A Colonia… Krapfen e Carnevale!

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carnevale-di-coloniaLo sapevate che le stagioni dell’anno sono 5, invece di 4 come insegnano a scuola?  Non sembra vero, ma se andate a Colonia vi diranno pure quando inizia la 5°, l’11 di  novembre! E se le spiegazioni non  fossero sufficienti vi inviteranno  alla grande festa con cui  si apre la stagione. L’appuntamento è ad Alter Markt e, con precisione, è fissato alle alle ore 11 e 11 minuti… E allora non ci saranno più dubbi. Lì avrete il piacere di conoscere i tre principali personaggi di questa insolita e unica stagione: il Principe, il Contadino e la Vergine. Il Princicpe, essendo tale, ha ovviamente una corona in testa, ma la sua è completata da lunghe piume di pavone. Il Contadino, che è anche soldato, oltre il correggiato per battere i legumi, ha anche la spada perché  deve proteggere la città mentre la Vergine impersona proprio la città e indossa una lunga tunica che  ricorda un po’ l’Imperatrice Agrippina, la dama più illustre della città. In realtà poi proprio di una vergine non si tratta perchè  la tradizione vuole che, a interpretarla, sia sempre un baldo giovane. Adesso, allo scoccare del giorno e dell’ora fatidica, con tutti quegli scaramantici numeri 11, viene pronunciato il tradizionale “Kolle Alaaf” e il Sindaco consegna alla grande triade la chiave della città perché, da questo momento, i padroni sono loro.4711_300ml

Due secoli fa hanno cercato di ridimensionare un pò il tutto, evitando qualche eccesso di troppo, tipico di queste situazioni, ma più di tanto non ci sono riusciti. Il Carnevale a Colonia deve durare  almeno tre mesi, disperdersi solo alle soglie della Quaresima  ed essere il più pazzo di tutti. Il culmine arriverà a febbraio con i “Tolle Tage,”  i fantastici giorni  mascherati per interpretare, ricordare e distruggere gente famosa a piedi o sui carri, per saltare e rotolarsi giù dai palchi, per cantare, bere e mangiare senza più  alcun freno.

Ma intanto, aspettando il clou, che quest’anno sta già per arrivare, liberatevi un pò di tempo per godervi Colonia… e le sue mille sorprese  Guidati dal suono delle campane delle 12 Chiese Romaniche prima o poi scoprirete i segreti della città. Un lieve profumo  vi  guiderà verso  l’Acqua di Colonia, che un immigrato italiano, Giovanni Maria Farina, portò in città circa tre secoli fa. Ritroverete tutto in un museo dedicato, dai flaconi delle epoche più disparate alle essenze da odorare in una stanza, quella appunto delle fragranze.  Quando ne uscirete  cercate di dimenticare in fretta  il profumo dell’Eau museo-cioccolata3de Cologne, perchè c’è un altro profumo che vi potrebbe interessare parecchio… quello della Cioccolata! Con il trenino del Dom o una passeggiata lungo il Reno si può raggiungere il Museo. L’hanno inaugurato meno di 20 anni fa, ma è così famoso … e benvoluto che ha 5  milioni di visitatori l’anno. Dopo i manifesti pubblicitari, dal ‘900 a oggi, dopo la pianta del cacao e la fontana di cioccolata, gettatevi nello shopping delle delizie. C’è persino il Duomo, in souvenir di cioccolata. A proposito lo sapete che vicino all’immenso Duomo – così alto che bisogna proprio vederlo a testa in sù – hanno scoperto il più grande Mosaico Romano di tutta l’Europa del Nord ? Un milione di tessere, contate scrupolosamente dai tedeschi, tenute  insieme  per un omaggio a Dioniso, in una villa del 3° secolo… Doveva già  essere buono a quel tempo il Vino del Reno!

Un giro per i Veedel, i quartieri bohemien è d’obbligo. Da una strada all’altra, fra una miriade di antiche fontane si arriva ad Agnesviertel e lì troverete piccoli atelier, gallerie d’arte, librerie, tanta  storia e un ‘antica porta di città, l’Engelsteintorburg. Se siete stanchi una sosta in una delle tante caffetterie è una visita che non dimenticherete. Vi sommergeranno di ogni ben di Dio solo ordinando una bevanda…01-colonia-carnevale-principe

Ma ormai ci siamo! E’ Giovedì Grasso! Il giorno  del “Carnevale delle Donne” che oggi prendono possesso della città! Vanno al lavoro già vestite in maschera, poi si ritrovano nella Piazza del Mercato Vecchio  e iniziano  la caccia al maschio… Baci rubati o taglio della cravatta fino a tarda notte! Da giovedì tutte le osterie, le taverne, i pub non chiuderanno più, né di giorno né di notte, sino a sabato, quando fra balli e maschere si farà il primo brindisi delle 10,30, e cominceranno a sfilare le “Giubbe Rosse”

Ma  il momento più spettacolare arriva lunedì, detto appunto “Lunedì delle Rose”… Una parata di carri e maschere, lunga 6  chilometri,  passa per la città fra musiche e balli, mentre centinaia di migliaia di  persone, anch’esse rigorosamente in maschera, accorrono in strada. C’è il lancio dei fiori e dei dolci e nessuno ne vuole fare a carnevalemeno. Più o meno arrivano sulla folla a braccia aperte, 144 tonnellate di caramelle, 700.000 barrette di cioccolato, più di 200.000 scatole di cioccolatini e  300.000 mazzi  di rose…. E raccolga chi può.

Nel giorno che chiude la scatenata festa, martedì, restano due cose importantissime da fare. La prima è assistere al Rogo del Nubbel, lo Spaventapasseri di paglia già pronto nelle birrerie per essere immolato ed espiare tutti i peccati del Carnevale. La seconda, dolcissima,  fare l’ultima mangiata di quei soavi, dorati Krapfen, che sono il simbolo non solo di Colonia, ma di tutti i Carnevali tedeschi…E’ l’ultima occasione. Già da mercoledì si serve in tavola il pesce della penitenza.

KRAPFEN (per 6 persone)

INGREDIENTI  per la pasta: Scorza grattugiata di 1 limone, 1 bustina di vanillina, 250 ml di latte, 5 gr. di sale, 150 gr. di burro, 150 gr. di farina 00,350 gr. di farina manitoba, 25 gr. di lievito di birra, 50 gr. di zucchero semolato, 1 cucchiaino di malto, 1 uovo intero e 4 tuorli, strutto per friggere.

INGREDIENTI per il ripieno: marmellata di albicocche 200 gr.krapfen

INGREDIENTI per la copertura: zucchero a velo q.b.

PREPARAZIONE: sciogliete il lievito di birra in una ciotola con 1/2 bicchiere di latte tiepido e 1 cucchiaino di malto. Mescolate il resto del latte con lo zucchero semolato,la vanillina e le uova, sbattute con una forchetta. Setacciate le farine e versatele nella ciotola di un mixer munito di gancio a foglia, poi unitevi la buccia grattugiata del limone, mettete in azione il mixer, unendovi, poco alla volta il composto di latte, malto e lievito  e subito dopo il composto di latte, vanillina, zucchero semolato e uova.

Lavorate gli ingredienti sino a ottenere un impasto omogeneo, quindi unite in due volte il burro ammorbidito e tagliato a pezzetti. Lavorate nuovamente l’mpasto fino a dargli una consistenza liscia ed elastica.

Ponete l’impasto in una ciotola, sigillatela con la pellicola trasparente e  lasciatelo lievitare in ambiente privo di  correnti d’aria per almeno due ore. Quando avrà triplicato il suo volume  stendetelo con un mattarello sino a formare una sfoglia alta circa 3 mm, dalla quale, con uno stampino, ricaverete dei dischi del diametro di circa 6 cm.

Ponete al centro di ciascun disco 1 cucchiaino di marmellata, spennellate il bordo con dell’albume, sottratto alle uova prima di sbatterle e incorporarle, poi ricoprite con un altro disco premendo bene i bordi.

Lasciate riposare i Krapfen per almeno 1 ora, poi scaldate  lo strutto, che deve essere abbondante per evitare che i krapfen si brucino e, a fuoco non superiore ai 170°c (Avrete bisogno di un termometro adatto), friggeteli pochi alla volta, rigirandoli su entrambi i lati. Toglieteli dal tegame con un mestolo forato, sgocciolateli e asciugateli con carta assorbente, poi cospargeteli con zucchero a velo.

Rose Monday Is Highpoint Of Carnival Season

Escoffier: le “Ostriche Cocktail” di un Grande di Francia!

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Chissà come gli era venuta la passione per l’arte in quello sperduto paesino della Provenza e in quel rude contesto operaio! A tredici anni George Auguste passava tutto il tempo a disegnare  e intanto sognava…da  grande  sarebbe diventato uno scultore. Ma la cosa dovette innervosire parecchio suo padre, lo stimato fabbro del villaggio che temeva che quel figlio diventasse uno sfaticato buono a nulla! Così, prima che il ragazzino prendesse una brutta piega lo mandò a Nizza dallo zio, in trattoria, per imparare a fare 562316nil cuoco… Un mestiere sicuro! Ma non ci fu niente da fare. L’arte di Escoffier cacciata dalla porta principale… rientrò dalla cucina! Svelto, attento, pieno  fantasia e con la vena dell’imprenditore capì che saper cucinare non era sufficiente … anzi forse veniva dopo… E  comincia a studiare l’arte del servizio e la scienza degli acquisti. Lascia presto la trattoria dello zio per un ristorante di  classe a Nizza ma a  19 anni lavora già a Parigi, a “Le Petit Moulin Rouge”. Comincia a studiare salse, menu e organizzazione, mentre lo promuovono prima  Commis Rotisseur  e poi Saucier, ma poi scoppia la guerra Franco-Prussiana e lui parte per il fronte. Una battuta d’arresto?  Macchè! Escoffier ormai ha il suo destino e non basta una  guerra per cambiar mestiere. A Metz, sul Reno è acquartierato il Generale Mac Mahon … che lo promuove, all’istante, Chef sul campo! Ma a Escoffier  il titolo non basta…  prevale la curiosità, la ricerca e l’innovazione. Gli basta un attimo per capire che la  maggior debolezza della Francia è la rete ferroviaria. Del tutto insufficiente. Sui rifornimenti  ci si conta poco… scarsi  e intermittenti, con una parte del cibo che si perde per strada e l’altra, quando arriva, è già andata a male. Organizzare la distribuzione del cibo, fra un rifornimento e l’altro, diventa la sua ossessione e per limitare i danni punta tutto sulle tecniche di conservazione. La Francia, in effetti, aveva cominciato a occuparsi del problema già all’epoca di Napoleone, con tutte quelle guerre in paesi lontani… Ma poi non aveva approfondito. Ci penserà Escoffier  a far diventare le sue remote cucine da campo un gioiello di efficienza e, dato cheun tocco di raffinatezza non fa mai male, scelse le bottiglie vuote dello Champagne degli ufficiali per  conservare la salsa di pomodoro con cui preparava il rancio della truppa. Più tardi  scriverà un libro “Memorie di un cuoco dell’Armata del Reno” tutto incentrato sui problemi bernard4dell’alimentazione in zona di guerra e un articolo in cui proponeva uno stufato disidradato, facile da trasportare e conservare.

Passata Sedan, sconfitta la Comune, quando riprende la vita della nuova Repubblica, Escoffier torna a Parigi. Prima è  Chef al Petit Moulin Rouge frequentato ormai dal Gotha dell’Europa, da Sarah Bernardt al Principe di Galles e al Generale Mac Mahon, che appena torna dalla prigionia corre a incontrare il suo amico Chef. Poi Escoffier apre un ristorante tutto suo a Cannes, senza abbandonare Parigi. Anni  di grande lavoro in cui vengono fuori tutte le sue innovazioni. L’intuizione  più geniale fu capire quanto il mondo stesse cambiando e come  a una società aristocratica si stava sostituendo una nuova classe imprenditoriale borghese. I ritmi lenti dell’Ancien Regime stavano scomparendo e con l’industrializzazione, che marciava a ritmo serrato, anche la cucina doveva cambiare. Nei contenuti e nel modo di cucinare scelse forme più semplici, valorizzando il contenuto e il nutrimento dei cibi, ma con l’occhio vigile alla loro digeribilità e leggerezza per renderli adatti allo stile di vita di chi ormai, di tempo da dedicare ai piaceri  della tavola, ne aveva poco. Nell’organizzazione della cucina fu ancora più radicale. Non trascurò nessuno dei principi dell’organizzazione scientifica del lavoro, spingendo al massimo sulla specializzazione e sulla divisione delle mansioni, come se si stesse lavorando in fabbrica. Tempi di lavoro dimezzati, guadagni più alti e maggiori risultati sotto il profilo della qualità, in cui ogni fase di lavoro era attentamente studiata dal mago Escoffier prima di diventare la routine dei suoi aiutanti. Il suo discepolo Herbodeau cita come  esempio,”Le uova alla Messicana,” una pietanza semplice, ma di gran classe in cui  le uova  a “occhio di bue” sono dentro i pomodori rossi appena scottati e contornati alla base, di riso. “La realizzazione,- dice Herbodeau –  che una volta veniva  eseguita da un’unica persona, è ora  suddivisa  fra   il “potager” che cuoce il riso, il “Saucier” che prepara la salsa e l'”Entremetier “che si occupa di uova e pomodori e  monta il piatto.

César_RItzA quei tempi era già il massimo a cui il ragazzetto venuto dalla Provenza pensava di arrivare, considerato che nel frattempo pubblicava anche libri di successo  e una rivista famosa come “L’Art Culinaire”. Ma non aveva ancora  incontrato Cesar Ritz,  forse  il più grande albergatore di tutti i tempi. Ritz dirigeva il Savoy di Londra e a Escoffier offrì le sue cucine. Per entrambi fu un successo internazionale, a dir poco strepitoso e, per il mondo che allora contava, la coppia  Ritz – Escoffier divenne il più importante simbolo di tutta quell’età felice che fu la Belle Epoque, prima di essere travolta dalla guerra 1915  – 1918.

“Il Re degli Chef ” e  “Lo Chef dei Re” fu definito  e l’imperatore della Germania, quando andava a cena  al Ritz,  alzava il tiro, dicendogli “Io sono l’Imperatore della Germania, ma tu sei l’imperatore  degli Cesar20Ritz2520dinner_j_480_320Chef”.

Qualcuna delle sue ricette?  La delicata “Insalata di riso Rejane”  o la celebre “Pesca Melba” in  onore della famosa cantante lirica Nellie Melba, di cui lo stesso Escoffier scrisse “Ripensando al maestoso cigno mitico che apparve nel primo atto del Lohengrin, le feci servire, al momento opportuno, delle pesche disposte su di un letto di gelato alla vaniglia, all’interno di una coppa d’argento incastrata tra le ali di un superbo cigno scolpito in un blocco di ghiaccio e ricoperto da un velo di zucchero filato”.

Ma una delle passioni di Escoffier,da buon francese, erano le  ostriche, che per lui rappresentavano l’antipasto per eccellenza, adatte a pranzi e cene, correttamente aperte e sempre ghiacciate. Fra le tante  Rutabagas-and-Shooters-037versioni proposte dal Maestro proponiamo le:

OSTRICHE COCKTAIL

INGREDIENTI (per ogni persona): 6 ostriche,2/3 gocce di Salsa Tabasco, 1 cucchiaio di Tomato Ketchup, qualche goccia di Salsa Worcester, succo di limone. 2 fettine di pane nero, una noce di burro, aceto 1 cucchiaino, pepe nero appena macinato, 1/2 scalogno tritato, mezzo limone, sale q.b., 1 spicchio di limone, paprika q. b.

PREPARAZIONE DELLE OSTRICHE: in un bicchiere di tipo schooter, il cui bordo è stato immerso nella paprika, mettere 6 ostriche appena aperte, senza lavarle. Aggiungere 2 o 3 gocce di Tabasco, un cucchiaio di Tomato Ketchup. qualche goccia di salsa Worcester e un filo di succo di limone. Decorare la sommità con 1 spicchio di limone

PREPARAZIONE DELLA SALSA: in una piccola tazza si mescolano lo scalogno tritato, il cucchiaino di aceto, una punta abbondante di pepe nero e un pizzico di sale.

PRESENTAZIONE: Accanto al bicchiere con le ostriche si pone un piatto di media grandezza su cui vanno adagiate due fettine di pane nero imburrate e  la salsa allo scalogno. Si decora con il mezzo limone tagliato a spicchi.

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Saint Louis Style Pizza

603px-Missouri_quarter,_reverse_side,_2003Lì convergevano, come fosse un cuore umano, le grandi vie di comunicazione fluviali  quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti centrali. E questo perchè é era proprio lì che  il Missouri va incontro al grande  Mississipi. Nella seconda metà  del 1700 Léclede, un commerciante di pellicce francese, aveva capito che quello era il punto strategico  più favorevole e che da lì si sarebbero potute spedire le merci in tutte le direzioni del Grande Paese. Certo, oggi che  la maggior parte dei trasporti via terra si fa con i tir e i treni, è difficile immaginare l’importanza della navigazione fluviale, che si perde nella notte dei tempi. Ma già in Europa, tanti secoli prima, aveva avuto la sua grande realizzazione nel sistema fluviale Reno Rodano Ticino, la cui sorgenti, situate a poca disatanza l’una dall’altra, avevano consentito l’interscambio delle merci in tutta l’ Euoropa, prima ancora che arrivassero i Romani a fare le strade.murphybuilding16

All’inizio Saint Louis, nonostante lo spirito commerciale che animava i suoi  fondatori, era una città raffinata, dalle eleganti costruzioni  per la borghesia emergente  e tale restò fino a quando, all’inizio dell’800, con un atto di vera e propria compravendita, -” il Louisiana Purchase”-  fra lo scandalo di tutti i penpensanti,  la Louisiana passò dai  francesi agli Stati Uniti d’America. Allora lo sviluppo in pochi anni divenne  frenetico e la città ne uscì trasformata. Grande stoccaggio delle merci, sedi delle  compagnie commerciali… e poi banche, le assicurazioni e infine le industrie, un crogiolo  insomma di quello che era il convulso, agitato sogno della  ricerca della  felicità. Saint Louis ne fu veramente un simbolo, un crocevia per tutti gli avventurieri in cerca di fortuna, ma anche un passaggio obbligato per le spedizioni scientifiche come quella di Lewis e Clark  nell’Oregon  e di Pike verso Santa Fé.

Poi  dalla seconda meta dell’800, le grandi migrazione dell’Europa  e la città divenne la nuova patria soprattutto  dei Tedeschi e degli Italiani. I primi  hanno caratterizzato  Saint Louis con una grande birra, la Budweiser che oggi è una prestigiosa multinazionale, ma non hanno mai dimenticato il loro luogo di origine, tanto che, negli anni 7o, l’originaria fabbrica  di Saint louis è entrata a far parte del Patrimonio Storico Nazionale. I secondi, gli Italiani, si sono invece imposti nel campo della cucina, portando due distinte tradizioni, quella del Nord Italia e  quella del Meridione. Erano così diversi  in tutto questi i immigrati  italiani che a lungo ebbero due diverse chiese.

Saint Ambrose Roman Catholic Church, in Saint Louis, Missouri, USAChe dire dell’inizio del ‘900?  La città era al top  della  notorietà e del prestigio quando fu scelta come sede della  Grande Fiera dove si svolsero i festeggiamenti per il centenario del “Louisiana Purchase” nel 1903 e i “Giochi olimpici del 1904, ma poi non resse molto e  verso la metà  degli anni ’50  conobbe un cambiamento  così profondo che fece pensare alla sua autodistruzione. Fu un fenomeno di dilatazione e di rarefazione in cui le attività produttive, i servizi e la popolazione cominciarono a distribuirsi nei dintorni, mentre nel centro abbandonato cresceva l’erba, il silenzio e  cominciava la lenta erosione degli edifici. Sembrava  qualcosa di irresistibile,di senza scampo, finchè con un colpo d’ala la città rinacque a nuova vita. Il miracolo si può chiamare Jefferson National Expansion Memorial . E’ vero che per costruire questo, che doveva essere il luogo delle memorie, furono rasi al suolo una  quarantina di i edidfici storici fra cui  la casa che ospitava una ditta di pellicce del 1818. Però quando il Gatevay Arch di Eero Saarinen nel 1962 vide finalmente la luce, la città acquistò un simbolo, ma soprattutto riacquistò consapevolezza di se stessa e cominciò a rivitalizzare il suo centro, a salvare quello che restava del suo ancora ricco patrimonio storico. Molto è stato fatto, ma tantissimo resta da fare prima che  alcuni storici e interessantissimi edifici fine ‘800, inizi ‘900 cadano a pezzi, come  il Murphy Building o il Majestic Theatre.3284170161_7bf3ee6ed0

Ma c’è un settore della città che non ha mai conosciuto crisi ma anzi ha prosperato, si è ingrandito e ha dato vita a nuove situazioni.  Stiamo parlando di  “The Hill”  la zona a sud ovest della città, dove alla fine dell’8oo si stabilirono  gli immigrati italiani per andare a lavorare nelle cave di argilla. Da lì non se ne sono più voluti andare e da recenti statistiche si calcola  che oggi sono i 2/3 degli abitantii. Solo che col tempo hanno cambiato mestiere e hanno trasformaro The Hill in una vera e propria industria del cibo.

Lì e tutto un susseguirsi di  ristoranti, panetterie, di cui nomi famosi sono, fra gli altri  Amighetti di Bakery, il negozio di alimentari di Viviano & Sons e la drogheria Di Gregorio che vende un particolarissimo tipo di formaggio ” Il Provel”:

Poi  per non perdere le  vecchie buone abitudini del paese, è emigrato anche il “Gioco delle bocce” che a “The Hill” ha due campi riservati.

A The Hill, fra i vari piatti della cucina italiana, ne preparano uno a cui è difficile sottrarsi. In realtà ormai, quello di cui stiamo parlando è solo un piatto di ispirazione italiana perché il contatto con l’America, terra di continue Hillbanner-1innovazioni, ha spinto proprio gli  Italo -Americani a fare qualcosa di nuovo  e di diverso, in un gioco di concorrenze e di fantasie che, dal 1964,  è riuscito a creare nuovi stili e nuovi sapori alla tradizionale “Pizza Napoletana”   :

Le punte dell’innovazione?  La prima é la pasta  senza lievito, (anche se qualcuno si impunta a mettercelo, ma si tratta di una devianza) che si presenta come una sottile crosta della consistenza di un cracker, in netta contrapposizione non solo  alla “Chicago deep dish pizza”che ha un alto strato di morbida pasta, ma anche alla “New York Pizza” che, pur avendo una base sottile, utilizza comunque il lievito.  Il formaggio Provel è la seconda caratteristica della pizza, un marchio registrato che si basa su un’ardita combinazione di Cheddar, Provolone e Groviera Svizzera. Volendo, nelle pizze casalinghe, si può ottenere  il sostituto del Provel anche mischiando i tre  formaggi base. Come  conseguenza il Provel ha quella di consentire tagli netti e “morsi puliti”, al contrario delle pizze realizzate con la mozzarella, che si lasciano sempre dietro lo strascico filante. La terza caratteristica della pizza  è la sua presentazione, attraverso un taglio realizzato a quadrati, in sostituzione ai tradizionali spicchi con cui la pizza viene  presentata in America.4027831651_af76fd0231_b

SAINT LOUIS STYLE PIZZA

INGREDIENTI ( Per 2 pizze): 250 grammi di salsa di pomodoro, 3 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di basilico fresco tritato, 2 cucchiaini di origano essiccato, 3 tazze di formaggio Provel, 3 gocce di salsa Liquid Smoke, 2 tazze di farina, 2 cucchiai di amido di mais, 2 cucchiaini di zucchero, 1 cucchiaino di sale, 1/2 tazza d’acqua più 2 cucchiai,2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 400 grammi di peperoni tagliati a listarelle. (una tazza corrisponde a circa 200 grammi  di alimento solido  o 2 decilitri di acqua)

PREPARAZIONE: unire la salsa di pomodoro, il concentrato di pomodoro, il basilico, lo zucchero e l’origano in  una  ciotola e mettere da parte. Mettere il formaggio in una ciotola unitamente alla salsa liquide fume e mettere da parte.

In una ciotola grande unire la farina, l’amido di mais, l’acqua e il sale. Mescolare gli ingredienti  fino a che siano ben amalgamati. Poi lavorare l’impasto su una superficie infarinata fino ad ottenere un impasto omogeneo.

Scaldare il forno a 250°C. Dividere la pasta in due parti uguali e lavorarne un pezzo per volta premendola sino a dargli una forma rotonda di circa 30 centimetri di diametro e porre la pizza nella teglia. Ricoprire la pizza con metà della salsa, metà dei peperoni già passati per 2 minuti al microonde e metà del formaggio. Cuocere per circa 10 – 12 minuti finchè la superfice diventi dorata. Ripetere lo stesso procedimento per preparare la seconda pizza.

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