Pilar’s rabbit stew… e la Spagna è vicina!

EH 2723PCercò l’avventura per tutta la vita, ma alla fine ne fu travolto. I grandi boschi dell’Illinois  dove da ragazzo  amava perdersi e la pace della natura che pure adorava, non lo trattenero. A 18 anni é in Italia,Volontario nella prima guerra mondiale.Ferito vuole tornare al fronte, ferito di nuovo, si trascina un soldato sulle spalle. Lo rimandano a casa pieno di medaglie, ma non trova pace. Per gli eroi  il ritorno alla vita normale è sempre un trauma Beve, soffre d’insonnia  e così riparte, forse anche per sfuggire una madre  ancora convinta che avrebbe imparato a suonare il violoncello. A Toronto comincia a scrivere per un giornale, il Toronto Star, ma un anno dopo, con i soldi della moglie, è  gia a Parigi. E’ spinto da un’ansia di confronto senza limiti, in cui non può vivere senza mettersi continuamente alla prova  e sfidare tutto quello che ha davanti, uomini, f orze della natura, morte.

Gertrude Stein, che doveva averli capito in pieno, lui e gli altri giovani geni che frequentavano il suo salotto, un giorno glielo sbattè in faccia “Questo è ciò che voi tutti siete.. voi giovani che avete fatto lac88ced69a71e56e6ac8e825c8857951b_b guerra.Voi siete una “lost generation”, una generazione perduta!” Ma a Parigi il giovane Hemingway  scrive e legge moltissimo ed è un mistero, con quella vita frenetica, capire dove trovasse il tempo. Eppure a 30 anni aveva già pubblicato di tutto, poesie racconti e romanzi, come “Fiesta”  e “Addio alle armi.” E se “Addio alle armi” è un lirico, personale ricordo della sua guerra italiana, “Fiesta”  è la rappresentazione corale  più calzante di quei giovani usciti,come Hemingway, senza ideali da un mondo  stravolto che, nella  superficialità della vita da caffé e  nella ricerca di sensazioni estreme, come la corsa dei tori impazziti, credono di colmare il vuoto  che si sente  attorno.

Quando Hemingway torna in America ha una moglie diversa, ma è insofferente alla famiglia mentre è forte il richiamo di Parigi. Sono anni inquieti. Fra la Tortuga  e il Safari in Africa, l’attività di Hemigway è frenetica, beve troppo e comincia già a star male seriamente. Torna brevemente in America e poi via per la Spagna con una nuova donna. Di nuovo Safari in Africa e pesca all’Avana, mentre i suoi racconti vanno di successo in successo e i lui prepara “Avere e non avere”.

Quando scoppia la guerra civile in Spagna è fra i primi ad accorrere. Dovrebbe andare come corrispondente e invece  si ritrova in prima linea a condurre una vita dura di continui spostamenti con la donna che diventerà la sua terza moglie.

1_1fj1qDurante la II guerra mondiale è in Francia come corrispondente, ma ancora  una volta non sa resistere al mito della prima linea. Si strappa le mostrine di giornalista  e si mette alla testa di un gruppo di partigiani con i quali farà un ingresso trionfale a Parigi.

Dopo le guerre sembrò mancargli l’esposizione estrema,  e così se l’andò di continuo a procurare. Fra un safari e l’altro, due incidenti aerei, da cui uscì  con le ossa a pezzi e la mente sconvolta; poi ancora alcool e malattia. Gli ultimi anni sono patetici, l’alcool, la paranoia e il desiderio di farla finita.

Ma in fondo Hemingway ha avuto tutto quello che voleva. Ha soddisfatto il suo narcisismo con il successo letterario, la competizione con se stesso  con tre guerre e infinite avventure di terra e per mare. Quando poi si è sentito finito si è andato a misurare con la morte, la sua grande tentatrice, anticipandola e sconfiggendola con il suicidio.74d493f2c6de7956a54d7ca5fa62ac3b_XL

Forse la sua passione più forte fu la Spagna. Ed è in Spagna che ambienta uno dei suoi romanzi più belli, “Per chi suona la campana” e nella figura di Robert Jordan prova ancora una volta a raccontare se stesso, trasformando il suo  narcisismo  in quello stoico senso del dovere  che, come un imperativo categorico,  porta Jordan a partecipare e morire per una guerra non sua.

Ciò che è particolarmente bello in “Per chi suona la campana”  è l’ambientazione  ancestrale  fra le montagne, che riportano a forme di vita quasi primitive, dove le passioni sono  violente e la crudeltà può diventare estrema. I partigiani che lì si sono rifugiati a fare la guerra dormono e mangiano dentro una grotta, che fa venire in mente quella di Polifemo e, Jordan di notte, all’aperto si immerge nella natura  invaso dall’odore fortissimo delle erbe.“… Questo è l’odore che mi piace. Questo è il trifoglio appena tagliato, la salvia appena tagliata quando uno cavalca dietro a un armento, il fumo della legna e delle foglie che bruciano in autunno. E’ l’odore della nostalgia…”

Poi quando nasce l’amore fra Robert e Maria è davanti a un rustico, saporito, anch’esso primitivo  piatto di coniglio, preparato  in una pentola di ferro da Pilar, la fiera combattente, costruita sul mitico personaggio della contadina Dolores Ibarruri, che diventò la “Pasionaria” di Spagna.coniglio-al-sugo-L-gQ9UYm

“Ora mangiavano tutti dal tegame,in silenzio, come è il costume spagnolo.La pietanza era coniglio cotto con cipolla e peperoni verdi e nella salsa al vino nuotavano i piselli. Era cucinata bene, la carne si staccava dalle ossa e la salsa aveva un odore delizioso. Mangiando Robert Jordan bevve un ‘altra tazza di vino. La ragazza continuava a fissarlo, gli altri badavano solo a mangiare.”

PILAR’S RABBIT STEW  (SPEZZATINO DI CONIGLIO ALLA PILAR)

INGREDIENTI. 1 coniglio di circa 1,5  Kg, 2 bicchieri di vino rosso, 4 cipolle tritate, 4 peperoni verdi tritati, 250 grammi di piselli, 1 foglia di alloro, 2 cucchiai di paprika, 1 cucchiaino di sale, 3 cucchiai di farina, 4 cucchiai di acqua fredda.

PREPARAZIONE: tagliate il coniglio a pezzi e mettetelo in una casseruola. Fatelo rosolare in olio extra vergine di oliva e poi aggiungere il vino. Fate cuocere per circa 40 minuti e  se ce ne fosse bisogno aggiungete acqua.Dopo questo tempo mettete nella casseruola la cipolla, i peperoni, i piselli, la foglia di alloro, la paprika, il sale e fate cuocere ancora per circa 30 minuti. Mescolate con i 4 cucchiai d’acqua la farina e versatela nella casseruola rimestando, finchè la salsa non è addensata.

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Zeppole di San Giuseppe

PRIMAVERCarnevale e Primavera, qualcosa che nasce e il vecchio che muore, un legame  che sorge tanto tempo fa e attraversa i secoli, si rinnova, si modifica ed è  sempre vitale e pieno di passione. Ma che brutta fine quella di Carnevale!  E’ un giorno  in cui si balla, si canta e si beve e, all’improvviso, proprio lui, il Re della festa, cade in disgrazia. Per tutti  è il grande colpevole. E’ lui  il responsabile dei mali dell’anno passato. E lui  che deve pagare! Così, di botto, la scena diventa concitata, il Re viene con violenza strappato alla festa, processato e subito condannato. Al Bosa-le-anime-bianche-del-carnevale-intorno-al-rogo-del-fantoccio-di-Gioldzi-e1329060450930rogo!  E poi, se rimane tempo gli faranno il funerale! Per fortuna il suo sacrificio non sarà stato invano.In tutti i riti di carnevale c’è sempre  l’elemento del fuoco che  tutto purifica e in questo modo si riesce a ottenere la benevolenza degli  dei. Così la natura può rinnovarsi, fecondarsi e il raccolto sarà di sicuro abbondante.

E finalmente arriva Primavera! A Roma, la prima festa di Primavera erano i “Liberalia”. Liber Pater e la sua sposa Libera proteggevano la vite,  il grano, le sementi e tutta la natura che proprio allora comincia a crescere. Allo stesso modo proteggevano e assistevano i giovani che si affacciavano all’età adulta, affinché il loro cammino, attraverso la vita, fosse felice. Così il 17  di marzo i ragazzi che compivano 16 anni deponevano la collanina e la “toga praetexta” per indossare la toga virile, con la benedizione  di Liber Pater e Libera, che diventavano i loro genitori nel rito di passaggio.

Poi tutti scendevano in strada a festeggiare e, le Sacerdotesse, vestite a festa e con l’edera fra i capelli, vendevano  frittelle di frumento al miele, simbolo dei prodotti genuini della terra.

Dopo si formava una processione, preceduta da un fallo, ben visibile, posto in cima a una pertica per inneggiare alla natura che si riproduceva e prometteva un buon raccolto. Dato che Liber Pater era anche il Dio del vino, era fatale che si bevesse un po’ troppo e, come a volte succede anche oggi, qualche canto diventava un po’ licenzioso e i benpensanti dicevano addirittura osceno. Ma appena la processione giungeva al termine, la più rispettabile delle matrone presenti alla festa, aveva il compito di ricoprire subito il fallo con una corona di fiori… e tutto tornava alla normalità.

Poi quando il Cristianesimo divenne religione di Stato le feste pagane furono soppresse… .

liber_paterMa intanto Primavera seguitava a venire tutti gli anni e sarebbe stato un vero peccato non festeggiarla più! Carnevale poi, cacciato dalla porta un pò per volta, era rientrato dalla finestra! Le tessere del puzzle cominciavano a ricombaciare anche perché, un Padre spirituale e di grande levatura, i Cristiani ce l’avevano anche loro ed era S. Giuseppe, la cui festa cade il 19 marzo. Guarda che 450px-Dartmouth_bonfirencombinazione, quasi lo stesso giorno in cui i Romani festeggiavano il loro Liber Pater!

Il quadro ormai si è ricomposto e  Carnevale  oggi non è più il simbolo del peccato e dei cattivi costumi, ma anzi è tenuto in grande considerazione  perchè ha valore storico e bellezza estetica tanto che, l’Unesco, ne ha presi diversi sotto la sua protezione.

E fra Carnevale e Primavera c’è sempre il fuoco, gioioso, purificatore, divertente. Quasi sempre a bruciare è il povero Carnevale, a cui spesso si aggiunge lo scoppiettio dei fuochi artificiali. Ma anche nelle notti in cui si avvicina Primavera, si dà fuoco alle sterpaglie, alle fascine, ad altri pupazzi sacrificali e in mezza Europa corrono i Vigili del Fuoco a sorvegliare le Fallas di Valencia in Spagna o le “Vampe ” di Misilmeri in Sicilia. I falò della Val di Trebbia,in  Liguria, anch’essi legati all’Equinozio di Primavera e che già esistevano in epoca pre -romana, pare che siano stati reintrodotti  dai Monaci irlandesi di San Colombano. Arrivati nel VII secolo, nel loro misticismo così legato alla natura, i Monaci vedevano nel fuoco la luce che sconfigge le tenebre del peccato.

E San Giuseppe? Lui come Padre  di Gesù è anche il Padre di tutti, ma soprattutto dei più poveri, in memoria di quando Lui e Maria, in attesa del Bimbo, si videro rifiutare da tutti l’ospitalità di una notte. Oggi in riparazione del male di allora in molte località si offre un banchetto ai più poveri e sono i ricchi del paese a servire in tavola.

A  Roma poi sanno con assoluta  certezza che San Giuseppe, quando riparò in Egitto con Maria, non  trovando lavoro come ebanista si mise a vendere frittelle, cosicché  oltre a chiamarlo S. Giuseppe Falegname, spesso lo chiamano anche San Giuseppe Frittellaro. E’ per questo motivo che in suo onore, in molte località d’Italia si preparano tanti deliziosi dolci fritti. Fra esse ci sono anche anche  quelle famose, colorate  frittelle sicuramente eredi delle feste Romane e della Fuga in Egitto, che sono le “Zeppole di San Giuseppe” e di cui Napoli, in particolare, vanta la prima ricetta scritta nei primi decenni del XIX Secolo.

ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPEvarie_0113n

INGREDIENTI (per 6 – 8 persone):  Per laPasta: 6 uova, 300 grammi di farina, 50 grammi di burro, 1/2 litro di acqua, zucchero a velo. Per la Crema Pasticcera: 50 cl di latte, 2 uova,100 grammi di zucchero,80 grammi di farina, 1 limone. Inoltre occorrono  amarene sciroppate per decorare al top le zeppole e olio per friggere extra vergine di oliva, sale q.b.

PREPARAZIONE della Pasta:  versare in una pentola l’acqua unitamente al burro e a un pizzico di sale e porre sul fuoco a fiamma media. Quando l’acqua comincerà a fare le prime bollicine, senza bollire completamente, versare la farina passata al setaccio tutta assieme e mescolare con la frusta per circa 10 minuti o fino a quando il composto non si storiastaccherà dalle pareti della pentola.

Spegnere il fuoco e aggiungere 6 uova, uno alla volta, seguitando a girare l’impasto con una frusta elettrica, finchè non sia perfettamente amalgamato. Lasciar riposare per 30 minuti circa.

PREPARAZIONE della Crema Pasticcera: lavorare in un recipiente con la frusta elettrica lo zucchero con i tuorli di 2 uova fino ad ottenere  un composto  quasi bianco e spumoso. Aggiungere la farina, setacciandola con un colino, per non formare grumi, aggiungere poi il latte e  e due pezzi di buccia di limone.

Porre il recipiente sul fuoco a fiamma media e addensare la crema senza far bollire, mescolando con un cucchiaio di legno. Togliere le bucce di limone e far raffreddare.

FRITTURA DELLE ZEPPOLE: riempire di olio una casseruola dai bordi alti, tenendo presente che le zeppole devono friggere completamente ricoperte di olio, altrimenti non si gonfiano. Mettere la  casseruola sul fuoco a fiamma media.

Riempire di pasta una siringa da pasticciere con la bocca larga e premere il composto in un piattino da caffè unto di olio, dandogli la forma arrotondata di una ciambella. Far scivolare una zeppola per volta  nella casseruola, nell’olio ben caldo, ma non fumante e cuocerla sino a quando si gonfi. Alzare leggermente la fiamma per farla colorire, toglierla dalla padella con il mestolo forato e metterla a scolare su carta assorbente. Proseguire la cottura,una per volta delle restanti zeppole, facendo attenzione che l’olio non sia troppo caldo.

COMPLETAMENTO delle Zeppole: quando le zeppole si saranno raffreddate, cospargerle di zucchero a velo, porre nel mezzo un ciuffo di crema, utilizzando la siringa da pasticciere e  al centro della crema porre un’amarena sciroppata.

037 b Giuseppe Carelli - Scorci di paesaggio