Il Risotto agli Asparagi bianchi di Bassano per il Papa Benedetto XVI!

Ma chi lo poteva immaginare che quel 21 di maggio 2012, sarebbe stata l’ultima volta in Vaticano… Benedetto XVI  aveva scelto quella data per riunire due avvenimenti vicini e importanti, 85 anni  di vita e 7 di pontificato. “Nel Papa ho visto una persona felice di essere festeggiata dai suoi cardinali, perché con loro… si è sentito in famiglia. E’ un grandissimo Papa, che, probabilmente sarà capito quando non lo avremo più”  Così raccontò allora un testimone ufficiale, lo Chef che aveva preparato il pranzo… Chissà cos’è successo dopo quel 21 maggio nelle stanze del Vaticano, così belle e segrete!  Ma di sicuro il prossimo 21 di maggio o giù di lì, il Papa fuggitivo  non pranzerà più con la sua grande famiglia allargata e nonostante l’ammirevole certezza dello Chef, oggi appare complicato e arbitrario esprimere giudizi sulle opere e sui convincimenti  di Benedetto XVI. Ma di una cosa però possiamo essere sicuri e dargli per questo la giusta ammirazione. Se ne è andato con sobrietà ed eleganza, i tratti che hanno dato l’imprimatur a tutto il suo pontificato, dopo il ciclone Giovanni Paolo II. E, a parte la fede, un senso di innata eleganza c’è stato in tutto il recupero della tradizione liturgica impoverita dagli anni 70 in poi. La Messa in latino… Ma di sicuro più ricca e armoniosa delle Messe in lingua nazionale che, diciamolo francamente appaiono un po’ sbiadite, se non altro perchè avevano impiegato quasi due millenni per scegliere  musiche, singole parole e  gesti di quell’evento mediatico che è la Sacra Rappresentazione della Messa… Il Sacerdote rivolto ai fedeli… non è mica una conferenza la messa! Meglio se tutti coralmente guardano verso il Salvatore in onore del quale avviene la cerimonia… Soprattutto poi quando l’Officiante celebra nella Cappella Sistina dove va assolutamente eliminato quell’altare mobile che vuol fare frontalità e invece, con la sua invadenza, sottrae bellezza ed equilibrio a un ambiente così mirabile…Nella festa del Corpus Domini del 2008 non consente più ai partecipanti di cibarsi da soli dell’ostia consacrata… Sembra quasi di stare a una mensa aziendale che toglie ogni forma di sacralità al sacrificio.

“Le vesti liturgiche adottate, così come alcuni particolari del rito, intendono sottolineare  la continuità del passato nel presente, che è l’unico criterio corretto per leggere il cammino della Chiesa,” afferma dall’Osservatore Romano Mons. Guido Marini, Maestro delle cerimonie liturgiche… Già le vesti liturgiche … nel 2008 Benedetto XVI  appare con un nuovo Pallio oro pallido, appena virato sul verde. E’ chiaramente  ispirato ai modelli rinascimentali con la sua forma circolare chiusa e i due estremi pendenti sul petto e sulla schiena. Con  il Pastorale, il suo lungo bastone vescovile ritorna al modello di Pio IX  e quando è freddo  ripristina il “Camauro”, un copricapo di velluto rosso bordato di ermellino che l’ultima volta si era visto negli anni 60 sul capo di Papa Giovanni XXIII. Per le mezze stagioni, a Pasqua soprattutto, riappare la “Mozzetta”, la corta mantellina  bianca o rossa bordata di ermellino, che era cara a Paolo VI …  Mentre d’estate contro il raggi del sole lo si vede con il “Saturno ” il largo cappello ovale con le nappe  che si ritrova in tanti stemmi della Chiesa. L’ultimo giorno, prima d’essere portato via dall’elicottero, che sembrava in quell’occasione, un piccolo cattivo mostro preistorico, aveva un semplice diafano vestito bianco che faceva un mirabile pendant con la sua testa tutta candida…

Anche ai riti profani Benedetto XVI ha voluto dare un segno di raffinatezza e sobrietà, allo stesso tempo. Quando era solo, di sera pare gli bastasse poco e nelle cerimonie  e nei pranzi ufficiali, puntava anche lì al recupero della tradizione con cibi semplici, ma estremamente genuini… Basta scorrere qua e là qualche menu che è passato alle cronache…  Trancio di salmone alle erbe, fusilli casalinghi, pane al radicchio di Chioggia, spesso la Sacher, – non a caso la tipica torta tedesca,-  faraona ripiena con spinaci al burro … Ci sono molti piatti della cucina veneta, perchè  con frequenza, ai pranzi ufficiali, provvedeva l’equipe di Sergio Dussin e spesso  le ricette sono semplici, raffinate e qualcuna sembra un soffio… E, soprattutto ricorrono con insistenza gli “Asparagi bianchi di Bassano del Grappa”. Si tratta di un prodotto D.O.P., dal fusto sotterraneo da cui derivano i “turioni”, cioè gli asparagi veri e propri, che seguitano anch’essi a crescere sottoterra rimanendo  in questo modo privi di luce e totalmente bianchi. Sono molto delicati e si raccolgono a mano con un apposito coltello, legandoli poi in mazzi con una Stroppa”. I veneti ne vanno fieri e il Papa sicuramente sapeva che, secondo la tradizione, a introdurli in Veneto era stato direttamente Sant’Antonio

Li ritroviamo anche in un primo piatto del menù di quel  21 maggio 2012, memorabile festa per il compleanno di Papa Benedetto, che, con la sua proverbiale gentilezza, alla fine del pasto volle congratularsi con lo Chef per la cura dei particolari e l’amore della tradizione…Si tratta del…

RISOTTO AGLI ASPARAGI BIANCHI DI BASSANO DEL GRAPPA

INGREDIENTI: per 4 persone: 320 grammi di riso Carnaroli, 350 grammi di asparagi di Bassano del Grappa D.O.P., brodo vegetale, formaggio Oarmigiano,burro 50 grammi, 1 scalogno,olio extra vergine di oliva,1 bicchiere di vino Chardonnay, sale e pepe q.b.

PREPARAZIONE: pelate gli asparagi in modo da togliere la parte più filamentosa, lavateli e tagliateli a tocchetti, meno qualcuno che userete per guarnizione. In una casseruola fate soffriggere lo scalogno tritato con poco olio, aggiungete gli asparagi e fate cuocere al dente, aggiungendo un po’ di brodo vegetale se occorre. In un altro tegame fate sciogliere il burro a bassa temperatura, tostate il riso e sfumate con il bicchiere di vino  Chardonnay, salate,pepate e poi aggiungete gli asparagi avendo cura di mettere da parte quelli rimasti interi. Cuocete il riso per circa 20 minuti, seguitando ad aggiungere brodo che dovrà essere completamente riassorbito alla fine della cottura. Mantecate il riso con burro e Parmigiano a piacere, ma senza eccedere per non coprire il sapore degli asparagi. Decorate infine ciascun piatto con gli asparagi interi.

Un’avvertenza! E’ un piatto che si può preparare nel periodo di crescita degli asparagi, più o meno fra aprile e luglio, sebbene esistano anche delle confezioni sottovuoto per gli altri periodi dell’anno.

CASSATA SICILIANA

naviganti_arabi Bisanzio era lontana e dell’isola poco  si curava. C’era da  pensare a quelle infinite guerre con i  Persiani che  premevano sui confini orientali  e più che altro, quell’avamposto in Occidente, serviva solo a dare prestigio  a quello che era rimasto del glorioso Impero  Romano. Se  poi la Sicilia era quasi alla fame e in piena decadenza, tutto questo agli imperatori poco interessava. Gli arabi invece, dalle coste del Nord Africa guardavano con passione a quella terra proiettata proprio in mezzo al Mediterraneo. Che ottima  base d’appoggio e di transito poteva essere  per loro,   con  i commerci  sparsi da un capo all’altro della terra! Così bastò chiamarli e, a questo, ci pensò l’ammiraglio bizantino in Sicilia che si voleva scrollare di dosso l’ingombrante Impero d’Oriente. Allora “passaro  i Mori d’Africa il mare” e … approdarono  a Mazara del Vallo. Poi non fu facile, perchè  ci vollero  almeno 50 anni per conquistare  quasi tutta l’isola, però ci riuscirono e ci rimasero per più di due secoli. Ma la cosa più particolare e, se vogliamo, anche la più commovente fu che, a capo della spedizione, che per prima sbarcò in Sicilia, non ci misero un fiero combattente, ma un anziano giurista, Asad al Furat, famoso in tutto  il mondo Arabo per la sua opera Asadiyya, tutta  basata sugli insegnamenti del Profeta. Fu così, evidente, fin dal primo momento, che gli arabi volevano venire in pace a portar leggi e a togliere spazio  ai soprusi individuali. E così avvenne. Per il tempo che ci rimasero, ne fecero uno territorio dove, la prima regola era la tolleranza religiosa e subito dopo quella civile. Nessuno obbligò mai i cristiani  e gli ebrei a convertirsi nè, tantomeno, a nascondersi. Bastava  pagassero solo una tassa in più e insieme  alla religione si potevano tenere anche tutte le loro usanze e costumi. La Sicilia tornò a risplendere, perché, tutto quello che avevano, gli arabi ce lo portarono, dalla bussola –  sicuramente qualche scambio ben riuscito coi cinesi – al sistema decimale e al concetto dello zero, che era una rivoluzione solo a pensarci e una meraviglia a commerciarci! Ma il miracolo più grande fu l’agricoltura! Canali, canali  e acqua dappertutto  per  ospitare quelle strane piante che nessuno prima conosceva e ora arrivavano senza sosta da tutto il mondo. Lì  ben presto  fiorirono, si moltiplicarono e dettero  luci e colori tutti nuovi al paesaggio. Canna da zucchero, mandorli, cedri, carciofi, banane, spinaci e zibibbo. E tanti erano le arance amare, i mandarini e i limoni che,  la zona attorno a Palermo, con quel giallo a perdita d’occhio,  fu d’obbligo chiamarla “La Conca d’oro.” Con tutta quella grazia  di Dio ci volle poco  a modificare  il povero mangiare  della ristrettezza in una delle più ricche e opulente cucine del mondo. Gli arabi  erano già bravi  per conto loro e in particolare sapevano preparare i dolci, quei famosi dolci pieni di mandorle zucchero e miele, capaci di durare a lungo e di attraversare gli aridi  deserti del Nord Africa, senza rovinarsi. Anche le radici della Cassata Siciliana, il dolce più ricco e opulento di tutti, vanno ricercate in quel periodo fra il IX e l’XI cecolo  quando, nell’isola, s’era venuta a  creare quell’incredibile integrazione di razze e civiltà che difficilmente si ripeterà in altri tempi e in altri luoghi. E, a ben guardare, la Cassata è proprio uno dei ricottasimboli dell’integrazione ottenuta all’origine con la ricotta, frutto dell’antica pastorizia isolana e  lo zucchero di canna, ultimo arrivato, mescolati all’interno della pasta frolla preparata con quella farina, che era la sicura erede del grano che, tanti secoli prima, riforniva  l’Italia e Roma, ai tempi dell’ Impero d’Occidente.  Anche la parola Cassata è quasi certamente d’origine araba e significherebbe bacinella, con riferimento alla forma della frolla in cui si mescolano gli ingredienti…

Poi gli arabi se ne andarono, anzi li cacciarono i Normanni e quel feroce condottiero dal romantico nome che fu Roberto il Guiscardo. Fra alterne vicende, cominciava per l’isola tutta un ‘altra storia, ma la Cassata ormai era entrata nella tradizione, resisteva e migliorava, affettuosamente curata dalle suore  che a quel tempo  preparavano il dolce per la grande solennità della Pasqua. Era pressappoco l’anno 1100 e fu nel Convento della Martorana, proprio vicino a Palermo  che, la preparazione della Cassata, ebbe  una svolta decisiva  con la sostituzione della pasta frolla con  la “pasta reale”, un impasto ottenuto dalla farina di mandorle e  lo zucchero di canna, che ormai, dopo l’importazione araba erano di casa in Sicilia. In questo modo, data la consistenza della nuova pasta, non c’era più bisogno di cuocerla e gli ingredienti rimanevano più freschi e fragranti.

Ma la storia della Cassata  ebbe ancora altri seguiti. Alcuni secoli dopo in Sicilia arrivarono gli  Spagnoli, quelli che per antonomasia si erano  inventati il “Pan di Spagna” e, dalla conquista delle Americhe, si erano portati a casa il cioccolato. Così i cuochi isolani pensarono bene di  arricchire il dolce  tramite una doppia fodera  in cui la  pasta reale più esterna si sovrapponeva al Pan di Spagna e  l’impasto interno si arricchiva di gocce di cioccolato e frutta candita.

07_frutta_canditaPoi sarà alla fine del 1800 che la Cassata diventerà quella festa per gli occhi che oggi  tutti conosciamo, tramite le rivoluzionarie idee di un pasticciere palermitano, Salvatore Gulì, che la presentò, all’esposizione di Vienna del 1878, con quei fantasiosi arabeschi  di pasta di mandorla, dalle forme rubate agli stucchi dei nobili palazzi siciliani, assieme al l’incredibile trionfo della copertura di zuccata e frutta candita, disposta in mille modi e mille colori. Da allora si pensò che fosse un peccato farne solo il dolce pasquale, e l’uso  si propagò a tutte le feste più importanti e solenni eccezion fatta per il periodo estivo, quando si trasforma in un favoloso gelato che porta lo stesso e ormai millenario nome di Cassata Siciliana.

Pronti per la ricetta, che ovviamente non può essere l’unica perché buona parte del dolce rimane  comunque affidata alla fantasia e al gusto individuale per le forme e per i colori

INGREDIENTI PER IL PAN DI SPAGNA: zucchero a velo grammi 180. farina bianca 00 grammi 85, fecola di patate grammo 75, 6 uova, una noce di burro, un baccello di vaniglia.

PREPARAZIONE DEL PAN DI SPAGNA: mescolare 75 grammi di farina con la fecola di patate. Imburrate una tortiera del diametro  di circa 26 centimetri e dai bordi alti, spolverizzarla di farina e poi capovolgere lo stampo per far cadere la farina eccedente. Versare in una ciotola i tuorli delle uova, lo zucchero e il baccello di vaniglia e con la frusta elettrica montarli. Dopo, sempre con la frusta elettrica, montare a neve gli albumi delle uova e unirli lentamente e con gradualità ai tuorli alternando con una cucchiaiata di farina e fecola da far cadere a pioggia dal setaccio. Quando gli ingredienti sono amalgamati togliere la vaniglia e versare il composto nella tortiera, livellare la superficie e mettere in forno già caldo a 190 gradi facendo cuocere per 40 minuti. Al termine rovesciare la torna su un tovagliolo per torte.

INGREDIENTI  PER LA PASTA REALE: 200 grammi di farina di mandorle, 200 grammi di zucchero semolato, 50 grammi di acqua, colorante verde per alimenti composto di ingredienti naturali.SONY DSC

PREPARAZIONE DELLA PASTA REALE: si scioglie lo zucchero in acqua a fiamma bassa mescolando in continuazione. Appena lo zucchero inizia a fare dei filamenti si unisce la pasta di mandorle e il colorante. Si mescola e si  distribuisce su una superficie liscia, resistente e non porosa. Si fa raffreddare e  poi si lavora sino ad ottenere un impasto morbido e assolutamente liscio. Poi se ne ricava una sfoglia  dello spessore di 6/7 centimetri che verrà tagliata in sufficiente numero di rettangoli a foderare  lo stampo di preparazione.

INGREDIENTI PER LA CREMA DI RICOTTA; 500 grammi di ricotta molto fresca, 300 grammi di zucchero, 300 grammi di zuccata tagliata a cubetti, 50 grammi di cioccolato fondente sminuzzato, semi di una bacca di vaniglia.

004PREPARAZIONE DELLA CREMA DI RICOTTA: se la ricotta è veramente fresca,contiene abbastanza  siero che è necessario eliminare facendo sgocciolare la ricotta. Poi amalgamarla con lo zucchero e i semi della vaniglia. Si lascia riposare per circa un’ora, si setaccia e alla fine si aggiunge la zuccata e il cioccolato.

INGREDIENTI DI COMPLETAMENTO: 1/2 bicchiere di rhum, zucchero q.b., acqua q.b., frutta candita per decorare  come zuccata, capello d’angelo ,ciliegie, arance, pere, mandarini.

CONFEZIONAMENTO DELLA CASSATA: Dividere il Pan di Spagna in tre dischi e inserirne uno sul fondo dello stampo che deve avere forma svasata in alto per favorirne la fuoriuscita e dare alla Cassata la sua tipica forma con base più grande. Sciogliere lo zucchero nell’acqua, aromatizzare con il rhum e versare sul fondo di Pan di Spagna. Ricavare dal secondo disco di Pan di Spagna dei rettangoli uguali a quelli preparati con la pasta reale, quindi poggiarli sulle pareti della teglia alternando pasta reale e Pan di Spagna. Versare la crema di ricotta nello stampo foderato e ricoprire con il terzo disco di Pan di Spagna. Lasciare riposare per un’ora e poi capovolgere la cassata su un piatto tondo per dolci sopra un tovagliolino di carta  intagliato e decorato per far da base ai dolci. Sciogliere a fuoco basso 150 grammi di zucchero a velo con un mestolino d’acqua finché non diventi filante e trasparente,quindi versare questa glassa  ancora calda sulla Cassata, spalmando uniformemente con l’aiuto di una spatola.Far raffreddare e arricchire secondo il gusto personale con la frutta candita.

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