Un dolce rustico per Giorgio Armani: la sbrisolona

Fra sanzioni prima e tempo di guerra  poi, molte cose erano sparite dalla vita degli italiani…Il cibo era razionato  e di tessuti  se ne trovavano ben pochi e a prezzi spaventosi… Le persone grandi, girando, rigirando  e “rimodernando” –  come eufemisticamente si diceva –  cappotti e giacche, in qualche modo riuscirono ad arrivare a guerra finita… Ma per i bambini  era diverso… crescevano in fretta e riciclare i vestiti dell’anno prima era difficile. Per fortuna  si trovavano le stoffe militari… per le divise dei soldati… Così sua madre  si adattava con quei ruvidi tessuti e cuciva da sola i vestiti per Giorgio e sua sorella. Lei veniva da una famiglia in vista  a Piacenza e  le sembrava importante mantenere un certo decoro, nonostante i  tempi  difficili.. Probabilmente fu allora, che Giorgio  cominciò a interessarsi agli abiti e,  magari inconsciamente, a capire il valore simbolico che si portavano dietro…  L’equilibrio e il “meno che diventa più” lo intuì invece  appena un po’ dopo! Poteva avere 12 anni e la guerra era finita … Miracolosamente arrivò un pollo in casa…Era Natale  e la madre  volle decorare la tavola a festa… Sembrava a tutti bellissima sin quando Giorgio non  freddò l’ambiente “Troppi fiori… disse a sua madre,  togline un po'” Dopo pochi anni andarono via da Piacenza… Suo padre aveva trovato lavoro a Milano e per Giorgio fu uno choc… Non poteva allora immaginare quanto  Milano sarebbe stata importante… Quando tornò dal servizio militare abbandonò anche gli studi di medicina… Era rimasto deluso da entrambe  le esperienze e tanto per trovargli un lavoro un’amica  lo fece assumere come vetrinista a “La Rinascente”… Quello fu il suo ingresso nel mondo della moda, dalla scala di servizio, per 10 anni di fila…Poi l’incontro con Nino Cerruti… il design e  la gestione aziendale, con uno sguardo a 360 gradi. sul complesso mondo dell’alta moda… Ma “Giorgio Armani” lo diventa tardi.. quasi alle soglie dei quarant’ anni… Fu il suo amico Sergio Galeotti a spingerlo…Uno studio ufficio in due stanze arredato con i soldi ricavati della vendita delle loro auto…   A Porta Venezia  Giorgio disegnava e Sergio teneva i contatti col mondo.

Nel 1975 la prima linea uomo – donna pret a porter… che rende felice Giorgio perché da Cerruti si era occupato solo di moda maschile…La collezione che  fa gridare  al nuovo talento  arriva rapidamente  l’anno dopo nella Sala Bianca di Firenze, ed è l’inizio della sua rivoluzione: è   la “giacca destrutturata”…  un  unico stile per donne e uomini! Materiali di pregio, morbidi come il cashmire,  senza  imbottiture e  grandi spalline,  bottoni spostati, asole cucite a mano, impunture a vista e fessino aperto…  Se qualche supporto interno rimane è  solo  di prodotti naturali come il crine di cavallo. “Volevo che le donne portassero giacche, cravatte e smoking come gli uomini, ma che restassero il più femminili possibile.” E ciò ovviamente non sarebbe stato possibile con quelle giacche così rigide e pesanti.  E’ una donna del tutto nuova quella di Armani… che però veniva da lontano…la prima ispiratrice può essere stata Cocò Chanel  con gli smilzi vestitini di jersey , senza strozzature in vita dietro i quali  le linee del corpo giocavano a nascondersi e rivelarsi seguendo i  movimenti. Fra quelli più vicini a lui c’era Kenzo lo stilista giapponese figlio di più culture che mischiava  assieme con assoluta  nonchalance oriente e occidente…

Grande tentazione quella dell’oriente che in Armani si riaffaccerà periodicamente… All’inizio degli anni ’80 Armani è già un mito e  Hollyvood  abbandona i suoi sarti  per  Armani  quando si tratta di vestire Richard Geere che deve interpretare l’equivoco bellissimo “American Gigolo”. Nel 1982 Time gli dedica una copertina… E’ la consacrazione”  Con l’andar del tempo Armani muta  e si invaghisce di tante donne diverse che a ben guardare però sono sempre le stesse con pochi  colori per volta, tanti grigi, neri e bianchi e il suo tipico azzurro. Lo stile inconfondibile è  fatto di  cose essenziali e qualche improvviso guizzo di fantasia nel drappeggio, nel colore, nell’oriente…  All’inizio, negli anni ’70 la donna Armani  è  sportiva, classica  e confortevole, con qualche riferimento retrò (cappello cloche)  …. Nel pieno degli anni ’80 ha un  look tipicamente yuppie, caratterizzato da un mood femminista e androgino… spalle larghe e camicie “baby” con tessuti soft e cascanti.  Nel ’90 si lascia tentare  da  quelle  strane dive  americane, alte flessuose… con qualche tratto maschile come  Marlene Dietrich o Greta Garbo che  spesso indossavano  larghi pantaloni  alti in vita, ma nello stesso tempo l’oriente  coloniale si affaccia prepotentemente   ne “Il te nel Deserto” … Ancora  dagli anni duemila in poi ritorna allo stile degli anni 20 e 30 e alle  le sarte hollywoodiane  che preparavano  sontuosi abiti fatti di tessuti leggerissimi  e appena velati  su cui poggiavano complicati ricami di paillettes.  Un mondo di fragili eleganze tutto da rivisitare e mischiare disinvoltamente assieme a gheishe e ai fior di pesco come nella collezione del 2011…E in tutto questo Armani è rimasto fedelissimo alla moda uomo con cui aveva iniziato  puntando  sui jeans  da abbinare  spesso alla  giacca e alla cravatta a farfalla in un casual che diventa unico … e  imitatissimo, alle bluse morbide che va a saccheggiare  nei guardaroba femminili e  i nuovissimi trench con le bretelle anziché con la cinta. L’intimo uomo poi è  stato un successo nel successo  per il  modo di modellare  e di equilibrare  fatto di tagli perfetti e pochi colori… qualche anno fa pare che abbia pagato cifre astronomiche per avere come Testimonial  David Beckham, Rafael Nadal e Christiano Ronaldo.

Lo chiamano Re Giorgio, ma il suo ormai è un Impero… A lui hanno chiesto tutto … e tutto si è inventato… Profumi dai nomi deliziosi come “Acqua di Jo”, la cantante Beyoncè  che  presenta  Emporio Armani Diamonds, occhiali, accessori, gioielli, borse, scarpe.. La passione per l’arredamento, fortissima, invece  ha fatto nascere “Armani Casa”  con sontuosi alberghi come quello di Dubai o con centri vendita come  l’Armani Ginza Tower a Tokio  o la sede di Milano a Via Bergognone …

Un settore dove Armani ha rivelato se stesso sino al più profondo del suo cuore… Purissime linee dove  l’ essenzialità si è mischiata  allo spirito dell’oriente… ma a quel particolare oriente che è lo  Zen  e ha dato vita ad ambienti rigorosi, con pochi colori… Il suo stile minimalista  che ha raggiunto il massimo del “less is more…” Fra le realizzazioni di Armani Casa c’è anche il suo ultimo  yacht … Il “Main” 65 metri di lusso, raffinatezza e semplicità.. Peccato che Armani non lo possa dividere con Sergio Galeotti, il suo grande compagno degli inizi, quello che con il suo coraggio e la sua ammirazione gli ha dato la forza per cominciare  “Quando siamo partiti, io non ero uno stilista e lui non era un manager. Ma si è applicato, con ostinazione, con testardaggine, fino a diventare un personaggio …. E’ stata sua l’ idea di fare una struttura tutta nuova, senza produzione, ma solo ideazione e, in qualche caso, vendita. ..”   Così lo ricorda Armani… Perchè Sergio  morì molto presto, nel 1985 … e lui non è più riuscito a dimenticarlo.

Armani  ormai è conosciuto anche per i suoi alberghi e i suoi ristoranti sparsi ai quattro angoli della Terra  dove si mangiano le specialità esotiche più raffinate e particolari… Ma in fondo, nonostante il mondo intero sia ormai la sua patria, una parte di Armani è sempre rimasta a Piacenza, in quella provincia dove si sentiva protetto  e da cui ha fatto tanta fatica a staccarsi. E da Piacenza abbiamo scelto questo rustico e leggendario dolce  tipico della Lombardia e ospite indiscusso delle tavole piacentine che è:

LA TORTA SBRISOLONA

INGREDIENTI per 8 persone circa: Farina di mais 250 grammi, farina di mais macinata più finemente detta “fumetto”  150 grammi,mandorle pelate 150 grammi, mandorle non pelate 50 grammi, zucchero 200 grammi, burro 110 grammi, strutto 100 grammi, vanillina 1 bustina, la buccia grattugiata di un limone, 2 tuorli di uova.

PREPARAZIONE: tritate grossolanamente le mandorle trattenendone 50 grammi intere per la decorazione. In una terrina di grandi dimensioni mettete la farina di mais nelle due versioni, le mandorle tritate, il burro, lo strutto, la vanillina, la scorza di limone, i due tuorli di uova e lo zucchero, trattenendo a parte due cucchiaiate. Lavorate velocemente tutti gli elementi senza amalgamarli troppo perché l’impasto deve rimanere un po’ grossolano,. Imburrate una tortiera del diametro di circa 25 cm. di alluminio usa e getta perché  al termine sarà più facile liberare la torta.Distribuite l’impasto sulla tortiera  sbriciolandolo con le mani mentre lo inserite e senza pressarlo sul fondo. Sulla superficie poggiate le mandorle  intere formando un disegno a piacere. Cuocete nel forno preriscaldato a 180°C per circa un’ora, poi toglietela dal forno e fatela freddare prima di estrarla dalla tortiera. Poggiatela sul piatto da portata e cospargetela di  zucchero prima di servire. Attenzione: c’e un rito da rispettare! La torta Sbrisolona si spezza con le mani. Vietati i coltelli.

A Michael Moore… con tante Rose del Deserto!

Roger & Me …  Fa venire in mente  un incontro, un’amicizia, un rapporto qualsiasi fra due persone. Ma quando Roger si chiama anche B. Smith ed è il Ceo della General  Motors, a qualunque “Me” che non abbia qualche titolatura o un santo in paradiso… L’incontro diventa difficile. Impossibile addirittura se  “Me” si chiama  Michael Moore… ed è un giornalista, un  noto  seccatore e sicuro portatore di guai. Figuriamoci, Moore  aveva addirittura la pretesa di prendere Smith per mano e portarlo a Flint a vedere com si era ridotta, dopo che 35000 lavoratori erano stati licenziati  dalla General Motors. Ma pensava davvero che Smith si sarebbe commosso o avrebbe fatto mea culpa? Troppo intelligente Moore… per lo meno smise di crederci quasi subito. Allora nacque il bizzarro documentario sull’incontro  che non ci fu dove More inseguiva, Smith si sottraeva e  venivano fuori gli interessi spietati della General Motors. Era il primo documentario di Moore  sulla lunga crisi americana che iniziò proprio con le città che si spopolavano…Stava succedento a Detroit a Saint Louis e a Flint … Si chiamava con una brutta parola delocalizzazione. Più  banalmente  significava che la produzione andava all’estero dove la mano d’opera costava di meno e i profitti aumentavano.

Peccato che c’era quel ragazzone rompiscatole, figlio e nipote degli operai di Flint che per poco non era andato anche lui alla General Motors…  Con quell’ironia cattiva e disarmante  svelò  in quell’anno 1989, che di grazia di certo non era, l’America dolente e segreta che quasi nessuno conosceva… E conquistò il pubblico.

Flint era stata solo l’inizio della denuncia…E poi non riuscirono più a toglierselo di torno. Moore diventerà il  mentore sarcastico, beffardo e ironico di questa America  che  perde se stessa, la sua  identità e la sua  vocazione appresso a un capitalismo deviato, becero e sempre più avido. Nel 1996 girava per gli Stati  presentando un libro sullo stesso tema “Giù le mani! L’altra America sfida i potenti e i prepotenti”… Perché il fenomeno si era esteso…   Allora fra librerie, università e teatri, si tirò appresso una piccola troupe e di città in città mise i pezzi in più al suo triste  puzzle … Le compagnie e gli imprenditori si lamentano delle perdite, parlano di  necessari tagli, di mercati che si chiudono. Moore accumula tutte prove contrarie che gli sbatte in faccia… Cioè, li mette nel suo flim, “The big One” perchè con loro direttamente non riesce a parlare. I  guadagni, negli Stati Uniti sono stati alti, ma l’avidità delle Corporations lo è ancora di più….  “Terroristi economici”… li chiama Moore … Spaventano i cittadini per coprire i loro affari sporchi… a Cincinnati  denuncia la Procter & Gamble che licenzia migliaia di persone a fronte di 6 miliardi di profitto, lo stesso fa a San Francisco con la Kaiser Permanente e a Minneapolis dove  la Pillsbury Company  spreca 11 milioni di sovvenzioni per la sua mascotte… Dopo 47 città arriva a Portland e quasi per miracolo riesce a parlare  con un amministratore delegato…  Gli sbatte in faccia la notizia che farà il giro del mondo… In Indonesia fanno lavorare i bambini nella fabbrica della Nike… Phil Knight balbetta e ammette qualcosa… Moore rilancia… Ci sono gli operai disoccupati di Flint… Sono disponibili… Perché umiliare l’America a produrre scarpe in mezzo a un regime  militare? Knight   sorvola e a Flint fa una piccola donazione…cioè un po’ di elemosina…

Doveva succedere… Dopo tutti i nemici del popolo e dopo Bowling a Colombine con l’attacco ai fabbricanti di armi e alla proliferazione del male, ormai  Moore è  pronto ad affrontare il Diavolo in persona …  Si chiama Bush e  fa il presidente degli Stati Uniti.  Il film  che gli dedica si chiama Farenheit 9/11, la temperatura a cui brucia la  libertà. Nel Vangelo secondo Moore, si parla di Bush che dichiara guerra  all’Afghanistan e all’Iraq  alleati di Bin Laden, il mostro ideatore dell’attentato dell’9/11, ma poi si scopre che in realtàe é  proprio lui, il Presidente degli Stati Uniti a essere in affari e molto stretti con Bin Laden… Perché sono consociati entrambi nel Gruppo Carlyle… E vendono, guarda caso, veicoli militari e oleodotti interi  all’America che li acquista, guarda caso, per fare guerra  all’Iraq. Prove su prove e misteriosi viaggi  di Sauditi, parenti di Bin Laden e della casa reale che tornano in patria dall’America nei giorni  subito dopo l’attentato. Naturalmente quel film non lo volevano fare uscire. La Disney che l’aveva prodotto ommai sembrava una Maddalena pentita… Per fortuna che un po’ per affari e un po’ per patriottismo un gruppo di volenterosi fra cui Miramax, Ifc films e Lion Gate si coalizzarono e riuscirono a distribuirlo… E’ l’anno 2004,  il botteghino crolla sotto gli incassi, ma gli americani  al voto scelgono di nuovo Bush…

Misteri della mente umana… L’attentato alle Due Torri aveva scatenato insicurezze e gli americani avevano paura a cambiare. Per fortuna Michael  Moore non si arrende  mai, comunque vadano le cose.  Così rilancia con Sicko nel 2007… Le lacune e la speculazione del sistema sanitario americano stavolta troveranno nel Presidente Obama qualcuno pronto a raccogliere le sue denunce. Adesso, dopo “Capitalism: a Love Story “tutto incentrato  sui giochi della finanza  e i premi subprime, che hanno finito di deprimere l’economia, stiamo di nuovo in attesa della voce di Michael Moore…C’è sempre bisogno di un po’ di democrazia in più!

A questo indistruttibile, coraggioso Moore, che ci ha avvicinato con ironia e saggezza  ai problemi del mondo vogliamo dedicare una ricetta legata al Michigan, il Michigan delle tante battaglie… dove c’è la Kellog’s…  Si chiama “Le Rose del deserto”  e sono dolcetti a base dei  mitici semi di mais. Somigliano tanto  alle formazioni minerali  di cristalli di gesso che si formano bellissime e di color giallo ocra nelle terre del deserto.

ROSE DEL DESERTO

INGREDIENTI per 25 rosette: 70 grammi di farina 00, 70 grammi di farina di mandorle, 50 grammi di mais in fiocchi (corn flakes),  1 uovo,  90 grammi di burro,  1/2 bustina di vanillina, 1/2 bustina di lievito in polvere 1 pizzico di sale, 80 grammi di zucchero, mais in fiocchi ( corn flakes) per copertura delle rosette in quantità a piacere.

PREPARAZIONE: tagliate il burro a cubetti e ammorbiditelo a temperatura ambiente,poi sbattetelo sino a ridurlo una crema unendovi zucchero, sale e vanillina, quindi seguitando a sbatterlo unite l’uovo e quando il composto è omogeneo, la farina di mandorl e la farina oo setacciata e assieme al lievito. Mescolate  con un  cucchiaio di legno e unite i corn flakes.Prendete ora una cucchiaiata del composto e fatela  rotolare nei corn flakes dedicati alla copertura e proseguite per tutto l’impasto allo stesso modo premendo un po’ con le mani i corn flakes all’impasto stesso. Al termine adagiate le rosette su una teglia foderata con carta da forno,distanziando le rosette perché il cottura si espanderanno. Inseriteli nel forno gia scaldato a 180°C per 10 – 15 minuti poi poneteli a raffreddare su una gratella.Spolverizzate con zucchero a velo e servite. Come tutti i biscotti possono essere conservati in una scatola a chiusura ermetica.