Dal Rinascimento… La zuppa di mele per Caravaggio!

Per misteriose e rapide vie di comunicazione, di cui  non c’è memoria, la sua fama  si era sparsa in  Europa e  gli artisti del nord cominciarono ad affluire a Roma. Venivano dalla Francia, dalla Spagna  e  dall’Olanda soprattutto e, in seguito, molti sarebbero diventati, magari a loro insaputa, Caravaggeschi. Ma per il momento ciò di cui andavano in cerca  era il genio che aveva stravolto la pittura e reinventato la luce… Si dovettero accontentare di vedere le sue opere, a San Luigi dei Francesi, a Piazza del Popolo, presso i nobili signori che avevano acquistato le sue tele…   perché il genio non si trovava. Lo cercò disperatamente anche Rubens…   Che sulle tracce di  Caravaggio andò a vedere il quadro dello scandalo, che la famiglia Lelmi aveva rifiutato. Si diceva che Caravaggio ne avesse fatto una mezza tragedia per quel rifiuto, ma  la Madonna  col volto e il ventre gonfio della  prostituta affogata nel Tevere … non si poteva proprio accettare. Rubens invece rimase quasi in adorazione  di quella scena così spoglia e così ricca di umanità dolente, di quel modo di comporre  dove in primo piano c’è un personaggio secondario, la Maddalena piegata su se stessa dalla sofferenza,  mentre alla Madonna, su quel lettino  stretto e i piedi nudi, il pittore aveva tolto ogni sacralità. Quando tornò a Mantova, Rubens era ancora talmente  colpito che convinse il Duca ad acquistarla senza aver mai visto il quadro… Ma di Caravaggio non era riuscito  a trovare traccia! Lui era in fuga, chissà se stava ancora nelle tenute  del Lazio dove i principi  Colonna lo nascondevano, depistando i suoi inseguitori o era già arrivato a Napoli. La condanna stavolta era stata durissima. La decapitazione e, chiunque lo avesse incontrato,  era autorizzato a farlo… Adesso Michelangelo Merixio aveva perso  la sua spavalderia e questo  si vede già nella “Cena in Emmaus”, che dipinse durante la fuga. Cupa, quasi senza colore… I personaggi che  si stringono in tondo come in un ultimo istinto di difesa, quel pane  spezzato sulla tavola che è già  disfatto…  Poi, già in salvo a Napoli, arriveranno gli incubi, di cui  lui  negli anni a venire cercherà di liberarsi, dipingendo quegli ossessivi personaggi  con la testa mozzata, Golia, Oloferne  o Giovanni Battista, dove il suo macabro autoritratto prende spesso il posto del condannato.  Va a capire cosa  era passato nella testa “in pericolo” di  Michelangelo…Avrebbe potuto essere felice a Roma, anche se ogni tanto qualcuno  criticava i suoi quadri più “stravaganti”… Lavorava sempre parecchio con l’ammirazione e l’appoggio dei potenti… Ma aveva anche un caratteraccio,  pronto a infiammarsi e a cacciarsi nei guai. Di giorno le sue frequentazioni, erano almeno rassicuranti, Cardinali, Principi e i Priori delle Chiese dove andava a dipingere… Ma  appena arrivava la sera non ce la faceva a rimanere lontano dalle osterie, dalle prostitute,  dal gioco d’azzardo… Chissà, forse sperava di trovare gli ambienti  semplici e genuini della sua infanzia povera, lontano dall’etichetta e dai formalismi dei grandi apparati e invece finiva sempre per bere troppo e litigare con qualcuno…

 Una sera aveva lanciato un piatto pieno di carciofi contro un garzone d’osteria, un giorno aveva preso a bastonate un  amico del Cardinale Dal Monte che li ospitava tutti e due… Non era la prima volta che sulla scena  arrivavano i coltelli,  una volta ci aveva ferito un notaio che gli voleva portare via la sua donna, un’altra era finito all’ospedale affermando spudoratamente di essere caduto sulla sua spada, ma quella sera di maggio il limite era stato superato! Michelangelo ne era uscito ferito, ma il suo avversario era proprio morto…. Ed ora scappava dolorosamente, lontano da Roma…  la sua seconda Patria e, per non pensare, dipingeva un capolavoro triste dietro l’altro. Naturalmente non c’era più alcuna traccia dei canestri di frutta vividi di colori nè l’incanto dell’ Angelo  bianco  che durante la “Fuga in Egitto”, suonava la nanna nanna a Gesù! Ma c’era sempre quell’ “occhio fotografico”  che anticipava di  qualche secolo le istantanee della Polaroid, in cui la realtà e, sempre più spesso il male di vivere, si fissavano sulla tela nell’istante stesso in cui arrivava la scena clou!  Una volta era riuscito a sorprendere un ragazzo nel momento preciso in cui veniva punto da un ramarro e aveva scovato Narciso sognante nel bosco, che si  innamorava nella sua immagine riflessa! A Napoli  in quella chiesa barocca oggi così morbida ed elegante, fece irrompere drammatiche  e concitate  le figure trasversali in volo di due angeli, mentre nella parte inferiore le “Sette  opere  di misericordia”, incredibilmente serrate le une alle altre, sembrano  vivere in simultanea  in uno stretto vicolo napoletano. Dopo un anno Michelangelo  salperà per Malta, il Principe Colonna  gli trova un contatto con il gran maestro Alof de Wignacourt, a cui il pittore fa anche un ritratto. Se riuscirà a farsi nominare Cavaliere del Sovrano Militare Ordine  avrà anche l’immunità e potrà tornare a Roma… Era un piano quasi perfetto se Michelangelo non avesse litigato con un Cavaliere di rango superiore…  Poteva essere una sciocchezza… ma venne fuori tutto il suo passato e l’imprigionarono. Lui riuscì  avventurosamente a scappare, lasciando però  nella cattedrale di La Valletta  il suo quadro più grande la  Decollazione di san Giovanni Battista, un altro dei suoi quadri incubo dove il rapporto figure-spazio è rovesciato  creando  ampie zone di buio  e una scena del dramma con qualche luminoso  sprazzo di colore  e il resto immerso nella penombra.

A Siracusa  sembra per un momento trovare la serenità, ospitato da un vecchio amico e a spasso per le Latomie… Sarà lui a chiamarle poeticamente “L’orecchio di Dioniso” e in esse  ambienterà quello che da alcuni critici è ritenuto il suo capolavoro, ” Il Seppellimento di Santa Lucia”… La scena sembra ambientata all’ingresso e sono i due enormi becchini in primo piano a dare il senso  di una  realtà  avvolta nel male. La Santa, qusi schiacciata in terra  sembra avere un taglio sul collo, ma osservando da vicino la trama della pittura c’è invece il ripensamento di una testa  che in una prima versione era staccata… Ma, nonostante il ritmo opprimente delle figure è la luce la vera protagonista non più orientata ed uniforme come nelle opere romane, ma tragicamente rivestita di diverse  tonalità sanguigne e ocra  che quasi cancellano le figure..

Dalla Sicilia tornerà a Napoli dove qualcuno lo sfregerà e… come una profezia, si diffonderà la voce che è morto. Invece gli arriva la notizia che è in arrivo la grazia del Papa. Pazzo di gioia prenderà la prima nave in partenza per Porto Ercole… Pensa di scendere a terra a Palo, nel Lazio e di lì raggiungere Roma con un  tela, Il “San Giovanni Battista” della Galleria Borghese, che si trascina appresso e sarà il prezzo da pagare … per quella sospirata  libertà. Ma  appena arriva a Palo lo  fermano per accertamenti… mentre la nave riparte. Dopo due giorni con un’altra  nave che i principi Orsini gli mettono a disposizione cercherà di raggiungere  i suoi preziosi bagagli a Porto Ercole. Ma è troppo tardi, la nave è appena ripartita e lui morirà su quella spiaggia malsana poco dopo.. forse un’infezione, forse la malaria… mentre la grazia arriverà 4 giorni dopo.

Da allora lo dimenticarono… per più di trecento anni… era una persona  imbarazzante ed era un genio troppo moderno per il barocco che stava arrivando  con il suo tripudio di luci e per il severo classicismo che  venne dopo. Ci volle  la pittura rivoluzionaria del primo ‘900 e poi fu possibile riscoprire Caravaggi0… quasi fosse un contemporaneo con cui poter condividere valori e tecniche, una realtà che non poteva esistere senza le luci e le ombre con cui lui  l’andava a scoprire e la sua infinita capacità di cogliere gli attimi fuggenti…2223

Ripensando alle sue nature morte abbiamo pensato  di dedicargli un piatto rinascimentale preparato con la frutta, appena riadattato dalla ricetta del grande Bartolomeo Scappi..

MINESTRA DI MELE

INGREDIENTI per 4 persone: 1 Kg e 1/2 di mele renette, 1 ramoscello di finocchio selvatico, 1 gambo di sedano, 1 cipolla rossa di Tropea di piccole dimensioni, 250 grammi di pancetta, olio extra vergine di oliva a piacere, sale  e pepe nero q.b.

PREPARAZIONE: sbucciate le mele e mettete il torsolo e le bucce in un pentolino coperti di acqua. Dovranno bollire per circa un quarto d’ora a fuoco basso. Poi filtrate il liquido e mettetelo da parte. Soffriggete  nell’olio, in un tegame ampio, la cipolla, il sedano tritato e la pancetta tagliata e dadini. Il fuoco dovrà essere basso e la cottura prolungata per non bruciare la cipolla. Appena avrà assunto un colore dorato aggiungete le mele tagliate a pezzi e fatele insaporire per qualche minuto ,poi aggiungete il liquido ricavato dai torsoli e dalle bucce, il rametto di finocchio selvatico e  se necessario altra acqua per coprire il composto. Fate cuocere finchè le mele non siano del tutto disfatte.  Al termine la minestra si dovrà presentare con  una densità cremosa, pertanto se l’acqua fosse troppo abbondate fatela restringere prolungando per qualche minuto la cottura. Togliete allora il rametto di finocchio selvatico,aggiungetene per decorazione un altro fresco e servite  la minestra calda.

Zòngzi e la Festa delle Barche Drago

530px-Streitende-Reiche2Nel “Periodo delle Primavere e degli Autunni”  il Regno di Chu divenne una grande potenza, in continua espansione. E’ vero che aveva una pessima fama, visto che le sue conquiste erano avvenute quasi tutte a tradimento, occupando i territori dei suoi  fedeli alleati, ma ormai i giochi erano fatti e Chu governava una grossa parte della Cina Centro – Meridionale, di cui fra l’altro, faceva parte, anche la città di Shanghai. All’inizio del V secolo a.C., il “Periodo dei Regni Combattenti”  sostituì  le Primavere e gli Autunni, ma Chu sembrava mantenere intatti i suoi  domini in un mondo notevolmente segnato dalle lotte che agitavano i regni confinanti. A Nord Est,  il Regno di Qin, che più tardi sarebbe  stata la rovina di Chu, non poteva all’epoca mettere paura, perchè aveva ancora un grosso ritardo  nello sviluppo sociale e culturale, con la maggior parte della popolazione  ancora mezza barbara. Ma verso la fine del V secolo, dopo  le pesanti perdite nella guerra contro i Wei, le cose lì cominciarono a cambiare. Qin avviò grosse riforme che, all’inizio, non furono neanche ben percepite  ma, nel volgere di pochi decenni, riuscirono a portarlo in pole position, rispetto agli altri Stati. A Qin, infatti, ad una forma di  regime assolutista, si era venuto a sostituire un vero e proprio Stato di Diritto, in cui, tutti gli uomini, erano uguali davanti alla legge, a eccezione del Sovrano, perché, come tutti sanno, c’è sempre stato qualcuno più uguale degli altri. Tutto questo, comeP6290469 rapida conseguenza, portò a un vero e proprio crollo dei privilegi ereditari, per dare spazio alla meritocrazia. Gli effetti maggiori si risentirono nell’esercito dove i generali persero i loro nomi aristocratici e altisonanti, perchè ormai cominciavano a provenire da tutti gli strati sociali, mentre i soldati, ben addestrati e disciplinati, davano vita a una forza altamente professionale.Lo stato di Chu resistette ancora per tutto il IV secolo poi cominciò a scricchiolare e l’esercito, che era stata la sua forza, ormai ridotto a sede di tutti i privilegi e di tutti gli sperperi, divenne  la sua rovina . Nel 318 a. C. le forze congiunte dei 5 Regni combattenti di Wei, Zhao, Han, Yan e Chu avanzarono sino  a Hanguguan, ma Qin, forte del suo efficientissimo esercito, riuscì facilmente a sconfiggere le forze  dei 5 regni che disponevano effettivamente di un numero sterminato di soldati, ma  all’atto pratico mal coordinati, perché, probabilmente non si erano messi d’accordo sulla creazione di un comando unificato.

Ciononostante il Regno di Chu ce l’avrebbe ancora potuta fare perchè aveva territorio, risorse e alcuni grandi Statisti come Qu Yuan, “ministro – poeta” di grande ascendenza e appassionato difensore dell’indipendenza del suo paese. Aveva capito il pericolo che ormai costituiva il regno di Qin e tentò con ogni mezzo di ricostruire una coalizione di Stati per sconfiggere l’egemonia del grande nemico. Ma Chu era ormai uno Stato troppo corrotto e consumato dalle lotte intestine per tollerare un uomo integro e capace, con una visione politica sovranazionale. In casi di questo genere l’arma più potente è sempre la calunnia e anche nel caso di Qu Yuan,  la calunnia fu il modo con cui  i terribili cortigiani costrinsero il re a esiliarlo.

319eebbe5c0329b704c94573054ada7a-e1358032155845Qu Yuan tornò al suo paese natio e si occupò di poesia. Era una grande mente e non potendo  rivoluzionare il suo decrepito stato rivoluzionò la poesia. Abbandonò i versi classici composti di quattro caratteri e adottò quelli di lunghezza variabile dando così  al poema maggior ritmo e al poeta più libertà di espressione. E’ il primo poeta cinese di cui ci sono arrivati i testi scritti, ma è stata l’estrema bellezza del suo linguaggio e l’amore per la sua patria che ne hanno fatto il poeta cinese più amato di tutti i tempi.

Ma, in esilio Qu Yuan, nonostante il conforto della poesia, seguitava ad essere triste ed era sempre in ansia. Probabilmente si aspettava la tragedia che, puntualmente, arrivò nel 278 a.C., quando il suo paese fu pesantemente sconfitto dal Regno di Qin e il re fu costretto a fuggire e spostare altrove la capitale, occupata dall’esercito invasore. Scrisse allora un ultimo lamento per Ying, la bella capitale perduta, poi prese una pesante pietra e con quella andò a morire nel fiume Miluo.2010920143618911

Ma Qu Yuan era un uomo molto amato e,  non appena gli abitanti del villaggio seppero del suo gesto disperato, cercarono di salvarlo in tutti i modi. Presero le loro  barche e lo cercarono per tutto il fiume senza trovarlo. Quando capirono che era morto allora andarono proprio al centro, dove la corrente era più forte, e, per prima cosa, gettarono tanti fagottini di riso ai pesci  per tenerli lontani dal corpo di  Qu Yuan,  poi allontanarono gli spiriti maligni cominciando a suonare i tamburi e a percuotere l’acqua con i remi. Sconsolati fecero ritorno alle loro case ma, poco tempo dopo,  il poeta apparve in sogno ai suoi amici e raccontò  loro che era morto a causa di un terribile Drago che infestava il fiume. Per salvare la sua anima, che ancora si aggirava senza pace nelle acque del fiume, tutti ripresero le loro barche e andarono ad allontanare il Drago, dandogli in pasto non semplici cartocci di riso, ma piccoli fagotti di seta, con tre angoli, in cui era racchiuso riso pregiato, fino a quando il Drago, finalmente sazio, si decise a lasciare il fiume e consentire al poeta di riposare in pace.

DragonBoatFestivalSpecialInterest-1024x767Col tempo i fagottini divennero un cibo rituale noto come “Zòngzi”, sebbene, oggi che  si è diffuso a tutta la popolazione come pasto tradizionale, i blocchi di riso vengono avvolti in foglie di canne anzichè di seta.

Ma una volta l’anno, il quinto giorno del quinto mese del Calendario Lunare cinese, quando è l’anniversario della morte del poeta, tutte le barche con la prua a forma di drago, corrono ancora sui fiumi e sui mari della Cina. Vanno ancora una volta  in cerca  del loro grande poeta e cercano di allontanare da lui gli spiriti del male. E’ la “Festa delle Barche Drago”, in cui dopo la corsa finiscono la celebrazione  mangiando in comunità   i tradizionali fagottini di riso.

RICETTA DEI ZONGZI  (per 10 fagottini)

INGREDIENTI: 200 grammi di riso glutinoso, 100 grammi di pollo, 100 grammi di verdure miste (peperoni,fagiolini,melanzane), sale, 10 foglie di bambu.zongzi3

PREPARAZIONE: lavate e tagliarte le verdure in piccoli pezzi, poi cuocetele nella  wok per alcuni minuti con poco olio e il pollo tagliato anch’esso in piccoli pezzi.

A parte fate bollire il riso lasciandolo “al dente” e dopo averlo scolato, mischiatelo al pollo e alle verdure.

Prendete le foglie di bambu e disponetele su un piano di lavoro o su un tagliere, dopo averle sciacquate più volte. Al centro di ogni foglia sistemate il riso con il suo condimento poi avvolgetele   dando loro una forma cilindrica e chiudetele con lo spago da cucina. Quando tutte le foglie sono state riempite e sigillate ponetele  a cuocere in una  pentola a vapore per un’ora.

I Zòngzi si servono con salsa di soia, abbinandoli al riso cantonese, agli involtini primavera o ai ravioli cotti al vapore.

Poichè è un piatto tradizionale di tutta la Cina è anche soggetto a varianti regionali, per cui, in alcune località, invece del pollo si utilizza il maiale e le verdure possono cambiare a seconda della stagione o della produzione di area.

Il Dragon Boat Festival di Hong Kong