Avevano più di 800 anni e molti non le sopportavano più. Gli abitanti dei dintorni si lamentavano del degrado e della confusione che si trascinava tutta la notte fra le grida dei venditori, il traffico impazzito e la piccola malavita che strappava i portafogli. Quanto all’igiene non ne parliamo proprio, con tutti quegli scarti alimentari che finivano in mezzo alla strada. Poi c’erano i bistrot, quelli fumosi, scuri, con le panche consunte, che stavano aperti tutta la notte e dove fra le 4 e le 5 del mattino, dopo la chiusura del mercato, arrivava il maggior numero di clienti per togliere le ultime velleità di sonno ai cittadini. Quella Movida “ante litteram” anni ’60 dove i turisti si mescolavano ai camionisti, sembrava solo gettare discredito alla città che, proprio allora, stata riconquistando il gusto della sua tradizionale “grandeur” proiettata tutta verso il futuro Era dunque ora che il famoso mercato di Parigi se ne andasse.
Les Halles provarono a resistere qualche anno, ma furono inesorabili e nel 1969, tutte le attività commerciali furono trasferite fuori città. Erano rimasti i 12 padiglioni e a quelli i parigini erano affezionati. Ci si rese conto ben presto che poteva essere molto chic ospitarvi mostre, spettacoli teatrali, concerti e negozi di antiquariato. Sorse anche un movimento di opinione capeggiato da persone del mondo artistico e dell’Intellighentia Parigina come Henri Cartier Bressson, Serge Gainsbourg, Robert Doisneau, Claude Challe, ma non ci fu niente da fare. George Pompidou, il Presidente che si sentiva Napoleone, voleva aprirvi un Centro Commerciale e così nel 1971, come se si trattasse di una sfida iconoclasta, i padiglioni furono rasi al suolo.
La storia era cominciata nel 1135 quando Luigi VII , detto “Le Gros” per la sua obesità e sempre molto attratto da tutto quello che aveva a che fare con il cibo, decise di spostare il vecchio mercato da Place de Greve nello spazio pianeggiante di Le Champeaux, appena sottratto alla palude. Il posto per la sua ampiezza e la sua centralità era ottimo e, ben presto, all’iniziale vendita di frutta e verdura, si aggiunse quella dei tessuti e delle pelli. Era diventato difficile mantenere il mercato tutto all’aperto, considerato anche il rigido clima invernale e, allora, nel 1185 ci pensò un altro Re, Filippo Augusto, a costruire due edifici per dare un po’ di conforto alla merce e ai venditori. Il resto fu edilizia spontanea, quando qualche anno dopo il re comprò altri terreni in zona. Furono allora proprio i commercianti a costruirvi sopra i loro banchi di vendita a forma di casetta che, dovevano dare al mercato un aspetto buffo e caratteristico insieme, come di un improbabile piccolo paese inserito nella grande città. In ogni caso che il mercato prosperasse , si ingrandisse e dell’importanza che avesse nella vita quotidiana di Parigi, lo si può dedurre anche dal fatto che risale, a quel periodo, l’esigenza di stabilire, per legge, le prime regole igieniche per commerciare carne, pane e vino.
Per i successivi due secoli, non è facile trovare cronache o eventi che parlino del mercato, sino a quando, verso la metà del 1500, si ricomincia a parlare di ristrutturazione. I vecchi edifici non ce la fanno più ed è il re Francesco I° che, nel 1542, avvia i lavori con un impianto tutto basato su criteri di efficienza e di razionalità rinascimentale, in cui, il pianterreno diventò tutto una fuga di gallerie e porticati che garantivano spazi e luce adeguati alle attività commerciali. Peccato per Francesco che non lo vide finito perché morì pochi anni dopo e il nuovo mercato fu terminato solo nel 1573.
Bisogna aspettare il 1780 per avere nuove notizie dal mercato. Da tempo immemorabile vicino al mercato c’era il vecchio Cimitièr des Innocents, destinato ovviamente solo ai poveri, perchè i ricchi, come si sa, venivano seppelliti in Chiesa. Da tempo si diceva che i resti e le colate di calce inquinavano le falde acquifere con grande pericolo di epidemie per la città, ma fu solo alla fine del 18° secolo che si decisero a chiuderlo. Si parlò allora di visioni terrificanti, quando furono aperte le fosse comuni per trasferirle altrove, ma ancora oggi si dice che i fantasmi del cimitero erano rimasti sotto il mercato de Les Halles, che si era ampliato sopra gli spazi lasciati liberi.
La storia più recente del glorioso mercato ci porta direttamente nel 19° secolo. Les Halles erano di nuovo troppo anguste per le esigenze del 2° Impero e sia l’imperatore che la capricciosa imperatrice Eugenia, volevano essere all’avanguardia in tutti i settori della vita civile. Così affidarono a Victor Baltard il compito di riprogettare il mercato. All’inizio le cose sembrava si mettesero male per il povero architetto perchè l’imperatrice, che aveva girato il mondo, aveva visto le nuove strutture vetrate poggiate sulle esili colonnine di ghisa lavorata e rifiutò il progetto di pietra. Fu allora che Baltard si inventò i 10 padiglioni singoli allineati e tutti uguali, (negli anni ’30 sarebbero diventati 12) divisi da una strada centrale. Erano strutture aeree, luminosissime, dove il vetro era tenuto dal ferro e insieme davano vita ad archi,cupole,pareti trasparenti che poi diventarono una caratteristica persistente dell’architettura pubblica sino all’inizio del’900.
Ma non bastò dargli una nuova struttura per dare un nuovo volto al mercato. Esso, nel tempo si era guadagnata la fama noir di sottobosco della malavita, di traffici illeciti e di luogo dove si rifugiavano i disgraziati appena usciti di galera. E’ qui infatti che Emile Zola il più grande fra gli scrittori realisti dell’800, ambientò uno dei suoi romanzi più noti “Il ventre di Parigi”.
E la cattiva fama il Mercato se l’era tirata appresso anche nel 20° secolo e questo fu uno dei motivi principali per cui prima cacciarono i mercanti e poi lo rasero al suolo.
Pompidou progettò dunque il suo grandioso centro commerciale nel grande spazio lasciato libero che, con un po’ di prosopopea tutta francese, fu chiamato il “Forum de Les Halles”e fu terminato nel 1981. Ma Pompidou non ebbe il piacere di vederlo perché era morto nel 1974. In compenso la nuova opera, tutta vetri ricurvi, affacciati sul grande spazio vuoto davanti a sé non piacque a nessuno e ben presto, specie la sera, divenne un luogo cupo abbandonato a se stesso dove era pericoloso andare per tutti i traffici della mala che ospitava e i disgraziati che ci passavano la notte. Quando si dice il destino! Nemmeno la stazione della Metro sotterranea Chatelet, vanto dei parigini perché è la più grande del mondo, nel suo genere, si sottrae alla maledizione. Si dice che molto spesso si sentono i lamenti, le grida e le tristi risate dei tanti fantasmi del cimitero che non se ne voluti andare e ora assistono impotenti all’invasione del loro spazio silenzioso da parte dei treni e del popolo dei pendolari che l’invade dalla mattina alla sera. Si dice che sono circa 800 mila persone al giorno che passano per la stazione a disturbare i morti.
Nel 2007, la grande decisione! Distruggiamo il Foro de Les Halles. Crisi o non crisi, quasi tutti sono stati d’accordo. Le grandi vetrate sono già state rase al suolo, in fretta, come una colpa da nascondere e un rimpianto dei vecchi padiglioni che nessuno potrà riportare in vita. Per il 2016 la nuova struttura, che sarà soprattutto un parco e una grande tettoia, sarà completata. Forse andrà meglio, ma le voci, l’allegria, le notti bianche del vecchio mercato, quelle non le potrà restituire nessuno. Ci sono ancora un po’ di locali romantici e vecchiotti nel quartiere e forse, prima che scompaiano anche loro, sarà il caso di andarci per una di quelle favolose zuppe di cipolle, che solo col loro profumo possono, almeno per un momento, riportarci nell’atmosfera del magico Mercato de Les Halles.
INGREDIENTI: 800 grammi di cipolle bianche o dorate, un litro e mezzo di brodo di carne preparato con carne di manzo e e osso di manzo con midollo, 30 grammi di burro, 1 cucchiaio di burro,1 bicchiere di vino bianco, 2 cucchiai di farina, 100 grammi di pane tostato, 100 grammi di Gruyere, 1 foglia di alloro, timo, sale, pepe.
PREPARAZIONE: pelare le cipolle e tagliarle a fette sottili. Scaldare insieme, in una casseruola, olio e burro, unirvi le cipolle e, a fuoco basso, farle appassire, senza bruciare e mescolando spesso, per circa 40 minuti. Aggiustarle di sale e pepe e a metà cottura aggiungere la farina, seguitando a mescolare. Bagnare con il vino, sfumare e infine aggiungere il brodo. Poi chiudere in un sacchetto di garza l’alloro e il timo e immergerlo nel brodo. Alzare la fiamma e, quando inizia l’ebollizione, abbassarla di nuovo, mettere il coperchio e lasciar cuocere per circa 3/4 di un’ ora. Nel frattempo tagliare il pane a fette sottili, tostarlo in forno e poi cospargerlo di burro da entrambi i lati. Togliere la pentola dal fuoco ed estrarre il sacchetto di garza con gli aromi, distribuire la zuppa su 6 ciotoline da forno, disponendo su ciascuna le fette di pane tostato e, sopra a tutto, il gruyere grattuggiato. Porre le ciotoline in forno riscaldato a 220° e aspettare che si formi una crosta dorata. Servire e pensare a Les Halles.