Così scriveva al suo Convento in Spagna, un Gesuita del secolo XVI inviato nel Nuovo Mondo ad evangelizzare gli Indios. “Disgustosa per coloro che non la conoscono… Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. .. Gli Spagnoli…. che si sono abituati …sono molto golosi. Dicono di prepararne diversi tipi …e di aggiungervi parecchio Chili.
Per gli Europei era ancora un oggetto un pò misterioso, ma in Centro America c’era almeno dal 6000 a. C. e da 1500 anni Maya e Aztechi la coltivavano. E l’avevano tenuta anche in grande considerazione.
L’avevano usata per esempio come unità di misura, di conto e moneta di scambio. Con un solo seme ti davano 4 pannocchie, con tre semi una zucca, 100 semi erano necessari per una canoa, ma bastavano soltanto 6 semi per comprare una notte d’amore Si dice di Montezuma, che avesse addirittura un miliardo di semi nei sotterranei del suo palazzo.
Secondo i medici aztechi era indispensabile per curare alcune malattie del corpo, ma soprattutto per le malattie della mente. E forse non avevano tutti i torti perché, oggi, i medici, consigliano la cioccolata ai depressi perchè riesce a dar loro la carica e a liberarli di un pò di malinconia.
Gli Aztechi erano convintissimi che quella pianta, dal grosso frutto pieno di semi, che cresceva rigogliosa nell’ombra della foresta, gliel’avesse portata in dono, tanto tempo prima, il Dio Quetzcoatl e, proprio per questo motivo, la bevanda che ne avevano ricavato la chiamavano “Bevanda degli dei.” Anche in questo caso dovevano aver ragione loro perché se ne convinse perfino Linneo, che quando si trattò di dargli un nome scientifico la chiamò “Theobroma cacao L”, sicuro che in qualche occasione se ne fossero cibati gli Dei.
Dove invece i nativi americani ci indovinavano davvero poco, erano le Profezie. Sicuramente tutti ricordano che avevano previsto la fine del Mondo nel 2012, che fortunatamente poi non c’è stata. Ma sfortunatamente per loro avevano previsto anche che Quetzcoatl sarebbe tornato sulla terra nel 1519. Disgrazia volle che proprio in quell’anno arrivasse invece dalla Spagna Herman Cortes. Quando se lo videro davanti, con quegli strani vestiti e una lingua sconosciuta, Montezuma e la sua corte credettero veramente al ritorno di Quetzcoatl e non finivano più di fargli cortesie. Così prima gli offrirono un bel bicchiere di cioccolata per ristorarlo dal viaggio e subito dopo Montezuma in persona regalò a Cortes addirittura un’intera piantagione di cacao.
Si sa come andò a finire. Oltre a distruggere il Regno e ad ammazzare Montezuma, quel soldataccio di Cortes si prese anche le piante del cacao e tutto tronfio ne fece dono a Carlo V.
All’inizio, in Europa, il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, così come i Conquistadores avevano visto fare agli Aztechi, mischiandola al pepe e al peperoncino. Poi i monaci spagnoli, grandi esperti di infusi d’erbe e di miscele, visto che quella bevanda era troppo amara, ci tolsero il chili e il pepe e ci aggiunsero zucchero e vaniglia. Era nato il cioccolato dolce e da quel momento in poi in Europa lo vollero tutti.
I Conquistadores si erano portati via, fra piante strane, animali esotici e quintali d’oro, quasi mezza America, ma alla fine portarono anche loro qualcosa nel Nuovo Mondo, la vite per esempio o gli animali d’allevamento, come le mucche, le pecore e il pollo… Chissà, forse per non sentire troppo la nostalgia di casa! Comunque, almeno in cucina, ci fu l’incontro di due culture perchè per il resto, dopo la crudeltà degli Spagnoli, della cultura india rimaneva poco.
Oggi la cucina messicana è ricchissima e molto conosciuta, ma occorre fare diverse distinzioni. Da una parte c’è quella, frutto di diverse e recenti contaminazioni con i paesi vicini, come la Cal Mex e la Tex Mex, che hanno dato vita ai piatti più noti come i Nachos, i Burritos e le Quesadillas, cibi piacevolissimi, ma ormai tipici dei fast food e dei take -away.
Poi c’è quella, conosciuta come “Comida Prehispanica”, che è stata la meno soggetta all’incontro con il cibo spagnolo e, anche se ancora è conosciuta, viene però riservata ai ristoranti specializzati o a particolari aree geografiche dove la tradizione si è mantenuta più viva. Oltre ai più noti e tipici vegetali, usa alimenti poco comuni come le iguane, i serpenti a sonagli, i cervi, le scimmie ragno e alcuni insetti, cucinati ancora nello stile maya e azteco, come ad esempio le chapulines (cavallette) di Oaxaca, fritte nell’aglio con due tipi di peperoncino.
Infine c’è quella che si dichiara più autenticamente messicana ed è effettivamente nata dalla fusione e dall’incrocio dei modi della cucina spagnola e delle vecchie usanze precolombiane. Di questa non esiste un’ unica tipologia perché naturalmente c’è una notevole differenza fra le zone interne e quelle costiere, ma se, da una parte, sicuramente come eredità spagnola, si ritrovano tipi di carne come il manzo, il pollo o il maiale, dall’altra, l’influenza indigena, sarà sempre possibile rintracciarla nel chili, nei peperoni, nel mais e nel cioccolato. Come rappresentante tipico di questo stile di cucina è stato scelto un piatto famoso, il “Pollo mole poblano”, nato a Puebla, sembra nel XVI secolo. Si racconta che le suore del convento Santa Rosa furono colte di sorpresa per l’inaspettata visita del Vescovo. Per servirgli un pasto adeguato alla sua carica, presero allora alla rinfusa tutti gli ingrediente e le spezie che trovarono nella dispensa, li mischiarono e riuscirono a fare una ricchissima salsa, al cioccolato, con la quale condirono l’unico volatile che possedeva il convento, realizzando così un anticipato esempio di cucina fusion col pollo spagnolo e il cioccolato azteco.
RICETTA DEL POLLO MOLE POBLANO per 4 persone
INGREDIENTI: 1 pollo, 1 peperoncino ancho, 1 peperoncino guajillo, 60 grammi di sesamo tostato, 25 grammi di mandorle, 25 grammi di arachidi non salate e senza buccia, 1/2 cipolla, 1 spicchio di aglio, 2 cucchiai di olio di mais, 25 grammi di salsa di pomodoro, 1/2 banana platano, 1/2 cucchiaino di coriandolo, 1 manciata di semi di finocchio, 3 chiodi di garofano, 1 cucchiaino di cannella, 50 grammi di cioccolato fondente, 1 cucchiaio di zucchero, 250 grammi di riso long rain, uvetta sultanina una manciata, tortilla q.b.
PREPARAZIONE: lessate un pollo. Quando è cotto spolpatelo eliminando pelle e ossa, sfilettate la polpa e mettetela da parte.
Private i peperoncini dei semi, e scottateli in un tegame antiaderente. Metteteli poi a bagno in acqua calda per 30 minuti per farli ammorbidire.
Fate dorare la cipolla dorata con l’aglio e i chiodi di garofano, aggiungete i peperoncini scolati e tritati, il sesamo tostato, le mandorle e le arachidi dopo averle tostate, l’uvetta sultanina rinvenuta in acqua tiepida e strizzata, la banana platano tagliata a rondelle e fritta in precedenza. Aggiungete la cannella, il coriandolo,i semi di finocchio, lo zucchero e la tortilla a pezzi.
Completate con la salsa di pomodoro,il cioccolato sbriciolato e fate restringere la salsa per un’ora. Al termine frullatela nel mixer.
Lessate il riso e disponetelo su un piatto da portata. A lato sistemate il pollo e conditelo con la salsa al cioccolato.