Nicola Calipari… Per Lui una pignolata reggina!

Era iniziato tutto una mattina di felicità…  Adesso erano  veramente  pronti e  potevano partire, ma bastò una telefonata a rompere l’incantesimo … Avevano rapito una giornalista  italiana, mentre usciva dall’Università di Bagdad.. Lui accompagnò  Rosa e i ragazzi in montagna e tornò a precipizio a Roma… Vuole esserci sin dall’inizio,  in quella prima fase delle ricerche… Sostanzialmente perché non si fida… Il clima  è  strano lì al Sismi… Chiusi dentro Forte Braschi sembra quasi di stare in prigione…  Si respira un’ aria pesante come se ci fosse  una volontà di frenare, svilire o  deviare  le informazioni… Ma forse, pensa, è proprio il lavoro di controspionaggio che ti porta a diffidare…Forse troppa letteratura…  Non lo  avrebbe mai saputo, ma qualche  tempo dopo il SISMI  fu accusato di aver fornito false prove agli Stati Uniti  sui molto  improbabili acquisti di uranio di Saddam Ussein… Era stato uno dei  principali alibi dell’America  per l’invasione dell’Iraq…   Lo stesso suo capo del Sismi Nicolò Pollari e il  collega Marco Mancini  due anni prima avevano collaborato  troppo  strettamente con la CIA   mentre rapiva in pieno centro città Abu Omar un Imam arabo… A Milano, in territorio tutto italiano.

Nicola Calipari,  è noto, ha da tempo pessimi rapporti con Mancini, ma adesso è  addirittura stupito per la veemenza con cui  Mancini vuole inserirsi nel sequestro della giornalista… Il caso invece spetta a Nicola come  “Capo della 2ª Divisione Ricerca e  Spionaggio all’Estero…”  Ormai suo malgrado ha una grossa esperienza di sequestri e di rapimenti in quel terribile dopoguerra iraqeno che sembra più spaventoso della guerra stessa…  Fabrizio Quattrocchi ed  Enzo Baldoni non ci sono riusciti a farli tornare … Altri cinque, fra cui  Simona e Simona, le due  ragazze di buona volontà, sono a casa sani e salvi …

Ormai Nicola Calipari  i contatti se li è fatti in tutto il Medio Oriente…  Deve  capire chi sono i rapitori, rintracciarli, aprire un  canale, sapere  se la giornalista è viva … E poi  la trattativa. Il Governo stesso gli ha dato mandato…  Ma qualcosa comincia ad andare storto… Arrivano rivendicazioni, minacce e ultimatum via Internet… sembra una chiara volontà di confondere le acque…Rendere più duro il lavoro, andare fuori pista… Sui giornali  c’è di volta in volta il «covo indentificato», il «blitz americano imminente»,  «l’ostaggio spostato da una moschea all’altra». Tutto falso. Interferenze, illazioni banali, ma anche notizie che escono da fonti riservate… Il sequestro di Giuliana Sgrena è un palcoscenico su cui vogliono esibirsi in molti …Marco Mancini   incontra  i giornalisti in un bar vicino al Pantheon. E parlano  di tutto.

Finalmente la trattativa parte  tra Roma e Abu Dhabi…C’è la richiesta del riscatto e  un  passaporto diplomatico da procurare a un capo sunnita… Ma Calipari è appena tornato dagli Emirati. C’è stato l’ennesimo stop al negoziato e non   si capisce il perché.  Ci riprova da Roma. Freddo determinato annuncia  «Quando riparto sarà per chiudere». La notte del 28 febbraio sale sul Falcon del Sismi diretto ad Abu Dhabi…  C’è ancora molto da fare,  mentre con la massima incoscienza i media annunciano:  «Per la liberazione è questione di ore». Invece ci sono ancora giorni… L’Italia ha pagato ma ci sono i dettagli … Il luogo, le modalità, l’ora…   Solo la sera del 3 marzo tutto è pronto. Il giorno dopo, parte per Baghdad, ma vorrebbe che tutto fosse già finito… Ha paura  che i rapitori  cambino idea … Spera che  gli americani non creino problemi… Sa che odiano i riscatti perché temono un’escalation dei sequestri…

C ‘era stata quella pioggia torrenziale e l’aereo da Abu Dabi  non riusciva ad atterrare… Così erano arrivati all’appuntamento con un’ora di ritardo e non c’era nessuno…. La Toyota Corolla, presa in affitto  come avevano  preteso gli americani, è  ferma  prima  della rotonda, nel punto che gli hanno indicato  e  con le luci d’emergenza che  mandano  segnali intermittenti…  Spera  che tornino sul luogo dell’appuntamento… Passa ancora del tempo e finalmente arriva una telefonata…    Ma sono quelli di Roma … Gli dicono che non è opportuno che aspetti ancora lì… che forse l’appuntamento è sbagliato, forse è una trappola… Meglio spostarsi… Perché  non  vanno a dare un’occhiata sotto il cavalcavia… Lui non ci pensa nemmeno, ma quelli insistono… Chiamano 3 volte…Adesso comincia a innervosirsi …potrebbero anche aver ragione loro…  Ma non vuole assolutamente spostare la macchina  e chiede all’autista di  inviare qualcuno della  squadra locale  a controllare il cavalcavia…  Naturalmente non c’è la macchina dei rapitori, ma la squadra ha visto due auto e forse delle armi che sporgevano…Calipari ora è furioso e capisce che  qualcuno vuole impedire l’ultimo atto…

Poi, finalmente, arriva un pick up da cui giunge il messaggio atteso: «Follow me»….Infiniti sono i giri per la città tortuosa… Perdono anche l’orientamento, ma finalmente Giuliana Sgrena sale sulla Toyota… E’ anche difficile ritrovare la strada dell’aeroporto dopo tutti quei giri e la giornalista è spaventata … Lui le è seduto vicino e cerca di tranquillizzarla ma  ci riesce poco… Lei ha in testa la frase beffarda dei suoi rapitori…”Gli americani non ti permetteranno di uscire dal paese”.. . La luce accecante gliela sbatteranno in faccia all’uscita da una curva.. Pochi minuti più in là c’è l’Aeroporto… L’autista rallenta immediatamente mentre  già partono i colpi…Senza alcun preavviso… Infatti non c’è  posto di blocco… Non c’è intimazione di stop,  la strada non è  ristretta dai birilli come  quando ci sono i controlli… Solo due auto … da una delle quali parte qualche centinaio di colpi a raffica in una manciata di secondi…Calipari si butta su Giuliana e la costringe nello spazio fra il sedile anteriore e posteriore… L’autista urla invano “Italiani,italiani” per farli smettere…  Giuliana comincia ad avvertire il peso su di lei…Sempre più pesante…  Sempre più pesante mentre è lì, incastrata  terrorizzata… del tutto immobile.

Lei e l’autista torneranno il giorno dopo in Italia… Entrambi feriti… Nicola Calipari  è morto nel tentativo di salvarla…

Gli americani si scuseranno punto e basta … Del resto l’auto era troppo veloce … I solerti soldati americani si sono spaventati… Lozano, quello che ha sparato, ha pensato alle sue figlie piccole… Giuliana Sgrena nega che la macchina andasse a 100 km orari, ma chi la sta a sentire… L’autista non può nemmeno parlare… E’ del Sismi… Come mai il posto di blocco non era segnalato?  Era un posto volante, del tutto provvisorio…   Doveva proteggere il percorso dell’Ambasciatore Negroponte che andava a un ricevimento… Già, ma l’ambasciatore era passato due ore prima e il posto di blocco invece era ancora lì… Come mai nessuna delle auto passate prima della toyota  era  stata fermata? Nessuno risponde… Il luogo del delitto, quello che  gli americani chiamano dell’ incidente, verrà immediatamente alterato, la Toyota verrà consegnata all’Italia per i rilevamenti  soltanto quando non ci sarà più niente da rilevare… Qualcuno insinuerà che Calipari volesse fare lo 007… Perchè non ha portato la giornalista all’Ambasciata italiana?… Ignorando o facendo finta che la strada verso l’ambasciata era la più pericolosa della città… Gli americani dissero che non sapevano niente dell’operazione dei servizi segreti italiani.. Gli italiani dissero il contrario e del resto Calipari aveva scelto un’auto a noleggio perché  gli americani non  avevano voluto auto governative… Ancora dissero gli americani che la Toyota viaggiava a fari spenti, ma nel video che sequestrarono a Lozano la macchina ha i fari accesi…

L’talia chiese di giudicare Lozano… Non fu possibile …  Sia il Governo Americano che quello italiano pur discordanti nella dinamica degli avvenimenti conclusero entrambi che non ci fu da parte del Lozano “nessuna intenzionalità…”  Relegarono  il tutto al rango di  incidente   e questo determinò la “mancanza di giurisdizione ” dell’Italia…

Commentò  così il  Pubblico Ministero, amareggiato: Se è vero che gli eroi non muoiono mai ma vengono rapiti in cielo al culmine della loro gloria, è tristemente vero che gli eroi dimenticati muoiono ogni giorno. Avevamo un’esigenza di verità e di giustizia. Non siamo riusciti a soddisfarle: dottor Nicola Calipari, ingiustizia è fatta!

Ma perché è avvenuto tutto questo? Troppe le ipotesi… troppi i misteri del “Segreto di Stato” E’ lecito tuttavia supporre che qualcuno da Roma  abbia seguitato a informare gli americani sulle mosse e i movimenti di Calipari… Forse   qualcuno al Sismi valutò appieno le conseguenze quando tentò di mandar via Calipari dal luogo dell’incontro e far fallire l’operazione… Non avevano capito che avevano di fronte  un “Servitore dello Stato”  che avrebbe seguitato a fare il suo dovere fino in fondo….

E’ inutile dire che Nicola Calipari è stato coperto di medaglie, onorificenze , onori… La moglie con fermezza, in una delle tante   cerimonie, ha detto che l’unico dono per Nicola sarebbe stata la verità… Ma non sembra che l’abbiano ascoltata…

Nicola Calipari era nato a Reggio Calabria… lì si laureò in giurisprudenza e  iniziò il  lavoro in polizia…  Un lavoro che amò appassionatamente… Fino a morirne…

Siamo andati a cercare nella sua terra d’origine qualcosa che gli avrebbe fatto piacere…

PIGNOLATA REGGINA

INGREDIENTI per 8/10 persone:

PER L’IMPASTO: 250  grammi di zucchero, 500 grammi di farina 00, 12 uova, 2 cucchiai di strutto, 3 cucchiai di rhum,.

PER LA GLASSA AL LIMONE: 1 albume,150 grammi di zucchero a velo, il succo di un grosso limone.

PER LA GLASSA AL CIOCCOLATO: 100 grammi di cioccolato fondente, 7 cucchiai di acqua, 200 grammi di zucchero a velo, un pizzico di vaniglia

PREPARAZIONE: Mettete la farina a fontana con al centro 7 uova intere e 5 tuorli,  lo strutto e il rhum. Impastate energicamente e formate con l’impasto  dei bastoncini grossi un dito che taglierete a pezzi di circa 2 cm. Friggeteli nello strutto    caldo  e metteteli ad asciugare nella carta assorbente da cucina. Immergete metà dei bastoncini nella glassa al limone e l’altra metà nella glassa tiepida al cioccolato.Sistemateli divisi per colore in un piatto dando con le mani bagnate una forma di pigna metà bianca e metà nera.Fate raffreddare in frigo  prima di servire.

Glassa al limone : Montate  un albume a neve ferma , aggiungete lo zucchero e il succo del limone. Sbattete fino a quando non diventerà densa. Se risulta troppo fluida aggiungete zucchero a velo, se troppo densa aggiungete un’ albume

Glassa al cioccolato : In un tegame mettete l’acqua con il cioccolato grattugiato.Una volta sciolto aggiungiete lo zucchero  e il pizzico di vaniglia e mescolando portate a ebollizione.Togliete dal fuoco e mettiete il composto a bagnomaria in un recipiente con acqua fredda mescolando continuamente. Quando diventerà opaca è pronta per glassare

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Adriano Olivetti, il visionario di Ivrea e la Bagna Cauda, un piatto del territorio.

A Ivrea il Carnevale  è una cosa  davvero importante con i ricchi  costumi, le sfilate interminabili e la battaglia delle arance che, come un incantesimo, colora  di un acceso  arancione  le strade del grigio inverno nordico… Ma quel febbraio del 1960 improvvisamente, in un silenzio attonito e incredulo, si chiuse il Carnevale e il  chiassoso passaggio dei carri dovette  cedere il posto  al mesto sfilare  dei cortei venuti da ogni parte d’Italia con quelle tristi corone  a lutto per rendere omaggio ad Adriano Olivetti.

A guardarle adesso, in  quelle facce c’è qualcosa che va oltre il dolore… C’è inquietudine, tensione, timore… Forse niente sarebbe rimasto come prima… Troppo geniale   l’eredità che  lasciava Adriano… Troppo diversa, da tutte le altre, l’azienda Olivetti. L’avevano tanto attaccato in vita… L’avrebbero lasciato in pace in morte?  Troppa la diffidenza e il rancore di una società e di una politica spiazzate da quell’uomo  che, con una bella punta di disprezzo, avevano seguitato a chiamare  ‘Il visionario” ! Che i lavoratori avessero anche una casa… paternalismo! Che  potessero studiare nella biblioteca dell’azienda o avere una  formazione permanente… Snobismo!  Che nella sua “Città del Sole” avesse anticipato di  20 anni  la Sanità pubblica gratuita… Si preferiva ignorarlo… Che poi l’azienda   fosse presente sui maggiori mercati internazionali e avesse   36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all’estero…  Era un fatto  a cui cui non si sapeva come replicare… E si preferiva  ridimensionarlo…

Era cominciato  tutto più di quarant’anni prima quando il padre, il padrone dell’ “Ing. C. Olivetti & C”, dove la “c” stava per Camillo,  prima fabbrica italiana di macchine per scrivere, lo manda durante le vacanze scolastiche, lui che nel 1914 aveva 13 anni, a lavorare nella fabbrica di famiglia…  Ne rimane scioccato… Dal buio dell’ambiente, dalla solitudine  del posto di lavoro… dai ritmi di lavoro lenti.  Così se lo ricorderà anni dopo “Una tortura per lo spirito, stavo imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina‘. E ancora ‘”Occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri.’ 

Se lo ricordava ancora quando nel 1925, appena laureato il padre lo spedisce in America a vedere come si lavora nel “Nuovo Mondo”…  “General Motors”, “Ford”  Boston, Chicago, Detroit.  100 aziende in tre mesi…Ne torna con molte idee  e  qualche critica… Apprezza l’organizzazione del lavoro,  il decentramento delle funzioni, l’interscambio fra ricerca e produzione…Si innamora della pubblicità… per la quale chiamerà, una volta a casa, i migliori disegnatori… Non apprezza invece la remunerazione a cottimo… Il salario va calcolato  su tempi standard testati e ritestati… Non sullo sforzo portato all’estremo… Forse non lo sa ma ha già iniziato il suo discorso rivoluzionario e innovativo di come si lavora in fabbrica…

L’anno dopo nel 1926  è coinvolto in una fuga storica… Filippo Turati, il vecchio leader socialista è perseguitato dal fascismo … Adriano Olivetti  lo va a prendere in  auto a Milano e lo porta  a Torino… Fra l’altro guidava malissimo… Dopo alcuni giorni lo va a riprendere a Torino e lo porta a Savona dove l’aspettavano Sandro Pertini, che poi diventerà Presidente della Repubblica, ma allora più che altro faceva il socialista nascosto, e Ferruccio Parri, che sarà invece Presidente del Consiglio e, con un motoscafo  lo condurranno in Corsica… Così  ricorda Adriano, Natalia Ginzburg, nella casa che ospitava Turati…” Quella sera la sua faccia e i suoi pochi capelli erano come frustati da un colpo di vento. Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri… Gli vidi due o tre volte nella vita quegli occhi… quando c’era un pericolo e qualcuno da portare in salvo”

fedoraNegli anni 30 trasportata dall’onda nera americana la crisi si fa sentire  in Italia e cominciano i licenziamenti, ma l’ Olivetti non lo fa … E una delle poche a resistere ..  Perché inventano nuovi prodotti e aumentano  quanto più possono  l’esportazione. Sono gli anni in cui viene creato lo schedario meccanico Sinthesys, così d’avanguardia, che resterà negli uffici almeno sino agli anni ’70 e poi la miracolosa portatile  MP1 Olivetti, il cui poster sarà realizzato da un artista in fuga dalla Bauhaus… olivettiA

Durante la guerra Adrian lavora per i servizi segreti delle potenze occidentali, finisce in prigione e quando esce scappa in Svizzera… Ma al suo ritorno cominceranno le grandi innovazioni in fabbrica. Vuole le aziende più luminose del mondo, perché l’operaio che prima era un contadino deve seguitare a godere della natura, del verde e delle  montagne che lo circondano..  E arriveranno i migliori architetti… Vuole le case per i lavoratori che darà a riscatto a prezzi minimi ,vuole la possibilità che tutti abbiano cultura e la fabbrica avrà le biblioteche dove sarà  possibile accedere  anche durante l’orario di lavoro… Trattiene poco dei suoi guadagni… il resto lo reinveste… Tutti pensano che fallirà con quelle spese folli per  la fabbrica, i servizi sociali e la sanità per i dipendenti e lui guadagna sempre di più… Ma la rivoluzione  più grande sarà nei metodi di lavoro. Mentre in Italia infuriano le lotte operaie per l’alienazione cui è soggetto il lavoro in fabbrica lui abbandona completamente il Taylorismo e la catena di montaggio e costruisce i “Gruppi di lavoro”  e le “Isole”  A un gruppo misto di operai, tecnici e altre figure necessarie all’obiettivo,  affida la realizzazione di un intero prodotto, con mansioni in larga parte intercambiabili. Dicevano che non era possibile… troppo costosa la specializzazione del singolo, la produttività si sarebbe abbassata, non c’erano più le garanzie della velocità e i tempi certi della catena di montaggio, l’azienda sarebbe fallita… Invece la Olivetti esce vincitrice dalla sfida, mentre le grandi industrie e la stessa Confindustria cominceranno una guerra serrata ad Adriano Olivetti e ai suoi metodi che gli altri  non riescono a permettersi. Ben diversa sarà infatti la risposta allo stesso problema da parte della Fiat che assediata dalle proteste operaie licenzierà e metterà alla catena di montaggio dei nuovissimi Robot…

E intanto Adriano Olivetti seguiterà a spaziare… Fonda la casa editrice di “Comunità”, per portare in Italia le opere straniere sconosciute, diventa Sindaco di Ivrea,deputato al Parlamento… e il suo voto sarà determinante per il primo Governo di Centro – Sinistra… Apre nuove fabbriche fra cui quella di Pozzuoli che farà scalpore perché la produttività degli operai del Sud supera quella del Nord… Nelle sue fabbriche vorrà concerti e pittori  perché la cultura è di tutti,operai e dirigenti…

 I successi dell’azienda,  fra cui la mitica portatile “Lettera 22” degli anni 50, che pesava solo 5 chili, non danno alla testa ad Adriano Olivetti. Ci sono nuove sfide … Sta emergendo la tecnologia elettronica.  Così nel 1952 la Olivetti apre a New Canaan, negli USA, un laboratorio di ricerche sui calcolatori elettronici; nel 1955 un altro laboratorio a a Pisa e nel 1959 l’Olivetti può presentare l’Elea 9003, il primo  calcolatore elettronico Italiano.. Dopo a seguire il “Programma 101, l’archetipo del personal computer…

Adriano aveva capito dov’era il futuro e con tutto il suo slancio ci si era rivolto… Ma all’improvviso muore su un treno che lo portava da  Milano a Losanna. Si disse un infarto,un ictus, ma l’anno dopo morì in un incidente anche il suo più stretto collaboratore all’elettronica Mario Chu … Due anni dopo morì in uno strano incidente aereo Enrico Mattei, il presidente dell’Eni…In vita  era stato un oppositore di Adriano Olivetti, ma anche lui era un  innovatore…E comiciarono a sorgere le leggende su  questa oscure morti…Di sicuro  Adriano Olivetti era nato  troppo presto…   l’avevano  preso per visionario… una categoria che da sempre fastidio al potere… L’Olivetti naturalmente non fu più la stessa… Con quello slancio mondiale che aveva,  quando morì Adriano, avrebbe potuto portare l’Italia a essere fra i primi al mondo nell’elettronica …  Invece ebbe qualche guizzo, come  negli anni 80 con un bel computer, l’M24 che aveva una grafica eccezionale per l’epoca, ma non seppe sfruttare il momento e alla fine  fu fatta a pezzi e svenduta… Ma questa è un altra storia…

 Il figlio spirituale di Adriano, sognatore e visionario come lui, era nato dall’altra parte    dell’oceano e  quel messaggio  lo potè raccogliere solo molti anni dopo.. Era il  1976  e  molto diverso era l’ambiente delle sue sperimentazioni… Un garage..  L’entusiasmo però era sicuramente lo stesso e il progetto si chiamava  Apple 1…   Era già un  prototipo di computer, un vero e proprio calcolatore  con le stesse componenti con le  quali  si   lavora oggi,  tastiera e monitor.   Steve Jobbs gli dette  il nome  e il logo del suo frutto preferito…   Una mela morsicata con i colori dell’arcobaleno.

L’ intuizione avveniristica di Steve Jobbs   era stata quella di trasformare il computer, uno strumento nato per l’azienda in qualcosa  che si potesse più  strettamente  legare o  al lavoro del singolo e al singolo stesso inteso  come persona privata.   Il “personal computer”, era qualcosa che  poteva tranquillamente  essere utilizzato per un’infinità di cose che molto, poco o niente   avevavo a  che fare con il lavoro,  al contrario dei grandi calcolatori  che erano stati pensati  per la vastità  del mondo aziendale o per le grandi burocrazie … Perché il personal di cui Jobb ridusse drasticamente le dimensioni   poteva  essere portato sempre dietro. La variabile  vincente  fu qualcosa che poco aveva a che  fare con le logiche aziendali ,ma piuttosto  fu un’attenzione alla dimensione psicologica, al tessuto delle relazioni sociali e alla vita privata del lavoratore. Infatti, lo stesso Jobs affermò: “noi pensiamo di dover arrivare nelle case, ci piace dire fino alla porta del garage, la gente deve portarselo dietro nei weekend, per poter lavorare anche la domenica, senza dover andare via e lasciare i bambini a casa”. E, infatti, come si vedrà negli anni a seguire, il computer sarà sempre più “personal” e con esso si svolgeranno sempre più attività che esulano dal contesto lavorativo oppure, secondo i casi, si lavorerà per l’azienda senza muoversi da casa.

Da quella prima enunciazione  Steve Jobb farà tantissima strada quasi sempre da vincitore, qualche volta perdendo…  E ha finito per cambiarci totalmente il modo di vivere… Ma il seguito di questa storia così interessante,  fatta tutta di  futuro ve la raccontiamo un altra volta…

Anche Adriano Olivetti, così simile  a Steve jobb era solito dire “In me non c’è che  futuro”. E a  lui dedichiamo una ricetta che viene dal Piemonte quella sua terra così amata,  da cui partì alla conquista del mondo…

LA BAGNA CAUDA

 INGREDIENTI per 4 persone: olio extra vergine di oliva grammi 300, acciughe sotto sale grammi 150, burro grammi 50, 6 spicchi di aglio,qualche gheriglio di noci.

PREPARAZIONE. la bagna cauda è un antipasto che va mangiato  molto caldo e a tale scopo viene portato in tavola posando il recipiente su un fornelletto  alimentato da una candelina inserita al suo interno. Si prepara la bagna cauda raschiando le acciughe con un coltellino, quindi pulendole con una pezzuola,poi aprendole e diliscandole. Si pestano gli spicchi d’aglio riducendoli a poltiglia, e poi si inserisce il burro in un recipiente di terracotta gacendolo sciogliere a fuoco bassissimo e aggiungendovi dopo l’aglio che non dovrà prendere colore, altrimenti altera il sapore  e, per ultimi l’olio e le acciughe che si disferanno un po’ per volta durante i 10 minuti che rimarranno sul fuoco. Al termine  togliete le pellicine ai gherigli di noce,sminuzzateli e  mischiateli alla salsa.

La bagna cauda si mangia intingendo  nel recipiente di terracotta le verdure che saranno distribuite ai singoli commensali.  In genere saranno cardi, lasciati preventivamente a bagno in acqua acidulata con succo di limone, peperoni crudi a fette o eventualmente arrostiti, le foglie più bianche della verza, i topinambur, il cavolfiore molto tenero. In alcune zone del piemonte si preferiscono verdure  cotte come le cipolle  intere passate al forno,le barbabietole,le patate o le carote lessate.

Anticamente la bagna cauda si preparava con l’olio di noci, oggi introvabile ed è per conservare l’aroma della vecchia ricetta che  si aggiungono i gherigli di noci. La ricetta si presta inoltre a diverse varianti locali… Nel Monferrato per esempio aggiungono del Barbera alla salsa e qualcuno preferisce tenere a bagno nel latte gli spicchi d’aglio, da scolare prima di immergerli nella salsa, per smorzarne il sapore troppo forte. Nella provincia di Alba se avanza la bagna cauda si versano in essa delle uova strapazzate.

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Gina Lollobrigida, la Bersagliera e gli spaghetti alla carbonara!

Un corpo snello e ben proporzionato, un viso dolce con grandi occhi castani, un naso delicato e una bocca morbida… Una bella ragazza che veniva da Subiaco, un paese della Provincia di Roma e si era classificata terza al concorso per Miss Italia… Ma così com’era poteva essere confusa con tante  altre… Fu quindi necessario creargli un’immagine inconfondibile  esasperando al massimo la moda dell’epoca che voleva donne dal seno procace e fianchi in rilievo. A  lei  la  strizzarono entro perversi “stringivita”   simili a quello che si usavano nell’800 per far svenire le signore che rimanevano senza fiato… In  questo modo seni e fianchi dovevano per forza traboccare da qualche parte… Per il viso  grandi sopracciglia circonflesse, labbra turgide e tanti ricciolini tutto attorno al viso… La bambola che milioni di italiani sognavano… Era difficile sfuggire ai cliché del cinema commerciale degli anni ’50… in cui  alla donna si chiedeva di essere solo la “maggiorata fisica”… di  improbabili telenovelas  strappalacrime  o di volgari commedie dozzinali…

Aveva cominciato con piccole parti fino ad assumere ruoli più impegnativi con “Campane a martello” , “La sposa non può attendere,”  “Altri Tempi,” quando la  fama della sua bellezza giunse alle orecchie di Howard Hughes, l’eccentrico miliardario americano che aveva il vizio di andarsi a scegliere le sue donne fra le attrici del cinema.  Sperò di far cadere nella sua trappola anche Gina  e l’invitò a Holliwood… ma il colpo gli riuscì solo a metà… Lei aveva già firmato il contratto, ma con quell’innato buonsenso che  gli derivava dalla sua famiglia di piccoli imprenditori di paese, capì che stava cadendo in una  gabbia dorata,  dove  più che l’attrice per i prossimi anni avrebbe fatto la donna ancella di Hughes… Allora  scappò letteralmente dall’America… Aspettò quasi dieci anni prima di tornarci… Che scadessero gli ultimi vincoli contrattuali che sul suolo americano la legavano a Hughes …

Poi  a Roma arrivò la sua grande occasione… E riuscì a trasformare quella  pesante icona “oggetto del desiderio” ne “La bersagliera,” un personaggio, fresco, spontaneo, con un garbato neorealismo tutto paesano, che non fu per Gina Lollobrigida  forse nemmeno difficile da interpretare, visto che quello in fondo era il suo retroterra. .. “Pane, Amore e Fantasia”  lanciò sicuramente nel mondo un’immagine  manierista e falsa di un’Italia già rampante, che si avviava verso il miracolo economico, ma fece di Gina Lollobrigida lo standard della bellezza  all’italiana che poi lei si è portata appresso per tutta  la vita. Quell’anno  il film vinse il “Nastro d’Argento…”

Luigi Zampa stava realizzando il film  “La Romana” tratto dal romanzo di Alberto Moravia… All’ inizio del libro così si descrive  la protagonista ” Avevo il viso di un ovale perfetto, stretto alle tempie e un po’ largo in basso, gli occhi lunghi, grandi e dolci, il naso dritto in una sola linea con la fronte, la bocca grande, con le labbra belle, rosse e carnose e, se ridevo, mostravo denti regolari e molto bianchi. La mamma diceva che sembravo una madonna…” La descrizione di Adriana,  sembra l’immagine stessa della Lollobrigida… Era fatale che le affidassero la parte…  Ormai stava diventando anche la musa degli intellettuali…

Per quasi 20 anni la carriera di Gina lollobrigida non conobbe ostacoli… Le mode cambiavano, le donne si assottigliavano, il look diventava più semplice e sofisticato, ma in Italia, Francia e Hollywood seguitavano a volere Gina Lollobrigida così com’era… Con i vestiti troppo ricchi e drappeggiati, la testa rigonfia, i tacchi a spillo che non portava più nessuno,  ma, ciononostante, le maggiori produzioni  non fecero altro che contendersela…  “La Regina d’Africa”, “Il gobbo di Notre Dame”, “Il Sacro e il Profano”… Con “La donna più bella del Mondo”e con “Buonasera Mrs Campbell”  vinse  il Davide di Donatello… con “Torna a settembre” il Golden Globe .. e poi tante nominations, riconoscimenti, la presentazione alla Regina di Inghilterra…

Ma a metà degli anni ’70, ancora bellissima, Gina Lollobrigida sparisce.. Tornerà una sola volta sullo schermo molti anni dopo…. Aveva poco più di 45 anni e per molte sue colleghe iniziava una nuova carriera… Lei orgogliosa preferì lasciare. Quell’immagine che all’inizio le avevano imposta era diventata se stessa, l’aveva fatta sua  e ora non la voleva vedere sullo schermo incrinata dai piccoli segni dell’età… Anni dopo dirà di Sofia Loren ” Era brava, l’ammiravo moltissimo… Ma forse si è ritirata troppo tardi”

Però torna presto alla ribalta… Già prima di abbandonare del tutto lo schermo era diventta fotografa e  girava  il mondo… All’inizio nessuno sembra dargli credito… sembrano un po’ i capricci della diva annoiata…Ma Gina aveva talento, quel talento per le arti che giovanissima aveva coltivato al liceo artistico e poi aveva dovuto mettere da parte… perché guadagnava di più  come comparsa al cinema che fare ritratti a carboncino….  Il suo occhio fotografico gira per i paesi più poveri del mondo e sempre più spesso i suoi soggetti sono i bambini… oppure vecchi borghi dimenicati o grandi immobili paesaggi…

Le riviste “Life” e “Time Magazine” scoprono Gina fotografa e le chiedono di fare  un libro sull’Italia. Per riuscire a fotografare indisturbata , Gina si aggira per l’Italia per due anni e mezzo travestita da eccentrica e originale turista e nasce la raccolta “Italia mia”… Fidel Castro l’accoglie a Cuba… Lui racconta… “”L’ ho conosciuta bene… Siamo stati anche innamorati, pero’ era un amore platonico. E poi aveva sempre la mania di fare fotografie”… Difatti ne venne fuori un bellissimo documentario …

Dopo la passione della fotografia …La scoperta della scultura! Manzù l’aveva incoraggiata  quando, poco prima di morire, completava il suo busto… E lei va a Pietrasanta in Toscana… dove ci sono le migliori botteghe di fusione… Comincia a fare enormi colorate sculture dove mischia verdi e oro e … Stranamente i soggetti sono i personaggi che lei ha interpretato al cinema… da Paolina Borghese a  Esmeralda la protagonista di Notre Dame de Paris…Nel 2008 a Pietrasanta nella grande piazza fanno una mostra all’aperto delle sue opere … La folla è enorme e lei  è commossa e felice perchè può rivedersi  e mostrarsi giovane  ormai per sempre in quei marmi e quei bronzi…

Ma non le potevano bastare  le soddisfazioni personali… I suoi scatti fotografici in giro per il mondo le hanno fatto avvicinare i più poveri, i più bistrattati… E per  tutto quel dolore che aveva  accumulato ha finito per dedicare la maggior parte del suo tempo alle attività umanitarie, come rappresentante speciale per  l’UNICEF  e come ambasciatrice di buona volontà della FAO…Gina Lollobrigida  sembra instancabile e negli ultimi 10 anni   ha girato dappertutto per raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica nella lotta contro la fame. Adesso si sta vendendo all’asta una parte dei suoi favolosi gioielli… due bracciali che si potevano riunire a formare una tiara, orecchini di perle, un anello di smeradi, altri orecchini… Spera di ricavare un milione di euro e vuole destinarlo alla ricerca  e alla cura con le staminali… Nella lentezza con cui in Italia si stanno compiendo i primi passi nella sperimentazione, la giovanissima Gina Lollobrigida, una bella ed entusiasta  signora di 85  anni insegnerà forse qualcosa in materia di efficienza e di umanità ai nostri indecisi e un po’ pavidi  governanti…

Di Gina si sa che quando lavorava al cinema era rigorosissima… puntuale e precisa. In America, quando girava “Il Sacro e il Profano” era molto interdetta quando  le riprese la mattina iniziavano  tardi per aspettare Frank Sinatra che si doveva riprendere della sbronza della sera prima…  Seguitava a  studiare le lingue  e recitava direttamente senza doppiatori sia in inglese che in francese…Faceva ginnastica e quando era sul set mangiava pochissimo… ma quando   poteva… un buon piatto di pasta asciutta era la sua  gioia… Per questo le abbiamo dedicata questa ricetta di :

SPAGHETTI ALLA CARBONARA

INGREDIENTI per 4 persone: 400 grammi di spaghetti, 2 etti di guanciale, 2 spicchi di aglio,1 peperoncino piccante di media grandezza secco, olio di oliva extra vergine, 4 tuorli più 1 uovo intero, sale q. b., pepe in abbondanza, 1 cucchiaio di panna liquida, 100 grammi di pecorino, qualche foglia di basilico fresco.

PREPARAZIONE: tagliate il guanciale a tocchetti, poi in una ciotola sbattete le uova con il sale e il pepe, il  pecorino grattugiato e qualche fogliolina di basilico spezzata con le mani. Mettete a cuocere gli spaghetti in acqua che bolle aggiungendo il sale  nell’acqua solo dopo avervi immerso gli spaghetti. Mentre gli spaghetti cuociono, in una padella fare soffriggere prima l’aglio e il peperoncino spezzato in due e appena l’aglio  ha assunto un lieve colore madreperlato toglietelo dalla padella insieme al peperoncino  e fatevi rosolare il guanciale sino a farlo divenire croccante, ma facendo attenzione a non indurirlo. Solo dopo rimettete nella padella l’aglio e il peperoncino espegnete il fuoco. Appena gli spaghetti sono cotti al  dente versateci sopra il guanciale e il peperoncino,togliendo l’aglio,poi mescolando velocemente aggiungete l’uovo e un cucchiaio di panna liquida per fare in modo che l’uovo non si rapprenda ma resti morbido come una crema. Servite subito.

Monica Vitti, la musa e i crauti!

Lei bella non si sentiva, e  molto tempo dopo disse che  era stato proprio il suo volto  ad aprire  la strada a tutte le “bruttine” del cinema… Qualcuno per non offenderla del tutto aveva detto che era poco fotogenica e poi con quella voce così strana e rauca era impossibile fare teatro e, quanto al  cinema… ormai  le doppiavano poco  le attrici…Ma Michelangelo Antonioni l’amava e  la vedeva bellissima  con quel volto leggermente asimmetrico…   Stava nascendo un cinema nuovo e lui  che ne era  l’aristocratico profeta non servivano  le bellezze national – popolari che dal neorealimo in poi avevano fatto grande il  cinema italiano. Monica era diversa, alta con i capelli così biondi e le efelidi da sembrare nordica …Ma il viso   non era facilmente definibile … a volte sembrava duro o amaro …A volte aveva  morbidezze  infinite… Lui  se ne servì per dare mistero, enigma, estraneità… “L’Avventura” è il film della nuova “affluent society” che ha perso i vecchi valori e non sa darsene altri… C’è un vuoto dei sentimenti che solo il sesso sembra riempire, quasi unica occasione per sfuggire la noia e la mancanza di interessi…

Una strana barca di ricchi in crociera  fra le isole Eolie, che non riescono nemmeno ad accorgersi che sono in uno dei posti più belli del mondo… Solo le donne sembrano ancora chiedersi qualcosa… La fuga di Anna sembra una  protesta… Che va a cadere però fra lo scarso interesse dei suoi  amici che smettono presto di cercarla… Restano il suo compagno e la migliore amica in giro fra quelle rocce aspre e i paesi ostili… poi anche loro perderanno lo slancio e mentre nasce la reciproca attrazione  si dimenticheranno di Anna… Film amarissimo che strappava  di colpo alibi e  protezioni… “La Dolce Vita” più o meno contemporaneo è al confronto un film tradizionale, così corposo, sanguigno, ancora pieno di passioni…  Per “L’Avventura”  Antonioni e la troupe avevano affrontato di tutto… Mare in tempesta, produzione fallita, tecnici non pagati che abbandonano il set… Ma la sera della presentazione a Cannes avvenne l’incredibile… neé critiche né indifferenza… Il pubblico rideva… Di quelle scene lunghe dove non succedeva nulla, del viso estraniato della Vitti, dei paesaggi vuoti e desolati  privati di ogni facile  messaggio turistico… Antonioni li adoperava per  mostrare il vuoto dell’anima… Ma chi lo poteva capire? … Il film lo salvò una lettera aperta che il giorno dopo firmò un gruppo di intellettuali Rossellini in testa… “L’Avventura è il più bel film mai presentato a un festival… ”  e stranamente il film vinse il Festival e piacque anche al pubblico… Alla prima riflessione seria cominciarono a   identificarsi in quei personaggi…

La strada era aperta e adesso Antonioni poteva proseguire il suo discorso… Raccontò la lunga giornata di una coppia in crisi… Sino alla mattina del giorno dopo… “La Notte”,una spietata fotografia del disagio  di vivere, dell’alienazione… Monica  Vitti la giovane figlia del padrone di  casa, dove si svolge la festa notturna, uscirà distrutta dall’incontro con Giovanni e sua moglie…

Poi vi sarà il personaggio ancora più drammatico di Vittoria… Una desolata Monica Vitti incapace di stabilire rapporti con gli altri, sempre più superficiali e cinici. “L’Eclissi” e il senso del disagio e dell’alienazione è quel volto quasi  impassibile  dell’attrice che cammina e cammina… Sola in quel desolato quartiere dalle forme  raggelate  che sembra immenso…

L’ultimo film del sodalizio fra Monica e il suo mentore fu “Deserto Rosso”… Un canto del cigno dove il colore, usato per la prima volta, esplode  in una violenta realtà industriale e in paesaggi di periferia  che  sono causa e testimoni assieme delle nevrosi di Giuliana, una Monica Vitti umanissima nella sua follia, nei suoi gesti impulsivi, nel vuoto che si sente addosso, l’unica sembra, nella generale  accettazione del benessere e della realtà, a patire di quel mondo stravolto che si è  sovrapposto all’antica città bizantina.

Dispiacque a tutti quando si separarono… Ma lei  pare che non ne potesse più di essere la Musa  dolente… sia pure di un genio…. Aveva da esprimere ancora tanto… e nonostante tutto  voleva godere della vita, uscire dal dolore e dalla claustrofobia in cui l’avevano relegata  le splendide ossessioni di Michelangelo Antonioni.  A ben vedere,  ci sono dei momenti anche  nella drammatica  “quadrilogia” di Antonioni,  in cui qua e là traspare la “vis comica” di  Monica, come quell’accenno di danza in vestaglia de “L’Avventura” o certe immagini in cui il sorriso fra divertito e ironico,  fa fatica a fermarsi… Se ne era già accorto Sergio Tofano suo insegnante all’Accademia d’arte Drammatica  e ora se ne accorgeva nuovamente anche Mario Monicelli, uno degli incontrastati re della commedia all’italiana. Monica per “La ragazza con la pistola” si tolse in fretta i panni della donna  raffinata  per diventare Assunta Patanè giovane siciliana  che in tempo di Beatles, minigonne e capelloni va a Londra con una pistola per uccidere l’uomo  che l’ha disonorata… con cui cioè ha fatto l’amore! Irresistibile e incontenibile  nel suo nuovo ruolo si aprì allora per Monica  il mondo dell’allegria, dell’ironia  della satira di costume… Sembrava un mondo tutto al maschile dominato da  Sordi, Tognazzi, Manfredi e Gassman… Li chiamavano i “Quattro colonnelli”… ma non ci fu niente da fare… Monica ruppe il monopolio maschile e divenne il 5° Colonnello. “

In “Dramma della Gelosia… tutti i particolari in cronaca”   è la dolcissima Adelaide contesa fra due uomini, in “Amore mio aiutami”, diretta da Alberto Sordi,  è una donna moderna con qualche scrupolo… che non sa decidere fra l’amore del marito e quello dell’amante… in “Modesty Blaise”  di David Losey è la brillante spia dell’Intelligence Service, nata nel mondo dei fumetti, Bunuel  la vuole per per  “Il Fantasma della Libertà”…. Una lunghissima e felice carriera fino al suo ritiro alle soglie del 2000… Monica, un’attrice poliedrica, versatile, scatenata che tutto il mondo ha ammirato…. Una volta in televisione  ha recitato una surreale monologo  in cui parlava di “Crauti”  Era il 1972 e lei faceva la parodia dei pomposi letterati di  professione…

In ricordo di quella serata magica le  dedichiamo, dunque,questa ricetta di …

CRAUTI

INGREDIENTI per 6 persone: 500 grammi di cavolo cappuccio verde, 100 grammi si cipolle tagliate fini, 100 grammi di pancetta tagliata a cubetti,  70 ml  di aceto bianco, 3 bacche di ginepro, 2 foglie di alloro, 10 grani di pepe nero, sale q.b., 50 grammi di burro, 1 cucchiaio di farina bianca,3 cucchiai di olio extra vergine di oliva

PREPARAZIONE: togliete le foglie più esterne al cavolo cappuccio, tagliatelo a striscioline e immergetele in acqua per circa 30 minuti. Scolatele bene e mettetele  in una pentola  con l’olio, le bacche di ginepro, le foglie di alloro e i grani di pepe. Aggiungete un po’ d’acqua e il sale e fate cuocere per non più di 40 minuti, aggiungendo acqua, durante la cottura, se si fosse interamente consumata quella posta all’inizio. A parte, in una padella, fare stufare le cipolle con 50 grammi di burro,quindi aggiungete la pancetta, facendo attenzione,mentre si rosola, che non si brucino le cipolle. Se avete timori in tal senso è preferibile rosolare la pancetta in una padellina a parte e poi aggiungerla alla padella dove c’è la cipolla. Mescolate la farina con l’aceto fino ad avere un composto omogeneo, poi versatelo nella pentola dove ci sono i crauti facendo attenzione ad amalgamare bene il tutto, aggiungete il composto di cipolle e pancetta e fate cuocere per altri dieci minuti e servite.