Francesco Baracca e il Bustrengo, un dolce rustico della terra di Romagna!

Una  ricca famiglia di provincia, il padre proprietario terriero e una madre  nobile che portò in dote altre terre. Su quel figlio   avevano  riversato tutte le loro ambizioni…  Scuole di prestigio…  Il violoncello e l’accademia di Modena… Sua madre  se lo immaginava in una vita brillante, con un buon matrimonio, le feste del circolo ufficiali e più tardi l’amministrazione delle terre. Invece fu tutta un’altra storia…  Francesco era  un grande sportivo e all’improvviso nel 1912 gli prese quella folle passione  per il nuovo sport…. Il più alla moda di tutti…Il volo…  E il suo Reggimento di Cavalleria allora lo mandò a Reims a imparare a pilotare gli aerei…  L’estate del 1912 deve essere stata una stagione splendida, che Baracca passò volando sopra la Champagne, cavalcando e vistando Parigi. Alla madre la sua grande amica e unica confidente scriveva  tutto spensierato  “Facciamo una vita brillante e dispendiosa, come è sempre stata degli Ufficiali Aviatori…Ci divertiamo e cercheremo di restare in Francia il più che sarà possibile. Domani sera andremo a Parigi ed abbiamo già un programma meraviglioso da svolgere in tre giorni circa tutti i luoghi da visitare… e quelli fino a mezzanotte … E quelli dopo mezzanotte”

Tornato in Italia  continuò la splendida stagione… Sembrava tutto un grande gioco… Abilità e acrobazie di cui si era subito appassionato… Un ‘esercitazione a novembre con un volo in formazione di 8 velivoli…L’anno dopo portò suo padre in volo e prese parte alle esercitazioni della Cavalleria…   Per la prima volta in cielo c’erano   quattro squadriglie…

Lo scoppio della guerra lo sorprese e lo lasciò con l’amaro in bocca… Anche se era un militare forse non aveva mai pensato che sarebbe successo alla sua generazione…  Lo mandarono di nuovo in Francia ad allenarsi  … Adesso non si trattava più di imparare a gestire un aereo… Bisognava imparare la nuova tattica… Il combattimento  aereo, il duello…   Ma quegli  aerei erano già vecchi… Le armi a bordo poco efficaci … Ricominciarono l’allenamento da capo con nuovi comandi con il timone ai piedi… I giovani Ufficiali non lo capivano bene , ma le lettere di Francesco alla madre sono ormai più consapevoli e meno allegre: “Il Nieuport”che dobbiamo pilotare, che fa da 145 a 150 km. all’ora è difficile ed occorre procedere con prudenza; non so poi se nei nostri terreni potrà trovare applicazione, perché ha bisogno di un gran campo di partenza e di atterraggio; ma ora escono già altri apparecchi anche migliori del nostro “Nieuport”  …Forse potremo cambiare…”

Difatti i primi combattimenti non sono un successo… La prima volta che Baracca  intercetta  un aereo nemico che  stava bombardando Udine  la sua arma s’inceppa per due volte  e lo devono salvare i compagni…  Il suo aereo è  colpito in tre punti … La seconda volta pochi giorni dopo non va  meglio…   di nuovo l’arma lo tradisce. Si salva mettendosi in picchiata, mentre il mitragliere nemico gli sparava contro, colpendolo…

A ottobre gli danno finalmente un aereo nuovo, un Nieuport X , ma gli aerei nemici sembrano scomparsi… Loro non lo sanno, ma anche l’aviazione  austriaca è in serie difficoltà e sta cercando aerei piu efficienti!…  Le autorità  promettono un premio in denaro a chi abbatterà il primo aereo… Baracca ci scherza  su…” Ci potrei fare una buona puntata a Montecarlo… Da una parte la vita, dalll’altra il premio e la gloria” A novembre ce la fanno ad abbattere un aereo nemico, ma non gli verrà nemmmeno riconosciuto…

 Finalmente il 7 aprile 1916 con un Nieuport N.13 abbatte un Hansa-Brandenburg C.I austriaco presso Medeuzza,   La sua prima vittoria fu anche la prima vittoria italiana in un combattimento aereo nel corso del conflitto.   Ma la prima cosa che fa Francesco Baracca è scendere a terra per vedere cos’è successo al nemico… Così annoterà nel suo diario:”Il pilota, un cadetto viennese di 24 anni, ferito leggermente alla testa è salvo per miracolo perché ben otto palle lo hanno sfiorato; l’osservatore, un primo tenente, è invece ferito gravemente da tre palle e forse non e la caverà. L’apparecchio era tutto intriso di sangue coagulato al posto dell’osservatore, e dava una triste impressione della guerra. Ho parlato a lungo col pilota austriaco, stringendogli la mano e facendogli coraggio poiché era molto avvilito; veniva dal fronte russo dove aveva guadagnato la croce di guerra e medaglia al valore che portava sulla sua uniforme azzurra. Non aveva potuto salvarsi dalla mia caccia e mi esprimeva la sua ammirazione con le poche parole di italiano che sapeva.”

Lo farà spesso,al termine delle battaglie…Ogni volta che gli sarà possibile… Diceva sempre  “E’ all’apparecchio che io miro, non all’uomo”. Quà e là ritroviamo le sue annotazioni “L’ufficiale osservatore è colpito al polmone e ad un braccio ma forse se la caverà. Gli ho parlato a lungo all’ospedale …Venivano da Villach”  E ancora,in un altra occasione, dopo un duello aereo terribile l’11 febbraio del 1917 «Il nemico con gran coraggio accettava combattimento, forse sicuro di respingerci tutti…  Poi colpito incominciò la discesa precipitosa ed atterrò verso Remanzacco urtando un albero e rovinando le ali. Immagina quale spettacolo hanno veduto da terra tutta Udine e decine di migliaia di persone.… Gli aviatori nemici erano stati già portati via: l’osservatore è un tenente di cavalleria polacco, di nobile famiglia. E due mesi dopo ancora annotava “Siamo stati a trovare il tenente   ferito a Udine: è molto malandato, ha ancora la ferita aperta ma guarirà, gli portai le fotografie dell’apparecchio, gli ho promesso un pezzo d’elica per ricordo e dei libri da leggere. La madre sua chiede con insistenza notizie per via della Svizzera: abbiamo saputo che è il terzo figlio, superstite unico della guerra e che la sua famiglia tiene un centinaio di nostri prigionieri che lavorano nei loro campi e sono molto ben trattati”. Pochi altri assi ebbero il rispetto e l’umanitàdi Francesco per le vittime …  Ma  lui in effetti era rimasto un antico cavaliere…

Fece la guerra per due anni, ma molto meno  ci mise per  diventare un mito…Tre vittorie seguirono presto  quella del 7 aprile…  A maggio sette vittorie individuali e tre in collaborazione… Una sequenza che sembra senza fine..  Gli danno un nuovo aereo  il Nieuport 17 Bébé  dove  dipinge il suo famoso “Cavallino Nero Rampante”… Un’immagine che  gli sopravviverà… Mentre  il numero crescente delle  vittorie aeree lo  rende famoso  e fa sognare l’Italia . Nel settembre 1917, con 19 vittorie al suo attivo, è l’asso italiano  Altri cinque  vittorie  in ottobre, con due doppi abbattimenti in due singoli giorni.  Nel 1918 lo mettono a riposo per alcuni mesi, ma  quando torna le  vittorie diventano 34… Di quelle riconosciute!

 Ma negli ultimi tempi non era sereno. Vedeva la guerra ormai affidata alla tecnica sempre pià sofisticata e crudele delle armi e non al valore individuale.  Alla madre scriveva tutto il suo dolore per l’uso di pallottole traccianti, quelle  con la carica pirotecnica   che si accendeva  all’atto dello sparo … Aveva    visto un aviatore austriaco, avvolto dalle fiamme, gettarsi nel vuoto da alta quota.  url-3

Il 19 giugno del 1918 mentre  era impegnato in un’azione di mitragliamento a volo radente  sul Montello, il suo aereo venne abbattuto. Baracca fu ucciso probabilmente da un colpo di fucile sparato da terra, mentre sorvolava le trincee austriache. Aveva  da poco compiuto 30 anni… Il giorno prima aveva trovato una pallottola penetrata nel suo giubbotto senza ferirlo e ci aveva riso sopra, con la sua aria di grande ragazzo che non credeva alla sfortuna… Non credeva nemmeno di essere un eroe  e invece lo era…   Perché aveva fatto quello,  che lui diceva sempre…  In guerra devi sempre fare più del tuo dovere…

Pochi lo sanno… Abituati come siamo a vederlo sulle favolose vetture della Scuderia  Ferrari, abbiamo quasi la sensazione che sia una cosa del tutto naturale  e magari sia nato  da qualche designer della Ferrari stessa. Invece  la storia del cavallino rampante è più  lunga e  affascinante e l’ha raccontata proprio Enzo Ferrari … Era il 1923 e   il «Drake» aveva appena  vinto  il primo circuito del Savio che si correva a Ravenna e proprio lì fra una congratulazione e l’altra conobbe il conte Enrico Baracca …A quel primo incontro ne seguirono altri… divenne un’amicizia profonda con tutta la famiglia…Poi un giorno  la Signora Francesca volle donargli l’emblema del “Cavallino”… Era il simbolo del figlio morto in battaglia, di sicuro faceva fatica a privarsene, ma sapeva che quello poteva essere il modo migliore per mantenere viva la memoria di quello che era stato l'”Asso”  della  1° guerra mondiale…”Ferrari- mi disse – metta sulle sue macchine il Cavallino Rampante del mio figliolo. Vedrà, le porterà fortuna…”

Era nato a Lugo, in terra di Romagna, in una terra che  era tutta una fertile campagna…  Gli abbiamo dedicato un dolce dei contadini, rustico e buonissimo!  La ricetta è rimasta in gran parte segreta e  per questo se ne hanno parecchie varianti… In alcune zone di montagna, fino a pochi anni fa  si cuoceva ancora sul focolare sotto una coppa metallica…

BUSTRENGO

INGREDIENTI per circa dieci fette: 10o grammi di farina gialla, 200 grammi di farina bianca, 100 grammi di pan grattato, 200 grammi di zucchero o miele, 500 ml di latte, 500 grammi di mele sbucciate e tagliate a tocchetti, 100 grammi di uva passa,100 grammi di fichi secchi a pezzetti, la scorza di un limone, la scorza di un’ arancia, 3 uova, 1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva, 1 cucchiaino di sale, zucchero a velo.

PREPARAZIONE: Amalgamate perfettamente tutti gli ingredienti e metteteli in una teglia tonda dal bordo sganciabile e infornate a temperatura di circa 160°C per circa un ora. Estraetela dal forno,sganciate il bordo appena si fredda e lasciatela riposare prima di tagliarla a fette e servirla, spolverizzata di zucchero a velo Si gusta piacevolmente con “Albana di Romagna Passito DOCG”

Mele, crumble e Steve Jobs!

Il giornalista non aveva afferrato bene il concetto, così seguitò a  insistere ” Ma non  ti  svegli mai la mattina  dicendo  a te stesso: “Non c’è alcun motivo  di lavorare un solo giorno in più… Ho  guadagnato  abbastanza soldi  per darmi alla pazza gioia, fare tutto quello che voglio … ” “E lui paziente seguitava a spiegare” Beh, suppongo che qualcuno lo faccia, ma non è questo il caso… Il denaro ha un suo peso, ma può arrivare a un 25%… E non è del tutto importante nemmeno quello  che hai realizzato, ma la gioia di quello che stai facendo, giorno dopo giorno, con la sensazione che stai partecipando a qualcosa del tutto speciale. Penso che tutti quelli che lavorano nel team “Mac”, pagherebbero di tasca loro per venire a lavorate qui..” E ancora il giornalista obiettava ” Forse dire questo per te  ha un senso perché possiedi quasi 7 milioni di azioni Apple…” ” Allora vallo a chiedere agli altri che qui ci lavorano soltanto,  come Barrell o Andy e che hanno avuto offerte da tantissime altre aziende… ” ” Ma  qui si arriva  al paradosso di un ragazzo come Andy che ha speso un mucchio di soldi  per sistemare la sua cucina e non ha mai avuto il tempo di cucinarsi un solo pasto.. ” “Ci sono momenti in cui è così importante  portare avanti   quello che stai facendo che tutto il resto passa in secondo piano…” Poi ancora il giornalista  continua  “Quale è stato  il segreto di tutto questo successo?” “Abbiamo iniziato con una prospettiva   idealista di fare subito qualcosa  di altissima qualità e di farlo subito bene la prima volta.. .”Ho notato una grossa passione per la musica, fra le persone che lavorano qui… sai darmi una spiegazione?  ” Se vuoi arrivare a capire quello che nessuno  ha ancora  capito, per prima cosa ti dovrai costruire un’impalcatura concettuale … Se stai  cercando di progettare un computer  ti dovrai immergere  in migliaia di dettagli necessari…  Poi tutto ad un tratto,  se sei riuscito a salire abbastanza in alto sull’impalcatura , tutto diventa più chiaro… sei arrivato al punto di svolta. Si tratta di una esperienza ritmica, in cui  ogni cosa  è legata a tutto il resto e dove  tutto si  intreccia.  E’ una fragile, delicata esperienza  che somiglia molto alla  musica.  Una cosa che è quasi impossibile  descrivere .”

Hanno detto che era un “visionario”, ma   la parola  ha il suo giusto significato se si pensa a  Steve Jobs come a  un uomo del Rinascimento, che si immergeva  sino al fondo in una realtà dalle mille mille sfaccettature dove tecnica, fantasia, innovazione e umanità si  mescolavano  fra di loro… Quando rispondeva a questa intervista era il 1984… Un giovane uomo di 30 anni già  amministratore delegato di Apple Inc, azienda leader  dell’informatica… Soprattutto era considerato un enfant prodige, il pioniere carismatico    del personal computer,  quello strumento che rivoluzionò la vita delle persone…. L’ibrido più intelligente del mondo che si poteva adoprare in azienda, ma si portava anche a casa, si poteva utilizzare per  l’istruzione a distanza o il lavoro a distanza… dalla propria casa o dalla casa delle vacanze se era necessario… E così molti cominciarono a non andare più in ufficio…   Ma nessuno sull’onda di quel successo travolgente   poteva immaginare quello che gli sarebbe successo di lì a poco a Steve Jobs…

Fin da ragazzino era stato sveglio… a scuola gli volevano far saltare due classi dopo aver verificato i test… mentre la passione per l’elettronica  gliel’aveva trasmessa il padre che spesso riparava vecchie radio…Aveva anche una notevole faccia tosta  perchè dopo poco tempo che era al liceo,  in una classe di elettronica popolare, chiamò al telefono B. Hewlett, il co-fondatore della Hewlett Packard …  Gli chiese  qualche  pezzo di ricambio per  i suoi lavori  e … se possibile anche un lavoro estivo… Incredibile a dirsi, ma ottenne entrambe le cose…

Anche le prime fasi dell’amicizia con Stephen Wozniak hanno a che fare con il telefono… Woz,  aveva trovato un articolo che spiegava come  costruire un sistema  di commutazione che avrebbe consentito di telefonare gratis…alle spalle della società AT&T. Fu Steve a incoraggiare l’indeciso Woz che riuscì a confezionare la sua prima “scatola  blù” …  Per prima cosa Steve telefonò in Vaticano e chiese del Papa… Se ne accorsero all’ultimo momento che al telefono non era Kissinger, mentre già stavano per andare a svegliare Sua Santità… Le scatole  che vennero dopo se le andarono a vendere agli altri studenti… Smisero soltanto quando la polizia si insospettì…

All’Università Steve durò poco … Era pieno di rimorsi per i soldi che faceva spendere ai suoi genitori… Senza sapere  cosa se ne sarebbe fatto della laurea. Da quella rinuncia partirono le sue esperienze di hippie  epigono, con i capelli lunghi e senza un dollaro in tasca… quando poteva si sballava con un po’  di LSD e ogni  tanto andava a mangiare dagli Hare Khrisna  che glielo davano gratis … Quella fu la sua via al buddismo…  Dall’India infatti tornò un po’ deluso e decise che  tutto sommato l’Estremo Oriente e il Buddismo Zen erano la cosa migliore… Passò anche del tempo a coltivare mele in una comunità hippie…  E sicuramente  ne conservò un ottimo ricordo…

Poi qualcosa dovette scattare nella testa di quel giovane irrequieto… Come dirà anni dopo  non voleva ritrovarsi a quarant’anni a fare il commesso dietro il bancone di un negozio e questo non perché fosse una brutta cosa… ma perché non era nelle sue aspirazioni di vita. E riferendosi all’esperienza indiana aggiunse: ” E ‘stata una delle prime volte che ho iniziato a capire che forse Thomas Edison ha fatto molto di più per migliorare il mondo di Karl Marx e Neem Kairolie Baba  (il santone che era andato a cercare in India) messi insieme…

Il mondo in cui Steve capitò era un Mondo Nuovo…  Tutto era iniziato nel 1974, con  il primo microprocessore al mondo.  Nel 1976, Wozniak ne  prese ispirazione  e da solo si costruì il suo computer … Un risultato impressionante, un computer potente che lavorava  con una tastiera, lo schermo e   poche chips….  Era nato Apple 1 che per custodia aveva una scatola di legno e l’imprenditore in erba Steve Jobbs riuscì quasi subito a piazzarne 50 allo stupefacente prezzo di 500 dollari l’uno. Poi  mise a disposizione della neonata industria,  i pochi beni di famiglia… Il garage dei suoi genitori… Un’ascesa rapidissima i primi anni … Poi cominciarono le difficoltà mentre si affacciava Bill Gates e L’Ibm riprendeva forza… Ma dopo l’acquisizione del mouse e  l’interfaccia grafica, nonostante il  deludente “Apple Lisa,” torna  un buon successo  con Mac Intosh, creatura quasi privata di Steve Jobs, nata dalla sua fronda interna ai vertici della nuova gestione Apple. Ma oramai era guerra aperta con l’Amministratore Delegato e quando si trattò di scegliere cacciarono Steve Jobbs, il fondatore…

Dieci anni di esilio, ma nel suo celebre discorso all’Università di Stanford del 2005, Steve disse che era stata una fortuna…”Non potevo accorgermene allora, ma venne fuori che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita. Nei cinque anni successivi fondai una Società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film di animazione interamente creato al computer, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di accadimenti, Apple comprò NeXT, ritornai in Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple .

Un ritorno quello del 1996 che salvò la Apple  e raddrizzò le sorti un po’ pericolanti di Next. Steve Jobs era di nuovo al timone e arrivò una serie di incredibili e sorprendenti novità…”Think different” è il nuovo slogan di  Jobs che  negozia subito un accordo con Microsoft per lo sviluppo del sistema operativo della Apple e rivoluziona i prodotti … NeXTSTEP  si eìevolve in Mac OS X,   il primo “iMac”  vince con l’estetica…linee curve e la scocca realizzata con plastiche trasparenti e colorate. All’inizio del nuovo secolo  nascono gli Apple Store centri di vendita, assistenza e formazione con una distribuzione mondiale…  Poi l’intuizione della musica e nasce  iPod il lettore portatile  con il suo negozio virtuale iTunes… Nel 2007 Apple  entra nel business della telefonia cellulare con l’introduzione di iPhone , un multi-touch  con le  caratteristiche di un iPod, un proprio browser mobile…

Peccato che Steve non si è potuto godere appieno i suoi ultimi e incontrastati successi… Ha lottato come un leone contro la sua malattia con coraggio e con umiltà …  Ma era anche molto sereno … Era buddista e sapeva che si sarebbe reincarnato. Chissà quale versione di iPhone o di iPod troverà in quell’epoca….

Steve  aveva una sua strana dieta  ispirata agli insegnamenti buddisti… Quasi esclusivamente frutta e qualche verdura. Alcuni dissero che era una dieta troppo povera… Noi abbiamo   colto l’obiezione  e abbiamo un po’  attenuato il rigore di  Steve, preparando  con la sua mitica mela, un delicato dolce….

CRUMBLE DI MELE

INGREDIENTI per 4 persone: 4 mele grandi, 250 grammi di zucchero, 200 grammi di farina, 150  grammi di burro, 4 chiodi di garofano, cannella un pizzico abbondante

PREPARAZIONE: Sbucciate le mele, tagliatele a pezzi e cuocetele a fuoco lento con 125 grammi di zucchero assieme ai chiodi di garofano e alla cannella, per 20 minuti. Preparate il crumble impastando la farina con il burro e il rimanente zucchero, sino a ottenere un impasto  sbriciolato. Mettete le mele cotte e leggermente intiepidite in una pirofila e ricopritele con il crumble uniformemente e senza premere. Ponete la pirofila in forno e fate cuocere per 20 minuti circa alla temperatura di 180°C.

Il crumble si può mangiare accompagnato con panna, con il gelato alla vaniglia o con la crema inglese.

Dal Rinascimento… La zuppa di mele per Caravaggio!

Per misteriose e rapide vie di comunicazione, di cui  non c’è memoria, la sua fama  si era sparsa in  Europa e  gli artisti del nord cominciarono ad affluire a Roma. Venivano dalla Francia, dalla Spagna  e  dall’Olanda soprattutto e, in seguito, molti sarebbero diventati, magari a loro insaputa, Caravaggeschi. Ma per il momento ciò di cui andavano in cerca  era il genio che aveva stravolto la pittura e reinventato la luce… Si dovettero accontentare di vedere le sue opere, a San Luigi dei Francesi, a Piazza del Popolo, presso i nobili signori che avevano acquistato le sue tele…   perché il genio non si trovava. Lo cercò disperatamente anche Rubens…   Che sulle tracce di  Caravaggio andò a vedere il quadro dello scandalo, che la famiglia Lelmi aveva rifiutato. Si diceva che Caravaggio ne avesse fatto una mezza tragedia per quel rifiuto, ma  la Madonna  col volto e il ventre gonfio della  prostituta affogata nel Tevere … non si poteva proprio accettare. Rubens invece rimase quasi in adorazione  di quella scena così spoglia e così ricca di umanità dolente, di quel modo di comporre  dove in primo piano c’è un personaggio secondario, la Maddalena piegata su se stessa dalla sofferenza,  mentre alla Madonna, su quel lettino  stretto e i piedi nudi, il pittore aveva tolto ogni sacralità. Quando tornò a Mantova, Rubens era ancora talmente  colpito che convinse il Duca ad acquistarla senza aver mai visto il quadro… Ma di Caravaggio non era riuscito  a trovare traccia! Lui era in fuga, chissà se stava ancora nelle tenute  del Lazio dove i principi  Colonna lo nascondevano, depistando i suoi inseguitori o era già arrivato a Napoli. La condanna stavolta era stata durissima. La decapitazione e, chiunque lo avesse incontrato,  era autorizzato a farlo… Adesso Michelangelo Merixio aveva perso  la sua spavalderia e questo  si vede già nella “Cena in Emmaus”, che dipinse durante la fuga. Cupa, quasi senza colore… I personaggi che  si stringono in tondo come in un ultimo istinto di difesa, quel pane  spezzato sulla tavola che è già  disfatto…  Poi, già in salvo a Napoli, arriveranno gli incubi, di cui  lui  negli anni a venire cercherà di liberarsi, dipingendo quegli ossessivi personaggi  con la testa mozzata, Golia, Oloferne  o Giovanni Battista, dove il suo macabro autoritratto prende spesso il posto del condannato.  Va a capire cosa  era passato nella testa “in pericolo” di  Michelangelo…Avrebbe potuto essere felice a Roma, anche se ogni tanto qualcuno  criticava i suoi quadri più “stravaganti”… Lavorava sempre parecchio con l’ammirazione e l’appoggio dei potenti… Ma aveva anche un caratteraccio,  pronto a infiammarsi e a cacciarsi nei guai. Di giorno le sue frequentazioni, erano almeno rassicuranti, Cardinali, Principi e i Priori delle Chiese dove andava a dipingere… Ma  appena arrivava la sera non ce la faceva a rimanere lontano dalle osterie, dalle prostitute,  dal gioco d’azzardo… Chissà, forse sperava di trovare gli ambienti  semplici e genuini della sua infanzia povera, lontano dall’etichetta e dai formalismi dei grandi apparati e invece finiva sempre per bere troppo e litigare con qualcuno…

 Una sera aveva lanciato un piatto pieno di carciofi contro un garzone d’osteria, un giorno aveva preso a bastonate un  amico del Cardinale Dal Monte che li ospitava tutti e due… Non era la prima volta che sulla scena  arrivavano i coltelli,  una volta ci aveva ferito un notaio che gli voleva portare via la sua donna, un’altra era finito all’ospedale affermando spudoratamente di essere caduto sulla sua spada, ma quella sera di maggio il limite era stato superato! Michelangelo ne era uscito ferito, ma il suo avversario era proprio morto…. Ed ora scappava dolorosamente, lontano da Roma…  la sua seconda Patria e, per non pensare, dipingeva un capolavoro triste dietro l’altro. Naturalmente non c’era più alcuna traccia dei canestri di frutta vividi di colori nè l’incanto dell’ Angelo  bianco  che durante la “Fuga in Egitto”, suonava la nanna nanna a Gesù! Ma c’era sempre quell’ “occhio fotografico”  che anticipava di  qualche secolo le istantanee della Polaroid, in cui la realtà e, sempre più spesso il male di vivere, si fissavano sulla tela nell’istante stesso in cui arrivava la scena clou!  Una volta era riuscito a sorprendere un ragazzo nel momento preciso in cui veniva punto da un ramarro e aveva scovato Narciso sognante nel bosco, che si  innamorava nella sua immagine riflessa! A Napoli  in quella chiesa barocca oggi così morbida ed elegante, fece irrompere drammatiche  e concitate  le figure trasversali in volo di due angeli, mentre nella parte inferiore le “Sette  opere  di misericordia”, incredibilmente serrate le une alle altre, sembrano  vivere in simultanea  in uno stretto vicolo napoletano. Dopo un anno Michelangelo  salperà per Malta, il Principe Colonna  gli trova un contatto con il gran maestro Alof de Wignacourt, a cui il pittore fa anche un ritratto. Se riuscirà a farsi nominare Cavaliere del Sovrano Militare Ordine  avrà anche l’immunità e potrà tornare a Roma… Era un piano quasi perfetto se Michelangelo non avesse litigato con un Cavaliere di rango superiore…  Poteva essere una sciocchezza… ma venne fuori tutto il suo passato e l’imprigionarono. Lui riuscì  avventurosamente a scappare, lasciando però  nella cattedrale di La Valletta  il suo quadro più grande la  Decollazione di san Giovanni Battista, un altro dei suoi quadri incubo dove il rapporto figure-spazio è rovesciato  creando  ampie zone di buio  e una scena del dramma con qualche luminoso  sprazzo di colore  e il resto immerso nella penombra.

A Siracusa  sembra per un momento trovare la serenità, ospitato da un vecchio amico e a spasso per le Latomie… Sarà lui a chiamarle poeticamente “L’orecchio di Dioniso” e in esse  ambienterà quello che da alcuni critici è ritenuto il suo capolavoro, ” Il Seppellimento di Santa Lucia”… La scena sembra ambientata all’ingresso e sono i due enormi becchini in primo piano a dare il senso  di una  realtà  avvolta nel male. La Santa, qusi schiacciata in terra  sembra avere un taglio sul collo, ma osservando da vicino la trama della pittura c’è invece il ripensamento di una testa  che in una prima versione era staccata… Ma, nonostante il ritmo opprimente delle figure è la luce la vera protagonista non più orientata ed uniforme come nelle opere romane, ma tragicamente rivestita di diverse  tonalità sanguigne e ocra  che quasi cancellano le figure..

Dalla Sicilia tornerà a Napoli dove qualcuno lo sfregerà e… come una profezia, si diffonderà la voce che è morto. Invece gli arriva la notizia che è in arrivo la grazia del Papa. Pazzo di gioia prenderà la prima nave in partenza per Porto Ercole… Pensa di scendere a terra a Palo, nel Lazio e di lì raggiungere Roma con un  tela, Il “San Giovanni Battista” della Galleria Borghese, che si trascina appresso e sarà il prezzo da pagare … per quella sospirata  libertà. Ma  appena arriva a Palo lo  fermano per accertamenti… mentre la nave riparte. Dopo due giorni con un’altra  nave che i principi Orsini gli mettono a disposizione cercherà di raggiungere  i suoi preziosi bagagli a Porto Ercole. Ma è troppo tardi, la nave è appena ripartita e lui morirà su quella spiaggia malsana poco dopo.. forse un’infezione, forse la malaria… mentre la grazia arriverà 4 giorni dopo.

Da allora lo dimenticarono… per più di trecento anni… era una persona  imbarazzante ed era un genio troppo moderno per il barocco che stava arrivando  con il suo tripudio di luci e per il severo classicismo che  venne dopo. Ci volle  la pittura rivoluzionaria del primo ‘900 e poi fu possibile riscoprire Caravaggi0… quasi fosse un contemporaneo con cui poter condividere valori e tecniche, una realtà che non poteva esistere senza le luci e le ombre con cui lui  l’andava a scoprire e la sua infinita capacità di cogliere gli attimi fuggenti…2223

Ripensando alle sue nature morte abbiamo pensato  di dedicargli un piatto rinascimentale preparato con la frutta, appena riadattato dalla ricetta del grande Bartolomeo Scappi..

MINESTRA DI MELE

INGREDIENTI per 4 persone: 1 Kg e 1/2 di mele renette, 1 ramoscello di finocchio selvatico, 1 gambo di sedano, 1 cipolla rossa di Tropea di piccole dimensioni, 250 grammi di pancetta, olio extra vergine di oliva a piacere, sale  e pepe nero q.b.

PREPARAZIONE: sbucciate le mele e mettete il torsolo e le bucce in un pentolino coperti di acqua. Dovranno bollire per circa un quarto d’ora a fuoco basso. Poi filtrate il liquido e mettetelo da parte. Soffriggete  nell’olio, in un tegame ampio, la cipolla, il sedano tritato e la pancetta tagliata e dadini. Il fuoco dovrà essere basso e la cottura prolungata per non bruciare la cipolla. Appena avrà assunto un colore dorato aggiungete le mele tagliate a pezzi e fatele insaporire per qualche minuto ,poi aggiungete il liquido ricavato dai torsoli e dalle bucce, il rametto di finocchio selvatico e  se necessario altra acqua per coprire il composto. Fate cuocere finchè le mele non siano del tutto disfatte.  Al termine la minestra si dovrà presentare con  una densità cremosa, pertanto se l’acqua fosse troppo abbondate fatela restringere prolungando per qualche minuto la cottura. Togliete allora il rametto di finocchio selvatico,aggiungetene per decorazione un altro fresco e servite  la minestra calda.

KASHA, DALLA RUSSIA CON AMORE!

DownloadedFilePrima della conversione, nelle terre di Russia il consumo di carne era più abbondante ed esclusivo. Poi, una volta che prese piede il Cristianesimo, più o meno attorno all’anno 1000, cominciarono a farsi sentire i rigori della Chiesa Ortodossa che fra l’ altro  si esprimevano  anche con l’obbligo del digiuno per circa la metà dei giorni dell’anno. A quel punto o si moriva di fame o si aguzzava l’ingegno! Così  oltre al consumo del pesce, dei frutti di bosco e della frutta secca aumentò in misura sensibilissima il consumo di verdure e cereali, tutti alimenti che fortunatamente non rientravano  fra i cibi  proibiti. E’ per questo che se chiedete ancora oggi a un russo di definire in sintesi, l’essenza della cucina russa vi sentirete rispondere Tshi e Kasha, cioè zuppa e porridge o se vogliamo anche una sorta di budino o addirittura una specie di polenta, a far da base. Mentre la zuppa di cavolo è sempre stata una caratteristica della cucina popolare più tipica che, per tutto il XX secolo, ha seguitato a impregnare d’odore  i tristi condomini dei Soviet, più differenziata  è stata la sorte della Kasha che, nel suo infinito trasformismo  fra dolce e salato è riuscita a raggiungere  spesso anche le cucine dei nobili. Già nel XIII secolo, le cronache del tempo raccontano che a Toropetz, nel 1239, in occasione  delle nozze del Principe Alexander Jaroslavic con Alexandra Bryatchilav di Poloc fu organizzata una grande festa dominata  dalla Kasha al cui interno  si mischiò di tutto, dai fomaggi, al miele  dalle noci ai deliziosi frutti di bosco e, perché no, anche la carne, perché sicuramente, quello non era giorno di digiuno. La festa dei giovani principi doveva essere stata molto bella, ma dopo non ebbero più  molto tempo a disposizione.

Alexander fu improvvisamente chiamato dalla Città di Novgorod per difendere le terre a Nord Ovest, minacciate dagli svedesi e dai tedeschi. Con un senso del tempismo, eccezionale per un ragazzo di appena 20 anni, li attaccò mentre goffi e impacciati stavano scendendo dalle navi, alla confluenza dei Fiumi Izora e Neva e fu una grande vittoria. Ai tedeschi e agli svedesi passarono  le velleità di invadere la Russia, anche se poi, qualcuno  di corta memoria, nei secoli a venire ci riprovò, ma senza molto successo. Per Akexander fu un trionfo e da quel momento e per tutti i secoli a venire fu Nevski, in ricordo del fiume deve si era svolta la battaglia.Nevsky

Ma la gratitudine umana, non dura a lungo e, passato il pericolo, i Boiari, cioè  i nobili  di Novgorod si schierarono contro Alexander, che fu costretto ad andarsene. Ma  chissà le risate che si  fece quando dopo pochi mesi lo chiamarono di nuovo perchè stavano arrivando i Cavalieri Tteutonici, quelli che  mettevano paura già  da lontano solo a vederli con quei minacciosi mantelli bianchi e quegli luccicanti elmi che sembravano maschere crudeli di vampiri o della morte stessa.

Ma anche stavolta la tattica di Alessandro fu geniale. Al primo attacco, su una strettoia del Lago Peipus ancora ghiacciato, finse di ritirarsi e situò i suoi fanti,- tutto il popolo di Novgorod che poco sapeva di armi, ma parecchio  di Patria – in una posizione di discreto vantaggio, in modo da cominciare a sfibrare i Cavalieri Teutonici  terribilmente a disagio su quel ghiaccio scivoloso. Poi dopo 3 ore comandò l’attacco degli arceri mongoli sino a quel momento tenuti nascosti. Solo alla fine, tirò fuorilal sua cavalleria, come l’asso della manica. Al solo vederla i Cavalieri Teutonici, già con molte perdite, batterono in ritirata, ma l’unica via di fuga ormai era solo il lago ghiacciato. Era Aprile e  anche per la  fredda  Russia cominciava il disgelo. Appesantita dalle pesanti armature e  dai cavalli spaventati, la sottile coltre di ghiaccio cedette.  Una surreale, tormentata, drammatica visione di tutto quel bianco che si confondeva, si mischiava, si agitava e scmpariva  nel ghiaccio crepitante e nell’acqua gelida. Così tanti anni dopo ce l’ha restituita Sergej Eisenstein e ogni volta che si rivede la scena del film  è sempre sgomento e commozione.

Niewski  tornò a Novgorod e da quel momento ci rimase, come Principe. Ma  doveva essere  anche molto contento  e fiero della popolazione,  che aveva lasciato l’intera città sguarnita, per correre in battaglia e rischiare il tutto per tutto. Così tutti assieme fecero una festa memorabile di cui gli annali del tempo non hanno potuto fare a meno di segnalare il banchetto  che fu tutto a base di tanti diversi Kasha.

hess-battaglia-di-malo-iaroslawetzIl tempo passa sulla Russia, ma la Kasha seguita ad avere un suo posto d’onore anche quando Pietro il Grande nel 1700, si avvicina all’Europa per rendere un pò più civile quel suo popolo rimasto testardamente al Medioevo. Poi addirittura, pochi decenni più tardi, la Kacha riceve una nuova patente di nobiltà da parte del Ministro delle Finanze dello Czar, il nobile Dimitri  Gurev, che per avendo salvato la moneta russa dalla spregiudicata azione di Napoleone tutta tesa a indebolirla, durante la Campagna di Russia, finì alla fine per essere ricordato per una versione tutta sua e tutta particolare di questa strana ricetta, che nasce come piatto del popolo, sfruttando tutti i numeroso cereali che la Russia produce e poi finisce, quasi inevitabilmente, per appassionare i nobili di turno, che probabilmente vedono in essa lo spirito indomito dell’anima russa.  E visto che, oramai la fama del cuoco, il ministro se l’è fatta scegliamo fra le tante versioni della Kasha, proprio la sua ,

GUREVSKAIA  KASHA

Portate a bollore 0,7- 0,8 di litro di latte, aggiungete 50 grammi di zucchero in polvere, 5 grammi di sale e rimescolate. Lasciate cadere a pioggia 200 grammi di semolino gurevskaia-kashamescolando rapidamente. Quando la kasha comincera’ ad addensarsi abbassate il fuoco e cuocere ancora per 10 minuti continuando a rimescolare. Fuori del fuoco aggiungete 40 grammi di burro, 4 bianchi d’uovo sbattuti insieme a 80 grammi di zucchero in polvere, 40-50 grammi di nocciole tritate finemente e un po’ di vaniglina. Mescolate attentamente e versate il composto in 3 teglie o pirofile poco profonde. Pareggiate le superfici, coprite di zucchero in polvere e carmellatelo con l’aiuto di una griglia cadissa. Mettete le teglie in forno caldissimo per 5-7 minuti.

Togliete la kasha cotta dalle teglie e passate alla preparazione della panna. Prendete una pentola larga e bassa, versatevi del latte e mettetela in forno caldo. Quando la panna venuta alla superfice sara’ colorita toglietela e mettetela da parte. Rimettete la teglia nel forno e togliete nuovamente la panna colorita.

Accomodate le tre porzioni di kasha in un piatto una sull’altra mettendo la panna cotta tra l’una e l’altra. Decorate l’ultimo strato con frutta cotta o sciroppata mele, pere, pesche, bacche e nocciole e mandorle trittate. Innaffiate con sciroppo di fragole o lamponi (si puo’ usare lo sciroppo pronto o prepararlo allungando con acqua un po’ di marmellata).

Alcuni preparano la kasha du Gurev senza panna. E’ piu’ rapido ed e’ buona lo stesso. In questo caso la kasha si serve direttamente nelle pirofile decorandone la superfice.

Si serve con latte freddo.

2004-11-novgorod2