Adriano Olivetti, il visionario di Ivrea e la Bagna Cauda, un piatto del territorio.

A Ivrea il Carnevale  è una cosa  davvero importante con i ricchi  costumi, le sfilate interminabili e la battaglia delle arance che, come un incantesimo, colora  di un acceso  arancione  le strade del grigio inverno nordico… Ma quel febbraio del 1960 improvvisamente, in un silenzio attonito e incredulo, si chiuse il Carnevale e il  chiassoso passaggio dei carri dovette  cedere il posto  al mesto sfilare  dei cortei venuti da ogni parte d’Italia con quelle tristi corone  a lutto per rendere omaggio ad Adriano Olivetti.

A guardarle adesso, in  quelle facce c’è qualcosa che va oltre il dolore… C’è inquietudine, tensione, timore… Forse niente sarebbe rimasto come prima… Troppo geniale   l’eredità che  lasciava Adriano… Troppo diversa, da tutte le altre, l’azienda Olivetti. L’avevano tanto attaccato in vita… L’avrebbero lasciato in pace in morte?  Troppa la diffidenza e il rancore di una società e di una politica spiazzate da quell’uomo  che, con una bella punta di disprezzo, avevano seguitato a chiamare  ‘Il visionario” ! Che i lavoratori avessero anche una casa… paternalismo! Che  potessero studiare nella biblioteca dell’azienda o avere una  formazione permanente… Snobismo!  Che nella sua “Città del Sole” avesse anticipato di  20 anni  la Sanità pubblica gratuita… Si preferiva ignorarlo… Che poi l’azienda   fosse presente sui maggiori mercati internazionali e avesse   36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all’estero…  Era un fatto  a cui cui non si sapeva come replicare… E si preferiva  ridimensionarlo…

Era cominciato  tutto più di quarant’anni prima quando il padre, il padrone dell’ “Ing. C. Olivetti & C”, dove la “c” stava per Camillo,  prima fabbrica italiana di macchine per scrivere, lo manda durante le vacanze scolastiche, lui che nel 1914 aveva 13 anni, a lavorare nella fabbrica di famiglia…  Ne rimane scioccato… Dal buio dell’ambiente, dalla solitudine  del posto di lavoro… dai ritmi di lavoro lenti.  Così se lo ricorderà anni dopo “Una tortura per lo spirito, stavo imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina‘. E ancora ‘”Occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri.’ 

Se lo ricordava ancora quando nel 1925, appena laureato il padre lo spedisce in America a vedere come si lavora nel “Nuovo Mondo”…  “General Motors”, “Ford”  Boston, Chicago, Detroit.  100 aziende in tre mesi…Ne torna con molte idee  e  qualche critica… Apprezza l’organizzazione del lavoro,  il decentramento delle funzioni, l’interscambio fra ricerca e produzione…Si innamora della pubblicità… per la quale chiamerà, una volta a casa, i migliori disegnatori… Non apprezza invece la remunerazione a cottimo… Il salario va calcolato  su tempi standard testati e ritestati… Non sullo sforzo portato all’estremo… Forse non lo sa ma ha già iniziato il suo discorso rivoluzionario e innovativo di come si lavora in fabbrica…

L’anno dopo nel 1926  è coinvolto in una fuga storica… Filippo Turati, il vecchio leader socialista è perseguitato dal fascismo … Adriano Olivetti  lo va a prendere in  auto a Milano e lo porta  a Torino… Fra l’altro guidava malissimo… Dopo alcuni giorni lo va a riprendere a Torino e lo porta a Savona dove l’aspettavano Sandro Pertini, che poi diventerà Presidente della Repubblica, ma allora più che altro faceva il socialista nascosto, e Ferruccio Parri, che sarà invece Presidente del Consiglio e, con un motoscafo  lo condurranno in Corsica… Così  ricorda Adriano, Natalia Ginzburg, nella casa che ospitava Turati…” Quella sera la sua faccia e i suoi pochi capelli erano come frustati da un colpo di vento. Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri… Gli vidi due o tre volte nella vita quegli occhi… quando c’era un pericolo e qualcuno da portare in salvo”

fedoraNegli anni 30 trasportata dall’onda nera americana la crisi si fa sentire  in Italia e cominciano i licenziamenti, ma l’ Olivetti non lo fa … E una delle poche a resistere ..  Perché inventano nuovi prodotti e aumentano  quanto più possono  l’esportazione. Sono gli anni in cui viene creato lo schedario meccanico Sinthesys, così d’avanguardia, che resterà negli uffici almeno sino agli anni ’70 e poi la miracolosa portatile  MP1 Olivetti, il cui poster sarà realizzato da un artista in fuga dalla Bauhaus… olivettiA

Durante la guerra Adrian lavora per i servizi segreti delle potenze occidentali, finisce in prigione e quando esce scappa in Svizzera… Ma al suo ritorno cominceranno le grandi innovazioni in fabbrica. Vuole le aziende più luminose del mondo, perché l’operaio che prima era un contadino deve seguitare a godere della natura, del verde e delle  montagne che lo circondano..  E arriveranno i migliori architetti… Vuole le case per i lavoratori che darà a riscatto a prezzi minimi ,vuole la possibilità che tutti abbiano cultura e la fabbrica avrà le biblioteche dove sarà  possibile accedere  anche durante l’orario di lavoro… Trattiene poco dei suoi guadagni… il resto lo reinveste… Tutti pensano che fallirà con quelle spese folli per  la fabbrica, i servizi sociali e la sanità per i dipendenti e lui guadagna sempre di più… Ma la rivoluzione  più grande sarà nei metodi di lavoro. Mentre in Italia infuriano le lotte operaie per l’alienazione cui è soggetto il lavoro in fabbrica lui abbandona completamente il Taylorismo e la catena di montaggio e costruisce i “Gruppi di lavoro”  e le “Isole”  A un gruppo misto di operai, tecnici e altre figure necessarie all’obiettivo,  affida la realizzazione di un intero prodotto, con mansioni in larga parte intercambiabili. Dicevano che non era possibile… troppo costosa la specializzazione del singolo, la produttività si sarebbe abbassata, non c’erano più le garanzie della velocità e i tempi certi della catena di montaggio, l’azienda sarebbe fallita… Invece la Olivetti esce vincitrice dalla sfida, mentre le grandi industrie e la stessa Confindustria cominceranno una guerra serrata ad Adriano Olivetti e ai suoi metodi che gli altri  non riescono a permettersi. Ben diversa sarà infatti la risposta allo stesso problema da parte della Fiat che assediata dalle proteste operaie licenzierà e metterà alla catena di montaggio dei nuovissimi Robot…

E intanto Adriano Olivetti seguiterà a spaziare… Fonda la casa editrice di “Comunità”, per portare in Italia le opere straniere sconosciute, diventa Sindaco di Ivrea,deputato al Parlamento… e il suo voto sarà determinante per il primo Governo di Centro – Sinistra… Apre nuove fabbriche fra cui quella di Pozzuoli che farà scalpore perché la produttività degli operai del Sud supera quella del Nord… Nelle sue fabbriche vorrà concerti e pittori  perché la cultura è di tutti,operai e dirigenti…

 I successi dell’azienda,  fra cui la mitica portatile “Lettera 22” degli anni 50, che pesava solo 5 chili, non danno alla testa ad Adriano Olivetti. Ci sono nuove sfide … Sta emergendo la tecnologia elettronica.  Così nel 1952 la Olivetti apre a New Canaan, negli USA, un laboratorio di ricerche sui calcolatori elettronici; nel 1955 un altro laboratorio a a Pisa e nel 1959 l’Olivetti può presentare l’Elea 9003, il primo  calcolatore elettronico Italiano.. Dopo a seguire il “Programma 101, l’archetipo del personal computer…

Adriano aveva capito dov’era il futuro e con tutto il suo slancio ci si era rivolto… Ma all’improvviso muore su un treno che lo portava da  Milano a Losanna. Si disse un infarto,un ictus, ma l’anno dopo morì in un incidente anche il suo più stretto collaboratore all’elettronica Mario Chu … Due anni dopo morì in uno strano incidente aereo Enrico Mattei, il presidente dell’Eni…In vita  era stato un oppositore di Adriano Olivetti, ma anche lui era un  innovatore…E comiciarono a sorgere le leggende su  questa oscure morti…Di sicuro  Adriano Olivetti era nato  troppo presto…   l’avevano  preso per visionario… una categoria che da sempre fastidio al potere… L’Olivetti naturalmente non fu più la stessa… Con quello slancio mondiale che aveva,  quando morì Adriano, avrebbe potuto portare l’Italia a essere fra i primi al mondo nell’elettronica …  Invece ebbe qualche guizzo, come  negli anni 80 con un bel computer, l’M24 che aveva una grafica eccezionale per l’epoca, ma non seppe sfruttare il momento e alla fine  fu fatta a pezzi e svenduta… Ma questa è un altra storia…

 Il figlio spirituale di Adriano, sognatore e visionario come lui, era nato dall’altra parte    dell’oceano e  quel messaggio  lo potè raccogliere solo molti anni dopo.. Era il  1976  e  molto diverso era l’ambiente delle sue sperimentazioni… Un garage..  L’entusiasmo però era sicuramente lo stesso e il progetto si chiamava  Apple 1…   Era già un  prototipo di computer, un vero e proprio calcolatore  con le stesse componenti con le  quali  si   lavora oggi,  tastiera e monitor.   Steve Jobbs gli dette  il nome  e il logo del suo frutto preferito…   Una mela morsicata con i colori dell’arcobaleno.

L’ intuizione avveniristica di Steve Jobbs   era stata quella di trasformare il computer, uno strumento nato per l’azienda in qualcosa  che si potesse più  strettamente  legare o  al lavoro del singolo e al singolo stesso inteso  come persona privata.   Il “personal computer”, era qualcosa che  poteva tranquillamente  essere utilizzato per un’infinità di cose che molto, poco o niente   avevavo a  che fare con il lavoro,  al contrario dei grandi calcolatori  che erano stati pensati  per la vastità  del mondo aziendale o per le grandi burocrazie … Perché il personal di cui Jobb ridusse drasticamente le dimensioni   poteva  essere portato sempre dietro. La variabile  vincente  fu qualcosa che poco aveva a che  fare con le logiche aziendali ,ma piuttosto  fu un’attenzione alla dimensione psicologica, al tessuto delle relazioni sociali e alla vita privata del lavoratore. Infatti, lo stesso Jobs affermò: “noi pensiamo di dover arrivare nelle case, ci piace dire fino alla porta del garage, la gente deve portarselo dietro nei weekend, per poter lavorare anche la domenica, senza dover andare via e lasciare i bambini a casa”. E, infatti, come si vedrà negli anni a seguire, il computer sarà sempre più “personal” e con esso si svolgeranno sempre più attività che esulano dal contesto lavorativo oppure, secondo i casi, si lavorerà per l’azienda senza muoversi da casa.

Da quella prima enunciazione  Steve Jobb farà tantissima strada quasi sempre da vincitore, qualche volta perdendo…  E ha finito per cambiarci totalmente il modo di vivere… Ma il seguito di questa storia così interessante,  fatta tutta di  futuro ve la raccontiamo un altra volta…

Anche Adriano Olivetti, così simile  a Steve jobb era solito dire “In me non c’è che  futuro”. E a  lui dedichiamo una ricetta che viene dal Piemonte quella sua terra così amata,  da cui partì alla conquista del mondo…

LA BAGNA CAUDA

 INGREDIENTI per 4 persone: olio extra vergine di oliva grammi 300, acciughe sotto sale grammi 150, burro grammi 50, 6 spicchi di aglio,qualche gheriglio di noci.

PREPARAZIONE. la bagna cauda è un antipasto che va mangiato  molto caldo e a tale scopo viene portato in tavola posando il recipiente su un fornelletto  alimentato da una candelina inserita al suo interno. Si prepara la bagna cauda raschiando le acciughe con un coltellino, quindi pulendole con una pezzuola,poi aprendole e diliscandole. Si pestano gli spicchi d’aglio riducendoli a poltiglia, e poi si inserisce il burro in un recipiente di terracotta gacendolo sciogliere a fuoco bassissimo e aggiungendovi dopo l’aglio che non dovrà prendere colore, altrimenti altera il sapore  e, per ultimi l’olio e le acciughe che si disferanno un po’ per volta durante i 10 minuti che rimarranno sul fuoco. Al termine  togliete le pellicine ai gherigli di noce,sminuzzateli e  mischiateli alla salsa.

La bagna cauda si mangia intingendo  nel recipiente di terracotta le verdure che saranno distribuite ai singoli commensali.  In genere saranno cardi, lasciati preventivamente a bagno in acqua acidulata con succo di limone, peperoni crudi a fette o eventualmente arrostiti, le foglie più bianche della verza, i topinambur, il cavolfiore molto tenero. In alcune zone del piemonte si preferiscono verdure  cotte come le cipolle  intere passate al forno,le barbabietole,le patate o le carote lessate.

Anticamente la bagna cauda si preparava con l’olio di noci, oggi introvabile ed è per conservare l’aroma della vecchia ricetta che  si aggiungono i gherigli di noci. La ricetta si presta inoltre a diverse varianti locali… Nel Monferrato per esempio aggiungono del Barbera alla salsa e qualcuno preferisce tenere a bagno nel latte gli spicchi d’aglio, da scolare prima di immergerli nella salsa, per smorzarne il sapore troppo forte. Nella provincia di Alba se avanza la bagna cauda si versano in essa delle uova strapazzate.

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Saint Louis Style Pizza

603px-Missouri_quarter,_reverse_side,_2003Lì convergevano, come fosse un cuore umano, le grandi vie di comunicazione fluviali  quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti centrali. E questo perchè é era proprio lì che  il Missouri va incontro al grande  Mississipi. Nella seconda metà  del 1700 Léclede, un commerciante di pellicce francese, aveva capito che quello era il punto strategico  più favorevole e che da lì si sarebbero potute spedire le merci in tutte le direzioni del Grande Paese. Certo, oggi che  la maggior parte dei trasporti via terra si fa con i tir e i treni, è difficile immaginare l’importanza della navigazione fluviale, che si perde nella notte dei tempi. Ma già in Europa, tanti secoli prima, aveva avuto la sua grande realizzazione nel sistema fluviale Reno Rodano Ticino, la cui sorgenti, situate a poca disatanza l’una dall’altra, avevano consentito l’interscambio delle merci in tutta l’ Euoropa, prima ancora che arrivassero i Romani a fare le strade.murphybuilding16

All’inizio Saint Louis, nonostante lo spirito commerciale che animava i suoi  fondatori, era una città raffinata, dalle eleganti costruzioni  per la borghesia emergente  e tale restò fino a quando, all’inizio dell’800, con un atto di vera e propria compravendita, -” il Louisiana Purchase”-  fra lo scandalo di tutti i penpensanti,  la Louisiana passò dai  francesi agli Stati Uniti d’America. Allora lo sviluppo in pochi anni divenne  frenetico e la città ne uscì trasformata. Grande stoccaggio delle merci, sedi delle  compagnie commerciali… e poi banche, le assicurazioni e infine le industrie, un crogiolo  insomma di quello che era il convulso, agitato sogno della  ricerca della  felicità. Saint Louis ne fu veramente un simbolo, un crocevia per tutti gli avventurieri in cerca di fortuna, ma anche un passaggio obbligato per le spedizioni scientifiche come quella di Lewis e Clark  nell’Oregon  e di Pike verso Santa Fé.

Poi  dalla seconda meta dell’800, le grandi migrazione dell’Europa  e la città divenne la nuova patria soprattutto  dei Tedeschi e degli Italiani. I primi  hanno caratterizzato  Saint Louis con una grande birra, la Budweiser che oggi è una prestigiosa multinazionale, ma non hanno mai dimenticato il loro luogo di origine, tanto che, negli anni 7o, l’originaria fabbrica  di Saint louis è entrata a far parte del Patrimonio Storico Nazionale. I secondi, gli Italiani, si sono invece imposti nel campo della cucina, portando due distinte tradizioni, quella del Nord Italia e  quella del Meridione. Erano così diversi  in tutto questi i immigrati  italiani che a lungo ebbero due diverse chiese.

Saint Ambrose Roman Catholic Church, in Saint Louis, Missouri, USAChe dire dell’inizio del ‘900?  La città era al top  della  notorietà e del prestigio quando fu scelta come sede della  Grande Fiera dove si svolsero i festeggiamenti per il centenario del “Louisiana Purchase” nel 1903 e i “Giochi olimpici del 1904, ma poi non resse molto e  verso la metà  degli anni ’50  conobbe un cambiamento  così profondo che fece pensare alla sua autodistruzione. Fu un fenomeno di dilatazione e di rarefazione in cui le attività produttive, i servizi e la popolazione cominciarono a distribuirsi nei dintorni, mentre nel centro abbandonato cresceva l’erba, il silenzio e  cominciava la lenta erosione degli edifici. Sembrava  qualcosa di irresistibile,di senza scampo, finchè con un colpo d’ala la città rinacque a nuova vita. Il miracolo si può chiamare Jefferson National Expansion Memorial . E’ vero che per costruire questo, che doveva essere il luogo delle memorie, furono rasi al suolo una  quarantina di i edidfici storici fra cui  la casa che ospitava una ditta di pellicce del 1818. Però quando il Gatevay Arch di Eero Saarinen nel 1962 vide finalmente la luce, la città acquistò un simbolo, ma soprattutto riacquistò consapevolezza di se stessa e cominciò a rivitalizzare il suo centro, a salvare quello che restava del suo ancora ricco patrimonio storico. Molto è stato fatto, ma tantissimo resta da fare prima che  alcuni storici e interessantissimi edifici fine ‘800, inizi ‘900 cadano a pezzi, come  il Murphy Building o il Majestic Theatre.3284170161_7bf3ee6ed0

Ma c’è un settore della città che non ha mai conosciuto crisi ma anzi ha prosperato, si è ingrandito e ha dato vita a nuove situazioni.  Stiamo parlando di  “The Hill”  la zona a sud ovest della città, dove alla fine dell’8oo si stabilirono  gli immigrati italiani per andare a lavorare nelle cave di argilla. Da lì non se ne sono più voluti andare e da recenti statistiche si calcola  che oggi sono i 2/3 degli abitantii. Solo che col tempo hanno cambiato mestiere e hanno trasformaro The Hill in una vera e propria industria del cibo.

Lì e tutto un susseguirsi di  ristoranti, panetterie, di cui nomi famosi sono, fra gli altri  Amighetti di Bakery, il negozio di alimentari di Viviano & Sons e la drogheria Di Gregorio che vende un particolarissimo tipo di formaggio ” Il Provel”:

Poi  per non perdere le  vecchie buone abitudini del paese, è emigrato anche il “Gioco delle bocce” che a “The Hill” ha due campi riservati.

A The Hill, fra i vari piatti della cucina italiana, ne preparano uno a cui è difficile sottrarsi. In realtà ormai, quello di cui stiamo parlando è solo un piatto di ispirazione italiana perché il contatto con l’America, terra di continue Hillbanner-1innovazioni, ha spinto proprio gli  Italo -Americani a fare qualcosa di nuovo  e di diverso, in un gioco di concorrenze e di fantasie che, dal 1964,  è riuscito a creare nuovi stili e nuovi sapori alla tradizionale “Pizza Napoletana”   :

Le punte dell’innovazione?  La prima é la pasta  senza lievito, (anche se qualcuno si impunta a mettercelo, ma si tratta di una devianza) che si presenta come una sottile crosta della consistenza di un cracker, in netta contrapposizione non solo  alla “Chicago deep dish pizza”che ha un alto strato di morbida pasta, ma anche alla “New York Pizza” che, pur avendo una base sottile, utilizza comunque il lievito.  Il formaggio Provel è la seconda caratteristica della pizza, un marchio registrato che si basa su un’ardita combinazione di Cheddar, Provolone e Groviera Svizzera. Volendo, nelle pizze casalinghe, si può ottenere  il sostituto del Provel anche mischiando i tre  formaggi base. Come  conseguenza il Provel ha quella di consentire tagli netti e “morsi puliti”, al contrario delle pizze realizzate con la mozzarella, che si lasciano sempre dietro lo strascico filante. La terza caratteristica della pizza  è la sua presentazione, attraverso un taglio realizzato a quadrati, in sostituzione ai tradizionali spicchi con cui la pizza viene  presentata in America.4027831651_af76fd0231_b

SAINT LOUIS STYLE PIZZA

INGREDIENTI ( Per 2 pizze): 250 grammi di salsa di pomodoro, 3 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di basilico fresco tritato, 2 cucchiaini di origano essiccato, 3 tazze di formaggio Provel, 3 gocce di salsa Liquid Smoke, 2 tazze di farina, 2 cucchiai di amido di mais, 2 cucchiaini di zucchero, 1 cucchiaino di sale, 1/2 tazza d’acqua più 2 cucchiai,2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 400 grammi di peperoni tagliati a listarelle. (una tazza corrisponde a circa 200 grammi  di alimento solido  o 2 decilitri di acqua)

PREPARAZIONE: unire la salsa di pomodoro, il concentrato di pomodoro, il basilico, lo zucchero e l’origano in  una  ciotola e mettere da parte. Mettere il formaggio in una ciotola unitamente alla salsa liquide fume e mettere da parte.

In una ciotola grande unire la farina, l’amido di mais, l’acqua e il sale. Mescolare gli ingredienti  fino a che siano ben amalgamati. Poi lavorare l’impasto su una superficie infarinata fino ad ottenere un impasto omogeneo.

Scaldare il forno a 250°C. Dividere la pasta in due parti uguali e lavorarne un pezzo per volta premendola sino a dargli una forma rotonda di circa 30 centimetri di diametro e porre la pizza nella teglia. Ricoprire la pizza con metà della salsa, metà dei peperoni già passati per 2 minuti al microonde e metà del formaggio. Cuocere per circa 10 – 12 minuti finchè la superfice diventi dorata. Ripetere lo stesso procedimento per preparare la seconda pizza.

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