Natale con i magnifici tre: Panettone, Pandoro e Torrone. E tutti e tre sempre in gara per sentirsi i più blasonati! Per tradizione, il Pandoro fissa le sue origini attorno al ‘500, nello splendido scenario della Repubblica Veneta, dove lo portavano in tavola a forma conica, completamente ricoperto di foglie d’oro, tanto che per questo, oltre che per la sua pasta dorata, l’avevano chiamato “Pan de Oro.” C’è chi dice invece che sia la versione più elevata e amplificata di un dolce più casereccio, il “Nadalin, ” anch’esso a base stellare. Ma qualcuno preferisce rivendicargli 0rigini più antiche, per timore di essere surclassato dagli altri due magnifici e così, scartabellando testi trova, ai tempi di Plinio il Vecchio, un “Pane con la consistenza dorata, con fior di farina burro e olio.”
Il Panettone, invece, lui, le leggende delle origini ce l’ha nel sangue e una si sovrappone all’altra. C’é chi dice che fosse il Pan de Ton, il “Pane di tono”, cioè quello dei signori, che nel 1500, una volta l’anno, i fornai distribuivano gratis anche ai poveri. Fra tante altre poi, c’è una storia quasi commovente, che riguarda il cuoco di Ludovico il Moro, a cui, proprio il giorno di Natale, si carbonizzò il dolce, mentre gli invitati, già impazienti, lo stavano aspettando in tavola. Mentre l’infelice cuoco era lì, al colmo della disperazione, arrivò inaspettata la salvezza da Toni, il piccolo sguattero della cucina. “Stamattina- gli disse – ho trovato gli ultimi avanzi in dispensa … farina, burro, uova, cedro candito e uva sultanina e mischiando tutto ho preparato questo dolce. (Forse povero Toni se lo voleva portare a casa e fare un po’ di festa in famiglia pure lui…) Se non avete altro potete portarlo a tavola… ” Dopo, tutti e due, Capo cuoco e sguattero, nascosti dietro la tenda, si misero a osservare le reazioni, sulla faccia degli invitati. Scoppiò l’entusiasmo e il Duca in persona mandò a chiamare il cuoco per sapere il nome del dolce e lui ancora tremante per lo scampato pericolo, candidamente confessò “L’è ‘l pan del Toni”. E quel nome, aggiustato in Panettone, gli rimase addosso.
Ma è la storia del “Magnifico III”, il Torrone, quella più controversa e accidentata. Perchè se il Pandoro è di Verona e il Panettone di Milano, il Torrone è sicuramente cosmopolita e appartiene a un mucchio di città in Francia, in Spagna e in Italia. A Cremona sarebbe piaciuto tanto poterne vantare l’esclusiva e ci hanno provato in tutti i modi, libri di Storia alla mano. Quì, dicono ancora oggi, – nelle pasticcerie artigiane e sui marchi di fabbrica delle grandi industrie, che lo esportano in tutto il mondo,- si sono sposati il 25 ottobre del 1441 Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Qui, per il loro banchetto nuziale, fu inventato un impasto di mandorle, miele e bianco d’uovo, portato in tavola tutto eretto, come copia esatta del “Torrazzo,” la torre campanaria del Duomo cittadino, che poi, ovviamente, concludono sempre i cremonesi, ha finito col dargli il nome.Ma i furbi cremonesi tacciono un fatto molto importante che stravolge completamente la loro teoria. Proprio qui infatti, verso il 1100, un sign0re molto erudito Gherardo Cremonese, tradusse in latino, un un testo scritto a Cordova dal medico ispano arabo Abdul Mutarrif, “De medicinis et cibis semplicibus”. Vi si parlava delle virtù salutari di molti cibi e, una volta arrivato al miele, Abdul lo associava a un particolare dolce che facevano gli arabi, il “Turun”, appunto. Erano quindi quasi tre secoli, che circolava per Cremona la ricetta del torrone servito poi, questo si, in modo tanto originale e patriottico alle nozze Visconti – Sforza. E, del resto,a meglio sconfessare i cremonesi, i Veneziani, che da tanto tempo avevano a che fare con l’Oriente, già dal Medio Evo, per Natale, mangiavano un dolce fatto con un impasto di miele, mandorle e zucchero aromatizzato con tante spezie.
Ma la storia non finisce qui…anzi siamo ancora agli inizi. Una volta, tanto tempo prima, pressappoco nel 4° secolo a.c. c’era un popolo italico, valoroso e guerriero, sicuramente anche un pò rustico, che dalle severe vette appenniniche, scese a valle scacciando da Napoli e provincia, pensate un po’, i civilissimi e raffinati greci. Al loro confronto i Sanniti avevano ben poche cose, oltre i grandi scudi e le spade, ma fra queste pare che ci fosse anche il torrone. Almeno così dice il grande storico Tito Livio e Marziale, altro autore romano aggiunge che si chiamava “Cupeta”o “Cupedia” termine che non a caso doveva avere a che fare con la cupidigia, cioè, come dire, la gran voglia di mangiarselo. Comunque il nome ha retto in parecchie zone dell’Italia Meridionale e soprattutto a Benevento, luogo Sannita per eccellenza e un’altra delle patrie nobili del Torrone, dove lo chiamano Cupeta o anche Strega, perchè si va a legare con un’altra antichissima tradizione che fa di Benevento uno dei luoghi di raduno delle antiche fattucchiere.
Ci sono ancora altri, udite, udite, che con tutta sicurezza affermano invece che il torrone ce l’hanno portato i Cinesi, e qui viene proprio da esclamare sconsolatamente “Ma come, anche questo?” e a supporto della loro teoria, questi cultori del Celeste Impero fanno notare come, i primi alberi di mandorlo crescevano solo in Cina. Non resta che arrenderci! E’ noto che abbiamo importato anche quelli.
Adesso, pur rimpiangendo di lasciarci alle spalle numerosi torroni italiani saporitissimi come quelli sardi color avorio o i semi morbidi e coloratissimi siciliani, andiamocene senza voltarci indietro in un’altra famosissima patria del torrone, Alicante, in quella terra di Spagna che sicuramente, in fatto di torroni, ha più di tutti assorbito la grande tradizione araba. Perché poi, secondo voci ben accreditate, sarebbero stati proprio gli arabi a inventare il torrone. E questo ben chiaramente ce lo aveva fatto capire il medico di Cordova dell’11 secolo, quando parlava del Turun.
Magica Alicante! Storia, cultura, spiagge fra le più belle d’Europa, oggi Alicante vive in un’atmosfera elettrizzante, con una movida notturna fra le più belle di tutta la Spagna. Ma non ha assolutamente abbandonato le sue tradizioni fatte di ospitalità e di grande cucina, soprattutto marinara, ma dove il torrone occupa un posto di grande prestigio, perchè è rimasto rigorosamente un “Torrone a Km 0”! I mandorli crescono in zona, li puoi trovare nei giardini delle case e il miele anche è rigorosamente fatto sul posto. C’è un apposita Commissione che controlla attentamente il prodotto e solo a quelli che hanno tutti i requisiti a posto è concessa l’ambita IGP (Indicazione geografica Protetta). Le mandorle devono essere il 46% dell’intero prodotto. Si sbucciano e si mettono ad arrostire su tamburi rotanti e quando hanno raggiunto la tostatura si uniscono all’albume diluito e al miele che è esclusivamente quello locale della Comunità Valenciana. Ed ecco qui una ricetta completa e in fondo abbastanza semplice per chi il torrone se lo volesse preparare da solo.
Se siete in 8 persone mettete 250 grammi di miele e fatelo sciogliere a fuoco basso in un pentolino, poi aggiungetevi 150 grammi di zucchero e mescolate a lungo con un cucchiaio di legno. Poi a parte montate a neve un albume d’uovo e incorporateci lentamente il composto di miele e zucchero, mescolando per una decina di minuti. Aggiungete anche un mezzo bicchierino di anice, rimettete il composto sul fuoco a fiamma media e fatelo caramellare. E’ questo il momento di aggiungere 500 grammi di mandorle tostate. Seguitate a mescolare ancora per qualche minuto e poi versatelo in uno stampo coperto di carta di riso e rovesciatelo solo dopo qualche ora.
Un dubbio dell’ultimo momento a proposito del nome. Perché la storia si fa ancora una volta controversa. Escluso che venga dal “Torrazzo” cremonese, i più ritengono che l’origine si possa far risalire al latino “torrere,” che significa tostare. Ma come mai anche gli arabi lo chiamavano Turun? Per quali strade si era andato a incastrare nella lingua di Maometto un termine così latino? Forse sarà meglio non andare ad approfondire troppo perchè, col torrone, fra una storia e l’altra si finisce per perdere la testa. Tutto sommato, la cosa più bella …e più dolce, visto che sta arrivando il Natale, è cominciare ad assaggiarlo, appoggiandolo magari a uno Spumante Catalano o a un buon Passito di Pantelleria.