Spaghetti alle vongole per Massimo Troisi !

Lontano da tutti  i luoghi comuni… dai facili qualunquismi e dagli stereotipi… Niente sole, niente pizza, niente mandolini… Ma una sofferenza antica, stoica, fatta di mille pudori, senza rassegnazione però e  con  l’0rgoglio di essere … “Io penso in napoletano, Io  sogno in napoletano… Cioè … mi riesce proprio facilissimo …” Ma non ti sforzi di  parlare italiano? – Chiedeva la giornalista di  buona famiglia  –  “Sono ormai tre anni che stai qua”… E c’era  quasi una vena di impazienza e di  divertita commiserazione nella voce di lei…  “No, non mi sforzo. Oltretutto all’inizio c’era un po’ di rabbia… Ci steva questa prevenzione …   Dicevano che non capivano… Perché, io posso capire il romano e anche il milanese… Insomma… e voi non potete capire il napoletano?…  Non è che non potete …E’ una mancanza di disponibilità …”  Diceva cose dure, ma parlava  pacato, con quella voce dolcissima, fatta  di constatazioni  senza polemiche, quasi senza rimprovero…  ” Senti, non ti faccio una domanda seria…” –   diceva,  cambiando  argomento,  la ragazza  un po’ confusa –  Ti chiedo così…   Ma tu hai  per caso idea di come possano risolversi i problemi giù di Napoli?  Politicamente, non so, hai vagamente  un’ aria di sinistra, non so se ti occupi di politica eccetera”   E lui rispondeva senza badare  alla superficialità dell’approccio, impegnato solo a sfruttare quello spazio televisivo al meglio possibile, per poter aiutare la sua città ” I problemi vanno risolti nella Struttura giusta… Qualche volta  si chiede di risolverli  con la canzone, con il calcio o con il teatro…  Invece noi possiamo partecipare ma non risolverli … La difficoltà oggi però è che non si sa nemmeno dove sta il potere… Ai tempi di Masaniello si andava ad assaltare il palazzo del Viceré ,  al tempo dei tedeschi si riconoscevano quelli con gli elmetti, ma adesso invece c’è questo potere subdolo… “

Forse per capire  la rabbia e il dolore di Massimo Troisi bisogna andare a San Giorgio a Cremano…  Un aggregato ormai  saldato alla città di Napoli, dove, in un un tessuto sub – urbano disordinato e degradato  dalle infiltrazioni della camorra, esistono o per lo più  resistono,  una trentina di  meravigliose  ville barocche, una più bella dell’altra… sparse sul territorio… Erano “Le ville di delizie,” dove i signori del ‘700  trascorrevano le villeggiature…

A San Giorgio Massimo  nasce  nel 1953 in una grande famiglia … 17 persone fra fratelli, nonni e zie… “Quando sto con meno di 15 persone mi sento solo…” seguiterà a dire una volta lontano da S. Giorgio a Cremano… Un’ infanzia  serena col padre   Capo Stazione e una assurda collezione di trenini elettrici che era l’immancabile befana delle Ferrovie dello Stato, ai figli dei dipendenti…   Ma a  12 anni Massimo si ammala… Le febbri reumatiche  gli cominciano a scassare  il cuore…   e da allora quel viso allegro da scugnizzo comincerà ad assottigliarsi…

Questo non gli impedisce di  fare teatro…  Nel suo gruppo ci sono  Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezzagiovani … Hanno un testo  tutto scritto da loro …”Crocefissioni d’oggi,”  e una sala per le rappresentazioni..Il  Teatrino dell’Oratorio…  Al parroco,  fanno leggere una versione depurata  del testo,  ma al momento  della rappresentazione, il parroco li caccia dal Teatro… Gente che non si arrende,  prendono allora  in affitto un vecchio garage  che tutti fieri chiameranno “Centro Teatro Spazio”,  Rappresentano Eduardo e le Marionette, ma quando le cose si avviano bene, Massimo non ce la più…

In America c’è un grande chirurgo… il Professor De Bakey, è uno dei pochi al mondo che può sostituire una valvola al cuore, ma le spesa è enorme… Quando tutto sembra perduto é un giornale a salvare Massimo… “Il Mattino” lancia una sottoscrizione e il cuore di Napoli  salverà quello di Troisi a cui in America sostituiscono la valvola usurata.

Quando  lui torna  nel 1976  arriva il successo… Il trio Troisi, Decaro, Arena si chiama  “La Smorfia…”   Altro che Freud…. A Napoli e dintorni ci sono  i veri esperti che interpretano i sogni, li trasformano in  numeri… che poi si giocano a Lotto… Un modo tutto Napoletano per risolvere i guai…  Questo nome dell’antica  tradizione  l’ha voluto Troisi… Sono spettacoli di sketch comici con temi di attualità… Forse il più  esilarante e il più famoso è  La Natività che diventa l’occasione  per parlare della mancanza di lavoro a Napoli… Ha preso ormai forma il personaggio di Troisi timido, impacciato, in sordina, irresistibilmente comico, Lello Arena è il cattivo e De Caro suona le più  antiche  musiche napoletane … .  A Napoli lavorano al San Carluccio, a Roma al Brancaccio ed è lì che li scopre  Gigi Proietti che li fa arrivare in televisione… Il successo a Massimo fa bene… Prende il sospirato – da suo padre –  diploma di geometra e trova l’amore… una giovane e bella attrice che si chiama Anna Pavigliano…  E’ la prima delle sue belle amanti che gli rimarranno tutte vicino anche quando non ci sarà più l’amore…

Era inevitabile l’arrivo al cinema… e “Ricomincio da tre ” sarà il trionfo  di  Gaetano, napoletano schivo,educato, ma che, nella sua logica fuori dai clichè, si ribella alll’etichetta dell’emigrante, con cui lo vogliono bollare, solo perché viene   da Napoli… Arriva a Firenze con un candidato al suicidio,  si innamora di Marta , scappa, ritorna. Forse il figlio che aspetta Marta non è il suo, ma la questione più importante diventa il nome da mettere al bambino in un  dialogo da nuovissima commedia all’italiana, tutto  fatto di  surreali ragionamenti…  Gaetano: “Ma mettiamo che questo figlio… cioè… mettiamo che io ‘sto figlio… Cioè, come lo chiameremmo? ” Marta: “Mah… io non ci ho ancora pensato. Massimiliano? ” Gaetano: “No no no no, per carità, quale Massimiliano!? No, guarda, lo chiamiamo. cioè… si se decide che ‘sto figlio è… cioè che può., cioè… io avevo pensato: Ugo…  E’ propria perché accussì ‘o guaglione vene cchiù educato. ” Marta: “Ma perché? Massimiliano…? ” Gaetano: “Massimiliano vene scostumato. Cioè… niente, lo so… È proprio il nome che è scostumato. Perché Massimiliano… Per esempio, questo ragazzo sta vicino alla mamma… questo ragazzo si muove per andare a qualche parte? La mamma prima di chiamare Mas-si-mi-lia-no, il ragazzo già chissà dove è andato, chissà cosa sta facendo! Non ubbidisce, perche è troppo lungo!  Invece Ugo, quello come sta vicino alla mamma e sta per muoversi: Ugo! Il ragazzo non ha nemmeno il tempo di fare un passo. Ugo!, e deve tornare per forza, perche lo sente, il nome. Al massimo, proprio… ecco… volendo lo potremmo chiamare Ciro. È più lungo, ma proprio per non farlo venire troppo represso… Però Ciro tiene il tempo di prendere un poco d’ aria… “.

“Pensavo fosse amore e invece era un calesse” e’ la fine di un amore con le  grottesche verità di Troisi sulla vita e sull’amore … Cecilia ha appena lasciato Tommaso… Lui si reca sotto casa di lei  e la chiama al citofono… Lei non lo vuole far salire…

“Apri un momento… Senti sono in pantofole, con la vestaglia..E allora, mi fa impressione che stai in pantofole con la vestaglia? Ci spieghiamo un attimo, apri per favore…Dai, sono messa male, stavo dormendo, non voglio che mi vedi così, sono brutta…Sei brutta? Tanto mi devi lasciare mica ti devi fidanzare, meglio no, se sei brutta?”

Gli amici vogliono avvisare Tommaso che  Cecilia ha un altro uomo… Abbiamo visto Cecilia, lei non stava sola.. stava insieme a uno.Uscivano dal cinema, parlavano, ridevano e scherzavano….Vabbè sarà stato un amico!… Stavano assieme, Tomma’, stavano proprio assieme .Noi ti diciamo la verità per il bene tuo…Chi vi ha chiesto niente, queste non sono cose che si dicono in faccia sono cose che vanno dette alle spalle dell’interessato. Sono sempre state dette alle spalle.

Le caratteristiche  che dominano  il personaggio di tutti i  film di Troisi sono  sicuramente la sua personale  timidezza   e il suo essere schivo, delicato e sempre un po’ fuori posto..Sono elementi che lui di film in film   raffina e sublima   nella sua   ironia  tutta speciale  e nel suo modo di stare al mondo …

Di successo il successo  finisce il breve tempo di Massimo Troisi col  suo ultimo e struggente film  “Il postino,” dove il personaggio riesce a vincere  e a superare la sua timidezza grazie al dono della  poesia.

Succede nel  1994… Quando fa un controllo al cuore  negli Stati Uniti…  Si deve sottoporre   a un nuovo intervento chirurgico,   ma le riprese del suo nuovo film stanno per iniziare e  lui rimanda…

Il postino , girato a Procida e Salina , diretto da Michael Radford, è la storia di una insolita amicizia tra  Mario, un umile portalettere e Pablo Neruda  durante l’esilio del poeta cileno in Italia… Sarà l’amicizia col grande poeta che spingerà Mario a scrivere le poesie che non aveva il coraggio di tirar fuori… Troppo singolare  l’analogia fra Mario il Postino e Massimo il suo interprete…

Mario morirà durante una manifestazione prima ancora che suo figlio nasca, Massimo riuscì a  stento a terminare le riprese del film con enorme fatica, facendosi sostituire in alcune scene da una controfigura, poi morì nel sonno, nella casa della sorella   per un attacco cardiaco, il 4 giugno 1994, 12 ore dopo aver terminato le riprese de Il postino.

Due anni dopo   Il postino venne candidato a cinque Premi Oscar (tra cui uno per Troisi come miglior attore,  una nomination per l’Oscar postumo), ma delle cinque nomination si concretizzò solo quella per la migliore colonna sonora scritta da Luis Bacalov.

Certo per Troisi non poteva mancare una delle più  gustose  pastasciutte napoletane … Semplice e raffinata assieme, nello stile di una grande ed elegante tradizione, che a lui sarebbe piaciuta…

SPAGHETTI CON LE VONGOLE VERACI AL VINO BIANCO

INGREDIENTI per 4 persone:  1, 200 kg di vongole veraci freschissime e non di allevamento, altrimenti è preferibile utilizzare i “lupini” varietà di vongole più piccole,ma altrettanto saporite. 400 grammi di spaghetti,1 mazzetto di prezzemolo, 3 spicchi di aglio, 100 ml di olio extra vergine di oliva, 150 ml di vino bianco secca , 1 cucchiaio di farina, pepe e peperoncino

PREPARAZIONE:

 Fate spurgare  almeno per 12 ore  le vongole, coprendole a filo con  l’acqua leggermente salata.

Dopodiché sul fuoco, ponete una padella larga e versateci l’olio, l’aglio sbucciato, un peperoncino, il vino bianco e per finire il cucchiaio di farina, che seve per addensare la salsa che si sta preparando e quindi rimescolando amalgamate il tutto.

Quando poi, il composto inizia a soffriggere, aggiungete le vongole, fate insaporire bene e spegnete il fuoco solo quando saranno tutte aperte. Dopo di chè estraetele dalle valve e rimettetele nel loro sugo, salvo 200 grammi circa che terrete come decorazione da porre in cima ai piatti con le loro valve.

Nel frattempo, mettete una pentola piena di acqua sul fuoco, salate a vostro piacimento e quando l’acqua è giunta a bollore gettate gli spaghetti.

Ed infine, una volta cotti, scolateli e versateli nella padella nella quale avete preparato la salsa e riportatela a fuoco vivo. Aiutandovi con le posate, lasciate che gli spaghetti si impregnino del condimento. Se occorre potete aggiungere un po’ di liquido della pasta e una volta spenta la fiamma, spruzzate di prezzemolo tritato. e guarnite con le vongole rimaste con le valve.

L’America di Jean Gabin e il cavolo ripieno!

Mériel … un piccolo paese con una stazioncina  e i treni  che vanno verso Parigi, sulla riva del fiume Oise. Jean che odiava terribilmente la scuola,  passava intere ore a guardare i treni. Li vedeva arrivare, fermarsi e ripartire ed era assolutamente affascinato da quella figura in tuta col berretto sulla fronte e l’aspetto di una divinità che dominava dall’alto. Per lui non c’erano dubbi, da grande avrebbe fatto il macchinista sui treni.  In effetti ci riuscì,  ma quando accadde aveva già 34 anni e fu per una sola volta… Perché la sua storia stava pendendo tutt’altra direzione. Il padre lavorava nel “Music Hall” e aveva l’abitudine  di portarsi  appresso quel ragazzino un po’ riottoso… e un po’ annoiato, con la speranza  che si appassionasse al  teatro. Ma a quel ragazzino, che proprio allora stava diventando un’adolescente,  furono le ballerine, belle e vivaci, sorridenti e poco vestite,  a fargli cambiare  idea e  trascinarlo in palcoscenico.

Una bella voce e una dizione chiara in teatro  sono la base, ma quel ragazzo era anche un danzatore formidabile ed era sempre  scrupolosamente puntuale… di sicuro i miti della ferrovia se li portava  nel cuore. Fu così che da “Le Folies Bergére” passò al “Vaudeville” e poi all’Operetta dove di volta in volta faceva la  guardia Egizia,  il pirata o il  controllore,… Al Moulin Rouge ci arrivò dopo aver fatto il servizio militare, improvvisando una splendida imitazione di Maurice Chevalier. Fra  gli addetti ai  lavori, per la selezione c’era anche Mistinguett… la prima delle sue donne famose! Molto tempo dopo disse:” Meglio entrare sempre dalla porta principale… E per me, Mistinguett  fu quella porta”

Personalità comica…tranquilla comunicativa… il suo futuro è l’Operetta comica”… dicevano i giornali, dell’astro nascente del Teatro, Jean Gabin. E invece fu cinema. Lui ci credeva poco, perché a parte quegli occhi così particolarmente chiari aveva una gobba sul naso e un fisico non eccezionale… Nonostante tutto quel ballo! Cose che spesso il cinema non perdona. Invece furono circa 20  film ,in meno di cinque anni,  in ruoli uno  più  diverso dell’altro con un buon successo e parecchi soldi. All’inizio li metteva da parte perché voleva tornare presto al suo paese e comprare della buona terra… L’altra sua passione  dopo quella delle locomotive!

Poi invece cominciò ad appassionarsi…E fu allora, agli inizi del 1934 che incontrò Julien Duvivier e a seguire  Jean Renoir e Marcel Carné, tutti gli astri del cinema francese. ” Il Giglio Insanguinato”, “Zouzou” con l’incantevole Josephine Baker,” Golgotha” che divenne un classico della settimana di Pasqua e “Varietè,” sono i film “Prelude”  del massimo della sua fama,  di quelli che verranno a ragione soprannominati i “Gloriosi anni Gabin, fra il 1935 e il 1940. Nel “Realismo  Poetico” che arriva direttamente da Zola e i Miserabili, Gabin lascerà alcune interpretazioni così perfette nella loro essenzialità e nel loro realismo, dalle quali non si potrà più prescindere quando si parlerà di cinema.  Gabin è l'”eroe tragico”, il  fuorilegge, spesso suo malgrado, vinto, o destinato a essere sconfitto, dal fato prima ancora che da una società spietata. Pierre, il protagonista de “La Bandera” sfuggirà alla legge francese, ma morirà per mano di un ribelle, i compagni de L’Allegra brigata” fanno tutti una fine così triste che Duvivier fu costretto a girare una versione con il lieto fine. Solo “Les Bas-Fonds”  si conclude con un finale appena  rasserenato, dove il protagonista deve comunque farsi prima un po’ di anni di carcere … Pepé le Moko, il bandito   di Algeri che si suicida… mentre parte la nave che va a Parigi, la patria della sua nostalgia … giù giù fino al “Porto delle  Nebbie,”con  il basco  della Morgan, il nuovo amore di Gabin, in gara con lui per gli occhi più celesti, gli schiaffi  a Brasseur,  i paesaggi di vento, il mare livido e la brutale morte del disertore  Gabin, ammazzato come un  cane in mezzo alla strada. Improvvisamente Gabin ha 34 anni e in una bellissima soggettiva entra sul treno in corsa nella stazione di  Le Havre.  Ha gli occhialoni e il volto è sporco di fuliggine, ma è solo la gioia di un momento… Non l’aveva immaginata così la sua vita di macchinista…  Con il personaggio Lettier, vittima di una tara  che lo porterà a uccidere la sua amante e poi suicidarsi.  Alla fine della serie, forse il film capolavoro, in quell'”Alba Tragica,” dove l’operaio assassino si suicida  dopo una notte in flash back, dove è passata tutta la sua vita e il suo amore.

Ma prima c’era stata “La Grande Illusione” un film diverso, che narra la storia di due prigionieri di guerra che alla fine riusciranno a evadere. Sembra un film a lieto fine, ma c’è quella parola “illusione” che fa tremare… Chissà qual’è la grande illusione? La fine della guerra, che non finisce mai, il desiderio di libertà degli evasi, troppe volte frustrato o la scelta dei due tedeschi che rinunciano a sparare, in una specie di pace separata?

In ogni caso  la vera illusione a quel tempo era la pace! E appena tornò la guerra Jean Gabin  se ne andò, scappò letteralmente, sotto l’incubo degli stivali. Quando arrivò in America aveva una fisarmonica e una bicicletta da corsa.  E in America c’era Marlene Dietrich, l’odio  comune contro il Nazismo e una passione d’amore che li consuma. ” Tutto quello che voglio darti è il mio amore. Se tu lo rifiuti, la mia vita è finita per sempre. Ricordati, però, che al di là della morte ti amerò ancora…». Abitano a Brentwood nella casa  affittata da Greta Garbo, dove lo scrittore Dos Passos dice che l’ attrice si comporta come una brava casalinga tedesca, dove  approdano tutti gli esuli francesi, primo fra tutti Jean Renoir,  che adora i cavoli ripieni e il bollito preparati da «Lola». Gabin spesso si calca un berretto in testa e canta “Viens, Fifine” con le lacrime che cadono sulla sua fisarmonica.

 Ma appena c’è aria di riscossa Gabin  non può mancare e alla fine del 1942  si arruola nella Forze libere francesi. E’ stato un fuciliere di marina, lo nominano subito nostromo. Partirà con il caccia francese Elorn per scortare  un convoglio. ll giorno della partenza vanno  lui e Marlene a Norfolk, un viaggio interminabile, tutto lacrime e baci… Ci vollero parecchi anni prima che si incontrassero di nuovo! Fu  nel ‘ 44,  quando lui era il comandante di un carro armato e  lei andò a cercarlo nei boschi. Era arruolata nell’ esercito americano e se i tedeschi l’ avessero presa, l’ avrebbero fucilata come traditrice. Ci mancò poco. Nel dopoguerra, dopo un film fiasco “Martin Roumagnac” la loro storia giunse alla fine.

Lui era precocemente invecchiato, aveva i capelli grigi e si era appesantito. Pensò di non aver più niente da fare nel cinema… Ma si sbagliava, Gabin era sempre Gabin  e trovò una nuova giovinezza  nel 1950! Dopo una felice parentesi teatrale, fu infatti il protagonista di La Marie du Port, un film tratto da un romanzo di Simenon e diretto da Marcel Carné.  Qui la storia è quasi ironica, un borghese arricchito molto sicuro di sé e del suo ristorante ben avviato, insieme a questa “Marie” che conquisterà sia lui che il suo locale. Gabin si presenta un po’ più grasso e molto cordiale per il congedo  finale dai poveri tormentati dei film precedenti. Ed è una grande prova  per l’accoppiata Gabin-Carné che dieci anni dopo  Alba tragica  si dimostra ancora validissima. Gli anni 1949-50 sono importanti nella vita di Jean  perché dopo due matrimoni falliti e alcune celebri amanti, conoscerà Dominique Fournier, una indossatrice della casa Lanvin. Questa volta non vi saranno dubbi, si sposeranno e saranno felici con tre figli  e come nelle migliori favole. La sua carriera prosegue incontrastata con  Touchez pas au grisbi, nella parte di un ladro un po’ stanco che vorrebbe andarsene in pensione accanto alla bella Jeanne Moreau,  e  con  L’air de Paris, un film sull’amicizia fra due pugili, uno anziano e l’altro molto più giovane  con la voce di Yves Montand che canta il motivo del titolo.  E poi i film cominceranno a non contarsi più. Di successo in successo e dopo tanti personaggi lontano dalla legge, alla fine Jean Gabin capitolerà e diventerà il mitico “Commissario Maigret”il più amato poliziotto della Francia, tutto deduzione, pipa e umanità.

Quando morirà la  Marina francese  volle rendere all’illustre figlio  di Francia gli onori che si era meritato in guerra. L’urna con le ceneri venne  portata a Brest  su una nave militare  per  compiere  ciò che lui desiderava intensamente. Fu  un finale anche troppo solenne, e forse a Jean non sarebbe piaciuto, ma era  il prezzo della fama mentre una parte della storia di Francia  se ne andava.

Gabin lo vogliamo ricordare nel suo esilio americano, quando  la donna più bella del mondo non gli era sufficiente per dimenticare la Francia e lei Marlene cercava di alleviare l’esilio suo e dei suoi amici cucinando  per loro il “cavolo ripieno”, per farli sentire un po’ meno soli e un po’ meno lontani.

CAVOLO RIPIENO

INGREDIENTI  per 4 persone: 1 cavolo verza di circa  1kg,250 grammi di carne bovina tritata,  150 grammi di salsiccia, mollica di pane 30 grammi, 1 bicchiere di latte, 2 uova, 4 cucchiai di parmigiano grattugiato, sale e pepe a piacere, noce moscata,i pizzico abbondante, 50 grammi di burro,  1 cipolla, 1 carota, olio extra vergine di oliva 3 cucchiai, brodo vegetale 300 ml, 1 foglia di alloro,

 PREPARAZIONE: togliete al cavolo le foglie esterne più dure, scottatelo per pochi minuti in acqua bollente salata, scolatelo e aprite delicatamente le foglie cominciando dal centro. Per preparare il ripieno unite alla carne tritata la salsiccia sminuzzata e la mollica di pane precedentemente bagnata nel latte e poi strizzata. Aggiungete le uova, il parmigiano, il sale, il pepe, la noce moscata e amalgamate tutti gli ingredienti. Mettete un po’ di ripieno al centro e dopo aver richiuso su se stesso il centro inserite altra carne fra gli altri strati di foglie premendoli dopo  leggermente fino a richiudere l’intero cavolo che  infine legherete con spago bianco da alimenti in modo che durante la cottura non fuoriesca il ripieno. Fate sciogliere burro e olio in una pentola, unite la cipolla e la carota a fettine,mettete nella pentola il cavolo spolverato di sale e pepe, coprite con il brodo e aggiungete la foglia di alloro, coprite e fate cuocere per circa 40 minuti. Servite il cavolo accompagnando con il fondo di cottura ristretto.

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