L’America di Jean Gabin e il cavolo ripieno!

Mériel … un piccolo paese con una stazioncina  e i treni  che vanno verso Parigi, sulla riva del fiume Oise. Jean che odiava terribilmente la scuola,  passava intere ore a guardare i treni. Li vedeva arrivare, fermarsi e ripartire ed era assolutamente affascinato da quella figura in tuta col berretto sulla fronte e l’aspetto di una divinità che dominava dall’alto. Per lui non c’erano dubbi, da grande avrebbe fatto il macchinista sui treni.  In effetti ci riuscì,  ma quando accadde aveva già 34 anni e fu per una sola volta… Perché la sua storia stava pendendo tutt’altra direzione. Il padre lavorava nel “Music Hall” e aveva l’abitudine  di portarsi  appresso quel ragazzino un po’ riottoso… e un po’ annoiato, con la speranza  che si appassionasse al  teatro. Ma a quel ragazzino, che proprio allora stava diventando un’adolescente,  furono le ballerine, belle e vivaci, sorridenti e poco vestite,  a fargli cambiare  idea e  trascinarlo in palcoscenico.

Una bella voce e una dizione chiara in teatro  sono la base, ma quel ragazzo era anche un danzatore formidabile ed era sempre  scrupolosamente puntuale… di sicuro i miti della ferrovia se li portava  nel cuore. Fu così che da “Le Folies Bergére” passò al “Vaudeville” e poi all’Operetta dove di volta in volta faceva la  guardia Egizia,  il pirata o il  controllore,… Al Moulin Rouge ci arrivò dopo aver fatto il servizio militare, improvvisando una splendida imitazione di Maurice Chevalier. Fra  gli addetti ai  lavori, per la selezione c’era anche Mistinguett… la prima delle sue donne famose! Molto tempo dopo disse:” Meglio entrare sempre dalla porta principale… E per me, Mistinguett  fu quella porta”

Personalità comica…tranquilla comunicativa… il suo futuro è l’Operetta comica”… dicevano i giornali, dell’astro nascente del Teatro, Jean Gabin. E invece fu cinema. Lui ci credeva poco, perché a parte quegli occhi così particolarmente chiari aveva una gobba sul naso e un fisico non eccezionale… Nonostante tutto quel ballo! Cose che spesso il cinema non perdona. Invece furono circa 20  film ,in meno di cinque anni,  in ruoli uno  più  diverso dell’altro con un buon successo e parecchi soldi. All’inizio li metteva da parte perché voleva tornare presto al suo paese e comprare della buona terra… L’altra sua passione  dopo quella delle locomotive!

Poi invece cominciò ad appassionarsi…E fu allora, agli inizi del 1934 che incontrò Julien Duvivier e a seguire  Jean Renoir e Marcel Carné, tutti gli astri del cinema francese. ” Il Giglio Insanguinato”, “Zouzou” con l’incantevole Josephine Baker,” Golgotha” che divenne un classico della settimana di Pasqua e “Varietè,” sono i film “Prelude”  del massimo della sua fama,  di quelli che verranno a ragione soprannominati i “Gloriosi anni Gabin, fra il 1935 e il 1940. Nel “Realismo  Poetico” che arriva direttamente da Zola e i Miserabili, Gabin lascerà alcune interpretazioni così perfette nella loro essenzialità e nel loro realismo, dalle quali non si potrà più prescindere quando si parlerà di cinema.  Gabin è l'”eroe tragico”, il  fuorilegge, spesso suo malgrado, vinto, o destinato a essere sconfitto, dal fato prima ancora che da una società spietata. Pierre, il protagonista de “La Bandera” sfuggirà alla legge francese, ma morirà per mano di un ribelle, i compagni de L’Allegra brigata” fanno tutti una fine così triste che Duvivier fu costretto a girare una versione con il lieto fine. Solo “Les Bas-Fonds”  si conclude con un finale appena  rasserenato, dove il protagonista deve comunque farsi prima un po’ di anni di carcere … Pepé le Moko, il bandito   di Algeri che si suicida… mentre parte la nave che va a Parigi, la patria della sua nostalgia … giù giù fino al “Porto delle  Nebbie,”con  il basco  della Morgan, il nuovo amore di Gabin, in gara con lui per gli occhi più celesti, gli schiaffi  a Brasseur,  i paesaggi di vento, il mare livido e la brutale morte del disertore  Gabin, ammazzato come un  cane in mezzo alla strada. Improvvisamente Gabin ha 34 anni e in una bellissima soggettiva entra sul treno in corsa nella stazione di  Le Havre.  Ha gli occhialoni e il volto è sporco di fuliggine, ma è solo la gioia di un momento… Non l’aveva immaginata così la sua vita di macchinista…  Con il personaggio Lettier, vittima di una tara  che lo porterà a uccidere la sua amante e poi suicidarsi.  Alla fine della serie, forse il film capolavoro, in quell'”Alba Tragica,” dove l’operaio assassino si suicida  dopo una notte in flash back, dove è passata tutta la sua vita e il suo amore.

Ma prima c’era stata “La Grande Illusione” un film diverso, che narra la storia di due prigionieri di guerra che alla fine riusciranno a evadere. Sembra un film a lieto fine, ma c’è quella parola “illusione” che fa tremare… Chissà qual’è la grande illusione? La fine della guerra, che non finisce mai, il desiderio di libertà degli evasi, troppe volte frustrato o la scelta dei due tedeschi che rinunciano a sparare, in una specie di pace separata?

In ogni caso  la vera illusione a quel tempo era la pace! E appena tornò la guerra Jean Gabin  se ne andò, scappò letteralmente, sotto l’incubo degli stivali. Quando arrivò in America aveva una fisarmonica e una bicicletta da corsa.  E in America c’era Marlene Dietrich, l’odio  comune contro il Nazismo e una passione d’amore che li consuma. ” Tutto quello che voglio darti è il mio amore. Se tu lo rifiuti, la mia vita è finita per sempre. Ricordati, però, che al di là della morte ti amerò ancora…». Abitano a Brentwood nella casa  affittata da Greta Garbo, dove lo scrittore Dos Passos dice che l’ attrice si comporta come una brava casalinga tedesca, dove  approdano tutti gli esuli francesi, primo fra tutti Jean Renoir,  che adora i cavoli ripieni e il bollito preparati da «Lola». Gabin spesso si calca un berretto in testa e canta “Viens, Fifine” con le lacrime che cadono sulla sua fisarmonica.

 Ma appena c’è aria di riscossa Gabin  non può mancare e alla fine del 1942  si arruola nella Forze libere francesi. E’ stato un fuciliere di marina, lo nominano subito nostromo. Partirà con il caccia francese Elorn per scortare  un convoglio. ll giorno della partenza vanno  lui e Marlene a Norfolk, un viaggio interminabile, tutto lacrime e baci… Ci vollero parecchi anni prima che si incontrassero di nuovo! Fu  nel ‘ 44,  quando lui era il comandante di un carro armato e  lei andò a cercarlo nei boschi. Era arruolata nell’ esercito americano e se i tedeschi l’ avessero presa, l’ avrebbero fucilata come traditrice. Ci mancò poco. Nel dopoguerra, dopo un film fiasco “Martin Roumagnac” la loro storia giunse alla fine.

Lui era precocemente invecchiato, aveva i capelli grigi e si era appesantito. Pensò di non aver più niente da fare nel cinema… Ma si sbagliava, Gabin era sempre Gabin  e trovò una nuova giovinezza  nel 1950! Dopo una felice parentesi teatrale, fu infatti il protagonista di La Marie du Port, un film tratto da un romanzo di Simenon e diretto da Marcel Carné.  Qui la storia è quasi ironica, un borghese arricchito molto sicuro di sé e del suo ristorante ben avviato, insieme a questa “Marie” che conquisterà sia lui che il suo locale. Gabin si presenta un po’ più grasso e molto cordiale per il congedo  finale dai poveri tormentati dei film precedenti. Ed è una grande prova  per l’accoppiata Gabin-Carné che dieci anni dopo  Alba tragica  si dimostra ancora validissima. Gli anni 1949-50 sono importanti nella vita di Jean  perché dopo due matrimoni falliti e alcune celebri amanti, conoscerà Dominique Fournier, una indossatrice della casa Lanvin. Questa volta non vi saranno dubbi, si sposeranno e saranno felici con tre figli  e come nelle migliori favole. La sua carriera prosegue incontrastata con  Touchez pas au grisbi, nella parte di un ladro un po’ stanco che vorrebbe andarsene in pensione accanto alla bella Jeanne Moreau,  e  con  L’air de Paris, un film sull’amicizia fra due pugili, uno anziano e l’altro molto più giovane  con la voce di Yves Montand che canta il motivo del titolo.  E poi i film cominceranno a non contarsi più. Di successo in successo e dopo tanti personaggi lontano dalla legge, alla fine Jean Gabin capitolerà e diventerà il mitico “Commissario Maigret”il più amato poliziotto della Francia, tutto deduzione, pipa e umanità.

Quando morirà la  Marina francese  volle rendere all’illustre figlio  di Francia gli onori che si era meritato in guerra. L’urna con le ceneri venne  portata a Brest  su una nave militare  per  compiere  ciò che lui desiderava intensamente. Fu  un finale anche troppo solenne, e forse a Jean non sarebbe piaciuto, ma era  il prezzo della fama mentre una parte della storia di Francia  se ne andava.

Gabin lo vogliamo ricordare nel suo esilio americano, quando  la donna più bella del mondo non gli era sufficiente per dimenticare la Francia e lei Marlene cercava di alleviare l’esilio suo e dei suoi amici cucinando  per loro il “cavolo ripieno”, per farli sentire un po’ meno soli e un po’ meno lontani.

CAVOLO RIPIENO

INGREDIENTI  per 4 persone: 1 cavolo verza di circa  1kg,250 grammi di carne bovina tritata,  150 grammi di salsiccia, mollica di pane 30 grammi, 1 bicchiere di latte, 2 uova, 4 cucchiai di parmigiano grattugiato, sale e pepe a piacere, noce moscata,i pizzico abbondante, 50 grammi di burro,  1 cipolla, 1 carota, olio extra vergine di oliva 3 cucchiai, brodo vegetale 300 ml, 1 foglia di alloro,

 PREPARAZIONE: togliete al cavolo le foglie esterne più dure, scottatelo per pochi minuti in acqua bollente salata, scolatelo e aprite delicatamente le foglie cominciando dal centro. Per preparare il ripieno unite alla carne tritata la salsiccia sminuzzata e la mollica di pane precedentemente bagnata nel latte e poi strizzata. Aggiungete le uova, il parmigiano, il sale, il pepe, la noce moscata e amalgamate tutti gli ingredienti. Mettete un po’ di ripieno al centro e dopo aver richiuso su se stesso il centro inserite altra carne fra gli altri strati di foglie premendoli dopo  leggermente fino a richiudere l’intero cavolo che  infine legherete con spago bianco da alimenti in modo che durante la cottura non fuoriesca il ripieno. Fate sciogliere burro e olio in una pentola, unite la cipolla e la carota a fettine,mettete nella pentola il cavolo spolverato di sale e pepe, coprite con il brodo e aggiungete la foglia di alloro, coprite e fate cuocere per circa 40 minuti. Servite il cavolo accompagnando con il fondo di cottura ristretto.

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Fagioli e salsicce per il cowboy John Wayne!

Il destino a volte è proprio beffardo! Colui che aveva scolpito su di sé  prototipo  e stereotipo dell’eroe americano, amor di patria e grande soldato di tutte le guerre americane, esclusa forse solo quella di Indipendenza, non solo non aveva mai fatto la guerra, perchè gli erano sfuggite tutte, ma neanche un giorno di servizio militare!  Alla guerra di Secessione aveva partecipato suo nonno e quindi lui proprio non avrebbe potuto…  Anche per le guerre indiane non aveva fatto in tempo perché quando era nato lui… I nativi li avevano già sterminati e quei pochi rimasti era difficile anche vederli. Ormai stavano rinchiusi nelle riserve! Per la prima guerra mondiale era troppo piccolo e quando scoppiò la seconda, lo esonerarono perché aveva  già quattro figli.  La Guerra del Vietnam? Ahinoi! Era diventato troppo vecchio. Visto che era nipote di un veterano della guerra civile, doveva in qualche modo portare avanti l’0nore di famiglia e così fece domanda per entrare all’Accademia Militare di Annapolis… Ma chissà perchè non riuscì a raggiungere il punteggio necessario. Decise allora di concentrarsi nello studio e fu accolto  con  entusiasmo alla Southern  California University… ma per i suoi meriti sportivi! In effetti giocava benissimo a football.

Sempre quel destino beffardo lo portò a lavorare in una gelateria dove il padrone, anche se l’attinenza non è chiara, produceva ferri di cavallo per Hollywood… Il genere western tirava benissimo e dopo i primi anni in studio, adesso ci si avventurava audacemente con i cavalli, fra i deserti e gli sconosciuti angoli della Califonia, delll’ Arizona o del  Colorado. Fu così, per la questione dei ferri appunto, che Wayne detto Duke, dal nome del suo cane, si avvicinò agli Studios. Lì ebbe subito inizio un baratto tutto particolare…Tom Mix gli procurava qualche particina o qualche comparsata tutte le volte che John Wayne gli regalava i biglietti per andare a vedere le partite di foot ball.  Capitò così nel cast di “Saluto Militare” perchè serviva uno bravo a giocare a foot ball… Non lo accreditarono nemmeno, come succedeva spesso, però conobbe John Ford!

L’anno seguente era il 1930 e gli andò anche peggio!  Per la prima volta gli avevano dato un ruolo di protagonista ne “Il Grande Sentiero”, ma il film era girato in Widescreen e fu un flop… Perchè le sale cinematografiche non erano attrezzate per vederlo. Wayne a quel punto se lo tolsero quasi di torno e, fuori giro o con giri al minimo, ci rimase fino al 1939  quando lo ripescò il suo amico John Ford.

“Ombre Rosse” in sé è uno dei più bei film western… ma è anche molto di più. E’ l’inzio di uno stile che reggerà quasi 30 anni, almeno fino all’arrivo degli spaghetti western. Con Ombre Rosse il western abbandona il genere fantasy, con le storie e gli eroi più o meno inventati ed entra di prepotenza nell’epopea… Film dopo film  si snoderà la lunga marcia ad Ovest sino a quando,  dopo gli infiniti deserti e  le sconfitte dei nativi si spalancò davanti, quasi all’improvviso, l’Oceano Pacifico… E l’epopea trovò il suo epilogo. Ombre Rosse servì per scrivere la Bibbia e consacrò personaggi e feticci ai registi che verranno, dalla diligenza alla Monument Valley, dalla prostituta di saloon, al duello finale e all’arrivo della Cavalleria. John Wayne  è fortunato,  ha un personaggio fuori dagli  schemi passati e futuri… Un eroe appena scappato di galera, un buono che diventerà più buono nel gran finale dopo aver ammazzato 3 persone… E uno sceriffo che invece di arrestarlo lo farà scappare. Ma la Monument Valley con i suoi straordinari effetti visivi, la suggestiva illuminazione degli interni e la cupa atmosfera del duello, sono scene  che rimarranno per sempre nella memoria collettiva … e non soltanto degli americani.

Dopo, la carriera western di Wayne non conoscerà più limiti, ma per parecchi anni la sfida si fa serrata con i film di  guerra. Se Wayne fosse andato al fronte avrebbe interpretato un solo ruolo. Invece diventa Capitano di Marina ne “La Taverna dei 7 peccati” e in “Vento Selvaggio”, pilota ne “I falchi di Ranngoon”, Capitano ne  “I conquistatori dei 7 mari”, colonnello ne “Gli eroi del Pacifico”. E la cosa seguita anche a guerra finita quando diventa l’eroico sergente di Ivo Jima o il tenente Duke de “Lo Squalo Tonante” Sono tempi di guerra fredda e un po’ di propaganda  sulle virtù e la mitologia dell’America è quello che ci vuole per tenere assieme il variegato blocco occidentale dove non tutti i paesi sono ugualmente allineati. E in John Wayne, l’America, terrorizzata dalla concorrenza della bomba russa, trova il suo rigido e appassionato campione a cui non bastano nemmeno tutti quei film ma vuole fare di più … Tanto di più che mette in piedi “La Società per la Conservazione degli Ideali Americani” con il programma di allontanare da Hollywood tutti quelli che anche da lontano sembrano avere  un po’ di cattiva fama comunista.

Ma non può dimenticare il western e il western non può fare a meno di lui, il buon americano, l’idolo delle folle … Così  fra il 48 e il 50 con l’amico Jonn Ford  danno vita alla “Trilogia della Cavalleria. “Nel massacro di Fort Apache”,  lui ed Henry Fonda  lavorano per la prima volta a parti invertite e a John Waine tocca diventare, una delle pochissime volte in vita sua, un ufficiale pieno di dubbi e perfino, cosa veramente insolita, un  grande amico dei nativi.

Ci voleva però un ruolo tutto diverso … e finalmente “Wayne diventa “Un Uomo Tranquillo”… si fa per dire, nell’incantevole film  irlandese a metà fra la commedia e una tragedia da superare, dove si perde  nella verde Irlanda in una recitazione piena di humor e di sfumature. Gliene avessero fatti fare di più di film come questo… anziché ancorarlo a vita a fare il militare e il pioniere.

Ma a lui in fondo quei ruoli piacevano e appena può fare il produttore si lancia nel retorico “Berretti Verdi” a sostegno della guerra nel Vietnam, che finisce per alienargli le simpatie di buona parte della gioventù americana. Peccato, perchè chi l’ha conosciuto da vicino ha parlato di lui come di un uomo generoso, forte che correva sempre in difesa di chi ne aveva bisogno… Ne rimase colpita anche  Catherine Hepburn che all’inizio era tanto prevenuta, lei così liberal, quando girarono assieme ” Torna El Grinta” l’ennesimo Western… e il penultimo per Waine. Parlò anche lei della sua sua bontà e aggiunse  che era una persona estremamente divertente. Peccato che tanti personaggi così seri e  a tutto tondo  gli abbiano lasciato addosso un’impronta di insopportabile retorica.berrettiverdi

Ma non certo il suo ultimo film, “Il Pistolero” dove con un coraggio senza limiti interpreta se stesso ormai  gravemente ammalato, in un anziano pistolero che è il suo alter ego …malato come lui, che si fa colpire alle spalle dopo aver tolto di torno i vecchi nemici. Un film così dolente e così vero che ha riconciliato l’America col suo ultimo eroe senza macchia e senza paura, di cui ad un certo momento voleva liberarsi… Ma  poi alla fine non ci è riuscita perchè John Wayne nel bene e nel male  è una grande parte dell’America stessa.

Per John Wayne occorre un rude pasto da pioniere e  sicuramente sarebbe stato felice di questi:

 FAGIOLI CON SALSICCE  SECONDO LO STILE DI JOHN WAYNE

INGREDIENTI per 4 persone: ! cipolla, 1 spicchio di aglio, olio extra vergine di oliva q.b., vino rosso 1/2 bicchiere, 300 grammi di passata di pomodoro, 400 grammi di salsiccia, 400 grammi di fagioli borlotti, sale q.b., peperoncino 1/2 cucchiaino  o variare la quantità secondo i gusti, 1 rametto di rosmarino, un gambo di sedano

PREPARAZIONE: Occorre lessare i  fagioli in anticipo mettendoli a bagno nell’acqua la sera prima. Al mattino  si fanno lessare aggiungendo all’acqua il sale e  un gambo di sedano che poi verrà eliminato.Serve ad aromatizzarli leggermente.Una volta scolati i fagioli si può procedere. Rosolare la cipolla a fette  e l’aglio  spaccato in due in un tegame possibilmente di terracotta con l’olio senza farli bruciare perché si altererebbe il sapore.  Per evitare l’eventuale inconveniente si possono rosolare in una quantità maggiore di olio, che li copra completamente, eliminando dal tegame, subito dopo, l’olio in eccesso. Aggiungere la salsiccia tagliata a pezzi, farla rosolare e sfumarla con il vino rosso. Aggiungere i fagioli borlotti già lessati e la salsa di pomodoro, mescolando. Salare e aggiungere il peperoncino e il rosmarino. Continuare la cottura per circa 15 minuti e servire portando direttamente il tegame in tavola.