Karlovarské Oplatki

carlo_iv_imperatore_sacro_romano_impero_01_800_800Doveva trattarsi di una di quelle grandiosi cacce medievali, tutto splendore e spensierata gaiezza, cone le vediamo ritratte nei quadri e  negli arazzi degli artisti contemporanei e di quelli che vennero dopo. La caccia, fin dall’antichità,  fu uno dei principali divertimenti dei nobili e dei Sovrani e piaceva molto anche a Carlo IV, Imperatore del Sacro Romano Impero e uno degli uomini più potenti del suo tempo. Si racconta che, durante la caccia, mentre inseguiva un cervo per le verdi foreste di Boemia, lo vide all’improvviso, come in un maleficio, restare avvolto in un alto  zampillo d’acqua e in una nuvola di caldo vapore che tutto attorno si andava formando. Cosa ne fu del cervo la storia non lo dice, ma Carlo IVe la sua corte avevano scoperto  l’acqua miracolosa, che fu prontamente impiegata per risanare la gamba malata dell’Imperatore. Di Carlo IV complessivamente non si può dire che fu un cattivo sovrano, magari un po’ intrigante, ma per il resto, amava le arti, fondò l’Università, costruì il famoso ponte detto appunto “Il Ponte di Carlo” e lo stesso Petrarca, che lo andò a trovare a Praga, restò  favorevolmente colpito dalla raffinatezza della sua corte. Ma per tutta la vita Carlo IV ebbe il problema dei soldi. Probabilmente tutto era cominciato con l’elezione a Imperatore del Sacro Romano Impero, per la quale aveva dovuto pagare delle cifre scandalose ai Principi Elettori…poi, forse non riuscì più a scrollarsi di dosso i debiti e per t tutti gli anni a venire seguitò ad andare a caccia del danaro. Ne  seppero qualcosa i Comuni Italiani, che per essere solo  lasciati un po’ in pace,  gli dovettero pagare  somme ingenti appena si affacciò nel Nord Italia, per riandarsene quasi subito! Così, quando gli capitò di scoprire quelle calde acque in terra di Boemia, Carlo pensò subito a quanto gli potevano fruttare e, avviata una bella speculazione  edilizia, costruì la città di Karlsbad e inaugurò la stagione delle terme.  Fu subito un gran successo economico, ma Karlsbad, che più tardi si chiamerà Karlovy Vary e tutte le altre deliziose località termali della zona, la fama internazionale la conquistarono nel 19° Secolo. Prima c’era già stato Pietro il Grande, ma a lanciarla in grande stile fu  Metternich  che, nel 1819 ci tenne una famosa Conferenza con i  Ministri più reazionari dell’epoca. Ne uscirono fuori i “Deliberati di Karlsbad” , un documento che mise  in crisi per parecchi anni le spinte indipendentistiche dei popoli Europei, ma misecervo il nome della città sulle bocca di tutti. Poi arrivarono i  tanti personaggi illustri, aristocratici, pensatori, statisti, compositori. Di sicuro un pò  si saranno pure sentiti male, ma soprattutto volevano ritrovarsi in uno dei luoghi più chic e alla moda della Mitteleuropa. Qui vennero Beethoven, Chopin, Goethe, Dostoevskij e tanti altri, compreso Carl Marx, che in zona ha un museo tutto per sé.

Il xx secolo  fu più travagliato. Dopo la 1° guerra mondiale passò alla Cecoslovacchia e si chiamò Karlovy Vary, poi arrivò Hitler che se la riportò  in Germania  con i Sudeti e  divenne nuovamente Karlsbad, poi alla fine della 2° guerra mondiale tornò in Cecoslovacchia e cambiò nuovamente nome. Adesso è nella Repubblica Ceca, ma il nome non l’ha più cambiato e  non  le converrebbe nemmeno,  visto che, dal 1946, è sede  del  prestigioso Festival Internazionale del Cinema  di Karlovy Vary.

Tutta rimessa a nuovo, nello splendore delle facciate barocche, dei portici neoclassici  e di quelli di ghisa traforata, Carlovy Vary  ha sempre tanto  da offrire. 80 fonti  per 12 sorgenti d’acqua calda e una  tredicesima fonte che  è il famoso liquore Becherovka.  E poi vetrerie, porcellane, la   cristalleria senza  piombo di Moser e tanti concerti. Una volta fino a qualche decennio fa era famosa anche per le sue deliziose “Orchestre di Dame” che allietavano i commensali dei migliori ristoranti… Delle tradizioni di un tempo sono rimaste le famose “Cialde di Karlovy Vary”  che, in qualunque altro posto  del mondo sono per lo più un complemento  ai dolci, al caffè, alla panna, ma che qui invece brillano di luce propria sotto il nome di “Karlovarskè Oplatki”, a cui nel 2011  è stata riconosciuta a livello europeo l’IGP (Indicazione Geogafica protetta), anche se per qualche tempo ancora seguiteranno a esistere  anche le “Karlsbader Oblaten”,  prodotte in Germania e Austria.

66036_Papel-de-Parede-Praga-ao-Anoitecer-Republica-Checa_1280x960La Karlovarské Oplatki originali  sono costituite da due dischi sottili di circa 19 cm di diametro, «incollati» l’uno all’altro, con disegni a rilievo. Il bordo esterno è decorato con un ramo a piccole foglie, di una larghezza di 30 mm  e all’interno di questo bordo si legge, disposta in cerchio, l’iscrizione «Karlovarské Oplatky» di larghezza minima di 20 mm. Al centro della cialda  i due simboli di Karlovy Vary, su un lato la fonte termale  e sull’alto il cervo,  in ricordo del mitico cervo di Carlo IV.

Così come numerosissime sono le imitazioni dei disegni e delle dimensioni delle  Karlovarské Oplatki, altrettanto numerose sono le varianti di preparazione. Della stessa ricetta originale  esistono due versioni di cui una  è costituita da una pastella a base di farina a cui si aggiungono le nocciole  e un’ altra  preparata con l’aggiunta di mandorle, cacao, vaniglia o cannella. Ma ciò che rende  le Karlovarské Oplatki uniche, inimitabili e insostituibili è l’Acqua termale di Karlovy Vary con cui si prepara l’impasto. In genere, nelle altre cialde, l’acqua neppure si adopera.4659050564_e946c6ee4d

Nella difficoltà, come nel caso di altre ricette famose tipo la Sachertorte, di avere ingredienti e dosi precise si apre, per chi volesse  la cialde originali, la possibilità  di andarle a mangiare in loco e forse sarebbe la migliore  soluzione.

In tutti gli altri casi, ecco un’ottima ricetta per cialde, dai mille usi e dall’ottimo sapore:

CIALDE DA DESSERT O DA GELATO:

INGREDIENTI (per 4 – 6 cialde): 100 grammi di zucchero, 20 grammi di farina, 40 grammi di burro, 2 albumi, 70 grammi di mandorle pelate.

PREPARAZIONE; far fondere 20 grammi di burro a bagnomaria in un tegamino.Poi spezzettate le mandorle in una ciotola. Sbattete in una terrina gli albumi con la forchetta,senza montarli. Aggiungete la farina, lo zucchero e il burro fuso. Mescolate amalgamando bene gli ingredienti e unite le mandorle spezzettate.

Distribuite il composto sopra la placca da forno imburrata,a cucchiaiate, ben distanziate l’una dall’altra. Appiattite i mucchietti di impasto con le dita dando loro una forma rotonda e sottile del diametro di circa 12 centimetri ciascuna.

Cuocete nel forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti e  fino a quando  le cialde saranno dorate.

Togliete la placca dal forno e staccate le cialde con una spatola.

Servitele in accompagno al gelato, alla crema o altro dolce a cucchiaio.

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KASHA, DALLA RUSSIA CON AMORE!

DownloadedFilePrima della conversione, nelle terre di Russia il consumo di carne era più abbondante ed esclusivo. Poi, una volta che prese piede il Cristianesimo, più o meno attorno all’anno 1000, cominciarono a farsi sentire i rigori della Chiesa Ortodossa che fra l’ altro  si esprimevano  anche con l’obbligo del digiuno per circa la metà dei giorni dell’anno. A quel punto o si moriva di fame o si aguzzava l’ingegno! Così  oltre al consumo del pesce, dei frutti di bosco e della frutta secca aumentò in misura sensibilissima il consumo di verdure e cereali, tutti alimenti che fortunatamente non rientravano  fra i cibi  proibiti. E’ per questo che se chiedete ancora oggi a un russo di definire in sintesi, l’essenza della cucina russa vi sentirete rispondere Tshi e Kasha, cioè zuppa e porridge o se vogliamo anche una sorta di budino o addirittura una specie di polenta, a far da base. Mentre la zuppa di cavolo è sempre stata una caratteristica della cucina popolare più tipica che, per tutto il XX secolo, ha seguitato a impregnare d’odore  i tristi condomini dei Soviet, più differenziata  è stata la sorte della Kasha che, nel suo infinito trasformismo  fra dolce e salato è riuscita a raggiungere  spesso anche le cucine dei nobili. Già nel XIII secolo, le cronache del tempo raccontano che a Toropetz, nel 1239, in occasione  delle nozze del Principe Alexander Jaroslavic con Alexandra Bryatchilav di Poloc fu organizzata una grande festa dominata  dalla Kasha al cui interno  si mischiò di tutto, dai fomaggi, al miele  dalle noci ai deliziosi frutti di bosco e, perché no, anche la carne, perché sicuramente, quello non era giorno di digiuno. La festa dei giovani principi doveva essere stata molto bella, ma dopo non ebbero più  molto tempo a disposizione.

Alexander fu improvvisamente chiamato dalla Città di Novgorod per difendere le terre a Nord Ovest, minacciate dagli svedesi e dai tedeschi. Con un senso del tempismo, eccezionale per un ragazzo di appena 20 anni, li attaccò mentre goffi e impacciati stavano scendendo dalle navi, alla confluenza dei Fiumi Izora e Neva e fu una grande vittoria. Ai tedeschi e agli svedesi passarono  le velleità di invadere la Russia, anche se poi, qualcuno  di corta memoria, nei secoli a venire ci riprovò, ma senza molto successo. Per Akexander fu un trionfo e da quel momento e per tutti i secoli a venire fu Nevski, in ricordo del fiume deve si era svolta la battaglia.Nevsky

Ma la gratitudine umana, non dura a lungo e, passato il pericolo, i Boiari, cioè  i nobili  di Novgorod si schierarono contro Alexander, che fu costretto ad andarsene. Ma  chissà le risate che si  fece quando dopo pochi mesi lo chiamarono di nuovo perchè stavano arrivando i Cavalieri Tteutonici, quelli che  mettevano paura già  da lontano solo a vederli con quei minacciosi mantelli bianchi e quegli luccicanti elmi che sembravano maschere crudeli di vampiri o della morte stessa.

Ma anche stavolta la tattica di Alessandro fu geniale. Al primo attacco, su una strettoia del Lago Peipus ancora ghiacciato, finse di ritirarsi e situò i suoi fanti,- tutto il popolo di Novgorod che poco sapeva di armi, ma parecchio  di Patria – in una posizione di discreto vantaggio, in modo da cominciare a sfibrare i Cavalieri Teutonici  terribilmente a disagio su quel ghiaccio scivoloso. Poi dopo 3 ore comandò l’attacco degli arceri mongoli sino a quel momento tenuti nascosti. Solo alla fine, tirò fuorilal sua cavalleria, come l’asso della manica. Al solo vederla i Cavalieri Teutonici, già con molte perdite, batterono in ritirata, ma l’unica via di fuga ormai era solo il lago ghiacciato. Era Aprile e  anche per la  fredda  Russia cominciava il disgelo. Appesantita dalle pesanti armature e  dai cavalli spaventati, la sottile coltre di ghiaccio cedette.  Una surreale, tormentata, drammatica visione di tutto quel bianco che si confondeva, si mischiava, si agitava e scmpariva  nel ghiaccio crepitante e nell’acqua gelida. Così tanti anni dopo ce l’ha restituita Sergej Eisenstein e ogni volta che si rivede la scena del film  è sempre sgomento e commozione.

Niewski  tornò a Novgorod e da quel momento ci rimase, come Principe. Ma  doveva essere  anche molto contento  e fiero della popolazione,  che aveva lasciato l’intera città sguarnita, per correre in battaglia e rischiare il tutto per tutto. Così tutti assieme fecero una festa memorabile di cui gli annali del tempo non hanno potuto fare a meno di segnalare il banchetto  che fu tutto a base di tanti diversi Kasha.

hess-battaglia-di-malo-iaroslawetzIl tempo passa sulla Russia, ma la Kasha seguita ad avere un suo posto d’onore anche quando Pietro il Grande nel 1700, si avvicina all’Europa per rendere un pò più civile quel suo popolo rimasto testardamente al Medioevo. Poi addirittura, pochi decenni più tardi, la Kacha riceve una nuova patente di nobiltà da parte del Ministro delle Finanze dello Czar, il nobile Dimitri  Gurev, che per avendo salvato la moneta russa dalla spregiudicata azione di Napoleone tutta tesa a indebolirla, durante la Campagna di Russia, finì alla fine per essere ricordato per una versione tutta sua e tutta particolare di questa strana ricetta, che nasce come piatto del popolo, sfruttando tutti i numeroso cereali che la Russia produce e poi finisce, quasi inevitabilmente, per appassionare i nobili di turno, che probabilmente vedono in essa lo spirito indomito dell’anima russa.  E visto che, oramai la fama del cuoco, il ministro se l’è fatta scegliamo fra le tante versioni della Kasha, proprio la sua ,

GUREVSKAIA  KASHA

Portate a bollore 0,7- 0,8 di litro di latte, aggiungete 50 grammi di zucchero in polvere, 5 grammi di sale e rimescolate. Lasciate cadere a pioggia 200 grammi di semolino gurevskaia-kashamescolando rapidamente. Quando la kasha comincera’ ad addensarsi abbassate il fuoco e cuocere ancora per 10 minuti continuando a rimescolare. Fuori del fuoco aggiungete 40 grammi di burro, 4 bianchi d’uovo sbattuti insieme a 80 grammi di zucchero in polvere, 40-50 grammi di nocciole tritate finemente e un po’ di vaniglina. Mescolate attentamente e versate il composto in 3 teglie o pirofile poco profonde. Pareggiate le superfici, coprite di zucchero in polvere e carmellatelo con l’aiuto di una griglia cadissa. Mettete le teglie in forno caldissimo per 5-7 minuti.

Togliete la kasha cotta dalle teglie e passate alla preparazione della panna. Prendete una pentola larga e bassa, versatevi del latte e mettetela in forno caldo. Quando la panna venuta alla superfice sara’ colorita toglietela e mettetela da parte. Rimettete la teglia nel forno e togliete nuovamente la panna colorita.

Accomodate le tre porzioni di kasha in un piatto una sull’altra mettendo la panna cotta tra l’una e l’altra. Decorate l’ultimo strato con frutta cotta o sciroppata mele, pere, pesche, bacche e nocciole e mandorle trittate. Innaffiate con sciroppo di fragole o lamponi (si puo’ usare lo sciroppo pronto o prepararlo allungando con acqua un po’ di marmellata).

Alcuni preparano la kasha du Gurev senza panna. E’ piu’ rapido ed e’ buona lo stesso. In questo caso la kasha si serve direttamente nelle pirofile decorandone la superfice.

Si serve con latte freddo.

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