 1946 “Esistono solo due possibilità: o il presidente della Fiat lo fate voi o lo faccio io», al che  il giovane Agnelli rispose mondano e disinvolto: «Ma di certo voi, professore». E sparì per quasi 20 anni in giro per il mondo… Difatti l’erede Edoardo nasce a New York e la figlia Margherita in Svizzera…

Forse quando Gianni Agnelli, ormai per tutti l”Avvocato,” nel 1966 prende in mano le sorti della Fiat non  ha nemmeno il tempo per accorgersi  che Edoardo, quel bellissimo, esile  ragazzino  è pieno di fantasie, timidezze, introspezioni… Quando arriva all’Università di Princeton  ci va per studiare Lettere Moderne… Sostanzialmente Storia delle Religioni … E il padre comincia a sobbalzare… In Fiat c’è bisogno di qualcuno che sappia di   finanza o magari ingegneria o relazioni industriali… Si preoccupa davvero quando Edoardo comincia   i viaggi in India… Ci andavano in molti all’epoca, in cerca di spiritualità… dai Beatles   ai giovani hippies… E’ quasi una tappa d’obbligo…  In seguito Edoardo diventerà di casa  dall’Ayatollah Khomeini.  E’ entusiasta della rivoluzione religiosa che ha cacciato il laico  Sha Reza Pahlavi dall’Iran e si avvicina all’Islam sciita… Non è del tutto certo ma sembra che si converta col nome di Mahdi.

Ma nonostante le sue  forme ascetiche o forse proprio per questo Edoardo comincia a interessarsi dell’azienda di famiglia… Naturalmente a modo suo… Non concepisce aziende basate  esclusivamente sul profitto, approda al principio della solidarietà sociale e finisce in un ibrida posizione di   marxismo mistico… Inoltre è sensibile ai temi dell’inquinamento e vorrebbe  auto ecologiche. Ma quello che soprattutto colpisce la famiglia è l’accusa pubblica che  fa all’azienda di sfruttare l’intera collettività…   Il ricorso massiccio alla Cassa Integrazione e  gli sconti con  gli incentivi  alle vendite, forse a qualcuno sfugge,  ma vanno sempre  a gravare sullo Stato,  ormai sotto ricatto…  Ne va della pace sociale…  Forte è il timore che  la Fiat  faccia licenziamenti di massa a ogni minima crisi del mercato…

Molti così cominciano a pensare che Edoardo sia matto, ma proprio da quelle parti, a Ivrea, Adriano Olivetti ha costruito un diverso impero su quegli stessi principi  che  pronunciati da Edoardo sembrano follie…  In  sé l’esperimento era riuscito… A Ivrea c’erano  case e cultura agli operai, partecipazione alla gestione e abbandono dell’alienante catena di montaggio…  Solo per l’incapacità dei successori di Adriano andrà in rovina l’impero delle macchine da scrivere e tutto quello che di elettronico venne dopo…

La Fiat  comincia a dubitare di avere l’erede…  Degli altri due fratelli dell’Avvocato, Umberto già l’affianca in azienda, ma è già troppo in là negli anni per diventare un erede e l’altro Giorgio è morto giovane, senza figli, ricoverato a lungo  in una clinica svizzera per schizofrenia… Margherita,   è donna e alla Fiat  entrano solo gli uomini…  Come del resto succedeva negli antichi imperi…

La posizione di Edoardo diventerà insostenibile quando nel 1990 sarà arrestato in Kenia con l’accusa di possesso di eroina…  Passerà anche due notti in prigione dritto in piedi perché nell’orribile cella manca anche lo spazio per sedersi. Poi l’accusa si smonta e lui torna in Italia ma dopo pochi mesi  viene nuovamente accusato per un giro di droga … Anche stavolta  Edoardo  è innocente, ma deve ammettere la propria tossicodipendenza…

E’ il 1993 e Giovannino Agnelli il figlio di Umberto è diventato grande…  E’ un ragazzo simpatico, allegro e   preparato.. E’   ora  che entri nel Consiglio di Amministrazione… l’anticamera dell’Impero…   Lo zio Gianni esulta, ma è solo  per poco… La tragedia irrompe di nuovo  quasi senza preavviso … Nel 1997 a soli 33 anni Giovannino muore…  una malattia che  non gli da via di scampo…

L’avvocato ha il viso sempre più tribolato dalle rughe e una bocca amara dove è difficile rintracciare un sorriso… Però ci sono i figli di Margherita… Si chiamano Elkann , ma sostanzialmente John e Lapo sono cresciuti in Fiat dopo averli strappati alla madre… con la quale non parlano da anni..

Dopo la morte di Giovannino,  a soli 22 anni   John Elkann entra   nel Consiglio di Amministrazione .

Edoardo  è sempre più in ombra…  Ci soffre molto… Vive in una villa  di proprietà dei genitori, ma ne occupa solo la portineria… Fa ripensare  a Giulia la figlia di Augusto costretta nel suo esilio, in un alloggio di una sola camera…Una fredda mattina di novembre del 2000 Edoardo viene ritrovato morto alla base di un cavalcavia alto  più di 70 metri. Sembra si sia gettato  dopo aver lasciato  l’auto con il motore acceso…  L’inchiesta è rapidissima e si chiude in un giorno…   E’ suicidio!

Ma dopo qualche tempo cominciano i dubbi…  Troppe incongruenze in quella morte… Perché  era uscito senza scorta? Perché era vestito a metà con la giacca del pigiama sotto una normale giacca? A che ora è entrato in autostrada? Si dice alle nove del mattino, ma un pastore dice di aver visto il corpo sotto il viadotto alle 8… Come mai una persona che precipita per 70 metri ha ancora le scarpe addosso? Perchè il viso di Edoardo, trovato a faccia in giù non è devastato?    A chi dava fastidio Edoardo Agnelli? Qualcuno dice che volevano che rinunciasse   ai suoi diritti in Fiat in cambio di un po’ di soldi… E che lui testardamente non avesse accettato… Qualche giorno prima aveva detto a un amico di essere preoccupato…  Nel 2008 la televisione manda in onda uno speciale elencando tutti i dubbi e raggruppando testimonianze. Esce anche un libro “Ottanta metri di mistero – La tragica morte di Edoardo Agnelli”  Si chiede di riaprire l’inchiesta, ma sembra che nessuno lo voglia fare…

Oggi il potere della Fiat in buona parte è in mano all’ AD Sergio Marchionne…  Lui lo nega  ma  forse porterà via  la Fiat dall’Italia…  Magari un po’ per volta ora che c’è il partner Chrysler…  John Elkann è Presidente, ma  sembra solo… Suo fratello Lapo  un ragazzo estroverso e pieno di fantasia, che curava  l’immagine dell’Azienda se ne è dovuto andare dopo essere finito all’ospedale, in coma, per un overdose… L’ambulanza è arrivata appena in tempo nella casa del trans, dove stava quasi per morire…

La figura gentile di Edoardo con la morte sembra aver acquistato spessore…  Ne parlano tutti con rispetto… In qualche modo la morte lo ha ricongiunto alla famiglia…

Si dice che a casa dell’Avvocato si mangiasse sempre poco, ma prodotti di qualità vicino alla terra…  Erano piemontesi e  molto attaccati alle loro tradizioni… Sicuramente  ” Il  Camoscio alla  Piemontese con la polenta” lo conoscevano bene…

CAMOSCIO ALLA PIEMONTESE CON POLENTA

INGREDIENTI PER IL CAMOSCIO per 6 persone: spalla o petto di camoscio kg 1, burro grammi 120, farina bianca 30 grammi, 1 bicchiere di aceto bianco di qualità, 1 carota, 2 coste di sedano, 2 cipolle, salvia e rosmarino,  4 cucchiai di olio extra vergine di oliva , 1 bicchiere di brodo di carne di manzo,  1 cucchiaino di zucchero,  sale e pepe.

INGREDIENTI PER LA POLENTA per 6 persone: faina gialla bramata cioè a trama grossa grammi 500,  acqua 1,750 litri, sale q. b.

PREPARAZIONE DEL CAMOSCIO: tagliate il camoscio in pezzi piuttosto grossi, poi adagiateli in un tegame di terracotta, unite la carota affettata, le coste di sedano a pezzetti, un po’ di salvia, un rametto di rosmarino  e l’aceto. Lasciate la carne a macerarsi per 24 ore e anche di più, poi affettate le cipolle e fategli prendere colore in una casseruola sul fuoco in 50 grammi di burro,poi unite la farina impastata con 30 grammi di burro e lasciatela dorare, poi aggiungete  il brodo e fate cuocere il tutto per 5 minuti.  Mettete una padella sul fuoco con il restante burro e l’olio, poi aggiungete i pezzi di camoscio scolati dalla marinara, asciugati e infarinati. Quando il grasso del camoscio si sarà sciolto togliete la carne e mettetela nel tegame delle cipolle, salate e pepate. Terminate la cottura  coprendo il tegame e a fuoco basso per circa due ore.

PREPARAZIONE DELLA POLENTA; in una pentola capoiente portate a ebollizione l’acqua e fatevi cadere  un po’ per volta  a pioggia la farina mescolando  ogni con un cucchiaio di legno affinché non si formino grumi; seguitando a rimestarla fatela cuocere per 50 minuti e non meno perché la polenta poco cotta può far male. A fine cottura riversatela su una spianatora di legno  e poi tagliatela a fette abbastanza spesse.

COMPOSIZIONE DEL PIATTO: Distribuite 1 o più fette di polenta sul piatto di ciascun commensale, sistemateci sopra il camoscio e poi dopo aver passato al setaccio il sugo di cottura   versatelo sulla carne.

John Le Carrè, la spia e il cornish pastry!

David Cornwell   si divertiva con il suo doppio lavoro.. Anche  se qualche volta doveva fare  qualche acrobazia… Appena entrato in diplomazia l’avevano subito spedito a Bonn, Secondo segretario dell’Ambasciata Inglese…  Si sa,  attorno alle ambasciate spesso  fiorisce un’aria misteriosa di spionaggio, di avventure, di servizi segreti  a cui il giovane funzionario non era rimasto  insensibile… E a quel mondo si era ispirato per cominciare a scrivere  i suoi romanzi… una specie di scrittore della domenica  e senza molta fiducia nelle sue fortune letterarie… Quel giorno si trovava a Londra per caso… aveva accompagnato dei funzionari tedeschi in visita a esponenti del Governo Britannico…  Nel frattempo il suo agente    gli aveva procurato, quasi a sorpresa, un incontro con Martin Ritt… diceva che al famoso regista  interessava il suo romanzo… David Cornwell era incredulo… non era nemmeno stampato quel romanzo… Comunque ora stava correndo verso la sala da pranzo del Connaught Hotel… era riuscito a svignarsela da quel terribile impegno ufficiale… Ma il tempo per cambiarsi non  c’era stato e adesso stava varcando la soglia  con la sua giacca nera stretta, il panciotto nero, una cravatta argentata e i pantaloni a righe nere e grigie.. “Ma perché si è vestito come un Maitre d’hotel?”  fu la domanda sbalordita del  regista…  Lui nonostante le rigide regole di quel sofisticato  locale indossava  una camicia nera da rivoluzionario abbottonata fino al collo,  un paio di pantaloni larghi con l’elastico in vita, stretti alle caviglie e un basco in testa con la punta in sù… John Le Carrè ancora arrossisce quando ripensa a quel primo incontro… Ma nonostante tutto il film si fece  ed era “La spia che venne dal freddo” con un interprete eccezionale come Richard Burton…

Non era passato molto tempo da quella sera  quando  Le Carrè  si trovò a  fare  lo scrittore a tempo pieno… In effetti quello che ogni tanto si dice delle ambasciate qualche volta è vero… il suo nome era finito in una lista di agenti del controspionaggio inglese  che i  sovietici stavano ora esaminando con molta attenzione… David Cornwell come diplomatico e come agente era bruciato…

Certo che neanche nelle più pazzesche fantasie dei suoi romanzi avrebbe potuto immaginare una cosa simile… Era finito nel più grave di tutti gli scandali che mai si era abbattuto sul servizio segreto britannico… Avevano appena scoperto l’anello più importante di  una rete di agenti doppi  alle dipendenze del KGB sovietico… Quelli  che passeranno alla storia come i “Cambridge Five.”… Perché proprio all’Università di Cambridge si erano conosciuti!  John Caincross,  Anthony Blunt, Donald McLean, Kim Philby e Guy Burgess appartenevano alle classi   alte……  E non presero mai soldi dall’Unione Sovietica… Eccezion  fatta per Caincross che sembra una volta abbia avuto bisogno di soldi per pagare il dentista… Per  tutti fu ideologia o l’opposizione  al fascismo, che serpeggiava  anche nella democratica Inghilterra degli anni ’30…L’unico che avrebbe potuto spiegarlo, perché  non fuggì all’estero, Blunt,  fu abbastanza vago quando ne parlò “L’atmosfera era così eccitante e intensa, il nostro impegno, l’entusiasmo per ogni attività antifascista era così totale che io trovai naturale avvicinarmi al partito comunista”  Cominciò tutto dunque  a  metà degli anni ’30, ma  i peggiori guai  arrivarono con la “guerra fredda” che spaccò il mondo in due blocchi… Segreti militari, informazioni di ogni genere…  i Cambridge Five erano tutti in posti strategici…Mc Lean, all’ambasciata britannica di Washington, aveva accesso all’Atomic Energy Commission e altro che coniugi Rosenberg! Buona parte dei segreti della bomba atomica li passò lui… Guy Burgess  vanificò l’Information Research Center  che doveva  contrastare la propaganda sovietica, Caincross lavorava al Foreign Office, Blunt  per la verità dopo la guerra si occupava di arte  ed  era il più insospettabile… e anche il più intoccabile, perché si occupava dei beni artistici della Regina… Philby  lavorava nel M16  e si era specializzato a distruggere le reti spionistiche inglesi all’estero. A metà degli anni 50 il gruppo si era più che dimezzato… Scoperti, Burgess, McLeon e Caincross fuggirono… Ma  Blunt e Philby   se la cavarono .

Fu nel 1963 che anche per Philby arrivò la resa dei conti, ma prima che lo potessero arrestare era già nell’Unione sovietica, dove  per molto tempo lo trattarono piuttosto male, togliendogli persino il grado di Colonnello che si era guadagnato in tutti quegli anni di spionaggio..

L’uscita di Le Carrè  dai servizi era stata dunque inevitabile, una volta scoperto il suo nome e la sua attività… Ma c’è da dire che se non fosse stato per Kim Philby, non avremmo mai avuto  “La Talpa” e gli altri romanzi che compongono la “Trilogia di Smiley”,” l’Onorevole scolaro” e  “Tutti gli uomini di Smiley”…  George Smiley è  l’antieroe per eccellenza, l’ uomo solo, un po’ disordinato, lento nel passo e con un inizio di pinguedine…  Ma  un cacciatore di spie come non ce ne sono altri, che costringe  l’ M16 a richiamarlo in servizio perché solo lui è capace di cogliere ogni più piccolo indizio e rielaborarlo fino a scoprire il suo Philby… Che nel romanzo si chiama Gerald, e come la vera spia occupa una posizione chiave  e sembra l’ultimo dei sospettabili…Ma  Smiley riuscirà a smascherarlo nel momento stesso che scoprirà dolorosamente il tradimento di sua moglie. Ce  ne è voluto di coraggio a costruire  una figura simile di uomo qualunque  quando imperava  oo7 con il corpo scolpito, i successi, le donne e la vita facile… Eppure Smiley fu un personaggio eccezionale perché non c’era solo l’autore a identificarsi in George Smiley, ma tutti coloro che si sentivano un pò sconfitti e facevano fatica a vivere. Il cinema  si era già appropriato di “Chiamata per il morto” e “Lo specchio delle Spie”. Alec Guiness in televisione  si identificò talmente con Smiley  da sorprendere perfino Le Carrè…  Aveva capito anche le sfumature del personaggio che erano sfuggite al suo autore… Poi diventò difficile tenere a mente tutte le opere di le Carrè che diventarono film… La Tamburina, Il Sarto di Panama, The Constant Gardner… Perfino Sean Connery, che una volta era stato OO7,  il contrappunto di Smiley, si sentì onorato di partecipare a “La Casa Russia”, un altro dei film  tratti da un romanzo di Le Carrè! Di recente anche “La Talpa” è diventato un film… Tre nomination agli Oscar … E un gran successo di botteghino e di pubblico.

E il vero Philby? Finì i suoi giorni in Russia, ma era alcolizzato e condusse una vita grama. Solo verso il finire della sua vita lo rivalutarono… Quando morì poi gli fecero anche un funerale di Stato e un francobollo… Forse Philby lo sapeva che l’Unione Sovietica non sarebbe stato il Paradiso, perché scappò il più tardi possibile proprio quando  non poteva più restare in Occidente.

Blunt tutto sommato se l’era cavata meglio di tutti. Quando nel 1964 scoprirono la sua attività lui aveva una fama così grande come critico d’arte a livello internazionale che preferirono non fare scandali… Anche perché era stato così vicino alla Regina mentre le curava religiosamente il suo patrimonio artistico… Si disse pure che aveva in mano documenti compromettenti sulle simpatie un po’ naziste dell’ex re Edoardo… Forse era meglio mettere tutto a tacere…  Ma la Thatcher, signora di ferro, dritta come un fuso, 15 anni dopo, di tutti quei silenzi non ne volle sapere e lo  denunciò all’opinione pubblica… Fu forse la peggiore amarezza per  Blunt … Morì qualche anno dopo ma non si fece mai un giorno di carcere.

John Le Carrè è uomo di storie inesauribili, però dopo  la fine della Gerra Fredda sembra che non voglia più ricordare quegli anni…  Ma chissà che un giorno non si decida a parlarci di Anthony Blunt, forse la figura più ambigua e più interessante di tutti e 5 le spie di Cambridge!

  Le Carrè nella saga di Smiley non parla dei suoi pranzi, ma  è fin troppo ovvio che George, così solo e poco pratico delle cose di tutti i giorni, andasse  a mangiare in qualche tavola calda o in qualche birreria di Londra dove  fra i cibi pronti non manca mai un piatto della più consolidata tradizione inglese:

 CORNISH PASTRY

INGREDIENTI per 4 persone

PER LA PASTA: 225 grammi di farina, 100 grammi di burro, acqua q.b.,un pizzico di sale.

PER IL RIPIENO: 1 patata tagliata a cubetti, 1 cipolla tritata, 250 grammi di controfiletto di manzo, tagliato a cubetti di un centimetro.

PREPARAZIONE: preparate la pasta mettendo la farina in una ciotola,aggiungendo il burro tagliato a pezzetti e il sale. Mescolate bene con le mani amalgamando burro e farina come a formare delle briciole di pane. Aggiungete l’acqua,circa due cucchiai e impastate il tutto con una spatola di metallo,sin quando la pasta non sia abbastanza soda. Fatene una palla e fatela riposare in frigo per circa mezz’ora. Passato questo tempo mettetela su una spianatora, dividetela in quattro pezzi che stenderete sino a raggiungere per ciascuno l’altezza di circa 1/2 cm. Ogni cerchio dovrà avere un diametro di circa 16 cm. al centro dei quali metterete qualche cucchiaiata di carne, la cipolla tritata e la patata a cubetti. Bagnate con un pò d’acqua i bordi della pasta e uniteli in modo da formare delle mezze lune a cui schiaccerete bene il bordo aiutandovi con una forchetta. Appoggiate le pastries su una teglia e fatele cuocere in forno caldo a 190°C per circa 40 minuti. Si mangiano sia calde che fredde.

Claudia Cardinale… Angelica e il timballo di anelletti!

Era accaduto  troppo in fretta e probabilmente non si rese ben conto di quello che  le stava capitando! Il concorso di bellezza fu proprio un caso. Si trovava al Consolato Italiano di Tunisi con la madre e la sorella per tutt’altri motivi quando, senza lasciarle troppe scelte, la iscrissero in un istante  al concorso  per ” La più bella italiana di Tunisia” Era un’iniziativa a margine  della “Settimana del Cinema italiano ”  e  lei era così “tipica” che non ci mise  molto  a vincere il primo premio … Un viaggio a Venezia durante la Mostra del Cinema. All’epoca Claudia Cardinale  una ragazza introversa e selvatica  sapeva poco l’italiano…    A  scuola aveva imparato l’arabo e il francese… e a casa, il siciliano  dai nonni… emigrati tanti anni prima.  Così a Venezia si sentì a disagio e fuori posto e non vedeva l’ora di tornarsene a casa sua. Invece anche lì non riuscì a passare inosservata e le proposero di andare a studiare a Roma al Centro Sperimentale di Cinematografia. Aveva ben poche esperienze nel cinema, un  cortometraggio scolastico e una parte secondaria nel film di Jacques Baratier,”  I giorni dell’amore” …  Non pensava che ci sarebbe stato  un seguito.  Ma suo padre accettò per lei … All’inizio era contenta … Si allontanava dalla Tunisia dove c’era l’ uomo di cui  voleva liberarsi…Ma a  Roma  durò poco…  Era sempre più a disagio, con l’italiano e la dizione che non le entravano in testa e dopo pochi mesi tornò a casa… A Tunisi  rimase incinta…Per lei quell’uomo di cui non ha mai voluto rivelare il nome era un’ossessione. Era cominciato con uno stupro… Lei era appena  adolescente… e poi non era riuscita più a  tirarsene fuori.  Adesso era veramente disperata, ma al bambino non volle rinunciare. L’unica soluzione fu  tornare a Roma e lavorare nel cinema… aveva l’offerta della Vides… la potente produzione di Franco Cristaldi…  Lavorò finché non fu evidente… Poi chiese la risoluzione del contratto…Franco Cristaldi invece la mandò a Londra dove nacque Patrick, che ….per contratto divenne il suo fratellino minore. Lo poteva crescere vicino, ma nessuno doveva sapere… nell’Italia ipocrita dell’epoca. La verità verrà fuori solo parecchi anni dopo!  Ma questa non fu l’unica condizione… Lei divenne proprietà di Cristaldi e della Vides. Lui si era innamorato di lei… A modo suo… E le  creò subito attorno una gabbia fatta di addetti stampa, autisti e segretarie che la sorvegliavano… E la  pagava anche poco per il lavoro che faceva… Probabilmente non voleva che diventasse troppo autonoma… Se no forse l’avrebbe lasciato. Un rapporto affettivo e un rapporto di lavoro paranormale…  Claudia  non sembrava troppo fortunata …Non si permise mai di chiamare il produttore per nome… per lei fu senpre Cristaldi … E non abitavano nemmeno assieme così lui era più libero di cercarsi anche altre donne … E tutto questo mentre  a tappe forzate lei diveniva un’attrice di grande successo… anche perchè  Cristaldi era una persona colta e intelligente e la Vides  stava sul mercato con prodotti di qualità nel panorama commerciale e arruffone del cinema italiano del dopo guerra … Così Claudia Cardinale ebbe subito a disposizione i migliori registi.  Monicelli la guida ne”I soliti ignoti”, lei è Carmelina la ragazza sotto chiave  col fratello siciliano…  E nonostante tutti quei big del cast il suo fu un successo personale.

Il primo film importante  è “Un maledetto imbroglio”. Cristaldi fa le cose in grande… Il romanzo di un autore come Gadda e un regista  fra i migliori come Pietro Germi. Per la prima volta Claudia  supera la timidezza. Germi è come lei taciturno e introverso, ma le trasmette la passione per il lavoro e la sicurezza davanti alla macchina da presa… Pasolini, stupito scriverà “Una Cardinale che io mi ricorderò per un pezzo. Quegli occhi che guardano solo con gli angoli accanto al naso, quei capelli neri spettinati… quel viso di umile, di gatta e così selvaggiamente perduta nella tragedia…”

Ormai è lanciata e nel 1960 gira cinque film… Nella visione calvinista della vita e del lavoro che le impone Cristaldi. In mezzo ci sono “Rocco e i suoi fratelli” e il primo incontro con Visconti e “Il Bell’Antonio” dove Mastroianni si innamorò perdutamente di lei. Anche molti anni dopo, quando la cosa non poteva più nuocere, lei smentì il flirt… Mastroianni  si innamorava di tutte le attrici e lei non riuscì  mai a credere al suo amore sincero.  Lo teneva così a distanza che Mauro Bolognini era lì a supplicarla di fargli qualche sorriso ogni tanto…Un grande rapporto quello con Bolognini e 5 film… fra cui  “La Viaccia” dove conosce Jean Paul Belmondo con cui riuscirà ad avere, e c’è da chiedersi come ci sia riuscita, una breve relazione, quando gireranno insieme Cartouche, il film che la renderà famosa in Francia…

Claudia Cardinale and Federico Fellini during the production of FEDERICO FELLINI'S 8 1/2, 1963.L’anno di grazia arriva nel 1963… Cristaldi la fa lavorare al top del top, in un momento in cui il cinema italiano girava al massimo…Sul set del Gattopardo c’è un clima di rara raffinatezza, con Visconti che fra tutti i principi di casa Salina,  si ricorda di essere anche lui un grande aristocratico, si rivolge a Claudia in un elegantissimo francese e la fa diventare ancora più bella e sensuale per il suo ingresso nell’antica nobiltà dell’isola. Angelica è un personaggio di rilevo nella storia del Gattopardo, ma  è  con Claudia che  diventa  la protagonista… Sul set di 8 e 1/2invece regna il caos, la confusione e  e il trash.  Pare la commedia dell’arte col copione che non c’è  e la sceneggiatura che va inventata giorno per giorno… E in tutta quell’anarchia il guizzo del genio di Fellini che alla fine riporta tutto a unità e capolavoro. Claudia non lo dimenticherà più. Lei la ragazza della fonte  per la prima volta parla con la sua voce rauca e dissonante che tutti avevano disprezzato, mentre Fellini la fa sentire giorno dopo giorno la più bella e la più speciale di tutte.

Comencini completa  l’anno splendidissimo con  Mara,”La ragazza di Bube”, per il quale anche stavolta Cristaldi non bada a spese andando a prendere uno dei maggiori successi della letteratura di quegli anni.

C’è da chiedersi perchè Cristaldi a questo punto spedisce la Cardinale in America. Era risaputo che Hollywood acquistava i talenti e poi li soffocava, li metteva da parte, insomma eliminava la concorrenza… Claudia nonostante tutto, negli anni americani ha qualche ottima occasione come “La Pantera Rosa, “I Professionisti” e  “C’era una volta il West,”quasi l’unica donna dei film di Sergio Leone… Ritrova il suo amico Burt Lancaster,  e  si va vedere in giro con Rock Hudson per aiutarlo a nascondere la sua omosessualità e ogni tanto torna per fortuna in Italia. Girerà ancora  con Luchino Visconti “Vaghe stelle dell’Orsa” un insuccesso commerciale, ma un Leone D’oro a Venezia e “Il giorno della Civetta” con Damiano Damiani, un coraggioso film sulla mafia.

Nel 1967 Cristaldi arriva in America e la sposa… un matrimonio che non verrà mai trascritto in Italia, affilia anche Patrick, ma Claudia non gli è grata. Sente tutto come un’ imposizione ,un modo per toglierle ancora più libertà, qualcosa che Cristaldi ha fatto da solo senza nemmeno chiederle se era d’accordo.

Alla fine di quel faticoso decennio Claudia torna in Italia, tutto sembra uguale a se stesso,  lei mantiene il successo e la sua dorata schiavitù…

Ma c’era una bomba a orologeria nel quieto vivere di Claudia  e scoppia fra il 973 e il 1974 quando lei gira un film con un giovane scatenato regista Pasquale Squitieri. Lui è uno che ha già ha avuto un buon successo e quindi può ardire di lavorare con quel mito vivente che è diventata la Cardinale. Squitieri  nasce con gli spaghetti western, ma poi si occupa di temi scottanti come droga e camorra  che è poi il tema del film  “I Guappi” dove scatterà l’amore. Claudia letteralmente scappa dalla sua gabbia  e raggiunge Squitieri in America. Un viaggio on the road  e sarà amore per sempre. Lei  conosce Cristaldi, sa che è freddo e pensa che non l’ha mai amata… solo al massimo usata e posseduta. Pensa che capirà, che la lascerà senza troppe storie… Invece si scatena l’inferno … Inizia la cupa, lunghissima vendetta di Cristaldi che taglierà per anni le gambe a tutti e due. Il primo ordine è per Visconti… Non la deve più chiamare per “L’Innocente.” Claudia quel gesto cattivo se lo ricorderà per sempre… Era l’ultimo film di Luchino e Cristaldi  le  impedì di stare vicino al suo grande maestro, negli ultimi mesi della sua vita. Per diversi anni Claudia non troverà più lavoro… nessuno vuole avere per nemico il potente Cristaldi e  intanto a lei  resta da pagare una cifra enorme al fisco… perché la Vides  non l’ aveva  fatto. Dopo  per fortuna  riuscirà un po’ per volta, con enorme fatica a venirne fuori… La chiamerà Zeffirelli, per una piccola parte e girerà “La Pelle” di Liliana Cavani e “Fitzcarraldo” di Herzog.   Dopo qualche anno  ricomincia  a lavorare con Squitieri… anche lui sta provando a  a riemergere e saranno  film audaci e impegnati come “Claretta” o “Il Prefetto di ferro,” ma saranno film contestati, spesso senza motivo,  dalla critica  che strapazza e distrugge.  Comunque nulla sarà più come prima e alla fine Claudia Cardinale ritroverà se stessa, una nuova casa  e una nuova carriera di attrice in Francia dove saranno felicissimi di averla. Lì farà  anche teatro, ormai libera dalla sua proverbiale timidezza  e girerà altri film, ma quasi nessuno  di essi arriverà in Italia.

Il 15 di aprile Claudia Cardinale compie 75 anni. E’ ancora molto bella e soprattutto molto impegnata. Lavora e gira il mondo come  Ambasciatrice Unesco e fa quello che sente più vicino alla sua storia  travagliata… Difendere in tutto il mondo i diritti delle donne, quei diritti che a lei troppo spesso sono stati negati..

Un piccolo omaggio a Claudia, in ricordo di uno dei suoi film più belli ?  Viene dal Gattopardo e  dal pranzo consumato la sera in cui  Angelica viene presentata  in casa del Principe di Salina…

TIMBALLO DI ANELLETTI

INGREDIENTI per 4 persone: 400 grammi di anelletti siciliani, 350 grammi di carni miste macinate (manzo,vitello,maiale),  4 melanzane grandi a forma allungata e di colore viola scuro, 2 uova sode, 100 grammi di piselli  piccoli, 150 grammi di caciocavallo, 350 grammi di passata di pomodoro, 1 carota, una cipolla, 1 costa di sedano, 100 grammi di pangrattato, 100 grammi di parmigiano, olio extra vergine di oliva q.b., sale e pepe q. b.

PREPARAZIONE: Anche se le melanzane purtroppo non hanno più il sapore aspro di una volta,per maggior sicurezza è sempre meglio prima di cucinarle, tagliarle a fette, salarle e  metterle sotto un peso  per circa un’ora allo scopo di togliere l’eventuale amaro… Dopo lavatele sotto l’acqua corrente e asciugatele. Friggete le fette in abbondante olio extra vergine di oliva e scolate l’eccesso di unto su carta assorbente e mettetele,per il momento da parte. Preparate il sugo mettendo a soffriggere nell’olio cipolla,carota e sedano tritati finissimi. La fiamma non deve essere alta perché c’è il rischio di bruciare le verdure. Appena sono dorate, aggiungete la carne macinata, fatela rosolare e aggiungete vino rosso siciliano.Non appena il vino sarà evaporato aggiungete la passata di pomodori e i piselli. Fate cuocere lentamente per 15 minuti e aggiustate di sale e pepe. Seguitate a insaporire il sugo sulla fiamma aggiungendo ogni tanto acqua tiepida. Lessate gli anelletti in acqua salata scolandoli molto al dente.Conditeli col sugo preparato e  poi  cominciate a preparare il timballo in uno stampo dalle pareti alte ponendo sulla sua base e sulle pareti,  uno strato di melanzane  che poi coprirete con una parte degli anelletti.sui quali vanno poste  le fette di cacio cavallo e una spolverata di parmigiano e le uova sode tagliate a fettine sottili. Fate un secondo strato di anelletti e ricopritelo con le fette di melanzana e pan grattato.. Schiacciate delicatamente il timballo con una forchetta e infornare  per 30 minuti a forno scaldato a 160°C. Dopo averlo estratto dal forno ,fate riposare il timballo prima di rovesciarlo sul piatto di portata.

Un Haggis per 007!

Una vita da saltimbanco dove, fra un balzo e l’altro, si nascondono contraddizioni e zone d’ombra. Come mai il figlio undicenne di un rude camionista, a Fountainbridge, un degradato sobborgo operaio degli anni ’40, va… E in piena guerra, a prendere lezioni di danza classica? E cosa è successo a quello stesso ragazzo se a 15 anni  abbandona la scuola e si arruola nella marina inglese? Irrequietezza, disagio, avventura?  Non provatelo a chiedere a Sean Connery! Lui  al massimo vi regalerà un signorile, ironico sorriso. Se si era fatto marinaio per scappare dalla tetra e fumosa Fountainbridge, la nostalgia e il rimpianto devono essere arrivati subito dopo, fra il melting pot etnico della ciurma… Quando è il momento del tatuaggio, obbligatorio per un marinaio, come Braccio di Ferro insegna, lui si farà scrivere addosso “Mom & Dad” e “Scotland Forever!” Ma di sicuro aveva qualcosa che se lo consumava dentro senza dargli pace, se a 20 anni lo mandano in congedo. Gli era venuta l’ ulcera gastrica.

La marina era stato in ogni caso un porto tranquillo…Invece adesso  Connery deve fare i conti con quel poco che si offre a un ragazzo senza studi e senza qualifica. Si improvvisa in quello che capita e i suoi biografi non devono fare sforzi per dare un po’ di colore ai suoi anni giovanili… Muratore, lavapiatti, bagnino e verniciatore di casse da morto…  Chissà per quali vie sarà poi riuscito a fare il modello… Il fisico ce l’aveva tutto e avrà pensato fra di sé’ “Sfruttiamo il momento che fra un po’ sarò completamente calvo” e invece si sbagliava e i momenti si moltiplicano… Al prestigioso “Edimburgh Art College” posa nudo per gli allievi dei corsi di disegno e di scultura e quando ha 23 anni arriva  terzo al concorso di Mister Universo. Ormai un futuro comincia ad averlo….Teatro.. e fa la comparsa nel musical “South Pacific”… Lo prendono subito quando sanno che ha fatto ii marinaio ! Cinema e Televisione, piccole parti ma il lavoro c’è e qualche volta lo notano!  E’ il 1958 quando lavora con Lana Turner in “Another Time, Anhoter Place”,  anche se muore appena 15 minuti dopo  l’inizio del film…

Il successo, veramente poco annunciato, arriva nei primi anni 60 ! L’avevano già scartato quando lo ripescano per la parte dell’agente segreto…  e Jan Fleming  proprio non lo voleva… Avrebbe preferito Cary Grant che rifiutò perchè a 58 anni non se la sentiva più di saltare su un aereo in corsa!

Ma Sean Connery si mostrò perfetto… Stile e classe che sembrava uscito dal West End anziché dai sobborghi di Edimburgo… E poi freddo, ironico, seducente. Un fisico tutto body building e quello sguardo che faceva disperare le donne…  Per la testa un pò calva fu necessario un toupet…  Ma il mondo non lo sapeva!  ” Il mio nome è Bond… James Bond” diceva, ma ormai era superfluo!  “007 Licenza di uccidere ” esplode con tutti gli archetipi che accompagneranno Bond  nei suoi 50 anni a venire… il James Bond Theme, la sequenza gunbarrel … con la canna della pistola dentro cui Bond salta, si gira in volo e spara…Gli irriducibili cattivi e gli enormi scagnozzi che sembrano scesi da un circo equestre… lo Champagne… il Martini. Subito dopo “Dalla Russia con amore” lancia la valigetta col fucile smontato e 50 sovrane, la Bentley col telefono e la bellissima Daniela Bianchi spia pentita che non resiste a Bond… E quale donna avrebbe potuto farlo.?  E’ forse il miglior film di 007 … Invenzioni, brio, risvolti ironici…  Ma il terzo film “Missione Goldfinger” se  riesce a salvare Fort Knox fa scoppiare il mondo… Di isterica passione … E la “bondmania” diventa un caso  di studio… Solo lui Sean Connery è già stanco… Ha provato a evadere almeno per un pò… L’ha chiamato Hitchcock  per “Marnie” e ha dimostrato, più che altro a se stesso, che sa recitare… Perchè agli altri poco importa… Basta che sia ancora e sempre Bond…  Lui invece è pronto a lanciarsi nel vuoto, così come aveva fatto a 15 anni… Quando era entrato in marina… Ora si sente soffocare, si annoia e non sa se riuscirà più a venir fuori da quell’invadente personaggio più grande di lui… Altri tre film e un altro un po’ spurio, ma  oramai uno ogni tanto, per fortuna e ce la farà. Ma il mondo però è orfano… Dopo nessuno sarà più come lui… Belli, scialbi, terribilmente piatti gli altri  007, qualcuno persino un po’ ridicolo come Roger Moore  che quando arriva a fare James Bond è già appesantito, statico e non ha un briciolo di ironia… Non ci riesce bene nemmeno Daniel Craig che pure è bravo e ha un personaggio più drammatico, che forse meglio si presta…

Sean Connery ormai dopo gli anni 70 ritrova intera la sua incredibile seconda vita e del resto lo sapeva, che si vive sempre due volte… A testa alta e senza parrucchino su quella fronte  ormai  davvero calva diventa il vero oggetto del desiderio di milioni di donne… Più bello, più sensuale, più tutto… dicono entusiaste le sue nuove e vecchie fans! E avrà quasi 60 anni quando sarà dichiarato “L’uomo più sexy del mondo”.

Gira film a ripetizione, quasi senza fermarsi mai. Pare che non riesca più a smettere di voler dimostrare a se stesso e agli altri che il suo nome non è Bond… E ironia del destino quando riesce a prendere un Oscar non è nemmeno il protagonista de “Gli intoccabili”, ma “solo” Jimmy Malone, la mirabile figura del poliziotto esperto, ironico, pieno di coraggio che non riesce però a sfuggire l’ultimo destino. Quando diventa il padre di Indiana Jones non ha davvero paura a sembrare ormai un po’ anziano, tanto ha quel fisico che passa indenne, atletico e vigoroso attraverso gli anni…  E il suo personaggio  di studioso appartato che capita in un mondo bollente, senza rinunciare al cappello in testa, ci fa a tratti venire in mente l’incredibile serietà di Buster Keaton. 

Forse il personaggio più bello rimane Guglielmo di Baskerville, una eccentrica figura di frate investigatore ante litteram, con cui il suo ideatore, Umberto Eco volle giocare con Arthur Conan Doyle, Borges e Sherlock Holmes. Sean Connery  ancora una volta è perfettamente a suo agio nell’ ingombrante saio francescano in un mondo dalle cupe atmosfere, dove il mistero e il delitto  sembrano non dover mai finire, irretiti in labirinto dove una biblioteca stregata nasconde i suoi terribili segreti. Ancora una volta Sean Connery  è l’eroe, un eroe cui l’unica forza è l’intelligenza… che riduce il mistero a realtà usando proprio, come un moderno detective, astuzia e deduzione…

Quanta acqua è passata sotto i ponti, quanti film… uno dopo l’altro, uno diverso dall’altro… Eppure a ben vedere qualcosa di 007 non lo ha mai lasciato… A volte è il sorriso, così ironico, così beffardo, a volte l’audacia o la lotta del bene che non finisce mai di combattere il male… Dappertutto Sean Connery è rimasto l’eroe ! Dice che ora non vuole più film, la vita, ha scoperto che è bella, più della finzione.  Ma intanto si tiene stretto un sogno come se fosse l’ultima crociata. Ha promesso che tornerà in Scozia, da cui se ne è andato tanti anni fa in uno dei suoi colpi di testa, esule di gran lusso in giro per il mondo…  Perchè lui, fervente scozzese, non voleva pagare le tasse all’Inghilterra. Ma aspetta il 2014 e il giorno del referendum… Se sarà indipendenza varcherà terre e mari  e tornerà a Fountainbridge, sobborgo di Edimburgo! Naturalmente su un cavallo bianco!

E allora Viva la Scozia, la patria di Sean Connery, un irriducibile eroe dei nostri tempi, al quale dedichiamo uno dei suoi piatti nazionali… Il piatto di festa, quello che si prepara il giorno della nascita di Robert Burns il grande poeta per il quale  suonano le cornamuse, si recitano le poesie e si mangia l’Haggis…

HAGGIS

INGREDIENTI per 6 persone:  uno stomaco di pecora, 1 cuore e 1 polmone di agnello, 450 grammi di carne di manzo tritata, 2 cipolle, 225 grammi di avena, 1 cucchiaio di sale,  1 cucchiaio di pepe nero, 1 cucchiaio di noce moscata, acqua q.b., brodo di carne eventuale.

PREPARAZIONE: lavare,scottare, rivoltare e mettere a bagno in acqua fredda e salata lo stomaco di pecora per una notte. Tritare finemente le cipolle e lavare accuratamente le interiora di agnello. Mettere poi a bollire per circa due ore le interiora tritate finemente assieme alla carne di manzo anch’essa tritata, poi  filtrare il tutto e mettere  da parte. In una ciotola mescolare il trito con le cipolle l’avena e tutte le spezie  amalgamando bene  sino ad avere un composto omogeneo al quale aggiungere un po’ di brodo se fosse troppo denso, col quale riempire lo stomaco a metà perchè altrimenti in cottura potrebbe scoppiare. Chiudere lo stomaco cucendolo con filo forte bianco, e versare in una pentola capiente quando l’acqua bolle. Cuocere per circa 3 ore senza coperchio seguitando ad aggiungere acqua calda quando si consuma.

Presentare in tavola tagliato a metà e contornato di  purè di rape e di patate o altre verdure lesse.

Lo stufato alla Guinness per un irlandese doc… Kenneth Branagh

Chissà cosa ne pensano gli inglesi vedendo che il loro miglior interprete di Shakespeare è un ragazzaccio irlandese dal sorriso caldo e dalla faccia sfrontata, arrivato in Inghilterra quando aveva quasi 10 anni. Erano protestanti di Belfast e il padre faceva l’operaio, ma quando cominciarono i “Troubles”, piuttosto che rimanere invischiati  nella guerra civile, preferirono andarsene. In Inghilterra, a Reading, la vita di Kenneth Branagh non era facile… Con quel terribile accento irlandese  era stato fatale che divenisse vittima dei  bulli. Con la paura d’essere diverso, preso in giro e picchiato, cominciò a fare quei faticosi esercizi  di pronuncia… per sembrare un inglese vero! Però non voleva nemmeno sentirsi fuori posto a casa e con i genitori seguitava a parlare come prima… un bel pasticcio di identità! Poi per apparire più forte si mise anche a giocare a calcio e a rugby… cosa che gli riusciva benissimo con quel corpo robusto…  da grande proletario. Finalmente a 15 anni tutto gli apparve diverso e l’Inghilterra non fu più luogo da cui doversi difendere. Gli era capitato di veder recitare Derek Jacobi in tour con Amleto e la passione fu improvvisa e totale. Deve aver studiato come un pazzo se a 18 anni gli spalancano le porte teatrali delle migliori scuole del Regno Unito… Appena esce dalla Royal Academy  of Dramatic Art c’è un ruolo pronto per lui, quello di  Tommy Judd in “Another Country”.  E’ un lavoro difficile… un atto d’accusa contro la scuola inglese e l’ipocrisia che nasconde  i gay, ma  Kenneth non fa in tempo a scendere dal palco che sono già  premi e riconoscimenti. Due anni dopo quando interpreta Enrico V, ormai lo ammettono tutti e volentieri, lui è il nuovo talento del teatro! Ma è anche una testa calda irlandese ribelle e insofferente che  lascia quasi subito la Royal Shakespeare Company per mettersi in proprio. Fosse stato per Kenneth stavolta il flop sarebbe stato totale perchè  con il suo “Public Enemy” tutto fatto in casa, scritto diretto e interpretato da se stesso, probabilmente avrebbe chiuso i battenti e la storia del teatro inglese, e non solo, sarebbe stata diversa. Ma per fortuna nella compagnia era venuto il suo idolo Derek Jacobi che, con il suo ben collaudato Amleto, contribuì fortemente a salvargli la stagione e la reputazione.

Non gli manca più molto per essere dichiarato “Il nuovo Oliver”, ma a questo punto è d’obbligo che ripercorra gli stessi passi…  ovviamente  stavolta lo vogliono al cinema e il testo è uno di quelli profondamente amati dagli inglesi perché celebra l’amor di patria e un eroe tutto positivo in mezzo agli innumerevoli personaggi noir del Bardo. Il suo Enrico V soddisferà le aspettative e  gli frutterà  le candidature all’Oscar per la Regia e la prova d’attore, ma a ben vedere non è un film innovativo come ci si sarebbe potuti aspettare… forse l’aspetto più nuovo è la recitazione senza fanfare di Branagh, il suo aspetto semplice di soldato fra i soldati… e questo è qualcosa che piace ai giovani, forse è addirittura una fredda azione studiata a tavolino per riavvicinare la gente ai classici… Per il resto … la regia è corretta e poco di più e la scenografia avrebbe avuto forse bisogno di maggior solennità. Siamo lontani dall’epica resa scenica di Laurence Olivier, ma Branagh ormai  si è consacrato attore di Shakespeare…

E a questo punto, Kenneth l’uomo delle sorprese, lascia Shakespeare e corre  al cinema, prima sulle orme di Hitchcock  con l'”Altro Delitto,” un thriller originale e ben costruito e poi una commedia dolce amara tutta di atmosfera inglese,”Gli amici di Peter”  con la moglie Emma Thompson, per tornare  ad Amleto, la passione shakespeariana di tutta la sua vita, solo dopo “Molto rumore per nulla”.

Stavolta Brenagh dice davvero qualcosa! Sembrava impossibile con un personaggio dove tutti  si erano avventurati per secoli. Eppure Branagh  ci riprova  e non fallisce…Un film esasperatamente lungo,con quattro ore che  sembrano allontanare il pubblico, e creano un capolavoro. Lontano dalle interpretazioni psicanalitiche e dalla consueta ombrosità emaciata, Branagh ci restituisce un personaggio vivo, vivido, non folle, tutto teso a lanciare un messaggio…  Lo fa attraverso il gioco degli specchi, in una atmosfera fastosa e barocca, spesso simbolica e a volte magica, nella ripetizione e nella dilatazione … Vuole, lui, il comunicatore che l’esperienza di Amleto arrivi a tutta l’umanità, facendola in qualche modo diventare l’esperienza di tutti. Con Amleto sembra  proprio che Ken Branagh raggiunga  il sogno della sua vita e si  liberi della sua magnifica ossessione, iniziata quando aveva appena 15 anni… Dopo ci sarà una lunga carriera costellata di molti successi, qualche infelicità come Frankenstein  e il gioiello della sua maturità artistica che è il “Flauto Magico” che volle tutto riscritto in inglese, nel suo sforzo costantemente mediatico di avvicinare chi si sente escluso …  Che dire poi delle altre interpretazioni dove si lascia andare, nella sua recitazione più spontanea ed efficace, affidandosi alla regia di altri come ad esempio “The Gingerbread Man”  di Altman e  “Celebrity di Allen” o lo splendido cupo e perfido Riccardo III  in cui torna al teatro diretto da  Michael Grandage,…

Ma è l’ultimo film “Thor” del 2010,  quello che ci da forse la più forte scossa per la sorpresa di trovare un  Branagh  del tutto inedito che si abbandona alle sue più sfolgoranti fantasie che finalmente ha il coraggio di tirare fuori… Et  voila… ci ritroviamo in mezzo a un fantasmagorico mondo a fumetti  dove la Fantascienza è la dominante di un mondo epico e sfolgorante … nel ritorno di antiche e terribili fiabe nordiche che a un certo punto della storia si calano, rivitalizzate dall’ironia e dalla fantasia, nella nostra attualità, con il Dio Thor completamente diseroicizzato nel suo impermeabile stazzonato…. che gira per le strade del mondo senza essere riconosciuto.

Lunga vita a questo genio poliedrico  e alla sua capacità di rinnovare  grandi classici e storie a fumetti con la stessa disinvoltura e la stessa  umiltà che solo i grandi riescono ad avere. Sarà quella fantasia della sua origine irlandese che lui non si stanca mai di rivendicare … Perché è quella che gli ha dato la marcia in più per capire il più grande di tutti gli inglesi.

A lui e alla sua indimenticata  terra d’origine dedichiamo  uno dei piatti più decisamente  e tradizionalmente irlandesi:

STUFATO ALLA GUINNESS

INGREDIENTI per 5 persone: 1 kg di carne di manzo adatta allo stufato, farina q.b., un cucchiaino di zucchero di canna o un cucchiaio di miele, 6 cipolle , una birra Guinness da 0,33 litri, 1 etto di pancetta di maiale, burro q.b., sale. pepe e prezzemolo tritato a piacere.

PREPARAZIONE:  tagliate la carne a pezzi di almeno 5 per 5 centimetri,poi tagliate le cipolle a fette e la pancetta a cubetti. Mettete a rosolare la pancetta e la cipolla con il burro e poi mettetela da parte. Infarinate la carne e poi mettetela a rosolare in tegame  dalle pareti  sufficientemente alte,con altro burro e quando è ben dorata da tutte le parti unitevi la cipolla e la pancetta. Sfumate la carne con la Guinness e aggiungete lo zucchero o il miele, il sale e il pepe e il prezzemolo. Abbassate il fuoco al minimo,coprite il tegame con il coperchio e lasciate cuocere per circa due ore e 1/2 aggiungendovi ogni tanto un po’ di acqua. La carne per essere cotta al punto giusto deve essere morbida con la possibilità di tagliarla con la sola forchetta.

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James Bond e … La Bouillabaisse alla Marsigliese

 “Un Martini Dry” disse “uno, ma in una coppa profonda da Champagne” “Oui Monsieur”  “Un momento. Tre parti di Gordon’s, uno di Vodka e mezza di Kina Lillet. Agiti bene il tutto nello shaker, finchè non è ben ghiacciato, poi aggiunga una fetta grossa, ma sottile, di scorza di limone. Mi sono spiegato?”  e “Agitato, non shakerato” seguiterà a ripetere ai numerosi barman che da un film all’altro avranno l’onore di prepararglielo. E il suo eretico e personalissimo  modo di bere Martini è diventato leggenda.

Solo dallo spleen di un aristocratico inglese, che doveva “sconfiggere le noie della vita coniugale” poteva nascere un personaggio così, uomo d’azione, facile  assassino e  sofisticato gentiluomo . Il fatto è che nella vita di Jan Fleming a un certo punto c’è un cortocircuito… qualcosa che non si riprende e, in quel momento, sulla sua strada incontra James Bond il suo alter ego, colui che terminerà quello che a lui non è concesso.  Almeno fino a un certo punto le loro sono vite parallele  e ben documentate, perchè  Fleming è stato  un personaggio pubblico e Bond ha avuto il suo biografo in un serissimo ammiraglio della Royal Navy, Miles Masservy  che scrisse il  il suo necrologio quando si pensava che fosse del tutto morto, prima cioè di ricominciare a vivere due volte.

Sia Fleming che Bond hanno avuto un’ infanzia difficile e dorata, famiglie di tutto rispetto e improvvise morti di genitori. Tutti e due sono stati studenti difficili di Eton e si sono fatti cacciare per analoghe storie di donne e nonostante la comune bravura negli sport. Ragazzi del gran mondo, con molte lingue conosciute e  frequenti viaggi all’estero… Lo scoppio della seconda guerra mondiale inevitabilmente coinvolge entrambi. Usciranno dal tempo di guerra col grado di Comandante, ma per Fleming l’attività nei servizi segreti finisce qui e per Bond è invece l’inizio delle sue più spericolate avventure. Ma prima che le loro vite si separino ancora un terribile dolore  li unisce.  Fleming perde la sua fidanzata  durante un bombardamento, Bond perde Vesper Lind ,la spia doppia che si suicida per non avere la sua pietà.

Fleming almeno apparentemente torna nei ranghi della sua vita aristocratica, un lavoro da giornalista, una moglie nobile e una villa in Giamaica, per le vacanze. In realtà  Goldeneye è  il posto dove, due  mesi l’anno,  riesce a  incontrarsi con il suo amico James Bond e si fa raccontare le sue spericolate avventure, al servizio di Sua Maestà. Qui, lontano dalla banalità della vita londinese, attorno al ragazzo Fleming e ai suoi occhi sognanti, si materializzano i peggiori nemici  dell’Occidente, le terribili organizzazioni come la Smersh e la Spectre,  il   Dr. No, Le Chiffre ed Ernst Stavro Blofeld col suo perfido gatto bianco..  Qui il suo amico James gli mostra i micidiali gadget  killers che utilizza durante le sue missioni…  penne, orologi e  stivaletti rinforzati al pugnale … Ma è la vita di James che affascina Fleming, quei mondi esotici cosparsi di male e di mistero, quel continuo gioco degli specchi in cui si confondono amici e nemici  e si combattono  le certezze di vivere e di morire. E poi ci sono le Bond Girls… Quelle ragazze da favola che ogni volta che arrivano a  Goldeneye sono sempre diverse e sempre  più belle.

 Quando loro vanno via Jan raccoglie i suoi scritti e ne fa dei romanzi. Gli altri ne fanno film. Planetari, inarrestabili, per anni non si parla di altro e segnano un’epoca chiamata proprio “Bond Mania.” Fleming è felice .. ha ritrovato l’amico e ha ritrovato se stesso. E’ tale l’ammirazione per James  che Jan ci si identifica sempre di più e cerca il suo stile di vita… Fa uso di alcolici,  – James, si sa, ha sempre una coppa fra le mani  – e fuma disperatamente, le stesse sigarette più aromatiche che preparano esclusivamente per Bond. Adesso quando James fra una missione e l’altra capita a Londra vanno a Coventry Street, mangiano insieme il granchio e Bevono “Black Velvet” oppure pernice arrosto e Champagne Rosè… A Londra James  è estremamente raffinato… Ma Jan sa perfettamente che il  suo  amico a Istanbul, ai tempi di Tatiana Romanova, mangiava Doner Kebab con cipolle e riso. “Una  specie di cibo di strada”  pensa con una punta di disprezzo Jan, mentre affiora  a tratti il suo spirito aristocratico .. Non parliamo poi dell’agnello e del manzo trasformati in cibi orientali con quell’enorme aggiunta  di curry, quando frequentava  Pussy Galore  per eliminare quel pazzo di Goldfinger… Jan ha una punta di diffidenza però gli piacerebbe assaggiarli pure lui…

Ma è d’accordo con James che andranno insieme a Marsiglia a mangiare la Bouillabaisse, quella strana zuppa di pesce che si mangia al porto… James ne ha un ricordo bellissimo, perchè era il periodo in cui aveva conosciuto Tracy… con tutto il dramma che poi ne seguì.
Purteoppo Jan Fleming non riuscì mai ad andarci. … Credeva veramente di essere  come James Bond … se non addirittura lui … beveva e fumava troppo, ma non aveva il fisico atletico, forte e indistruttibile di 007…

 James fu costretto ad andarci da solo, ma mentre mangiava in quella ridente  trattoria di Marsiglia e pensava a Tracy e a Jan  nello stesso tempo, qualche lacrima … e per fortuna nessuno se ne accorse, gli cadde sulla Bouillabaisse.

BOUILLABAISSE ALLA MARSIGLIESE

INGREDIENTI per 4 persone: 3 Kg di pesce misto fra cui scorfani, triglie, capponi,  naselli, gronchi  etc….1dl di olio extra vergine di oliva, l’interno bianco di 2 porri, due grosse cipolle, 250 grammi di pomodori pelati, 2 spicchi di aglio, poco zafferano, 1 pizzico di semi di finocchio, 2 foglie di alloro, pepe nero.

PREPARAZIONE: aprire il pesce e togliere le interiora. Per i pesci come lo scorfano che hanno scaglie evidenti eliminatele con un coltello o con l’apposito attrezzo. Fate attenzione a non pungervi con le spine dello scorfano perché  possono dare qualche lieve infezione. Pulite il pesce sotto acqua corrente e sgocciolatelo. Fate dorare in poco olio la cipolla tritata e l’aglio. Versatevi sopra il pomodoro schiacciato e dopo aver abbassato la fiamma fate cuocere mescolando di tanto in tanto per circa 20 minuti. Aggiungete il pesce ad eccezione del nasello e di qualche altro tipo di pesce delicato e sottile  che avete aggiunto a quelli consigliati, per i quali i tempi di cottura sono più ridotti. Aggiungete anche un po’ di acqua sale e pepe, alcune foglie di prezzemolo tritato, un pizzico di zafferano, il resto dell’olio, l’alloro e i semi di finocchio.

Aggiungete soltanto ora il nasello e altri pesci più delicati e lasciate cuocere per non più di 10 minuti senza mai rigirare gli ingredienti. Servite con particolare accorgimento, allo scopo di non rovinare il pesce mettendolo  con delicatezza sopra un piatto da portata. In una capace zuppiera mettete il brodo assieme a crostoni di pane rosolati nel burro. Saranno i commensali a versarsi nelle singole scodelle il brodo, mangiando a parte il pesce.

Pollo Mole Poblano

baccello_di_cacaoCosì scriveva al suo Convento in Spagna, un Gesuita del  secolo XVI inviato nel Nuovo Mondo  ad evangelizzare gli Indios. “Disgustosa per coloro che non la conoscono… Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili  che attraversano il loro paese. .. Gli Spagnoli…. che si sono abituati …sono molto golosi. Dicono di prepararne diversi tipi …e di aggiungervi  parecchio Chili.

Per gli Europei era ancora un oggetto un pò misterioso, ma in Centro America c’era almeno dal  6000 a. C.  e da 1500 anni Maya e Aztechi la coltivavano. E l’avevano tenuta anche in grande considerazione.

L’avevano  usata per esempio come unità di misura, di conto e moneta di scambio. Con un solo seme ti davano 4 pannocchie, con tre semi una zucca, 100 semi erano necessari per una canoa, ma  bastavano soltanto  6 semi per comprare una notte d’amore  Si dice di Montezuma,  che  avesse addirittura un miliardo di semi nei sotterranei del suo palazzo.

Secondo i medici aztechi era indispensabile per curare alcune malattie del corpo, ma soprattutto  per le malattie della mente. E forse non avevano tutti i torti perché, oggi, i medici, consigliano la cioccolata ai depressi  perchè riesce a dar loro la carica e a liberarli di un pò di malinconia.

Gli Aztechi erano convintissimi che quella pianta, dal grosso frutto pieno di semi, che cresceva rigogliosa nell’ombra della foresta, 356465gliel’avesse portata in dono, tanto tempo prima, il Dio Quetzcoatl e, proprio per questo motivo, la bevanda che ne avevano ricavato la chiamavano “Bevanda degli dei.”  Anche in questo caso dovevano aver ragione loro perché se ne convinse  perfino Linneo, che quando si trattò di dargli un nome scientifico la chiamò “Theobroma cacao L”, sicuro che  in qualche occasione se ne fossero cibati gli Dei.

Dove invece i nativi americani ci indovinavano davvero poco, erano le Profezie. Sicuramente tutti ricordano che avevano previsto la fine del Mondo nel 2012, che fortunatamente poi non c’è stata. Ma sfortunatamente per loro avevano previsto anche che Quetzcoatl sarebbe tornato sulla terra nel 1519. Disgrazia volle che proprio in quell’anno arrivasse invece dalla Spagna Herman Cortes. Quando se lo videro davanti, con quegli strani vestiti e  una lingua sconosciuta, Montezuma e la sua corte credettero veramente al ritorno di Quetzcoatl e non finivano più di fargli cortesie. Così prima gli offrirono un bel bicchiere di  cioccolata per ristorarlo dal viaggio e subito dopo Montezuma in persona regalò a Cortes addirittura un’intera piantagione di cacao.

Si sa come andò a finire. Oltre a distruggere il Regno e ad ammazzare Montezuma, quel soldataccio di Cortes si prese anche le piante del cacao e tutto tronfio ne fece dono a Carlo V.

All’inizio, in Europa, il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, così come i Conquistadores avevano visto fare agli Aztechi, mischiandola al pepe e al peperoncino. Poi i monaci spagnoli, grandi esperti di infusi d’erbe  e di miscele, visto che quella bevanda era troppo amara, ci tolsero il chili e il pepe e ci aggiunsero  zucchero e  vaniglia. Era nato il cioccolato dolce e da quel momento in poi in Europa lo vollero tutti.

ENOP-0122I Conquistadores si erano portati via, fra piante strane, animali esotici e quintali d’oro, quasi mezza America, ma alla fine  portarono anche loro qualcosa nel Nuovo Mondo, la vite per esempio o gli animali d’allevamento, come le mucche, le pecore e il pollo… Chissà, forse per non sentire troppo la nostalgia di casa! Comunque, almeno in cucina, ci fu l’incontro di due culture perchè per il resto, dopo la crudeltà degli Spagnoli, della cultura india rimaneva poco.

Oggi la cucina messicana è ricchissima e molto conosciuta, ma occorre fare diverse distinzioni. Da una parte c’è quella, frutto di diverse e recenti contaminazioni con i paesi vicini, come  la Cal Mex e la Tex Mex, che hanno dato vita ai piatti più noti come i Nachos, i Burritos e le Quesadillas, cibi piacevolissimi, ma ormai tipici dei fast food e dei take -away.

Poi c’è quella, conosciuta come “Comida Prehispanica”, che è stata la meno soggetta  all’incontro con il cibo spagnolo e, anche se ancora è conosciuta, viene  però riservata ai  ristoranti specializzati o a particolari aree geografiche dove la tradizione si è mantenuta più viva. Oltre ai più  noti e tipici vegetali, usa alimenti poco comuni come le iguane, i serpenti a sonagli, i cervi, le scimmie ragno e alcuni insetti, cucinati ancora nello stile maya e azteco, come ad esempio le chapulines (cavallette) di Oaxaca, fritte nell’aglio con due tipi di peperoncino.

Infine c’è quella che si dichiara più autenticamente messicana ed è effettivamente nata dalla fusione e dall’incrocio dei modi della cucina spagnola e delle vecchie usanze precolombiane. Di questa non esiste un’ unica tipologia perché naturalmente  c’è una notevole differenza fra le zone interne e quelle costiere, ma se, da una parte, sicuramente come eredità spagnola, si ritrovano  tipi di carne come il manzo, il pollo o il maiale, dall’altra, l’influenza indigena, sarà sempre possibile rintracciarla nel chili, nei  peperoni, nel mais e nel cioccolato. Come rappresentante tipico di questo stile di cucina è stato scelto un piatto famoso, il “Pollo mole poblano”, nato a Puebla, sembra nel XVI secolo. Si racconta che le suore del convento Santa Rosa furono colte di sorpresa per l’inaspettata visita del Vescovo. Per servirgli un pasto adeguato alla sua carica, presero allora alla rinfusa tutti gli ingrediente e le spezie che trovarono nella dispensa, li mischiarono e riuscirono a fare una ricchissima salsa, al cioccolato, con la quale condirono l’unico volatile che possedeva il convento, realizzando così un anticipato esempio di cucina fusion col pollo spagnolo e il cioccolato azteco.

RICETTA DEL POLLO MOLE POBLANO per 4 personeChicken-Mole-Poblano

INGREDIENTI:  1 pollo, 1 peperoncino ancho, 1 peperoncino guajillo, 60 grammi di sesamo tostato, 25 grammi di mandorle, 25 grammi di arachidi non salate e senza buccia, 1/2 cipolla, 1 spicchio di aglio, 2 cucchiai di olio di mais, 25 grammi di salsa di pomodoro, 1/2 banana platano, 1/2 cucchiaino di coriandolo, 1 manciata di semi di finocchio, 3 chiodi di garofano, 1 cucchiaino di cannella, 50 grammi di cioccolato fondente, 1 cucchiaio di zucchero, 250 grammi di riso long rain, uvetta sultanina una manciata, tortilla q.b.

PREPARAZIONE: lessate un pollo. Quando è cotto spolpatelo eliminando pelle e ossa, sfilettate la polpa e mettetela da parte.

Private i peperoncini dei semi, e scottateli in un tegame antiaderente. Metteteli poi a bagno in acqua calda per 30 minuti per farli ammorbidire.

Fate dorare la cipolla dorata con l’aglio e i chiodi di garofano, aggiungete i peperoncini scolati e tritati, il sesamo tostato, le mandorle e le arachidi dopo averle tostate, l’uvetta sultanina rinvenuta in acqua tiepida e strizzata, la banana platano tagliata a rondelle e fritta in precedenza. Aggiungete la cannella, il coriandolo,i semi di finocchio, lo zucchero e la tortilla a pezzi.

Completate con la salsa di pomodoro,il cioccolato sbriciolato e fate restringere la salsa per un’ora. Al termine frullatela nel  mixer.

Lessate il riso e disponetelo su un piatto da portata. A lato  sistemate il pollo e conditelo con la salsa al cioccolato.

Mexico City, Paseo de la Reforma, Fountain to Diana the Hunter - Photo by SECTUR