Carpaccio di Cappesante … da Heinz Beck a “La Pergola”!

4-romecav_aerial_at_night-lowres1La riconciliazione col tempo c’è stata, ma il perdono… quello rimane comunque difficile. La lunga costruzione rettangolare, priva di  una qualunque identità architettonica, se non quella dell arroganza, si è rome-panorama-hilton-st-angelo-12-m5-tnviolentemente istallata sulla collina di Monte Mario che doveva rimanere area verde sulle pendici della città. Sicuramente non è stato l’unico abusivismo edilizio della zona ma  certamente il più grave perchè, se non altro, i condomìni per la burocrazia emergente, si sono collocati un po’ fuori vista, quasi sul retro della collina… Di fronte a una cittadinanza ostile, ma impotente alla forza delle multinazionali e complice, una prona amministrazione capitolina, l’Hotel Cavalieri Hilton vide la luce nel 14941_55_b1963, con arredi  anomimi e una grande piscina, anch’essa status symbol ricavato fra gli alberi  sradicati. “Con la sua eccezionale vista su un panorama, che nel corso dei secoli ha ispirato e incantato milioni di visitatori, il Rome Cavalieri Hilton è l’indirizzo più prestigioso per il vostro soggiorno nella capitale..”. Questo recitavano i depliants pubblicitari  e il sito internet… Peccato che per chi dalla città si affaccia e guarda Monte Mario, il paesaggio non è più tanto sublime.

Col tempo tuttavia molte cose sono cambiate. Un management più preparato e intelligente ha stabilito con la città un rapporto che all’inizio sembrava impensabile, sia per la netta frattura fisica fra città e albergo, fuori dal tessuto connettivo dell’area metropolitana, sia per la vocazione dell’Hilton tutta indirizzata alla sua eterogenea clientela internazionale. 14_012440_4Qualcuno col tempo si è reso conto che quegli spazi così ampi e dotati di tanti servizi a livello ottimale, potevano anche estendere la loro  iniziale limitazione e trasformarsi in aree multimediali per le più svariate attività. Le mostre antiquarie ad alto livello, le feste per la buona società, ma soprattutto il “Corso triennale per sommeiller” hanno riconciliato l’albergo con la città che ormai non lo sente più cosi estraneo…  Si è anche aperto ai ragazzi delle scuole alberghiere che vengono a imparare l’organizzazione dei servizi, dall’accoglimento della clientela alla tecnica di gestione del personale… Poi nel tempo sono avvenute altre cose importantissime… La trasformazione degli arredi interni con la ricerca spasmodica, ma sempre più accurata di mobili e 14_012440_1oggetti che nobilitassero sia gli spazi privati, come le suite e le camere da letto, sia  gli spazi collettivi, dalla hall alle sale di ricevimento alle sale conferenze e al ristorante. Oggi basta guardarsi in giro per ammirare i rigidi, borchiati tavoli impero mescolati con mano quasi sempre sicura alle ricche poltrone Luigi XV… la ricca collezione degli oggetti Gallé e le porcellane di Sevres… Ma dove l’albergo ha dato il meglio di sé è stato nell’acquisire  quadri di grandissimi autori e arazzi rari, distribuiti  nelle suite e fra le varie sale comuni  Acquisti abbastanza recenti sono state tre grandi tele del giovane Tiepolo che  stavano rischiando di  disperdersi, “Ercole che soffoca TerraAnteo, “Apollo scortica Marsia”,”Ulisse scopre Achille fra le figlie di Licomede.” Anche questo è stato un altro motivo di riavvicinamento alla cittadinanza che può entrare liberamente per ammirare le opere d’arte e, se nel frattempo c’è qualche iniziativa eno-gastronomica, diventa un sottile piacere abbinare le due cose. Non c’è dubbio, ci ha messo parecchi anni ma l’impegno di cultura, buon gusto e apertura  sociale dell’Hilton, per riscattare quel brutale affaristico impatto con la grande capitale, è stato di sicuro eccezionale. Il suo sforzo alla fine è stato riconosciuto e premiato perché è entrato nel prestigioso circuito del Waldorf Astoria sotto il prestigioso nome “Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel & Resort.”

Ma c’è un altro  prezioso fattore che ha fatto salire alle stelle le quotazioni dell’albergo ed è la sua cucina, con il ristorante “La Pergola”  affidato a uno dei più grandi Chef europei, Heinz Beck, che, con le sue scelte  creative, con le sue composizioni che sembrano ora vicine allo zen, ora naturalistiche come  il bosco di “Terra,” ha creato un dibattito e un interesse che non accenna a placarsi. Fra chi non lo capisce e chi l’adora, c’é chi soprattutto riflette sulla scelta rigorosa delle materie prime che  Beck va a sciegliersi personalmente  ogni mattina al mercato per evitare tutti quei cibi contraffatti e avvelenati che offendono la natura. Una filosofia di vita, dunque e un insegnamento gioioso, che cerca di trasmettere  attraverso la gamma delle senzazioni che, per mezzo dei piatti che offre, coinvolgono vista, palato e piacere di un posto dove tutto tende alla perfezione, dall’arazzo Aubusson alle composizioni di fiori in mezzo alla sala, alle raffinate antiche stoviglie, ma soprattutto  attraverso quella vista mozzafiato dove tutte le sere, per il suoi clienti, l’albergo “prende in prestito, “come dicono i giapponesi, la città di Roma dominata e avvolta dalla cupola di Michelangelo.

600403_474967622533108_1662203666_nPer concessione del “Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel & Resort,” il piacere di presentare:

CARPACCIO DI CAPPESANTE SU AMARANTO AL MAIS NERO CON OLIO ALLO ZENZERO

INGREDIENTI per l’amaranto: 200 grammi di mais nero, 1000 ml di acqua, 200 grammi di amaranto, 2 cucchiai di salsa di soia.

INGREDIENTI per le capesante: 1 radice di zenzero, 10 grammi di lime, olio di oliva extra vergine.

INGREDIENTI per l’amaranto fritto: 60 grammi di amaranto, olio extra vergine di oliva. INGREDIENTI per la guarnizione: fiori eduli, insalata riccia, rucola.

LAVORAZIONE:heinz-beck_carpaccio-cappesante_lapergola-hilton_-1 1 – L’Amaranto: pulire il mais nero e metterlo nell’acqua fredda, portare a ebollizione e lasciar sobbollire per un’ora e mezza fino ad ottenere un brodo di color nero,aggiungendo l’acqua necessaria per mantenere 800 ml di liquido. Filtrare il liquido,aggiungerlo all’amaranto e portare a ebllizione. Far cuocere per circa 40 minuti e correggere il gusto con 2 cucchiai di salsa di soia e del sale, se necessario. 2 – Le Cappesante: pulire le cappesante accuratamente togliendo anche il corallo,asciugarle e tagliarle a rondelle. Pelare lo zenzero,grattugiarlo e ricavarne un cucchiaio di succo strizzandolo in un panno  pulito. Aggiungere il succo di lime e 1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva. Emulsionare il tutto e marinare le cappesante salandole leggermente. 3 – L’Amaranto fritto: friggere l’amaranto nell’olio extra vergine di oliva a 180°C e poi disporre su una carta assorbente per fare asciugare l’olio. PREPARAZIONE DEL PIATTO: versare in uno stampo rettangolare 2 cucchiai di amaranto ancora caldo, distribuendolo bene con l’aiuto di un cucchiaio . Togliere l’amaranto dallo stampo e distribuirvi sopra 6 fette di cappesante. Aggiungere l’amaranto fritto,guarnire con salsa e qualche fiore edule.

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Chicago style deep dish pizza!

patriotic_michigan_002“Lo stile è l’uomo” sintetizzava l’illuminista del 1700, riferendosi a quell’insieme di  modi di essere e di apparire  che danno a ciascuno la propria identità. Difficilmente, però, lo stile esiste a priori. Piuttosto è frutto di ricerca, di conquista e di scelte. E lo stile non è solo degli umani, perché spesso penetra negli oggetti, di cui ognuno si circonda o nei luoghi in cui si vive, fino al punto di rottura, quando può succedere che le cose  acquistano indipendenza, come le macchine che diventano intelligenti  o le città che prendono anima. Da quel momento sono loro a caratterizzarsi e a imporsi con quello che sono e per quello che hanno da offrire… Roma, si sa,è eterna, Parigi romantica e New York multi- etnica.

Chicago, invece, è sempre al bivio fra inventiva, coraggio e innovazione o forse tutte  le cose insieme! C’è voluto coraggio a costruire una città su un grande acquitrino, da cui  oltretutto emanava  anche uno sgradevole odore di porri. Ma c’erano i Grandi Laghi … Un posto strategico per il commercio delle merci in transito!  Chicago cominciò con le pellicce, all’inizio del 1800, quando in zona c’era solo un Forte, ma negli anni ’40 era già  il più grande porto del Mondo per il commercio dei cereali. Come c’era riuscita? Con un progetto audace e innovativo, la costruzione di un canale  di 150 km che la collegava al fiume Mississipi, in un epoca in cui non c’erano ancora le Ferrovie. Una volta che il grano, dalle fertili zone del sud, arrivava sulle grandi chiatte a Chicago, prendeva la via dei Grandi Laghi e arrivava direttamente  sull’Oceano. E davanti all’Oceano c’erano tutte le vie del mondo.  Quello che non partiva subito finiva negli alti Silos. A metà dell’800 ce ne erano già 20 che caratterizzavano lo skyline della città…quasi un presagio dei grattacieli a venire. ! Poi fu la volta dell’acciaio e delle carni e con la macellazione delle carni si inventarono la catena di montaggio. Una rivoluzione nei metodi di lavoro in cui, a muoversi erano solo i blocchi di carne, che  ad ogni  sosta trovavano  un addetto che compiva un’operazione, prima che  la carne si dirigesse verso la stazione successiva.  Molti anni  dopo Henry Ford  venne a  qui a studiare  la linea di produzione, per produrre le sue auto.2

Con quelle premesse Chicago non  ci mise molto a diventare anche  il primo esempio di industria globale  con  l’uso  immediato del telegrafo, attraverso cui comprava e vendeva i titoli, sia delle merci già disponibili, come anche  di quelle che sarebbero arrivate in un futuro più o meno prossimo. Si inventò, come dire  quelli che oggi sono i mercati dei “Futures” e delle “materie prime” .

Ma nel 1871 la catastrofe fu proprio vicina! L’intera cittàprese fuoco. Fin troppo facile in un città soprannominata Windy e all’epoca tutta di legno. Per un’altro posto poteva essere la fine. Gli Stati Uniti sono piene di città fantasma abbandonate per un motivo o l’altro fra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900! Ma per Chicago  invece fu un’occasione. Per ricostruire la città nacque un  Movimento e una prestigiosa Scuola di architettura che aprì la strada all’architettura del XX secolo. Una nuova tecnologia con le strutture in acciaio e home_insurance_building_credit-wikipediauna nuova  estetica tutta affidata alla linea e allo sviluppo modulare, con la sottrazione di ogni orpello decorativo.  A Chicago si costruisce il primo grattacielo del mondo l’Home Insurance Building del 1885, (demolito poi da un eccesso di furore innovativo –  qualche volta capita – nel 1931), a Chicago lasciano il segno i grandi maestri del’ 900 Frank Lloyd Right e  Mies Van der Rohe, quest’ultimo in fuga da Hitler e che solo in America poté sviluppare gli ideali della Bauhaus.

L’esperienza di Chicago conferma, se ce ne fosse bisogno, che dove c’è industria c’è cultura. Cinema, letteratura, Musei e Università, ma il campo in cui  la città ha dato il meglio di sé è  forse la musica. A parte le esperienze più recenti della  House  Music  che aprì la strada alla musica elettronica degli anni ’90, a Chicago, ed è ormai leggenda, arrivarono all’inizio del ‘900 i musicisti afro – americani in fuga dal Sud che, nel blues e nel jazz, crearono, attraverso gli anni e nei “rent – party,”  le  nuove forme musicali che  finirono per coinvolgere coralmente anche la popolazione bianca. Come si diceva prima, le città che hanno un’anima, si creano il proprio stile e a Chicago  la musica  è “Chicago Style.”

Poi infine, per gli appassionati  di cibo e gli esperti  di cultura gastronomica,  questa città senza pregiudizi  si è lanciata anche nell’innovazione della pizza. E lì si che c’è voluto coraggio, perché sembrava che, in materia, tutto fosse già stato detto. Ma ci pensò nel 1943, Ike Sewell, un  ex campione di football, che veniva dal Texas ma che aveva tutto lo spirito innovativo della gente di Chicago. La sua “Deep – dish pizza” è molto diversa dalle altre pizze, perché, come del resto si capisce dal nome, ha uno strato di pasta e condimenti molto più alti e perciò somiglia più a una pizza rustica  piuttosto che alla sottile pizza tradizionale, inventata in Italia. L’iniziativa di Ike Sewell ebbe un successo strepitoso, nel suo locale chiamato a  “Pizzeria 1”, tanto che, alcuni anni dopo, nella stessa via, si rese indispensabile  aprire la “Pizzeria 2”. Ma nemmeno questo fu sufficiente perché il successo era così diffuso in tutti gli Stati Uniti  che le due pizzerie iniziarono le spedizioni  anche fuori Chicago, una volta messe a punto le tecniche di  surgelamento. Anche stavolta  lo stile di Chicago aveva colpito nel segno e non è un caso che la pizza  di cui diamo la ricetta si chiami:

CHICAGO STYLE DEEP DISH PIZZApizzeria-uno

INGREDIENTI dei condimenti: 3 cucchiai di olio di oliva extra vergine, 1 cucchiaio di aglio tritato, un cucchiaio di basilico tritato, un cucchiaino di origano tritato, 1/4 di cucchiaino di semi di finocchio, 1/2 cucchiaino di sale, 1/4 di cucchiaino di pepe macinato fresco, 1/4 di cucchiaino di pepe rosso, 900 grammi circa di pomodori pelati tritati,1 cucchiaio di vino rosso secco, 1 cucchiaio di zucchero, una mozzarella di circa 450 grammi  tagliata a fette, 250 grammi di peperoni tagliati a fette, 250 grammi di funghi champignon, 1 peperone di piccole dimensioni tagliato a rondelle, 1 cipolla gialla  a fette,1 tazza di olive nere tagliate a fette sottili, 450  grammi di salsiccia sbriciolata, 1 tazza di parmigiano grattugiato. (Attenzione: in genere 1 tazza corrisponde a circa 200 grammi)

INGREDIENTI della pasta: 1 tazza e 1/2 di acqua tiepida a circa 40° C, 7 grammi e 1/2 di lievito secco attivo, 1 cucchiaino di zucchero, 3 tazze e 1/2 di farina, 1/2 tazza di farina di semola, 1/2 tazza di olio di semi  e 2  cucchiaini per ingrassare la padella di acciaio in cui verrà cotta la pizza, 1 cucchiaino di sale.( Attenzione: in genere 1 tazza corrispode a circa 200 grammi)

yNMNxPREPARAZIONE dei condimenti: mentre si lievita la pasta (v. preparazione pasta ), scaldare in una casseruola l’olio  extra vergine di oliva a fuoco medio – alto. Aggiungere l’aglio e far cuocere mescolando,  finché l’aglio prenda appena il colore madreperlato, senza farlo bruciare. Aggiungere le erbe, i semi, sale e pepe rosso e nero, cuocere ancora per 30 secondi. Aggiungere il pomodoro, il vino, lo zucchero e portare a ebollizione. Abbassare la fiamma e cuocere a fuoco lento mescolando per circa 30 minuti. Far raffreddare prima dell’utilizzo..

PREPARAZIONE  della pasta: unire in un’ampia ciotola l’acqua , il lievito e lo zucchero, mescolare e poi lasciar riposare per circa 5 minuti. Aggiungere 1 tazza e 1/2 di farina, la semola, 1/2 tazza di olio e il sale, mescolando con le mani fino a  quando la miscela non sia ben amalgamata. Continuare ad aggiungere farina, 1/4  di tazza per volta lavorando la pasta dopo ogni aggiunta. La pasta deve risultare leggermente appiccicosa. Lavorare la pasta su una superficie infarinata dai 3 ai 5 minuti sino ad attenere un composto liscio, ma ancora leggermente umido. Ungere  con  due cucchiaini di olio una grande padella di acciaio dai bordi rialzati e mettere l’impasto nella ciotola   e  ricoprite la ciotola  stessa  di pellicola trasparente, poi mettetela in un ambiente caldo a  lievitare per circa  1 ora e 1/2

PREPARAZIONE finale: preriscaldare il forno a  250° C. Ungete con  metà dell’olio la base e le pareti della padella di acciaio, foderare  sia la base che le pareti della padella sino all’altezza di circa 4 centimetri con la metà della pasta ben pressata, lasciare riposare per 5 minuti. Poi disporre sopra uno strato con la metà della  mozzarella e sopra  disporre la metà di tutti gli ingredienti, peperoni tagliati a strisce, a seguire i funghi, il pepe, la cipolla, le olive nere e la salsiccia. Ricoprire il tutto con metà della salsa di pomodoro e spargervi sopra la metà del  parmigiano. Mettere in forno per circa 30 minuti, finché non si formi una crosta dorata. Servire calda.

Ripetere l’operazione con i restanti ingredienti per preparare, allo stesso modo, la seconda pizza.

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